La contessa era vestita tutta di bianco: i suoi capelli sparivano sotto una cuffia di trina, che le scendeva fino sulla fronte: al collo aveva una croce di brillanti attaccata ad un nastro celeste.
Ella era bella di una celeste purezza, e sotto quelle trine candide, con quel vestito bianco, pareva una vergine assopita nei pensieri del cielo.
Il viso era pallido, dimagrato, ma non aveva quella lividezza spaventosa, propria dei cadaveri. Nessuno, vedendola, avrebbe creduto alle sofferenze che furono il preludio della di lei morte. Uno sguardo sembrava scivolar fuori dalle pupille semichiuse; dalle labbra aperte ad un principio di sorriso, sembrava uscire ancora una parola di amore, di addio, per i suoi cari.
— Com'era bella! — mormorò Ines portandosi il fazzoletto agli occhi.
— Bella e buona, — disse Alfonso con un brivido.
E scuotendosi dall'estasi che l'aveva per un istante dominato, si gettò piangendo su quell'adorato cadavere.
— Clara... mia Clara... — diceva singhiozzando — eccomi a te di ritorno,... ma tu non mi vedi,... non odi il tuo povero fratello che ti è vicino; tu sei morta pensando che io t'avessi dimenticata,… morta scrivendo... e pronunciando il mio nome... Clara... o mia Clara...
Le lacrime gli scendevano in copia sulle guance.
— Sei pur bella!... — continuò — ma Dio solo vede ora i tuoi dolci sorrisi… Oh! Clara... dimmi chi ti ha resa infelice sulla terra, chi ti ha fatto morire così giovane?… parlami... parlami… sono Alfonso, il tuo fratello che amavi tanto...—
S'interruppe con un palpito angoscioso, e le braccia indebolite gli caddero penzoloni lungo il corpo.
Ines cercò di sorreggerlo, di trascinarlo lontano.
Ma egli si svincolò da lei. Pareva non potersi saziare di guardare quel cadavere; egli s'ostinava a credere che colei che aveva tanto amato non poteva essere morta, e che forse stava per risvegliarsi.
Era sì bella ancora quella morta! V’era ancora tanto fàscino in quelle purissime forme, nella delicata posa! Possibile che l'anima di lei, fosse svanita intieramente nello spazio, e non rimanesse ancora in quel corpo reso inerte, un soffio di vitalità!
Le pupille di Clara non avevano il colore vitreo, appannato, oscuro, che sogliono prendere gli occhi degli estinti.
Alfonso le guardava e gli pareva che esse ricambiassero i suoi sguardi. Eppure quelle pupille erano immobili, come la fronte di Clara era ghiacciata.
Ma il giovane non sapeva staccarsene.
— Ah! se Dio volesse... se Dio volesse, — mormorava come in delirio. — Clara... Clara... guardami ancora,... dammi un bacio... un bacio solo... per mostrarmi che mi hai perdonato. —
Ed appoggiò le sue labbra ardenti sulle labbra della povera morta.
Ma allora gettò un grido, che risuonò lungamente in tutta la cappella e si alzò barcollando come un ubriaco, coi capelli scomposti, gli occhi sbarrati.
— Le sue labbra si sono mosse! — esclamò. — Ella mi ha baciato... ella è viva... sì, è viva! —
Ines e il custode credettero che Alfonso divenisse pazzo, e si avvicinarono; ma appena ebbero gettato uno sguardo sul cadavere, essi pure divennero pallidi quasi come quello.
Le labbra della morta si erano aperte ed avevano acquistato un leggerissimo color di rosa; la luce che scivolava dalle ciglia socchiuse di lei, si era fatta più brillante.
— Che sia viva davvero? — pensò il custode sbalordito. — Fededdina, sarei in un bell'imbroglio!
— Sì... è viva... è viva, — rispose Alfonso.
E con atto subitaneo aprì l'abito della morta e le pose una mano sul cuore. Il cuore non batteva.
Egli appoggiò allora la testa sul petto di lei, e gli parve di sentire come una impercettibile pulsazione.
Appoggiò di nuovo le sue labbra alla bocca di Clara, e quelle labbra ebbero un leggiero brivido.
— Bisogna levarla subito di qui! — esclamò Alfonso cercando di dominare la sua estrema agitazione — ella non è morta... vi ripeto, mi ha baciato ancora! —
Un brivido di ghiaccio percorse le vene del custode.
— Ma se v'ingannaste!? — balbettò — se qualcuno venisse a scoprire...
— Nessuno saprà nulla...
— Ma io non posso trasportare la morta in casa mia — disse il custode esitante — ho moglie e figliuoli, ed una sola camera. —
Alfonso aveva ripreso il suo sangue freddo.
— Ascoltatemi, — disse brevemente — non ha detto vostro nipote che abita qui vicino, in una casetta isolata?
— Sissignore... abita una casetta solo con la madre, ma non tanto vicino; è di là dal ponte a Ema.
— Bene, questo non importerebbe; la sua carrozza ci trasporterà.
— Ma questa cassa, che domani debbo mettere nella fossa...
— E vorreste seppellire una donna viva?! —
Il custode chinò il capo confuso.
— Verrà qui il conte Rambaldi? — chiese Alfonso vivamente.
— Nossignore, ha dato a me l'incarico di tutto, e mi ha pagato anticipatamente. —
Alfonso mandò un'esclamazione di gioia, mentre ricambiava un rapido sguardo con Ines.
— Tutto va per il meglio adunque... nessuno saprà quanto qui succede,... voi terrete il segreto con tutti: ve lo pagherò a prezzo d'oro; metterete nella tomba la cassa vuota.
— Ma non vedete che la signora contessa non si muove... essa è proprio morta, e voi siete vittima di un'allucinazione!? —
Le parole del custode erano ferme, ma la voce tremava.
— No... non è morta... non è morta, vi ripeto! — esclamò Alfonso prendendo una gelida mano di Clara e inondandola di lacrime.
— E vorreste seppellirla con questo dubbio? — disse a sua volta Ines con un singhiozzo che straziava il cuore.
Il custode commosso dalla terribile insistenza di quel dolore, e forse forse temendo della verità di quelle supposizioni, disse:
— Ebbene, ammettiamo che non sia morta... dove vorreste condurla?
— A casa di vostro nipote, ve l'ho detto... egli è un bravo giovinotto... manterrà il segreto con tutti. —
Il custode era in una terribile alternativa.
— Oh! non mi dite di no, — aggiunse il giovane supplichevole — voi non correte alcun pericolo, ve lo giuro, e poi se avete timore, io vi darò tanto denaro da assicurare il vostro avvenire, quello della vostra famiglia...
— Basta... basta, signore... non è già l'interesse che mi spinge a giovarvi: ma si è perché mi viene il dubbio che la povera signora non sia morta... Farò quanto vorrete... ma segretezza... per segretezza.
— Sul mio onore, nessuno saprà quanto è successo, — disse Alfonso portandosi una mano sul cuore.
— Ma se fosse morta davvero?
— Sul mio onore vi giuro che vi riporterei... con lo stesso mistero, il cadavere.
Il custode era vinto.
— Aspettatemi qui un momento, — disse — vado ad avvisare mio nipote. —
Ed uscì in fretta dalla cappella.
— Dio mi ha ispirato! — esclamò Alfonso, sollevando il corpo di Clara fra le sue braccia, e stringendolo come forsennato al seno.
Ines, rabbrividiva.
— Io temo, povero Alfonso, che tu t'illuda; le sue mani sono di ghiaccio.
— Ma ella non è morta!
— La sua fronte è di marmo.
— Ma ella vive, ti ripeto; lo sento... e mi pare che m'intenda, mi pare che il cuore suo palpiti sul mio. —
Mentre così parlava, il custode ritornò insieme col fiaccheraio. Questi era pallido in volto come un lenzuolo, ed aveva gli occhi pieni di lacrime.
— Mio zio mi ha detto tutto... davvero, signore, la povera morta vive?
— Sì... io lo spero... lo spero, perché Dio è buono;... ma affrettiamoci; ella potrebbe tornare in sé e sarebbe terribile, per lei, che si trovasse qui. —
Con molta attenzione, la povera contessa che continuava a rimanere immobile, rigida come un cadavere, fu trasportata nella vettura. A quell'ora la strada era deserta, e nessuno avrebbe immaginato la scena compiuta nel cimitero.
Quando la carrozza fu partita, portando seco la giovane coppia e la povera morta, il custode riprese la via della cappella col capo chino e le mani incrociate dietro le reni. Egli chiedeva a sé stesso se non aveva sognato.
— Che la morta sia viva davvero?... — mormorava — oh! sarebbe strana,... ma sarebbe anche più orribile a pensare che se non era quel signore, suo fratello, la povera contessa domani sarebbe stata sepolta viva. Brr... mi vengono i sudori freddi nel pensarci. Del resto nessuno saprà mai questo segreto... Al conte poco importa di sua moglie, tanto è vero che ha lasciato a me la cura di tutto... quel conte mi sembra un poco di buono, e mi ha fatto una brutta impressione la prima volta che l’ho visto... Gridò, perché la tomba non era ancora preparata: che volesse proprio seppellir viva la moglie?... uhm! non sarebbe difficile... ed io sarei stato il complice di un assassinio? Ah! il fratello della signora contessa, quello ha davvero il viso di galantuomo, e ci si può fidare di lui... Ma che cosa sono tutte quelle ombre che vedo stanotte?... Non so perché mi tremano le gambe, ed ho degli scrupoli. Che qualche volta senza volerlo, io abbia seppellite delle persone ancora vive? —
Egli diceva tutto ciò fra sé, mentre si guardava attorno molto sconsolato. Tonino era sempre stato un uomo forte e positivo, non aveva mai creduto agli spettri, ma in quella notte si sentiva agitato da brividi strani. Gli pareva di veder proiettarsi delle ombre sulle bianche pietre, gli pareva veder aprirsi delle tombe ed uscirne dei fantasmi avvolti nel lenzuolo funebre e che tendevano verso di lui le braccia, dicendo con una voce che non aveva nulla di umano:
— Anche noi ci seppellisti vivi. —
E qui mi si permetta una breve digressione.
Non è raro il caso che una persona venga seppellita come morta, mentre di morta non ha che l'apparenza. Avrei molti e molti esempî da citare, ma ne basti uno solo a dimostrare che non bisogna aver troppa furia nel seppellire i cadaveri, specialmente quando la loro morte è avvenuta improvvisamente, non bastando talvolta la constatazione del medico. Quanti medici, ed anche celebri, si sono ingannati ed hanno fatto seppellire dei morti ancora vivi! Oh! se tutte le tombe potessero dischiudersi,... se potessero parlare! Ma le tombe sono mute, e la terra ricopre i più orribili misteri.
In una città d'Italia era morta improvvisamente per sincope una giovane bellissima, sposa da un anno ad un ricchissimo industriale, che l'amava perdutamente.
Egli stesso volle comporre la cara spoglia nella cassa mortuaria, e nel vedere quelle sembianze così serene, così pure, che la morte non aveva alterate, pareva non sapesse staccarsene e diceva che era impossibile che quella bella, splendida creatura, la quale due giorni prima era tuttora piena di vita e di salute, fosse ridotta in poche ore cadavere.
Ma i medici avevano constatata la morte, ne avevano autorizzata la sepoltura. Il marito aveva vegliato per le intere quarant’otto ore regolamentari vicino al corpo della defunta, illudendosi sempre, persuaso che ella dovesse da un momento all'altro svegliarsi. Ma quando giunsero gli amici, i parenti che erano venuti per accompagnare il feretro ed egli fu tratto fuori dalla stanza mortuaria, comprese pur troppo che tutto era finito, e per sempre.
La madre della giovine defunta si trovava allora in viaggio: al suo ritorno seppe della morte improvvisa della figlia, e per poco non perdette la ragione.
Calmata alquanto, non ebbe più che un pensiero: rivedere una volta ancora il cadavere della figlia adorata, che non aveva potuto abbracciar viva. Il desiderio della povera madre fu condiviso dal marito della defunta. Ma per ottenere il consenso di rivedere la povera morta, bisognava un cambiamento di sepoltura. L'industriale acquistò una cappella apposita onde far esumare il corpo della moglie.
Prima di trasportare un morto da una tomba all'altra, bisogna farne la ricognizione in presenza dei membri della famiglia e di un funzionario, destinato a tal uopo dal Comune. Giunse il giorno stabilito per l'esumazione, e nel cimitero si trovarono raccolti la povera madre, lo sventurato genero ed alcuni parenti, che avevano voluto seguirli.
Appena giunsero alla tomba della giovane sposa, il custode ne aveva già levati i vasi di rose, di giacinti e di viole, di cui il marito l'aveva fatta circondare. Amava tanto i fiori la povera morta! Anche la lastra di marmo era stata sollevata, ma la terra non era ancora scavata.
Quando i becchini si misero all'opera, la povera madre si strinse involontariamente al braccio dell'industriale che non era meno pallido e tremante di lei.
D'improvviso una zappa batté contro il legno della cassa. A quel sordo rumore, la madre stette per svenire: gli amici la sostennero e vollero trarla di là.
— No... no, lasciatemi... — diss'ella — lasciatemi... voglio vederla. —
L'industriale, benché commosso profondamente, cercava di mostrarsi calmo: un leggiero tremito nelle guance e nelle labbra erano i soli segni visibili della sua commozione.
Finalmente la cassa fu scoperta e sollevata dalla fossa; il funzionario si era avvicinato.