Questa è la ragione per cui non mangio banane.
Guardo il tavolo davanti a me e vorrei che i prossimi cinque minuti fossero già passati. Da quando ho compiuto quattordici anni, una settimana sì e una no mia madre mi impone di far pratica con un preservativo che devo mettere su una banana.
Una cosa è immaginare di farlo durante la lezione di Educazione Sessuale, quando puoi ridere e fare battute con i tuoi compagni. Ma farlo davanti a tua madre è tutta un’altra cosa, cazzo.
Credo di essere rosso come il più rosso dei furgoni dei pompieri. Strappo l’involucro e srotolo velocemente il preservativo sulla pelle gialla della banana.
Ovviamente si diverte a darmi quelle più molli e mature. Non importa quanto è difficile metterlo, non è una ragione valida per non usarlo. Mai e poi mai ballare il tango senza questo addosso. Intesi?
Avevo capito già la prima volta che me l’aveva spiegato. La pura e semplice vergogna di sostenere quella conversazione dettagliata con mia madre era stata sufficiente a farmelo ricordare. Ma non era ancora abbastanza. Lei ha bisogno della prova bisettimanale che io non abbia improvvisamente e magicamente dimenticato le Regole d’Oro del Preservativo.
Quando arriva il momento di toglierlo dalla banana, la vedo che mi fissa per essere sicura che faccia tutto bene. Devo tenere stretto il bordo e farlo scivolare con cautela, farci un nodo e buttarlo nella spazzatura.
Ed ecco il motivo per cui non mangio più banane. La mamma ride e dice che mi passerà. Ma io sono abbastanza sicuro che rimarrò traumatizzato per il resto della mia vita.
Niente torta alla banana per me. Mai più.
E se non fosse per quel bel visino di Suzy, la mia quasi ragazza, potrei rinunciare anche al sesso.
Cioè, non proprio. Perché nonostante io dica a mio padre che non c’è nessuna ragazza che mi piace – la sua versione bisettimanale del “Come non mettere incinta una ragazza a quattordici anni” = non avere affatto una ragazza – in realtà c’è. Mi piace davvero come si muove Suzy. E come va su di giri. I ricci che le rimbalzano sulle spalle. E quel labbro inferiore carnoso che mi lascia succhiare a scuola dietro il laboratorio di falegnameria.
La sua lingua calda nel mio orecchio mi ha fatto venire un poco nei pantaloni il mese scorso. Era appiccicoso ed è stato schifoso perché sono dovuto rimanere così per tutto il giorno, ma che diavolo, ne è valsa davvero la pena.
La settimana scorsa al ballo della scuola si è spinta oltre cominciando a palpeggiarmi, e un luccichio nei suoi occhi mi ha fatto intuire che sarebbe andata ancora più avanti…
Sì, questa estate sarà grandiosa.
O lo sarà quando terminerà quest’ultima settimana di compiti e la scuola sarà ufficialmente finita.
Mi lavo le mani, due volte, come se potessi miracolosamente lavare via anche l’imbarazzo.
«Tesoro,» mi dice mia madre mentre viene verso di me e mi soffoca in un abbraccio, «sei così dolce quando arrossisci. Sembri papà quando aveva la tua età.»
«Ma non farò il suo stesso errore,» rispondo prendendo uno strofinaccio per asciugarmi le mani. Nonostante il sapone alla mela sento ancora l’odore del preservativo.
Non lo ammetterò mai, ma sono ovviamente felice che loro l’abbiano fatto, l’errore. Sarebbe stato un peccato non nascere. La mia vita è fantastica.
Voglio dire che i miei a volte sanno essere davvero deprimenti. Mi fanno fare i lavori di casa, finire tutti i compiti e leggere almeno un libro al mese o fanno sparire le televisioni – sul serio, staccano la spina e le portano in soffitta – e poi naturalmente c’è quella cosa della banana… ma a me sta bene, dopotutto.
Ma sono anche grandi: papà mi lascia giocare ai videogame fino a tardi il venerdì e il sabato sera e ogni volta che il giorno dopo non ho scuola, mentre mamma prepara la miglior cheesecake senza bisogno di cottura del mondo, e porta con il nostro furgone metà della squadra di calcio a tutte le partite nei dintorni e su al nord.
E da papà sto bene perché per gran parte del tempo c’è Luke, e adoro Luke.
Gli piace portare in giro me e papà e viviamo ogni sorta di avventura. Andiamo in campeggio e in kayak, in bici, facciamo arrampicata… E sì, lui è davvero forte. E so che paga lui per tutto facendo finta che non costi così tanto in modo che papà non si preoccupi. Quando l’ho scoperto ho promesso di non dire una parola, e così è stato. Non lo farò. Ma questa cosa me lo fa piacere ancora di più.
Ma c’è un altro motivo per cui amo avere due case, due stanze, due routine… significa che posso passarla liscia.
Ho detto a papà che la mamma mi ha dato il permesso di andare da Steven a studiare il mercoledì dopo la scuola. Ho detto a mamma la stessa cosa. Papà ha detto che…
Di mercoledì io e Suzy ci vediamo per quelli che chiamiamo appuntamenti. Per lo più andiamo da KFC in uno dei separé ad angolo e ce la spassiamo. Altre volte andiamo al parco e ci attardiamo dietro un cespuglio ben nascosto…
«A cosa pensi, Jeremy?» chiede mamma, sogghignando mentre prende una banana dal portafrutta e la sbuccia.
Faccio spallucce guardando da un’altra parte quando lei si ficca in bocca quella cosa. «Nulla. Devo andare da papà. Ho dei compiti di matematica e mi darà una mano.»
La mamma sbuffa. «Buon Dio. Sam? Matematica?» Mi bacia in fronte. «Buona fortuna tesoro. Vuoi che ti dia uno strappo?» Il telefono squilla.
«No grazie, è una bella giornata. Mi faccio una passeggiata.»
Mi fa un cenno con la testa e risponde al telefono. «Oh, ciao Debbie,» dice uscendo dalla stanza.
Vado di sopra a fare la borsa. Quando scendo per salutarla, mi blocco. La sento parlare sottovoce nel corridoio.
Mi metto in allerta, negli ultimi mesi ho visto un po’ di cose strane a casa. Come trovare nel portabiancheria una maglietta taglia L mai vista prima. O il collutorio nel mobiletto del bagno che improvvisamente è a metà…
Credo che la mamma mi stia nascondendo qualcosa. E mi rifiuto di capire di cosa si tratti. Se non lo so, allora non è reale. Quelle cose non succederanno. Non ci saranno grandi e improvvisi cambiamenti nella mia vita.
Anche se non voglio sapere, cerco di origliare quello che dice. Vorrei non farlo, ma è più forte di me.
Faccio un respiro di sollievo non appena la sento spettegolare su di me.
«Sì, Jeremy è un ragazzo d’oro. Ma sai anche tu quanti anni ha.» Ride. «Esatto. A volte vorrei che fosse gay, sai? Così non dovrei preoccuparmi che metta incinta una ragazza ogni volta. Di sicuro sarei più rilassata.»
All’inizio corrugo la fronte.
Ma poi le rotelle nella mia testa si mettono in moto, e tutti i segreti passano in secondo piano e sorrido. Prendo in fretta e furia lo zaino mettendomelo sulle spalle e mi precipito in salotto. La mamma smette di parlare.
«Vai via amore?»
«Sì.» Le faccio un cenno ed esco.
Mentre cammino verso casa di papà faccio qualche chiamata. La prima è a Suzy. Ho saputo che Simon darà una festa nel suo garage mercoledì, ultimo giorno di scuola. La voce di Suzy è quasi roca, e non mi preoccupo nemmeno del motivo, le dico solo che ci sarò.
Poi chiamo Steven, il mio migliore amico.
«Che succede?» chiede non appena risponde.
«Ho bisogno del tuo aiuto per una cosa,» dico. Gli spiego il mio piano ma lui mi riattacca in faccia. Io rido: lo so che Steven cambierà idea.
In meno di una settimana attuerò il mio piano.