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1259 Parole
Grazie a Dio!   Mi sono tolto i talloni dai piedi quando ho raggiunto il mio divano. Ero molto stanca. Dopo il colloquio non era successo niente dell'altro mondo, ha chiamato solo un operaio, che con mia sorpresa non era biondo, mi aveva guidato per tutta l'azienda e ho notato che la maggior parte delle donne che ci lavoravano erano dei capelli bionda naturale, troppo bella, il che mi ha fatto pensare: il mio capo avrebbe qualche trauma con le teste gialle?  Se non smettessi di pensare a quei peli, anch'io avrei un trauma con loro. Domani la mia giornata sarebbe iniziata alle 8 del mattino ed ero un po' nervoso ed emozionato, anche se non capivo perché la mia testa bruna fosse stata accettata tra tante macchie gialle; ma sinceramente non importava.  Avevo il lavoro! Ho realizzato una delle cose che mia madre ha giurato di non fare: che il mio passato mi avrebbe perseguitato e nessuno avrebbe voluto relazionarsi con me; E anche se faceva ancora male, doveva lasciarsi le cose alle spalle per guarire. Si trattava di essere migliori, non di marcire.  Ho deciso che sarei andato al centro commerciale per comprare del cibo e alcune cose che mancavano per la casa. Corsi nella mia stanza e mi cambiai in qualcosa di più casual e comodo: jeans neri strappati con una maglietta grigia di base, la mia giacca nera e scarpe da ginnastica bianche. Presi la mia borsa e scesi al piano di sotto. Ho iniziato a camminare verso il centro commerciale più vicino. Stavo trasportando alcune borse quando in lontananza ho visto un negozio con un manichino che indossava un lungo abito verde scuro e un'ondata di ricordi ha assalito la mia mente.  Ero uscito per schiarirmi la mente. Non poteva succedere, lui era l'amore della mia vita, ma a quanto pare io non ero il suo. Camminavo senza meta finché non mi imbattevo in un vicolo dove piangevo senza consolazione, volevo stare da solo e pensare tante cose. Da lì ricordo solo le voci. le urla le suppliche E il freddo che ha provato il mio corpo quando le hanno strappato il vestito verde.  Ho dovuto uscire di qui. È stato così difficile per me dimenticare quel giorno ed è stato molto facile da ricordare. Presi le valigie e partii in fretta. Non avrei pianto, era ora di iniziare a guarire quella ferita, ma è stato difficile per me. Era difficile quando nessuno ti tirava fuori da quel buco profondo.  Ne uscirei da solo, come ho sempre fatto. Sono venuto nel mio appartamento e ho organizzato le poche cose che avevo comprato. Ho preso il pigiama, ho fatto la mia routine serale che consisteva nel lavarmi il viso, i denti, applicare una crema "Magic" che sembrava essere un buon investimento. Era così stanca mentalmente e fisicamente che non le ci volle molto per addormentarsi.  Maledetto allarme demone Stavo per lanciarlo contro il muro, ma mi sono ricordato che era l'allarme del mio telefono e non ero in grado di comprarne uno nuovo. Ho fatto una doccia veloce e mi sono vestita con la cosa più formale che avevo: un vestito aderente color crema con una giacca nera, i miei tacchi abbinati e alcuni accessori.  Mi sono truccata e ho mangiato qualcosa per colazione, non era molta colazione, ma almeno mi ha riempito e ho rinunciato da qui al mio pranzo. Sono scappato, dato che avevo solo 20 minuti. Camminare aveva i suoi vantaggi: eri distratto, respiravi aria fresca, non inquinavi e soprattutto: risparmiavi. Dopo aver camminato e finito un po' stanco, sono arrivato. La stessa donna di ieri era alla reception. -Elena Hells?- Chiese senza guardarmi, stava solo scrivendo qualcosa sul suo computer. -Emm, se sono io- dissi senza sapere cosa stesse succedendo. E in risposta mi ha consegnato solo un badge come quello di ieri, con la differenza che c'era scritto il mio nome, una foto che, secondo lui, era stata presa dal mio curriculum e una scritta che diceva "DIPENDENTE". -Quello è tuo, prenditene cura perché non te lo diamo un altro. Sali allo stesso piano di ieri e lì ti diranno tutto il resto- disse guardandomi negli occhi. Ho solo annuito e mi sono diretto verso l'ascensore grigio. Una volta dentro ho aspettato che lasciasse gli altri dipendenti nel suo appartamento, i miei nervi hanno cominciato ad attaccarmi; Ed era normale, perché era il mio primo giorno di lavoro con un uomo molto bello come mio capo.  Un suono mi ha informato che eravamo già all'ultimo piano, quindi sono appena uscito e ho visto la stessa receptionist di ieri, sembrava più sincera. -Sei Elena Hells?- chiese con un sorriso gentile -Sì- -Mi presento, sono Claudia Gómez, receptionist per questo piano e per gli unici due uffici che ci sono. Per quanto ne so, lei è la nuova segretaria del signor Steele. Prendi il corridoio a sinistra e l'unica porta in fondo è la tua destinazione- Mi disse gentilmente. Mi piaceva questa ragazza. -Grazie- Mi avviai verso il punto in cui mi aveva detto, ma tornai indietro -Un'altra domanda. Qual è la differenza tra receptionist e segretaria? - Ha appena sorriso -Ricevo solo persone e lui sorrideva, devi sbrigare scartoffie, annullare o svolgere riunioni, avvisare tutti i partner di qualcosa di importante, partecipare al capo, sopportarlo, dare idee e altro, ha risposto felicemente. Merda  Ho solo sorriso spaventato e sono andato alla porta del corridoio. C'era una scrivania decente vicino alla porta e ho pensato che fosse mia. Ieri i nervi erano stati così tanti, che non avevo realizzato molte cose. Mi sono fatto coraggio e ho bussato alla porta. -Vai avanti- disse quella voce così sexy che poteva bagnare mezzo isolato.  Feci un respiro profondo e aprii la porta di legno. Stava esaminando alcuni documenti, quando ha sentito i miei passi ha alzato lo sguardo. Un sorriso appena visibile apparve sulle sue labbra. Rimasi lì ad aspettare che parlasse per primo. -Signorina Hells, benvenuta. Accomodatevi- disse gentilmente indicando le sedie che erano davanti a lui. Come ieri. -Dimmi a cosa mi serve- dissi più calmo. -Vorrei saperlo anche io, ma prima il lavoro- rispose in un sussurro, però l'ho sentito. Il sangue mi corse alle guance.  Cosa mi stava succedendo? -Pianifica gli incontri di oggi nella tua agenda e quando sono pronti, mi avvisi, alle 11 voglio il mio pranzo per il quale uscirai alla caffetteria all'angolo, lo chiederai a nome di Aaron Steele. Controlla quali eventi ho oggi e inviameli. La tua agenda è sulla tua scrivania e, infine, voglio un caffè decaffeinato con due cucchiaini di zucchero. Puoi andare via- disse scrivendo qualcosa sul suo computer. Quella? Il mio cervello di scoiattolo stava cercando di ricordare e penso che stesse andando bene.  -Certo- dissi in un sussurro e uscii da lì. Appoggiai la borsa sulla scrivania e tornai alla scrivania di Claudia. -Penso che tu abbia già incontrato il capo- commentò, guardandomi in faccia. -Dove preparo il caffè?- chiesi solo cercando di non dimenticare nulla. -Alla porta vicino all'ascensore- indico una porta che non avevo realizzato fosse lì. Ho camminato e ho fatto un caffè. Non era nemmeno così inutile. Pronto, sono tornato nell'ufficio del mio capo. Ho toccato; rispose la sua bella voce, entrai e le posai il caffè sulla scrivania. Aspettati un ringraziamento o qualcosa del genere, ma niente. -Puoi andare in pensione- disse indifferente. Sono uscito da lì un po' arrabbiato. Non aveva le buone maniere? Qualcuno doveva insegnargli a dire "grazie"  Ho solo respirato e mi sono calmato, dovevo.  Oggi sarebbe una giornata troppo lunga...
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