Capitolo 2

3355 Parole
Venerdì... "No, Tyler. Per favore." Lo imploro mentre mi trascina verso la sua macchina. "Hai detto che saremmo usciti dopo scuola oggi e poi saremmo andati al club," dice Tyler aprendo la portiera del passeggero. "No, lo hai detto tu," ribatto cercando di allontanarmi da lui. "Beh, allora chiamiamolo rapimento," sorride, prima di spingermi dentro l’auto e chiudere la porta. Gira intorno al lato del guidatore e si infila dentro. "E sei fortunata. Stai per vivere il rapimento più spassoso di sempre," dice accendendo l’auto e uscendo dal parcheggio. "Sarà meglio che lo sia, perché quando tornerò a casa mi aspetta la morte," mormoro a me stessa, guardando fuori dal finestrino. "Dai, non fare quella faccia," dice Tyler mentre ci allontaniamo. Tyler ci porta prima al centro commerciale, dicendo che non posso indossare una felpa al club. Dopo aver camminato per ore, riesco a trovare una maglietta che, secondo lui, va bene per il club: un top nero senza maniche, con una scollatura profonda e delle balze. Non è troppo vistoso o provocante, quindi mi sento relativamente a mio agio, ma è comunque molto più scoperto di quello a cui sono abituata. Di solito indosso una felpa con cappuccio e una giacca sopra, ma a quanto pare non va bene per un club. Non voglio andarci se sarà pieno di gente come il mio patrigno e i suoi amici. Di quello ne ho già abbastanza a casa. "Blake." "Cosa?" Dico, raddrizzandomi un po’ sul sedile. "A cosa stavi pensando? Sembravi persa nei tuoi pensieri," mi chiede Tyler mentre lascia un drive-thru di cui non mi ero nemmeno accorta. "Oh, niente," mento. "Hai preso del cibo. Cosa hai preso?" chiedo, cambiando argomento. "Ho preso da mangiare per entrambi," mi corregge. "Per entrambi? Perché?" chiedo. "Perché stiamo andando in un club. Se qualcuno beve qualcosa, penso sia meglio aver mangiato prima, così evitiamo che il bel nulla ci sfugga di mano," spiega. "Oh... grazie. Non ho soldi con me, ma ti posso restituire tutto a scuola," mormoro. "Non preoccuparti. Offro io," dice Tyler, strizzandomi l’occhio. "Tyler... posso chiederti una cosa?" dico, girandomi un po’ verso di lui. "Certo. Puoi chiedermi qualsiasi cosa," risponde con un sorriso, senza distogliere gli occhi dalla strada. "Perché me? Tra tutte le persone a scuola con cui potevi fare amicizia, tra tutti i posti vuoti in classe in cui potevi sederti lunedì, perché hai scelto me?" chiedo, guardandolo. "Perché sembravi quella che aveva più bisogno di un amico. E credo che tutti meritino almeno un buon amico, qualunque cosa accada," risponde, lanciandomi un’occhiata. "Sei fantastico, non fraintendermi, ma io non voglio amici. Faccio solo danni alle persone," mormoro. "Beh, ormai è troppo tardi. Siamo già amici, e siamo già qui, quindi non si torna indietro," dice Tyler, parcheggiando l’auto. "Ti do un minuto per cambiarti con la tua nuova maglietta, e poi andiamo." Sbuffo. "Dai. Sarà divertente. Rilassati. Vivi un po’," sorride Tyler, scendendo dall’auto e chiudendo la portiera. Ugh. Ok. Direi che lo stiamo facendo davvero. Guardo Tyler, appoggiato con la schiena alla portiera, per darmi un po’ di privacy. Faccio un respiro profondo e inizio a togliermi tutti i miei strati di vestiti.Un minuto dopo, scendo dall’auto con la mia nuova maglietta e mi sento estremamente a disagio. Chiudo la portiera, incrocio le braccia sul petto e cerco di coprirmi il più possibile. "Oh, sei così carina," dice Tyler con un sorriso. "Sembro un disastro. Solo che ora indosso una maglietta più carina," gli lancio un’occhiata. "Non sembri affatto un disastro, Blake," dice Tyler ridendo. "Dai, il club è di là," dice, indicando verso destra. "Quindi sei cresciuto qui?" gli chiedo. "Sì, tutta la mia vita." Annuisce. "È bello," sussurro. "Sì, suppongo. È bello andare in una scuola piccola e vivere in una cittadina. Sai, il tipo di posto dove tutti conoscono tutti, invece di essere solo un numero in mezzo alla folla," dice, stringendosi nelle spalle. "Tutto ciò che ho sempre desiderato è perdermi in una folla... A casa mi sento troppo... visibile," sospiro. "Visibile?" "Sì. Vorrei poter scomparire, svanire in un posto dove nessuno mi vede, nessuno può ferirmi o umiliarmi," sospiro. Perché sto dicendo cose così personali a lui? Tyler si ferma di colpo e mi guarda. "Blake, è per via di come il signor Dawson ti parla in classe? Perché ho sentito anche come altri insegnanti si rivolgono a te, e ho notato come gli studenti parlano di te e ti trattano. Se vuoi, posso parlare con - " "No. Va bene così. Sto bene. Vorrei solo che a volte le persone fossero un po’ più gentili, tutto qui," alzo le spalle. "Ma hey, è il liceo. Se tutti andassero d’accordo, non ci sarebbero tutti quei pessimi show televisivi sul liceo," sorrido. "Sai, non ti ho mai visto reagire o difenderti... perché?" mi chiede Tyler. "È darwinismo. Sopravvivenza del più adatto. Loro sono squali che attaccano quando vogliono, e io so che non sarò mai uno squalo. Sono una seppia," alzo le spalle. "Una seppia?" "Mi mimetizzo nell’ambiente per sopravvivere. Più mi confondo, meglio è," spiego. "Non posso passare inosservata se mi metto a difendermi ogni volta che qualcuno mi fa del male. Non durerei mai. Non credo nemmeno che resisterei una settimana," rido. "Beh, per tua fortuna, posso difenderti io," dice Tyler con un sorriso. "Tu diventerai uno squalo?" chiedo, alzando un sopracciglio. "Tesoro, io sono un lupo," ride. Ok, certo, come no. "Un lupo? Direi più una tartaruga che un lupo," lo prendo in giro. "Non pensi che potrei essere un lupo?" ride. "Per niente. Non sei grande, feroce o spaventoso." "Solo quando si tratta delle persone a cui tengo," sorride. Alzo gli occhi al cielo. Qualunque cosa ti faccia dormire meglio la notte. Continuiamo a camminare verso il club e ci mettiamo in fila all’ingresso. "Hai portato il tuo documento d’identità, giusto?" chiede Tyler. "N- No, non ce l’ho," dico, abbassando lo sguardo verso il pavimento. "Non hai un documento? Hai 18 anni. Non hai la patente o -" "Non ho una macchina, quindi il mio patrigno non ha mai pensato che mi servisse un documento. Dice che renderebbe più facile per me scappare," spiego. "Scappare più facilmente?" chiede Tyler, incrociando le braccia e guardandomi. "Sono la figlia problematica, ricordi? Perché darmi un modo per causare ancora più problemi?" alzo le spalle. "Oh. Beh, non preoccuparti. Conosco il buttafuori; ci farà entrare," dice Tyler con un’alzata di spalle. "Beh, meno male. Siamo arrivati fin qui. Odio pensare che sia tutto stato inutile," dico. Siamo quasi arrivati davanti all’ingresso quando Tyler mi mette un braccio attorno alle spalle. Mi sposto per allontanarlo, ma lui mi tira di nuovo a sé. "Tyler, per favore... Non mi piace essere toccata," dico mentre mi ritraggo di nuovo, ma lui tiene il braccio saldamente intorno a me e si avvicina. "Fatti trasportare." Mi sussurra all’orecchio. Smetto di oppormi mentre la fila avanza, e lui mi guida davanti al buttafuori. Poi si china verso di lui e gli sussurra qualcosa all’orecchio, mentre entrambi mi lanciano uno sguardo. Ci vuole un attimo prima che il buttafuori sorrida, ma alla fine lo fa e fa cenno verso la porta. Tyler rimette il braccio intorno a me e mi conduce all’interno. Appena entrati, toglie il braccio. "Scusa. Era il modo più facile per entrare visto che non avevi un documento." Spiega. "Va bene," rispondo con un’alzata di spalle. "Ehi. Rilassati un po’. Sei così... tesa," dice Tyler, incrociando le braccia e imitando il mio atteggiamento rigido da quando sono scesa dalla macchina. "Guarda, ti porto da bere così ti sciogli un po’," dice. Annuisco e inizio a grattarmi il braccio mentre lo vedo dirigersi al bancone. Ne avrei proprio bisogno. Non sono una grande bevitrice, ma spero che possa aiutarmi; altrimenti, beh, è un club. Sono sicura che qualcosa si trova. Qualsiasi cosa mi aiuti in questo momento. Mi dirigo verso l’angolo più lontano del locale, osservando la folla. Controllo chi si avvicina, scruto per vedere se riesco a trovare qualcosa di... utile. Mi appoggio al muro e cerco di mettermi a mio agio. Tyler non ci mette molto a tornare con il drink. "Ecco qua, m’lady," dice, facendo un piccolo inchino e porgendomi un bicchiere. "Sei un tipo strano." Scoppio a ridere. "Sì, ma se è quello che serve per farti sorridere, allora ne vale la pena," risponde appoggiandosi al muro accanto a me. Prendiamo entrambi un sorso. Non è male. Di solito l’unico sapore di alcol che conosco è quello che sento dall’alito di qualcun altro. "Grazie," dico, guardandolo e sorridendo. "Troverò un modo per ripagarti." "Ti ho rapita, ricordi? Offro io." Tyler prende un altro sorso del suo drink. "Per ora, è un rapimento piuttosto riuscito... gli darei cinque stelle su Yelp," dico dandogli una gomitata e ridendo. Riprendo a grattarmi il braccio. Questo drink è buono, ma non basta. Ho bisogno di qualcosa di più. "Ehi, devo andare in bagno. Torno subito," dico, finendo il drink e passando il bicchiere a Tyler. Mi faccio strada tra la folla verso il bancone, quando noto una porta laterale da cui entrano ed escono persone. Bingo. Mi avvicino e scopro che è il bagno. Appena entro, vedo una ragazza che sniffa qualcosa dal lavandino. Alza lo sguardo quando mi vede. "Carino. Dove l’hai preso?" le chiedo. Lei sorride. "Dal mio ragazzo. Sei a posto?" mi chiede. "Sì." "Lui spaccia. Ti interessa?" chiede, spostandosi per farmi spazio. "Certo," rispondo, avvicinandomi al lavandino. Faccio un respiro profondo e sniffiò il più possibile, proprio come l’ho vista fare. Non ho mai provato la cocaina prima d’ora. Di solito mi danno solo sedativi o calmanti. Questo è meglio. Molto meglio. Faccio un lungo respiro mentre mi rialzo. "È roba buona," dico, guardandola con un sorriso. Mi sento già meglio. "È stato bello e tutto, ma che altro vende?" chiedo. "Posso vedere cosa ha con sé," risponde lei con un sorriso, mentre si fa un’altra sniffata. "Grazie, sei gentile," dico mentre esco dal bagno. Era esattamente quello di cui avevo bisogno. Torno da Tyler, che è ancora lì, nello stesso punto. "Ehi," gli sorrido. "Ehi, sembri più felice," dice Tyler, staccandosi dal muro. "Lo sono. Vuoi ballare?" gli chiedo. Ho voglia di fare qualcosa, di muovermi. "Che ne dici se prendo un altro drink, e poi, se hai ancora voglia, andiamo a ballare?" dice Tyler. "Ehi, ho capito cosa stai facendo. Ma posso benissimo trovare qualcun altro con cui ballare se tu non vuoi," rispondo, guardandomi intorno per cercare qualcun altro. "Va bene, va bene. Ma mi serve un altro drink prima. Un altro, poi balliamo," dice Tyler. Annuisco. "Ti è piaciuto il drink di prima?" mi chiede. "Sì!" rispondo annuendo di nuovo. "Ok, te ne prendo un altro," dice mentre si avvia al bancone. Rimango al mio posto e chiudo gli occhi, ascoltando la musica. Mi piace questa canzone. Inizio a muovermi un po’ a ritmo. Sento che qualcuno mi sta osservando, ma non mi importa. Poco dopo, Tyler torna con i drink, interrompendo la mia trance. "Allora, vuoi ballare, eh?" dice Tyler, passandomi il bicchiere. Sto ancora ondeggiando leggermente al ritmo della musica. "Voglio solo muovermi. Mi fa sentire bene," dico, prendendo il mio drink dalla mano di Tyler. "Grazie." "Immagino che tu non sia mai stata in un club prima," ride Tyler. "No. Mai," annuisco. "Bene, allora dobbiamo fare in modo che ti diverti il più possibile, così accetterai di tornarci con me," sorride Tyler, facendomi girare su me stessa con il braccio, mentre rido. "Non penso che ci sarà una prossima volta. Ti ho detto che mio patrigno mi ucciderà per questo," rido, prendendo un sorso del mio drink. "Beh, allora facciamo in modo che ne valga la pena," sorride Tyler finendo il suo drink. Faccio lo stesso. Mettiamo entrambi i bicchieri su un tavolo vicino e gli prendo la mano, portandolo sulla pista da ballo. Non è poi così male. Tyler ed io balliamo insieme per qualche minuto prima che inizi una nuova canzone. Mi sento davvero bene. È la sensazione migliore che ho avuto senza eroina da tanto tempo. Con la nuova canzone mi avvicino a Tyler, mi giro e inizio a ballare stretta contro di lui. Mi mette le mani sui fianchi e mi tira ancora più vicina. Ci muoviamo all’unisono, finché sento qualcuno urlare: "MIA!" Poi sento una mano sulla spalla che mi tira via da Tyler. Mi giro e vedo un uomo, di spalle a me, che fissa Tyler. Tyler alza le mani in segno di resa, scuotendo la testa verso di lui. "Cosa sta succedendo?" chiedo a Tyler, cercando di liberarmi dalla presa di quell’uomo. Ma la sua mano è saldamente sulla mia spalla, e il mio movimento non fa altro che far stringere di più la presa. "Basta, mi stai facendo male," dico, continuando a spingere per liberarmi. L’uomo si ferma, si gira verso di me, mi osserva con attenzione e poi lascia cadere la mano dalla mia spalla. "Mi dispiace," dice, guardando il segno rosso lasciato sulla mia spalla. "Tyler?" chiamo, facendo un passo indietro. "Ehi, non aver paura di me," dice l’uomo, facendo un altro passo verso di me. Io indietreggio. "Tyler?" balbetto di nuovo. L’uomo si ferma e Tyler si avvicina rapidamente, saltellando leggermente, ma nessuno dei due dice una parola. Alla fine, l’uomo sospira, e Tyler si precipita verso di me, facendo attenzione a non toccarmi. Bene. Odio essere toccata. "Stai bene. Non voleva farti del male. Per favore, non avere paura," dice Tyler velocemente nel mio orecchio, parlando abbastanza forte da sovrastare la musica. "Voglio tornare a casa. Per favore," dico, guardando prima l’uomo, poi Tyler. Almeno a casa so cosa aspettarmi. A casa posso prepararmi. Qui tutto arriva all’improvviso. Preferisco tornare a casa e affrontare persone di cui conosco i limiti. Tyler guarda l’uomo, poi torna a guardare me. "Per favore. È stato divertente finché è durato, ma ora voglio tornare a casa," dico. Tyler annuisce e inizia a portarmi fuori dal club. Grazie a Dio. Arriviamo alla macchina senza dire una parola. Apro la portiera dal lato del passeggero e comincio a indossare la mia maglietta, la felpa e la giacca, cercando di mettere più strati possibili tra me e il mondo esterno. "Ehi, mi dispiace per quello. Stai bene?" chiede Tyler, mettendomi una mano sulla spalla. "Non toccarmi," dico, tirandomi indietro velocemente. Lui ritira subito la mano. "So che è stato strano, ma posso spiegare," dice, guardandomi. "Voglio solo tornare a casa," rispondo, fissando il vuoto davanti a me mentre metto lo zaino sulle gambe e mi ci aggrappo come se la mia vita dipendesse da esso. Le mani cominciano a tremarmi, e cercare di controllarle non fa che peggiorare la situazione. "Va bene," mormora Tyler, inserendo la chiave nell’accensione e avviando il motore. Il viaggio verso casa è lungo e silenzioso. Ogni tanto sento che Tyler mi guarda, come se volesse dire qualcosa, ma non lo fa mai. Non mi dispiace il silenzio. Negli anni ho imparato ad apprezzarlo, perché quando trascorri metà del tuo tempo in uno stato di torpore indotto dalla droga, impari a trovare pace nel silenzio. "Puoi lasciarmi qui," gli dico, quando arriviamo alla fine della strada dove si trova la scuola. "In mezzo alla strada?" Tyler mi guarda. "Non se ne parla. È notte fonda. Non ti lascio in mezzo alla strada," scuote la testa. "Va bene. Ti indicherò la strada per casa, ma non parcheggiare nel vialetto. Sono già nei guai fino al collo," sospiro. "Ok." "Gira a destra più avanti. È l’ultima casa a sinistra," gli dico. Fa come gli dico e si ferma di fronte all’ultima casa a sinistra. Scendo dalla macchina e guardo Tyler. "Grazie... è stato bello finché è durato. Quindi grazie," dico, chiudendo la portiera e cominciando a camminare lungo il vialetto. Appena metto piede sul portico di casa, mi giro e saluto Tyler con la mano. Lui ricambia il saluto e se ne va. Una volta che è fuori dalla mia vista, scendo dal portico e torno indietro lungo il vialetto, iniziando il mio cammino verso casa. Sono circa cinque minuti a piedi. L’aria fredda della notte mi fa bene... Non ricordo l’ultima volta che ero abbastanza lucida per vedere il tramonto, figuriamoci per sentirmi libera di uscire. Arrivo a casa e apro la porta d’ingresso, sperando che mio patrigno e i suoi amici siano già abbastanza ubriachi da essere svenuti. Ovviamente, non sono così fortunata. Appena chiudo la porta, tutto comincia. —— SCHIAFFO —— "Dove sei stata?!" urla mio patrigno mentre mi afferro al corrimano delle scale per cercare di riprendere l’equilibrio. "Mi dispiace," mormoro, scusandomi. "Tutto quello che devi fare è andare a scuola e tornare a casa. Non riesci neanche a fare questo nel modo giusto!" Uno dei suoi amici, salendo le scale dietro di me, mi colpisce con un calcio alla schiena, facendomi cadere in avanti e atterrare sul pavimento. Mio patrigno mi prende per i capelli e mi solleva. "Faccio tutto per te! E questa è la mia ricompensa?! Vai in giro a fare la puttana per chiunque ti dia attenzione. Sì, lo so tutto," urla in faccia. "Non è così," provo a difendermi. "Come se potessi credere a una bugiarda come te. Ah!" Ride in modo beffardo. "Dovrò insegnarti una lezione," dice trascinandomi attraverso la casa verso il seminterrato. Merda. "No, no. Per favore, no!" Provo a lottare, ma non è abbastanza. Mi spinge giù per le scale. Atterro sul fondo con il braccio sotto di me, sento un forte crack e urlo per il dolore, rotolandomi a terra. —— CALCIO —— Il dolore si diffonde lungo la colonna vertebrale e tutto il mio corpo. "Fermati! Ti prego, smettila!" imploro. "Oh, ma non hai ancora imparato la tua lezione," dice mio patrigno mentre scende le scale verso di me. "Portatela sul letto." Sento delle mani afferrarmi e sollevarmi, una di queste usa il mio braccio ferito per tirarmi su. Grido di nuovo per il dolore. Mi adagiano sul letto e uno di loro mi strappa via la giacca, facendomi urlare ancora una volta per il braccio. "Guarda un po'. Non abbiamo nemmeno iniziato e sta già urlando," ride uno dei suoi amici, mentre mi toglie i jeans, e un altro tira via la felpa. "Perché deve indossare così tanti vestiti?" "Toglieteli e basta," ordina mio patrigno. Mi tolgono i leggings e le due magliette. "Tenetela ferma." Fanno esattamente quello che dice, come sempre. E come sempre, scalcio, urlo e supplico, ma non ascoltano. "Ebbene, ebbene. Sembra che qualcun altro l'abbia toccata," dice mio patrigno, sfiorando con il pollice il livido che si è formato sulla mia spalla per colpa di quello che è successo stasera. "Ascoltami, cagna," dice. —— SCHIAFFO —— "Ho detto ascoltami, cagna!" urla in faccia mentre si sbottona i pantaloni. "Sto ascoltando," grido tra le lacrime. "Fatela tacere," ringhia, e qualcuno mi infila un panno in bocca mentre cerco di urlare. È inutile. Le mie mani sono legate sopra la testa, e le gambe ammanettate ai piedi del letto, costrette a rimanere aperte. Come sempre, tutta la mia lotta è inutile. In un attimo, mio patrigno si spinge dentro di me. Piango e tiro con forza contro i miei vincoli per cercare di allontanarlo. Come al solito, i suoi amici stanno lì a guardare mentre io piango e lo supplico. Si divertono con la mia umiliazione. Dopo alcuni minuti, uno dei suoi amici si avvicina, mi toglie il bavaglio dalla bocca e mi infila un anello di metallo, costringendo la bocca a rimanere aperta. Urlo, ma il grido viene interrotto quando lui mi spinge il pene in bocca. Mi usa. Cerco di urlare di nuovo, ma sembra solo eccitarlo di più. Sembra non finire mai, finché sento la porta aprirsi: Jeff è tornato a casa. L’uomo nella mia bocca si ritira, toglie l’anello e rimette il bavaglio prima che io possa urlare. Poi vedo un altro degli amici di mio patrigno avvicinarsi con una siringa. Lo guardo e annuisco. Ti prego. Non voglio essere presente per questo. Mi infila l’ago nel braccio e preme. E presto, arriva il buio.
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