CAPITOLO 2
Trieste, Italia
Il cimitero monumentale di Sant’Anna si trova ai margini meridionali della città. Eretto nel 1825, grazie alla presenza di molte famiglie benestanti, nel corso degli anni, il luogo si abbellì grazie a diversi monumenti tombali e si allargò ulteriormente lungo il colle sul quale è sito nel corso del XX secolo, quando venne istituito il cimitero militare per ospitare i caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale.
Un folto drappello di scienziati e ricercatori, in abiti scuri, circondava la bara. Gli addetti alla sepoltura la calarono con attenzione nella buca. Uno a uno, i presenti, con la testa bassa e lo sguardo carico di lacrime, si avvicinavano alla fossa per gettarvi dentro una manciata di terra.
Gaia Bernardi strinse la mano di sua madre, sorretta dal marito dalla parte opposta. Colleghi e amici di Thomas passarono davanti ai tre, porgendo loro le più sentite condoglianze.
Gaia lanciò un’occhiata alla fossa. Le viscere le si contorsero e un nodo di bile le salì in gola. Dovette rigettarlo giù a forza, deglutendo profondamente. Non riusciva ancora a capacitarsi di cosa potesse essere successo al fratello. Si era parlato di un incidente fatale, nel lago Baikal, durante quella che doveva essere un’immersione di routine a bordo di un batiscafo; tuttavia, i corpi dei due sventurati non erano stati ripescati dalle acque del lago, sembravano essere scomparsi nel nulla. La donna stava guardando la bara, riempita con una foto di Thomas e con alcuni affetti personali, quando si trovò a incrociare due occhi color nocciola, arrossati e gonfi. Si trattava di Giulia, la fidanzata di suo fratello. La ragazza mosse le labbra in cerca di qualche parola che non voleva uscire, poi si avvinghiò al suo collo esplodendo in un forte pianto prolungato. Gaia la strinse a sé.
Dopo qualche secondo, Giulia si riebbe e la lasciò andare. Si fermò davanti a sua madre e l’abbracciò tremando da capo a piedi. Gaia si asciugò gli occhi con una mano. Inspirò ed espirò a fondo.
Michele Rimoli, dal fisico tarchiato, le si mise accanto e la prese per mano. Gaia incrociò i suoi occhi marroni e si gli si strinse contro.
«Condoglianze, tesoro», le sussurrò all’orecchio, baciandole la fronte.
Gaia annuì lentamente. Lo sguardo fisso, vago, rivolto alla bara che veniva via via sommersa dalla terra.
Gaia lanciò un altro paio di blue-jeans all’interno della valigia posta sul letto.
«Non puoi andartene così, ripensaci!», esclamò Michele.
Se ne stava poggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto, mentre Gaia balzava dal letto all’armadio spalancato, vuotandolo con decisione.
«Non ho intenzione di litigare», disse lei con tono secco.
«Neanch’io, ma se non mi rispondi la vedo come una cosa inevitabile.»
«Devo sapere cos’è successo veramente. E l’unico modo che ho per farlo è di andare lì, di vedere quel posto con i miei occhi», spiegò Gaia infilando nella valigia un maglione beige.
«Si è trattato di un incidente, Gaia. Posso solo lontanamente immaginare quanto sia difficile accettare una cosa del genere, ma non c’è più nulla che tu, io o altri possiamo fare.»
«Ti ho già detto come la penso. Ho un sacco di domande che mi lacerano la mente. Esigo avere delle risposte concrete, e c’è un solo modo per ottenerle.»
Michele sbuffò innervosito.
«Ma cosa credi di scoprire una volta sul posto?», le chiese brusco.
«Non lo so», ammise Gaia gettando una maglietta verde nella valigia: «Ma qualcosa salterà fuori.»
«Non vuoi proprio accettare la realtà.»
«Esatto Michele! Non voglio accettare il fatto che mio fratello sia morto in un modo così … così vago, forse persino stupido, né di avere una bara vuota sulla quale piangere. Puoi dirmi tutto quello che vuoi, ma io andrò lì, vedrò con i miei occhi il luogo dell’incidente, farò i miei rilievi, le mie ricerche, e cercherò di dare un senso alla morte di Thomas.»
«La morte non ha mai un senso, Gaia. Io … io vorrei solo che ci pensassi un po’ su. Vorrei solo chiederti di non essere così precipitosa. Gli incidenti capitano. Purtroppo, questa volta è toccato a lui, pace all’anima sua.»
«Cosa vuoi che faccia? Che me stia qui ad arrovellarmi il cervello? Che resti qui con te a farmi domande ben sapendo che non otterrò nessuna risposta standomene con le mani in mano?»
«Non voglio che ti capiti nulla di male! Staresti qui, sicuramente soffriresti per un po’ di tempo, ma qui, assieme a me. Non voglio saperti in quelle acque, alla ricerca di risposte che forse nemmeno esistono. Qui almeno saresti al sicuro.»
«Sarò al sicuro anche lì. E poi, se ci tieni tanto, perché non vieni anche tu?»
«E come faccio con il lavoro? Specie adesso che ci sono stati quei tagli al personale. Quello che ti chiedo è solo di pensarci un attimo.»
«Ci ho già pensato», disse Gaia chiudendo di botto la valigia.