Sam

993 Parole
Mi accascio sulla sedia non appena leggo la parola matematica che mi fissa da un fogliettino scarabocchiato da Jeremy. Mi puoi aiutare con i compiti di matematica? È buffo, perché quell’unica frase mi porta indietro di almeno quindici anni, quando una volta anch’io chiesi aiuto, sebbene non avessi usato proprio le stesse parole, «Papà, se non mi aiuti sarò bocciato.» Mio padre aveva scosso la testa e aveva detto che la matematica era importante, che capire i numeri e il loro funzionamento poteva farmi comprendere molto sul mondo e che avrei dovuto mettermi sotto seriamente, smetterla di cercare di essere l’imitazione di Marilyn Manson e provare a fare qualcosa che mi sarebbe davvero servita nella vita. Okay, però dai, sono solo numeri. «I numeri sono la chiave della vita.» Che ci crediate o no, aveva ragione. Numeri. Possono raccontare molto. Per esempio: In 1 settimana 420 dollari, più o meno altri 10, è quello che guadagno tra stipendio e mance al Canon Cafè. 180 dollari è il costo del mio affitto. 148,20 dollari è l’ammontare della spesa da Park ‘n Save. 18,75 dollari per telefono e connessione a internet. 18,75 dollari per l’elettricità – se è estate. Gli altri 54,30 dollari se ne vanno in vestiti, benzina, lavoretti per la casa, il film settimanale alla videoteca… Ah, e 33,80 è lo stato del mio conto in banca. Ho steso il foglietto sul mio tavolo traballante e di seconda mano che potrebbe collassare da un momento all’altro. Altro punto da aggiungere alla lista di cose da fare. Ma tutto quello che riesco a vedere adesso è la parola matematica mentre mi viene la pelle d'oca e mi si rizzano i capelli dietro la nuca. I numeri settimanali non sono i numeri davvero importanti, vero? In fin dei conti sono solo soldi. E il denaro è passeggero e non fa la felicità. Ma ci sono anche altri numeri... numeri che danno una migliore visione d'insieme della mia vita. Numeri che significheranno tutto per me. Come: 30 e 15 Sono questi i numeri che mi ricorderò per il resto della vita. Cominciamo dal 30. Sì. Il numero per cui il mio cuore batte all’impazzata. Il numero per cui sono seduto qui a leggere il biglietto di Jeremy non con una tazza di caffè ma con un bicchiere di bourbon con ghiaccio. 30 sono gli anni che compirò fra tre settimane. Chiamatela crisi di mezza età se volete, ma la cosa mi fa impazzire. Lavoro ancora come cameriere. Non sono nemmeno riuscito a prendere il diploma. Abito nella casa più vecchia e diroccata dell'isolato. E non ho più avuto una storia d’amore – se così si può dire – da... beh, sarebbe l'ennesimo numero... Prendo il bicchiere e bevo un lungo sorso, le gocce di condensa del ghiaccio scivolano sulle mie dita. Sei mesi fa, quando mi sono reso conto che i miei vent'anni sarebbero semplicemente svaniti, ho stilato una lista di Cose da fare assolutamente prima dei 30 anni, cose che avrei dovuto fare ma che non ho mai fatto. Do un'occhiata allo scrittoio che io e Jeremy abbiamo salvato da Old Jones, che ne avrebbe fatto un falò. La lista deve essere in uno di quei cassettini... credevo che solo scriverla sarebbe stata una terapia abbastanza efficace e che sarei sceso a patti con quello che mi ero perso, invece… Bevo un altro sorso di bourbon. È caldo e affumicato sulla mia lingua, ed è anche eccitante, soprattutto perché non bevo quasi mai. Sospiro. Il fatto è che questo non mi va giù. Voglio fare tutto quello che c’è in quella lista. Rido. Perché diavolo non dovrei? Mi restano tre settimane prima dei mitici 30. Forse posso ancora rivendicare qualcosa della mia giovinezza? Fuori dalla finestra, il rombo familiare di un furgone sul vialetto del vicino cattura il mio sguardo. Torno a sedermi sbattendo contro il tavolo. «Luke?» Il diavolo è tornato? Mi alzo di scatto. Per un attimo sono elettrizzato dal fatto che il mio vicino e amico sia tornato a casa dopo sei mesi passati a Auckland, in Nuova Zelanda. Metto giù il bicchiere proprio sopra al biglietto. “Matematica” si ingrandisce attraverso il vetro. E ritorna la voce di mio padre. “…sono la chiave della vita.” Ho ancora davanti agli occhi l'immagine di lui triste che scuote la testa e chiude la porta. Avevo 15 anni. Non mi aveva cacciato; mi aveva anzi supplicato di restare, ma non potevo. Ogni tanto viene a farmi visita e mi manda un biglietto all’anno. Il 15 dicembre, il mio compleanno. Ci mette sempre dentro anche un po' di soldi, cosa che mi aiuta a non andare in rosso. Ma ogni volta che tocco i soldi ripenso a quanto aveva ragione. A quanto vorrei avergli dato retta, allora. Lancio un'occhiata al di là della recinzione verde che divide le nostre case proprio mentre Luke svuota la cassetta della posta – cosa che avrei dovuto fare io mentre lui era via ma di cui in realtà mi sono quasi sempre scordato. Vorrei che si girasse così potrei intravedere le fossette che gli vengono quando sorride e mi saluta, come ha sempre fatto ogni volta che tornava dal lavoro. Ma il ragazzo è perso nei suoi pensieri, mentre si affretta a entrare in casa, curvo sotto il peso di tutta quella posta... Forse mi dovrei scusare. In effetti non avrà ancora avuto il tempo per fare la spesa, per cui quale momento migliore per essere un vicino modello e preparargli un piatto di spaghetti con le polpette? Guardo l'ora (le tre e un quarto) e scoppio a ridere perché quei maledetti numeri mi seguono ovunque. 15. È il numero che rappresenta tutto ciò che di importante c'è nella mia vita. Perché? Perché per il mio quindicesimo compleanno il 15 dicembre Carole, la mia ragazza, ha dato alla luce nostro figlio, Jeremy. E Jeremy compirà 15 anni fra tre settimane.
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