Il buttafuori all’ingresso dello Sphere mi lanciò un’occhiata mentre mi avvicinavo. Individuai un altro sorvegliante sul tetto. Il resto della strada era deserto e sarebbe rimasto così per un bel po’, fino a quando i primi festaioli avrebbero provato a entrare nel famoso locale.
Mi fermai di fronte al buttafuori, il quale appoggiò la mano sulla pistola che portava al fianco. Non sarebbe stato abbastanza veloce.
«Fabiano Scuderi» dissi soltanto. Ovviamente lo sapeva. Lo sapevano tutti. Senza dire una parola, mi lasciò entrare nella sala d’attesa, dove due uomini mi bloccarono il passaggio.
«Armi» ordinò uno di loro, indicando un tavolo.
«No» replicai.
Il più alto dei due, che era più basso di me di diversi centimetri, si allungò finché il suo viso non fu vicino al mio: «Cos’hai detto?»
«Ho detto di no. Se sei troppo sordo o stupido per capirmi, va’ a chiamare qualcuno che ci riesca. Sto esaurendo la pazienza.»
La faccia dell’uomo divenne rossa. Sarebbero bastate tre mosse per staccargli la testa dal corpo. Si girò verso l’altro tizio. «Di’ al Capo che lui è qui e che si rifiuta di consegnare le armi.»
Se pensava di intimidirmi nominando Luca, si sbagliava. Il tempo in cui l’avevo temuto e ammirato era ormai superato. Luca era un uomo pericoloso, senza dubbio, ma lo ero anch’io.
Alla fine, l’altro uomo tornò e mi fu concesso di attraversare l’atrio illuminato di blu e la pista da ballo e di scendere nel seminterrato. Era un buon posto se qualcuno non voleva che gli estranei sentissero gridare. Nemmeno quello bastò a innervosirmi. La Famiglia non conosceva molto bene la Camorra. Non conoscevano molto bene me. Non eravamo mai stati meritevoli della loro attenzione, finché non eravamo diventati troppo potenti per essere ignorati.
Nel momento in cui misi piede nell’ufficio, passai in rassegna ciò che mi circondava. Growl era in piedi sulla sinistra. Traditore. Remo avrebbe adorato ricevere la sua testa dentro un sacchetto di plastica. Non perché quell’uomo aveva ucciso suo padre, ma perché aveva tradito la Camorra. Quello era un crimine degno di una morte dolorosa.
Luca e Matteo erano al centro della stanza, entrambi imponenti e tenebrosi. Mia sorella Aria, con i suoi capelli biondi, era come un raggio di luce.
Me la ricordavo più alta, ma d’altronde ero un ragazzino quando l’avevo vista l’ultima volta. Lo shock sul suo viso fu innegabile: dimostrava ancora le sue emozioni, come un libro aperto. Il matrimonio con Luca non l’aveva cambiata sotto quel punto di vista, anche se si sarebbe potuto credere che, dopo tutto quel tempo insieme, lui fosse riuscito a distruggere la sua anima. Che strano: Aria era ancora come me la ricordavo, nonostante io fossi diventato una persona diversa.
Lei si fiondò verso di me. Luca cercò di fermarla, ma mia sorella fu troppo veloce. Luca e i suoi uomini tirarono fuori le armi nel momento in cui Aria mi avvolgeva in un abbraccio. Le posai una mano sul collo, mentre mi stringeva, e le sue dita si aprirono sulla mia vita, nel punto in cui avevo nascosto i coltelli. Mia sorella si era sempre fidata troppo. Avrei potuto ucciderla in un attimo; romperle il collo avrebbe richiesto uno sforzo minimo. Avevo già ammazzato in quel modo prima, durante i combattimenti all’ultimo sangue. Il proiettile di Luca sarebbe giunto in ritardo.
Aria alzò lo sguardo su di me, piena di speranza. Poi, lentamente, arrivarono la presa di coscienza e la paura.
Sì, Aria. Non sono più un ragazzino.
Guardai di nuovo gli uomini nella stanza. «Non c’è bisogno di puntare le armi» dissi a Luca. Il suo sguardo attento passò dalle mie dita, posizionate perfettamente sul collo di mia sorella, ai miei occhi. Riconobbe il pericolo che minacciava la sua dolce mogliettina, anche se lei non lo aveva ancora del tutto afferrato. «Non ho fatto tutta questa strada per fare del male a mia sorella.»
Era la verità. Non avevo nessuna intenzione di far del male a mia sorella, anche se avrei potuto. Non sapevo cosa avesse in mente Remo per lei; per cui feci scivolare un biglietto nella tasca dei suoi jeans, prima che Luca l’afferrasse, scostandola da me; la minaccia nel suo sguardo era chiara.
«Mio Dio» sussurrò Aria, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime: «Cosa ti è successo, Fabi?»
Aveva davvero bisogno di chiederlo? Era stata così tanto impegnata a salvare le mie sorelle, da non prendere in considerazione cosa quelle azioni avrebbero significato per me?
«Tu, Gianna e Liliana» risposi. «Ecco cos’è successo.»
Dal suo volto trasparì solo confusione. No, non aveva davvero capito. All’improvviso, una furia gelida mi attanagliò. Poi, mi ricordai che ogni orrore del mio passato mi aveva reso la persona che ero.
«Non capisco» mormorò Aria.
«Dopo la fuga di Liliana, nostro padre si convinse che in tutti noi c’era una tara genetica. Pensò che il problema fosse il sangue di nostra madre che ci scorreva nelle vene. Temeva che io fossi un altro errore in divenire. Mi picchiava spesso... Forse pensava che facendomi sanguinare ripetutamente mi avrebbe epurato da ogni traccia di debolezza. Quando quella puttana della sua seconda moglie diede alla luce un figlio maschio, nostro padre decise che io non gli servivo più. Ordinò a uno dei suoi uomini di uccidermi. Però, lui non ebbe i coglioni per farlo, perciò mi lasciò in un cazzo di parcheggio di Kansas City, in balia della Bratva. Avevo venti dollari e un coltello.» Pausa. «Feci buon uso di quel coltello.»
Riuscii a vedere mia sorella assorbire tutto il mio racconto.
Scosse la testa. «Non volevamo che tu subissi tutto questo. Volevamo solo salvare Liliana da un matrimonio orribile. Non pensavamo avessi bisogno anche tu di essere salvato. Eri un ragazzino che stava per diventare un soldato dell’Organizzazione. Se ce l’avessi chiesto, ti avremmo portato con noi. Ti avremmo salvato.»
«Mi sono salvato da solo» replicai.
«Potresti sempre... lasciare Las Vegas» aggiunse Aria circospetta. Luca le lanciò un’occhiataccia.
Le risi in faccia. «Mi stai suggerendo di lasciare la Camorra e unirmi alla Famiglia?» chiesi con tono amaro.
Mia sorella fece una smorfia, forse sorpresa dalla durezza nella mia voce. «È un’opzione.»
Guardai Luca. «È lei il Capo, o sei tu? Sono venuto qui per parlare con la persona che gestisce questo carrozzone. Credevo fosse un uomo, non una donna.»
Luca non si dimostrò turbato dalle mie parole. «È tua sorella. È lei a parlare perché io glielo permetto. Se avessi qualcosa da dirti, Fabi, te lo direi. Non temere.»
Fabi...
Quel soprannome non mi infastidì come era nelle intenzioni di Luca. Oramai me l’ero lasciato alle spalle. Nessuno a Las Vegas mi conosceva con quel nome e, anche se l’avessero saputo, non si sarebbero azzardati a usarlo.
«Fabi, noi non siamo i tuoi nemici» disse Aria. Ero certo fosse convinta della bontà delle sue parole: agiva come la vice del Capo e, nonostante tutto, non sapeva niente di niente. Suo marito invece mi vedeva nello stesso modo in cui io vedevo lui: un avversario da tenere d’occhio. Un predatore che invadeva il suo territorio.
«Aria, sono un membro della Camorra. Voi siete i miei nemici.» Quel mio viaggio era servito almeno a dimostrare che non vi era più nulla dello stupido e debole ragazzino che ero stato. Quell’ingenuità mi era stata strappata di dosso: prima, con le botte da parte di mio padre, poi, sulla strada e nelle gabbie dei combattimenti, mentre lottavo per guadagnarmi un posto nel mondo.
Aria scosse la testa, incredula di fronte alle mie parole. Sapevo che non mi aveva abbandonato di proposito e che non era stata sua intenzione sigillare a quel modo il mio destino, quando aveva aiutato le mie sorelle a fuggire... Talvolta, però, le nostre scelte causavano le conseguenze peggiori.
«Ho un messaggio per te, da parte di Remo» mi rivolsi a Luca, ignorando mia sorella. Aria non era l’unica ragione per cui ero venuto a New York, quindi mi sarei occupato di lei più tardi. «Remo dice che non hai niente da offrire a lui o alla Camorra, a meno che tu non gli spedisca tua moglie per farsi una scopata.» E siccome si trattava di mia sorella, non appena pronunciai quelle parole, sentii l’amaro in bocca.
Luca aveva già attraversato mezza stanza, prima che Aria riuscisse a fermarlo. Io avevo già in mano la pistola e uno dei miei coltelli.
«Luca, calmati!» lo pregò Aria.
Lui mi rivolse un’occhiataccia. Oh, certo, voleva ridurmi a brandelli. E io avrei voluto guardarlo mentre ci provava. Luca sarebbe stato un avversario stimolante. Aria, però, riuscì a soggiogarlo, anche se gli occhi di Luca contenevano una promessa: “Sei morto.”
Remo non si sarebbe mai fatto convincere da una donna, non avrebbe mai mostrato quel genere di debolezza davanti a qualcuno. Io nemmeno. Con il passare degli anni, sia l’Organizzazione sia la Famiglia si erano indebolite. Non erano una minaccia per noi e, se avessimo gestito la situazione con intelligenza, i loro territori sarebbero stati presto nostri.
Mi inchinai e con fare derisorio dissi: «Presumo sia tutto.»
«Non vuoi sapere come stanno Lily e Gianna?» domandò Aria speranzosa, ancora in cerca di un segno del ragazzo che conosceva. Mi chiesi quando avrebbe capito che il suo Fabi era sparito, e per davvero. Forse un giorno, quando la Camorra avrebbe preso il controllo del territorio della Famiglia e io avrei conficcato il coltello nel cuore di Luca.
«Loro non significano niente per me» risposi. «Il giorno in cui ve ne siete andate per fare la bella vita a New York, avete smesso di esistere.»
Mi voltai. Girare le spalle al nemico non era qualcosa che di solito facevo, ma sapevo che Aria e i suoi occhi da cucciolo avrebbero impedito a Luca di farmi fuori, almeno davanti a lei. Volevo dimostrare a Luca e Matteo che non li temevo.
Da lungo tempo non temevo più nessuno.
Erano quasi le due del mattino. Nevicava da un po’, e un sottile strato di polvere bianca ricopriva la mia giacca e il terreno. Stavo aspettando Aria da più di un’ora: forse, mia sorella possedeva molto più buonsenso di quel che credevo.
Quando udii dei passi leggeri provenire dalla mia destra, mi spinsi via dal muro, estraendo la pistola. La abbassai non appena vidi Aria, avvolta in un cappotto e una sciarpa di lana pesante.
Lei si fermò di fronte a me. «Ciao, Fabi.» Tirò fuori il biglietto che le avevo infilato in tasca. «Hai detto che volevi parlarmi da solo perché avevi bisogno del mio aiuto, no?»
La sua indole che la portava ad aiutare gli altri... prima Gianna, poi Lily, e infine me: quella era la sua debolezza più grande. Desiderai davvero che fosse rimasta a casa.
Mi avvicinai.
Lei mi guardò con occhi tristi. «Mentivi, vero?» sussurrò pianissimo e, se non fossimo stati così vicini, non l’avrei udita. «Stavi cercando di rimanere da solo con me.»
Se lo sapeva, perché era venuta?
Sperava in una grazia? Poi, capii perché aveva sussurrato e strinsi la presa sulla pistola. Scrutai nell’oscurità finché non vidi Luca appoggiato contro un muro, in fondo a sinistra, con la pistola puntata alla mia testa.
Sorrisi. Avevo sottovalutato mia sorella. Una piccola, infantile parte di me era sollevata.
«Finalmente un po’ di saggezza, Aria.»
«Ho imparato un paio di cose sulla criminalità organizzata.» Senza dubbio solo quelle che Luca le concedeva di sapere. «Non temi per la tua vita?» mi chiese curiosa.
«Perché dovrei?»
Sospirò. «La Camorra vuole rapirmi?» Di nuovo un sussurro, ovviamente per evitare che arrivasse alle orecchie di Luca. Stava cercando di salvarmi dalla sua collera? Non avrebbe dovuto.
Non risposi. A differenza di Luca, non avrei divulgato delle informazioni solo perché Aria sbatteva le ciglia. Erano passati da molto i giorni in cui mia sorella aveva avuto potere su di me. Il mio silenzio sembrò essere proprio la risposta di cui lei aveva bisogno.
Aria alzò un braccio e io seguii quel movimento con diffidenza. Con l’altra mano, si tolse un gioiello dal polso e me lo allungò.
«Era di mamma» disse. «Me lo diede poco prima di morire. Voglio che lo abbia tu.»
«Perché?» chiesi mentre lanciavo un’occhiata al bracciale d’oro con zaffiri. Non ricordavo un evento in cui nostra madre l’avesse indossato, ma avevo dodici anni quando era morta ed ero sul punto di iniziare il processo di iniziazione all’Organizzazione. I gioielli di valore erano l’ultimo dei miei pensieri.
«Perché voglio che ricordi» spiegò Aria.
«Cosa?» replicai. «La famiglia che mi ha abbandonato?»
«No, il ragazzo che eri e l’uomo che puoi ancora diventare.»
«Chi ti dice che voglia ricordare?» sussurrai, abbassandomi in modo che potesse guardarmi negli occhi nonostante l’oscurità che ci circondava. Udii il leggero clic di Luca che rilasciava la sicura della pistola. Feci un sorrisetto. «Tu vuoi che io sia un uomo migliore. Perché non inizi da quello che mi sta puntando una pistola alla testa?»
Aria mi spinse il bracciale contro il petto e io lo afferrai prima che cadesse a terra, anche se con riluttanza.
«Forse un giorno incontrerai una donna che ti amerà nonostante ciò che sei diventato e ti farà desiderare di essere migliore» disse. «Addio, Fabiano. Luca vuole che tu sappia che, la prossima volta che verrai a New York, pagherai con la vita» aggiunse, poi si allontanò.
Strinsi le dita attorno al bracciale. Non avevo nessuna intenzione di tornare in quella città dimenticata da Dio, se non per strapparla via dalle mani sanguinanti di Luca.