Capitolo Tre
Valigetta alla mano, mi precipito fuori dall’ufficio dell’Impalatore in direzione del bagno, come se avessi i segugi dell’inferno alle calcagna. Un solo pensiero mi gira in testa come un disco di vinile rotto:
Ci ha sentite da Starbucks!
Almeno, la parte sull’impalare le sue dipendenti.
Che cos’altro avrà sentito?
Quanto fottuta sono?
“Che razza di roba è quella?” mi chiede una donna attraente dai capelli neri, quando esco dal gabinetto.
Lancio un’occhiata imbarazzata alla valigetta, che ho lasciato vicino a uno dei lavandini. “La cartella di scuola di mia nipote.”
Non ho una nipote, ma se ce l’avessi, e questa fosse la sua cartella, avrebbe bisogno di un bravo psicanalista.
La sconosciuta mi guarda come se fossi un grillo esotico in un terrario. “Io sono Britney Archibald.”
Questa giornata peggiora sempre di più. Anche se non l’ho mai vista di persona né in video, ci conosciamo, almeno per email e messaggi istantanei.
È una delle cinque donne che lavorano nel dipartimento di sviluppo e, di recente, ho testato un codice scritto da lei.
Purtroppo, a differenza dei colleghi del suo reparto, non è una programmatrice molto brava (o, se non altro, è disattenta), perché ho trovato una miriade di bug nella sua app, molti più del solito. Si è rivelata molto permalosa riguardo alle mie scoperte, e la sua corrispondenza con me ha preso una piega ostile. Ho cercato di appianare le cose, soprattutto perché sto mirando a trasferirmi nel suo reparto, ma lei ha respinto i miei tentativi di fare una videochiamata per chiarire la situazione.
L’unico motivo per cui non ho sottoposto la faccenda ai nostri manager è che non sono il tipo che fa la spia. Inoltre, gira voce che Britney sia molto più brava come hacker che come sviluppatrice. A quanto pare, dopo aver rotto con un ragazzo del reparto vendite, è entrata nei suoi account di social media e ha cambiato la sua immagine profilo con una foto di lui durante una specie di pony play.
Sono proprio fortunata a imbattermi in lei, tra tutti, con l’atrocità in mio possesso decorata con i genitali!
Chiamo a raccolta tutta la mia professionalità e le tendo la mano. “Io sono Fanny Pack.”
Mi guarda il palmo con disgusto.
Accidenti! Non mi sono ancora lavata le mani (e dubito che accetterà come scusa “l’urina è sterile”).
Noto anche che stringe gli occhi, mentre ricorda come mai il mio nome le sia familiare.
“Fa piacere dare un volto a un nome” sparo e, afferrata la valigetta, mi precipito verso la porta. Da sopra la spalla, aggiungo: “Ci vediamo alla riunione mensile.”
Credo che risponda con qualcosa di dispettoso, ma non capisco cosa.
Mi fiondo nell’area ristoro e mi lavo le mani nel lavandino che c’è lì. Poi, mi scolo un bicchiere d’acqua e m’intrufolo nella grande sala conferenze, dove si terrà la riunione mensile.
Fantastico!
Sono la prima ad arrivare.
Prendo la sedia nell’angolo più lontano e nascondo la valigetta sotto il tavolo.
Ecco. Nessuno dovrebbe vederla, ora, e la comodità delle mie ginocchia è un piccolo prezzo da pagare.
Mentre aspetto che entrino gli altri dipendenti, disconnetto il mio Tesoro dal Wi-Fi aziendale e cerco su internet informazioni sull’Impalatore.
È inquietante quanto poco trovo.
È oscenamente ricco (ma questo lo sapevo già). Possiede un’azienda di software di successo (ovvio, ci lavoro).
Non ci sono foto di lui online. Né sul sito web della Binary Birch, né sui giornali, né in alcun altro posto in cui guardo. Se non gli avessi scattato una foto con la mia app, sarei sicura che è il tipo di vampiro che non si riflette negli specchi e non appare nelle foto.
Inoltre, non ha un profilo sui social media di alcun tipo, nemmeno uno professionale, come LinkedIn. L’idea che mi era venuta da Starbucks di cercarlo tramite quella foto sarebbe fallita.
Naturalmente, ora non ho più bisogno di farlo. So chi è, e qualsiasi tipo di romanticheria è fuori discussione. È il capo del mio capo (ovvero il mio capo al quadrato), senza contare un noto stacanovista, che non ha tempo per nient’altro nella sua vita.
Oltretutto, sono sicura che non sarebbe interessato a una che lavora per lui (perché ciò comporterebbe impalare la tipa in questione, mentre lui ha detto che non lo fa con le sue dipendenti). E, anche se l’impalamento fosse un’opzione, sono sicura che non vorrebbe farlo con me.
Non dovrei nemmeno pensare in questa direzione, non in un momento così cruciale della mia carriera.
Tuttavia, creo un Google alert per il suo nome. In questo modo, se qualcosa su di lui apparisse online, sarò la prima a saperlo.
Una porta sbatte, facendomi alzare la testa di scatto.
Mentre mi ficco in tasca il mio Tesoro, mi accorgo che la sala è ormai gremita, e l’uomo che stavo stalkerando online è in piedi a capotavola, con gli occhi blu scuro che brillano intensamente dietro gli occhiali.
Deglutisco.
Di solito, è uno dei project manager a presiedere questo incontro, ma in questo momento, si stanno tutti rannicchiando in un angolo.
Gli uomini, almeno. Le donne in questa stanza sembrano ovulare spontaneamente.
Britney sta praticamente sbavando, e persino Sandra (che deve avere almeno trent’anni più di lui) è arrossita quasi quanto me.
“Negli ultimi mesi, ho lavorato al progetto Belka” esordisce l’Impalatore, senza nemmeno rivolgere un “buongiorno a tutti”. “Ora è in fase di test.” Mi guarda per un istante, e gli occhi di Britney si volgono verso di me, per poi ridursi a fessure.
Sprofondo più giù nella sedia, facendo la mia migliore imitazione della tartaruga. Per l’amor del C++, ti prego, fa che non menzioni la valigetta piena di s*x toys! Ti supplico, aggiungendoci sopra un litro del sangue più succoso.
Non lo fa.
Invece, sposta lo sguardo verso il punto in cui sono seduti i contabili. “Se il team di QA dovesse presentare qualunque nota spese etichettata Belka, la pratica dev’essere accelerata. Se avete qualsiasi domanda sul perché delle note spese, indirizzatela a me.”
Le espressioni sui volti del team di contabilità lasciano intendere che non ci saranno domande. Mai.
Questo, in effetti, è ottimo. Volevo davvero addebitare all’azienda le ingenti spese di spedizione che sto per sostenere, ma senza il suo decreto, non mi sarei azzardata. Il team di contabilità l’aveva tirata per lunghe, quando mi ero ordinata una tastiera ergonomica (e non c’è spesa più legata al lavoro di quella).
Ma lui come faceva a saperlo? È un vampiro premonitore, come Alice di Twilight?
“Questo discorso vale anche per tutto il resto.” Il suo sguardo passa in rassegna la sala, indugiando su di me per un secondo. “Il progetto Belka è una priorità.”
Wow.
Nessuna pressione, mi raccomando.
Sandra mi ha appena lanciato uno sguardo colpevole? È stata lei ad assegnarmi questo progetto, ma del resto, considerando quanto importante si stia rivelando la cosa, in un certo senso, mi ha fatto un complimento del tipo “buttiamo sotto l’autobus quella che ha più probabilità di sopravvivere”.
Britney alza la mano con l’esaltazione di una liceale che conosce la risposta a qualcosa per la prima volta in vita sua.
Ignorandola, l’Impalatore gira sui tacchi ed esce a grandi passi dalla stanza.
“Avete bisogno di aiuto?” Britney gli urla dietro. “Potrei revisionare il codice, se…”
La porta sbatte dietro di lui.
La sala tira un sospiro di sollievo collettivo; cioè, tutti tranne Britney. Ha l’aria di una a cui abbiano appena rasato la sua adorata tarantola domestica.
Il telefono della sala conferenze emette un bip, avvisandoci che l’Impalatore si è appena collegato alla riunione, come la sua solita presenza spettrale.
Uno dei project manager prende in mano la situazione, ma non riesco a seguire quello che lui né chiunque altro dice, per via di tutta l’adrenalina che scorre nel mio organismo.
Questo progetto è super importante.
Non posso rovinare tutto.
Per calmarmi, tiro fuori il mio Tesoro.
Fingendo di controllare un promemoria importante, avvio la mia app e la uso sui miei colleghi.
L’alter-ego in cartoni animati di Sandra si rivela essere Dory di Alla ricerca di Nemo. Britney è Malefica (non c’è da stupirsi). Un tizio delle vendite ricorda all’app Gatto Silvestro, una donna della contabilità è Pepé la Puzzola, mentre due ragazzi del dipartimento di sviluppo corrispondono a Beavis e Butt-Head.
Vedere la maggior parte dei miei colleghi in questo modo mi fa accorgere di una cosa: la percentuale di donne rispetto agli uomini nel dipartimento di sviluppo, nonché in tutta l’azienda, è molto più alta di quella dell’industria del software in generale. Questo è particolarmente interessante, alla luce di tale percentuale nel sistema educativo. Quando frequentavo i corsi d’informatica al Brooklyn College, ero spesso l’unica donna della mia classe.
C’è l’Impalatore dietro tutto questo, o l’ufficio del personale? Se si tratta dell’Impalatore, ne sono impressionata: con la sua longevità vampirica, dev’essere cresciuto quando la parità dei diritti era ancora un miraggio.
Beh, chiunque ci sia dietro, è una cosa in meno di cui preoccuparmi, quando si tratta di trasferirmi al dipartimento di sviluppo.
A proposito, ora mi sento più determinata a farlo che mai. In effetti, penso che dovrei presentare la richiesta al più presto. All’inizio, volevo aspettare il completamento del progetto Belka, ma grazie a questa riunione ho guadagnato un po’ di visibilità e, probabilmente, non ci sarà momento migliore.
Per il resto della riunione, metto in scena nella mia mente diverse versioni di come farò la mia “mossa”.
Quando è terminata, aspetto che tutti se ne vadano, prima di occuparmi di nuovo della valigetta.
Gatto Silvestro e Pepé la Puzzola sono tra gli ultimi a uscire, con Beavis e Butt-Head alle calcagna.
Resta solo Sandra, ora, che chiaramente è rimasta indietro di proposito.
Qualunque sia la sua motivazione, decido di cogliere l’attimo, prima di tirarmi indietro. “Ehi, Sandra. C’è una cosa importante di cui volevo parlarti.”
Impallidisce. Scommetto che pensa che stia per tirarle pacco col progetto di testing.
Prima che le venga un infarto, le spiego le mie vere intenzioni e, mentre mi ascolta, le ritorna un po’ di colore sulle guance.
“Hai qualche esperienza di programmazione?” mi domanda, quando ho finito di perorare la mia causa. “È la prima cosa che mi chiederanno, quando solleverò l’argomento.”
Le parlo della mia app e mi offro di condividere un link al database di controllo versione, in modo che possa inoltrarlo a chiunque voglia vedere di cosa sono capace.
“Certamente” dice. “Lo passerò a tutti i membri del team di sviluppo, insieme a una brillante raccomandazione da parte mia.”
Le rivolgo un sorriso raggiante. “Mi dispiace lasciare il tuo team. Effettuare test non è…”
Lei liquida l’argomento con un cenno della mano. “Sarà un peccato perderti, ma devi pensare prima di tutto alla tua carriera.” Lancia uno sguardo furtivo alla porta e stacca il telefono della sala conferenze. “Anch’io volevo parlarti di una cosa. So che svolgi sempre un ottimo lavoro, ma ti prego di fare del tuo meglio con il progetto Belka. Temo che, se qualcosa andasse storto, entrambi i nostri posti di lavoro sarebbero a rischio.”
Fantastico.
O otterrò il posto che voglio, o perderò del tutto il lavoro.
“Ci penso io” dico con una sicurezza che vorrei sentire. “Lascia fare a me.”
Sandra ricollega il telefono. “Fammi sapere se c’è qualsiasi cosa che posso fare per aiutarti.”
“Certo.” Sorrido e spero che se ne vada.
Rimane lì.
“Ciao” la saluto.
Aggrotta le sopracciglia. “Tu ti fermi ancora?”
“Devo controllare un’email” mento.
Anche se lei è nella cerchia del test sui s*x toys, non voglio che veda la valigetta.
“Buona fortuna” mi dice e, finalmente, se ne va.
Aspetto un altro minuto che tutti si disperdano nei rispettivi cubicoli, poi afferro la valigetta di s*x toys da sotto il tavolo e mi precipito fuori dalla sala riunioni… e quasi vado a sbattere contro Britney, che è in agguato nel corridoio sul tragitto verso gli ascensori.
“Fanny.” La sua voce è intrisa di miele avvelenato. “Sono contenta di averti incontrata.”
Davvero? L’inferno sta subendo il cambiamento climatico?
“Volevo chiederti del progetto Belka” dice.
Ah. Ecco.
“Per favore, indirizza tutte le tue domande al signor Chortsky” replico educatamente.
Vedo che non è contenta di questa risposta, quindi afferro la valigetta e faccio un passo avanti, sperando di oltrepassarla rapidamente.
Non si muove.
“Con permesso” borbotto. “Sono in ritardo per una riunione.” Detto questo, m’infilo a forza tra lei e il muro e mi fiondo nell’ascensore, come se avessi una fata cattiva alle calcagna.
Una volta fuori dall’edificio, cammino a passo spedito fino all’ufficio spedizioni della DHL in Church Street.
Asciugandomi il sudore dalla fronte (fa davvero caldo fuori!), esamino i documenti necessari.
Questa giornata va di bene in meglio. Il modulo doganale contiene un elenco di articoli da compilare.
Ci sarà da ridere!
Individuo il bagno più vicino, mi chiudo in un gabinetto e apro la valigetta.
Porca vacca! Ci sono tantissimi toys.
Un dildo in una confezione di plastica trasparente. Qualcosa che assomiglia a un plug anale. Un anello per il pene. Un vibratore. E un mucchio di oggetti che non riconosco nemmeno.
Per fortuna, qui c’è una sorta di menù, scritto dalla stessa mano femminile del foglio con i casi di test aggiuntivi. Infatti, anche l’interno della valigetta odora dello stesso profumo.
Mi domando se sia l’amante dell’Impalatore. Questo spiegherebbe come mai lui stia dando così tanta priorità al progetto.
Uccidila! grida il mostro verde di gelosia dentro la mia testa.
Non so chi sia, rispondo. Devi calmarti.
Scoprilo e strappale i capelli!
Tu sei pazza.
Io sono te.
Mettendo a tacere il mostro verde, m’infilo in tasca la lista, chiudo la valigetta e torno nell’ufficio principale della DHL.
Qualcuno è mai arrossito così tanto, compilando un modulo doganale? Il mio viso è talmente caldo, che temo che i miei capelli prendano fuoco.
Finito di compilare il modulo, mi metto in fila e aspetto.
E aspetto ancora.
Dato che mi annoio, tiro fuori il cellulare.
Mmm. Un’email da parte di Dominika.
Quando leggo l’oggetto, il mio battito accelera.
Mi dispiace.
No.
Non può essere.
Apro l’email, la leggo e per poco non mollo il mio Tesoro.
È il mio peggior incubo che si avvera.
Dominika non mi farà da tester.