Prologo
Cinque anni prima:
“Vostra Maestà,” esclamò in tono urgente una delle guardie, rivolta a Orion.
Orion si voltò accigliato. Rivolse un cenno del capo a Kapian, il Capitano delle Guardie, per dirgli di aspettarlo. Dovevano valutare i danni provocati da un piccolo maremoto che aveva colpito tre ore prima, stendere un piano d’azione per assistere gli sfollati e inviare dei manovali perché cominciassero le riparazioni.
Lui e Kapian erano appena tornati da una missione di esplorazione remota. Il maremoto aveva lacerato il fondo roccioso dell’oceano, aprendo un crepaccio che li aveva quasi risucchiati. Erano tornati frettolosamente all’isola del Serpente di Mare dopo essersi resi conto che, probabilmente, il maremoto avrebbe colpito anche l’isola.
Al loro ritorno, avevano scoperto che la città sommersa non aveva riportato danni, ma che lo stesso non poteva dirsi della città al di sopra dell’acqua. Sebbene il maremoto fosse stato relativamente poco intenso, Orion temeva che uno tsunami potesse recare ulteriori danni al regno in superficie. Gli edifici più nuovi erano stati progettati per resistere a terremoti molto più forti, ma c’erano anche delle strutture vecchie e potenzialmente vulnerabili. Il suo cipiglio si accentuò quando si rese conto di chi era stato a chiamarlo. York era la guardia personale di sua moglie e normalmente non si allontanava mai molto da lei.
“C’è qualche problema?” chiese Orion, prendendo nota dello sguardo negli occhi di York.
“Si tratta della regina, Vostra Maestà. È rimasta ferita nel maremoto,” dichiarò York.
“Orion, volete che io…” disse Kapian, spostando lo sguardo su Orion.
Orion scosse la testa nell’udire il tono compassionevole di Kapian. “Scopri se qualcun altro è rimasto ferito, Kapian, mentre io penso a Shamill,” ordinò prima di voltarsi di nuovo verso York. “Dov’è?”
“Nelle sue stanze, Vostra Maestà,” rispose York.
Orion oltrepassò la guardia e si incamminò verso le stanze della sua sposa. Le guardie del palazzo si misero sull’attenti al suo passaggio, ma lui le ignorò. I suoi pensieri erano tutti per Shamill.
“Vostra Maestà,” chiamò York da dietro le sue spalle.
Orion si voltò con impazienza verso la guardia, la mano sulla maniglia dei quartieri di Shamill. Attese che York lo raggiungesse. Le sue labbra si serrarono quando vide l’espressione angosciata sul volto dell’uomo.
“Cosa c’è?” domandò.
“Devo avvertirvi…” disse York prima che la sua voce sfumasse e lui lanciasse un’occhiata alla porta. “Le ferite riportate dalla regina sono molto gravi. Avrei dovuto proteggerla meglio. Vi prego di accettare il mio più sentito rammarico, Maestà.”
Orion non attese di udire le parole successive di York. Non ne aveva bisogno: l’espressione dell’uomo gli fece capire che le ferite di Shamill dovevano essere più gravi di quanto lui aveva pensato inizialmente. Voltatosi, aprì la porta. Tre guaritori si voltarono verso di lui quando entrò nella stanza e si inchinarono in segno di rispetto. Non parlarono mentre Orion attraversava il salotto ed entrava nella camera da letto di Shamill.
Si fermò per un breve istante sulla soglia. Oltre ai guaritori che conversavano nel salotto, c’erano tre donne nella stanza con sua moglie. La prima era una delle dame di compagnia di Shamill, che le stava passando un panno umido sulla fronte pallida. Shamill giaceva sulle coperte di un bianco immacolato, la pelle quasi dello stesso colore. Orion spostò lo sguardo sulla seconda donna, in piedi vicino alla finestra. La donna aveva un fagotto fra le braccia e ondeggiava avanti e indietro.
“Vostra Maestà,” mormorò la terza donna, Kelia, chinando rispettosamente il capo.
Kelia era stata la balia di Orion quando lui era giovane e aveva seguito Shamill durante gli ultimi mesi della gravidanza. Lo sguardo di Orion si spostò sul volto rugoso di Kelia prima di posarsi su quello, pacifico, di Shamill. Aveva notato la sofferenza negli occhi dell’anziana.
“Come sta?” chiese a bassa voce.
“Non bene, Vostra Maestà. Sua Altezza stava passeggiando lungo la sommità delle scogliere al momento del maremoto. Una porzione del muro di contenimento lungo uno dei sentieri le è crollata addosso, intrappolandola,” spiegò Kelia con voce tremante. “La sua guardia l’ha trovata e ha chiamato aiuto.”
“Il bambino…” chiese titubante Orion.
“Vostro figlio è sopravvissuto, ma tenerlo in vita fino alla nascita costerà la vita alla regina,” rispose Kelia.
Orion si recò al bordo del letto. La dama di compagnia di Shamill si alzò e si recò silenziosamente alla finestra. Orion si lasciò cadere sul letto accanto a sua moglie.
In lontananza, udì Kelia mormorare qualcosa alla giovane donna in piedi accanto alla finestra. La giovane donna che teneva il figlio di Orion porse il neonato a Kelia prima che lei e la dama di compagnia di Shamill uscissero in silenzio dalla stanza. Kelia raggiunse Orion e gli tese il neonato. Orion prese con delicatezza il bambino fra le braccia.
“Sono fuori dalla porta, se avete bisogno della mia assistenza,” mormorò Kelia.
Orion annuì e abbassò lo sguardo sulle guance rotonde e rosee del neonato addormentato. Sollevò un dito e lo usò per sfiorare delicatamente la guancia del piccolo. Quasi subito, il bimbo voltò la testa e aprì la bocca.
“Lui… sta… bene?” chiese Shamill, con voce a malapena udibile.
Orion spostò lo sguardo su sua moglie. Lei aveva gli occhi aperti, ma in essi, lui vedeva l’ombra della morte. Lo sguardo di Shamill non era più limpido e lucido. La luce che di solito brillava nei suoi occhi era ora quasi svanita.
“Sì,” disse Orion, spostando il bambino fra le braccia in modo che Shamill lo vedesse.
L’ombra di un sorriso curvò le labbra di Shamill prima di svanire. Lei sussultò e trasse un respiro tremante. Le sue palpebre sbatterono e si chiusero per un attimo prima che lei le costringesse a riaprirsi. I loro sguardi si incrociarono e un senso di lutto colmò Orion. Lui e Shamill non si erano mai amati, ma erano ottimi amici. Lui rispettava la sua grazia tranquilla e il suo animo gentile.
“Dolph…” bisbigliò Shamill.
“È sano e salvo,” la rassicurò Orion.
“Lasciamelo… una… volta… prima…”
Orion posò delicatamente il bambino sul petto di Shamill. D’istinto, si allungò ad afferrare la lacrima che le sfuggì dalla coda dell’occhio. Shamill mosse la mano sinistra, ma era troppo debole per sollevarla. Orion la prese e le appoggiò le dita fredde contro la guancia calda del loro figlio.
“Come… chiama…?” chiese Shamill con un filo di voce.
“Juno. Si chiama Juno, proprio come volevi tu,” disse Orion, con un sorriso piccolo e triste.
“Juno…” bisbigliò Shamill.
Orion le afferrò la mano quando cominciò a scivolare via. Portatosi alle labbra le sue dita fredde, ne baciò le punte. Il suo sguardo rimase fisso sul viso di sua moglie mentre quello che restava della luce vacillò e svanì dagli occhi di lei. Il pianto sommesso di Juno lo trafisse; era come se il bambino si fosse reso conto che la madre non c’era più.
“Che il tuo viaggio possa darti gioia, Shamill. Proteggerò entrambi i nostri figli e il regno,” disse Orion a bassa voce.
Si chinò e premette un bacio sulla fronte di Shamill prima di prendere delicatamente fra le braccia il bambino agitato. Il lutto lo attraversò come un’ondata mentre si alzava dal letto. Voltatosi, vide Kelia in piedi appena oltre la soglia. La donna avanzò con le braccia tese, ma lui scosse la testa.
“Dove Dolph?” chiese.
“Il giovane signore è in giardino con la sua balia,” rispose Kelia.
“Voglio che tu trovi una balia per Juno. Dille di raggiungermi in giardino entro dieci minuti,” ordinò Orion.
“Sì, Vostra Maestà,” disse Kelia, chinando il capo.
Orion attraversò il salotto e uscì sul balcone. Shamill, quando si erano sposati, aveva insistito per avere un appartamento al piano terra, perché aveva paura dell’altezza e amava la vicinanza dei giardini. Gli appartamenti di Orion si trovavano nella torre occidentale. Lui preferiva poter vedere l’oceano, quando era sull’isola.
Attraversato l’ampio balcone coperto, Orion scese i gradini e proseguì lungo il sentiero di pietra. D’istinto, schermò il bambino che aveva fra le braccia mentre attraversava il giardino. Sebbene il sole fosse basso all’orizzonte, sapeva che il piccolo doveva essere sensibile alla luce. Si soffermò sotto un albero vicino e tese l’orecchio. Sorrise nell'udire la voce squillante di suo figlio maggiore, seguita da un rumore di spruzzi.
“Signorino Dolph, non dovete bagnarvi! La cena verrà servita fra poco,” lo rimproverò aspramente la balia.
Orion percorse il sentiero che conduceva a un piccolo corso d’acqua che attraversava il giardino. Dolph era seduto in mezzo al ruscello, a ridere e sollevare spruzzi. Suo figlio maggiore aveva già un bel caratterino e, a giudicare dall’espressione frustrata sul volto della donna, sembrava che presto a Orion sarebbe toccato assegnargli una nuova balia.
“Penso io a lui,” disse Orion in tono di congedo.
La donna si voltò stupita. Lui vide lo sguardo di lei spostarsi sul neonato fra le sue braccia prima di tornare sul suo viso. Sembrava scossa.
“Sì, Vostra Maestà. Io… Il mio cuore va alla regina,” disse, sfiorandosi il petto con le dita, vicino al cuore.
“Ti ringrazio per l’empatia,” rispose Orion prima di concentrare l’attenzione sul figlio più grande. “Dolph, vieni qui.”
“Padre, so far danzare l’acqua!” Dolph gongolò, agitando le dita.
Orion guardò l’acqua sollevarsi e vorticare al comando di suo figlio. Non si poteva negare che Dolph sarebbe stato un sovrano molto potente, un giorno. Orion sorrise di fronte alla gioia del figlio maggiore. La vita continuava.
“Bravissimo, figlio mio. Vieni a conoscere il tuo fratellino,” disse Orion mentre si recava a una panchina di pietra sotto a un albero per poi sedersi.
“Posso insegnargli a far danzare l’acqua?” chiese Dolph, uscendo dal torrente.
Orion ridacchiò. “Quando sarà più grande,” promise.
Dolph corse da lui. Si fermò e abbassò lo sguardo sul piccolo fagotto fra le sue braccia prima di guardarlo accigliato. Un altro sorriso tirò gli angoli della bocca di Orion di fronte all’espressione perplessa sul volto di suo figlio.
“È piccolo,” disse Dolph, abbassando nuovamente lo sguardo su suo fratello.
“Anche tu eri piccolo, alla sua età,” spiegò gentilmente Orion.
“Posso toccarlo?” chiese Dolph, guardando suo padre.
“Sì, ma con delicatezza,” rispose lui, sistemando Juno in modo che il fratello maggiore lo vedesse meglio.
“La mamma se n’è andata. Non vuole più stare con noi?” chiese Dolph, facendo scivolare un dito lungo la guancia di Juno.
“Chi ti ha detto di tua madre?” domandò Orion, osservando attentamente suo figlio.
Dolph ridacchiò quando Juno aprì la bocca e cercò di succhiargli il dito. Orion contrasse la bocca infastidito. Spettava a lui spiegare cosa era accaduto a Shamill. Se la balia aveva detto qualcosa…
“L’acqua,” rispose Dolph. “Gli spunteranno i denti?”
“L’acqua…?” chiese accigliato Orion.
Dolph annuì e sollevò lo sguardo su suo padre. “L’acqua mi ha detto che mia madre è tornata a lei. Ha detto che non devo essere triste, perché un giorno avremo una nuova madre che ci vorrà altrettanto bene,” rispose. “Posso tornare a giocare nell’acqua?”
Orion annuì, sconvolto dall’affermazione di suo figlio. Un suono di passi in avvicinamento attirò la sua attenzione. Kapian, Kelia e una giovane ragazza si soffermarono per un attimo vicino al sentiero che portava alla panchina di pietra dove lui era seduto.
Orion si alzò al loro avvicinarsi. Kelia si protese verso Juno, che stava ricominciando a fare i capricci. Orion le porse il neonato.
“Penseremo noi a prenderci cura di lui, Vostra Maestà,” disse Kelia. “Questa è mia nipote Karin.”
“Grazie, Kelia,” rispose distrattamente Orion.
La consapevolezza di ciò che era accaduto cominciò a far presa su di lui mentre guardava Karin cullare Juno fra le braccia prima che lei e Kelia si voltassero e si allontanassero. Orion si voltò a guardare Dolph che giocava nell’acqua. Alla tenera età di due anni e mezzo, suo figlio maggiore aveva già cominciato a manifestare il potere del suo retaggio di Principe del Popolo del Mare. Avrebbe avuto bisogno di una mano ferma a guidarlo.
Orion guardò il suo amico Kapian. “Voglio sapere esattamente che cosa è successo. Shamill aveva il terrore dell’altezza. Non si sarebbe mai incamminata da sola lungo il sentiero della scogliera,” disse in tono cupo.
“Vi farò avere un rapporto il prima possibile. Nel frattempo, ho ordinato la costruzione di una ringhiera di sicurezza temporanea lungo le scogliere. Ci vorrà del tempo per riparare tutti i danni, ma faremo tutto il possibile per assicurarci che una tragedia del genere non si ripeta,” promise Kapian.
Orion annuì, perso nei suoi pensieri. Aveva troppo da fare, al momento, per lasciarsi travolgere dal lutto. La morte di Shamill avrebbe lasciato un vuoto non solo nella sua vita, ma anche nel regno.