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2870 Parole
1 Collin. «Non capisco perché non vuoi prendere questa. È perfetta!» brontola mia sorella di fianco a me, togliendo dall’apposito gancio la tendina per la doccia color lavanda e lanciandola nel carrello. «Io la trovo carina.» Allungo un braccio, la prendo, e la ripongo nuovamente sullo scaffale. «Non userò questa per il mio nuovo appartamento. È viola. E a fiori.» La mia sorellina sbuffa. «È più un viola con riflessi grigi. Le ragazze la adoreranno.» «Greyson, non è nei miei piani far sfilare delle ragazze per l’appartamento, e non voglio dover guardare questa bruttissima tenda ogni dannata mattina prima di andare al lavoro.» Lei sospira forte, e si arrende. «D’accordo, facciamo come dici tu. Cerco solo di rendere il tuo appartamento una calamita per le donne.» Rido e prendo le redini del carrello. «Compriamo solo qualche tovaglia e tutto ciò che è segnato sulla lista, poi torneremo in questo reparto. Ma al momento non ne posso più di guardare tendine per la doccia. Va bene?» Greyson annuisce, e la coda di cavallo biondo chiaro oscilla sfiorandole le spalle. Con la pelle abbronzata per la continua esposizione al sole, un nasino elegante e i grandi occhi nocciola, mia sorella minore, è di cinque anni più piccola di me, è bellissima sia dentro che fuori. Per non parlare di quanto sia gentile, dolce e divertente. Non ci somigliamo affatto. Lei è solare e allegra quanto io sono turbolento e scontroso. Greyson è alta un metro e sessanta e delicata; io sono alto quasi un metro e novanta e imponente. E intransigente. Le cammino accanto, pensieroso, tenendo i gomiti appoggiati sul manico rosso del carrello, mentre vaghiamo senza meta lungo la corsia centrale del suo negozio preferito. Abbiamo preso oggetti per la casa e prodotti per la pulizia che mi serviranno nel nuovo appartamento. Intanto chiacchieriamo del suo nuovo fidanzato, Cal. Raggiungiamo il reparto illuminazione e Greyson mi ferma con una gomitata. «Non hai detto che ti serviva una lampada per il salone?» Scrollo le spalle, poi aggiusto gli occhiali da sole in bilico sulla mia testa. «Sì, ma probabilmente ne avrei rubata una alla mamma.» Greyson piega la testa all’indietro e ride. «E non pensi che se ne accorgerebbe?» Scrollo ancora una volta le spalle. «Può darsi. Ma io sarei già molto lontano. È un piano solido.» «La vedrà alla festa di inaugurazione il prossimo fine settimana.» Mi dà un colpetto col fianco. «Vai a scegliere una lampada, spilorcio che non sei altro, e risparmiaci il dramma.» «Va bene» brontolo. «Ma spiegami perché dovrei spendere trenta dollari per una lampada e altri venti per il paralume. Sono prezzi assurdi. Le uniche cose di cui ho davvero bisogno sono una lampadina e un interruttore.» Però decido di assecondarla, sapendo che sarebbe una discussione persa in partenza. Riuscirà a farmi comprare una lampada, non importa quanto tempo passeremo qui a discuterne. Camminando a grandi falcate lungo la corsia del reparto illuminazione, osservo tutte le lampade finché non ne afferro impulsivamente una dalla base argentata e le linee eleganti. Ecco. Questa andrà bene. Per quanto riguarda il paralume da coordinare, credo che qualcosa dai disegni semplici potrebbe funzionare. Elegante. Disegni semplici. Qual è il mio problema? Sembro un decoratore d’interni. «Questa è davvero bella, in realtà!» esclama Grey con entusiasmo, aiutandomi poi a sistemare il carello per fare spazio alla lampada e al paralume in mezzo a tutto quel casino. «Che cavolo, non essere così sorpresa» dico impassibile. «Non sono un Neanderthal.» «Beh, voglio dire… non totalmente. Nonostante il tuo stile decorativo si limiti a una serie di poster di Star Wars e dell’Incredibile Hulk.» Incrocio le braccia muscolose sul mio petto ampio, risentito. La maglietta blu scuro mi si è ristretta in lavatrice e tira all’altezza delle spalle. «Per la cronaca, saputella, nel mio appartamento a Seattle non troverai nulla del genere.» «Ti sto solo prendendo in giro… la mamma ha messo tutto via dopo che sei partito per il college, però sono sicura che le scatole siano ancora da qualche parte nel seminterrato, se ti interessa.» «Non mi interessa» insisto accigliato. Beh. Forse un po’ sì, ma solo perché non ho nulla da appendere alle pareti bianche dell’appartamento. Dannazione. Ci risiamo, sembro di nuovo un decoratore. «Possiamo prendere quello che mi serve e andarcene da questo posto?» «Certo, certo, certo, stai calmo.» Greyson solleva la lista scritta a mano che avevo portato con noi, consultandola come una mappa del tesoro. «Dobbiamo ancora comprare un tappeto per la tua cucina, e qualche arnese. Ti serve un apribottiglie per il vino…» È scettica. «Sul serio? Un apribottiglie per il vino? È davvero necessario?» «Ogni tanto mi piace bere del vino. Mi serve un nuovo cavatappi.» Se si potesse sospirare in modo sarcastico, lo farei. Ma, visto che è impossibile, mi limito solo a fare in modo che mi senta. Mia sorella si addolcisce un po’, con le mani alzate e la lista ancora in pugno. «Okay, okay, non ti agitare.» Controlla di nuovo il foglio. «Cavatappi» dice enfatizzando e alzando gli occhi al cielo. «Apriscatole. Bicchieri. Sacchi dell’immondizia.» La voce di Greyson si affievolisce mentre fisso distratto un punto al centro della corsia, la canzoncina ripetitiva proveniente dalla radio di Target mi culla, mi sento uno zombie. Una bionda tutta gambe un po’ più avanti, con indosso un berretto rosa shocking, attira la mia attenzione. Le gambe sono abbronzate, porta dei pantaloncini bianchi e una maglietta grigia. Mi ritrovo a osservarla spudoratamente. Lei si ferma di botto al centro della corsia, con le braccia cariche di shampoo, prodotti per capelli e altra roba, e le labbra rosee si schiudono formando una O. Anche dalla mia posizione noto subito gli occhi blu acceso messi in evidenza dal colore del cappello. Senza perdere tempo, analizzo il suo corpo, partendo dai lunghi capelli biondi che fanno capolino da sotto il berretto, raggiungendo i seni rotondi messi in risalto dalla maglietta, fino all’espressione sconvolta che ha stampata in faccia. No. Non sconvolta, sembra spaventata. Come se avesse visto un fantasma. Quando sparisce fulminea dietro uno scaffale poco lontano, abbandonando il suo carello, allungo il collo nella speranza di riuscire ancora a vederla. Ma fallisco. Maledizione, dove diavolo è andata? «Mi stai ascoltando?» chiede mia sorella, afferrandomi il braccio per attirare la mia attenzione. Tuttavia, conoscendomi bene, alla fine ha pietà di me. «Facciamo così. Ricontrolliamo velocemente i prodotti per la pulizia, prendiamo del detergente, e torniamo a casa. Poi andiamo a pranzare. Offri tu, è ovvio.» Poggia la testa sulla mia spalla, e mi strizza il braccio con affetto. «Ovvio.» Tabitha. Mi poso una mano tremante sul petto per calmare il battito sempre più veloce del mio cuore. Sembra non voler accennare a rallentare, quindi mi appoggio al carrello con l’altra mano, per sostenermi. Da qualche parte nella corsia accanto sento provenire una risata squillante che conosco. Una risata fin troppo familiare, quindi so per certo che deve trattarsi di lei. Greyson Keller. La ragazza di mio fratello… … avvinghiata al braccio di un tizio che non ho mai visto. Lo sta trascinando verso uno scaffale di coperte, tenendo con una mano il suo braccio muscoloso e indicando con l’altra una trapunta. «Hai detto di voler prendere solo altri prodotti per pulire» lo sento borbottare con la voce profonda. «So cosa ho detto. Ma, visto che siamo vicini ai materassi e coperte, non sarebbe bello potersi rotolare tra lenzuola fresche e pulite?» L’esitazione del ragazzo è subito seguita da altri borbottii. «Immagino di sì…» Non sta succedendo davvero. Non sto davvero guardando la ragazza di Cal tradirlo con un altro. Non può essere. Mi rifiuto di crederlo. Chiudo gli occhi e li tengo serrati, appoggiando il corpo instabile contro lo scaffale di metallo dietro di me per sostenermi. Mi tremano le gambe, quindi poso entrambe le mani sulle ginocchia prendendo qualche respiro profondo. Tremo. Non l’ho visto davvero. No, no, no. Non è possibile. Cal la ama. E anche io le voglio bene, è la sorella che non ho mai avuto. Non riesco a fare pensieri cattivi o poco carini su di lei in questo momento, nonostante abbia la verità davanti agli occhi, a distanza di una sola corsia. Una verità che ridacchia come un’adolescente civettuola. Voglio così bene a Greyson che non ho il coraggio di andare ad affrontarla, di dirle che è una traditrice bugiarda che pugnala alle spalle. Cazzo. Alzo lo sguardo verso il soffitto del negozio e le lampade fluorescenti quasi mi accecano, poi abbasso la visiera del capellino rosa shocking per riparami gli occhi, e pondero cosa fare. Non riesco a pensare a lei come a una traditrice. È orribile. Penso che vomiterò sul pavimento. Oh Gesù bambino. Ispiro ed espiro lentamente, cercando di stabilizzare il respiro, come facevo al college quando avevo bevuto troppo e tentavo di non dare di stomaco. Resto così finché lo stomaco in subbuglio non si calma e mi passa la nausea. Riapro gli occhi. Cosa faccio? Cosa cavolo faccio? Si tratta della ragazza di mio fratello, il centro del suo mondo, l’amore della sua vita. Non posso dirgli che lo sta tradendo. Non posso parlargli di quello che ho appena visto… ma, allo stesso tempo, non posso far finta di niente. Non posso neanche restarmene qui tutto il giorno, a nascondermi dietro pouf e cuscini, con un carrello pieno di articoli da toeletta ancora non pagati, mentre Greyson e quel tipo sexy passeggiano pigramente di corsia in corsia ridendo e flirtando e toccandosi con familiarità. Ed ecco che lo sento di nuovo ridere. Una risata profonda, piena e divertita. Felice. Pensavo che anche Greyson fosse felice, felice con Cal. Merda. All’improvviso, li vedo. Un milione di pensieri spietati mi attraversano la mente mentre mi nascondo di nuovo, celata alla loro vista. Come ha potuto farlo? Da quanto va avanti? Come riesce a uscire spudoratamente con questo tizio in pubblico, con la possibilità che qualcuno li veda? Cosa racconto a mio fratello? Mio fratello, che non è mai stato innamorato prima d’ora. Mio fratello, che non ha mai permesso a nessuno di entrare nel suo cuore. Ne sarà devastato. Anzi, non è la parola giusta. Perché Cal non si fiderà mai più di nessuno. Sento una morsa stringermi il petto e il cuore spezzarsi. Prendo l’ennesimo e rasserenante respiro, e cerco di ricordare alcune delle tecniche di respirazione che ho imparato a yoga. E … non succede nulla. Merda. Perché non presto mai attenzione? Inspirate dal naso, espirate dalla bocca… inspirate dal naso, espirate dalla bocca. Sporgo appena la testa per riuscire a vederli dietro l’angolo. Greyson e lo schianto dai capelli scuri. Cazzo, è attraente. È alto, con dei folti capelli castano scuro e degli occhiali da sole poggiati sulla testa. Greyson posa il capo sulla sua spalla larga. Lui le stringe affettuosamente i fianchi con un braccio robusto, i fianchi della ragazza di mio fratello. Lo detesto. Detesto rendermi conto di quanto siano a loro agio. Come potrebbe mio fratello competere con un ragazzo tanto bello? Li osservo disgustata, poi torno a nascondermi dietro lo scaffale con il respiro mozzato. Un’etichetta appuntita mi infilza la schiena, risvegliandomi dal torpore. Perché sono io quella che si nasconde? Non sto facendo nulla di male! Un’altra risata allegra, proveniente dalla corsia accanto, riempie l’aria, e io decido di ricompormi. Raddrizzo la schiena. Conto fino a tre. Tre. Due. Uno. Faccio il mio ingresso nel reparto principale del negozio, e sfoggio un sorriso a trentadue denti quando raggiungo Greyson e quello stronzo sfasciafamiglie. «Greyson! Ciao!» Il mio tono di voce è troppo gentile, risulta falso e robotico mentre faccio del mio meglio per sembrare sorpresa di vederli. Sorpresa ma allegra. Sicuramente allegra. Scherzo. «Oh mio Dio! Tabitha!» Greyson ha un sussulto, poi si allontana felice dal carrello per venire ad abbracciarmi. «Che bello vederti!» Mmh. Ha un’aria sospettosamente gioiosa per essere una bugiarda traditrice. «Ehi.» Il mio corpo è rigido, e le braccia sono ancora strette attorno alle cose che non avevo messo nel carrello. Lancio a entrambi un’occhiata severa da sotto la visiera del capello. «Che ci fai in città? Così lontana dall’Università?» Sia lei che mio fratello frequentano dei college a tre ore di distanza, ma per pura coincidenza i nostri genitori vivono a venti minuti tra loro. Provate a immaginarlo. Gli occhi dell’affascinante ragazzo di Greyson mi osservano assorti, le sue iridi nocciola mi squadrano dalla testa ai piedi, soffermandosi per un secondo di troppo sul mio petto. I suoi zigomi alti si imporporano prima che distolga lo sguardo. Sfacciato! E stronzo. «Compriamo qualche cianfrusaglia per il suo appartamento» risponde lentamente Greyson, interrompendo l’abbraccio e socchiudendo gli occhi per studiarmi. La ragazza di mio fratello potrà anche essere bella, ma non è una stupida. «Tabitha, cosa c’è che non va?» «Niente» mento, liberandomi dalla sua presa. «Chi è il tuo amico?» Agitata, comincio a battere il piede sulle mattonelle dure, mordendomi la lingua. Le labbra di Greyson si schiudono, e mi preparo alla bugia che mi riserverà. «Parli di Collin?» confusa, guarda lui e poi di nuovo me con un’espressione preoccupata a deformarle il bellissimo viso. «Tabitha, non sono sicura…» «Come hai potuto?» le sibilo contro in un sussurro. I suoi occhi espressivi si spalancano. «Di cosa parli?» «Oh mio Dio, ma fai sul serio?» sollevo le mani per la frustrazione, il deodorante, la schiuma per capelli e il dentifricio cadono a terra producendo un fragoroso suono metallico. La bomboletta della schiuma per capelli rimbalza, rotola e si schianta contro lo scaffale adiacente, ma non mi importa. «Come hai potuto fare una cosa del genere a mio fratello? Lui ti ama!» Faccio uso di tutto l’autocontrollo di cui sono dotata per non esplodere del tutto ma, considerato il suono stridulo che mi sta uscendo dalla bocca, capisco di stare fallendo. «Tabitha, dimmi qual è il problema, per favore. Mi stai facendo paura.» Greyson mi implora allungando una mano verso il mio braccio. La scaccio via. Sconvolta e vicina all’isteria, mi volto per andarmene, piegandomi singhiozzante a raccogliere i miei acquisti dal pavimento. «Qualunque cosa tu stia per dire, risparmiatela, okay? Divertiti con il tuo giocattolino assurdamente bello. Sarò io a dover raccogliere i pezzi dopo che avrai spezzato il cuore a mio fratello.» Faccio per allontanarmi. «Cosa?» Greyson ha un rantolo alle mie spalle. «Oh Dio…» «Ehi!» L’Adone dai capelli scuri mi urla contro raggiungendomi in poche falcate e circondando il mio braccio con la mano calda. «Riporta un attimo quel tuo culo secco qui.» Culo secco? Culo. Secco? «C-come ti permetti!» sbotto furiosa; che sia per il trattamento che mi sta riservando, o per come mi ha chiamata, non ne sono certa. «Come mi permetto, io? Ma se sembri una pazza! Quella è mia sorella. Greyson è mia sorella.» Okay. Sì. Dunque questa è la parte in cui me ne sto lì impalata, sbalordita, a fissarli entrambi a bocca aperta. Imbarazzata. Con il viso paonazzo. Orripilata. Mortificata. Il malinteso peggiore della Storia. «Io… oh.» «Già, oh. Qual è il tuo problema?» «Io non ho… non ho pensato.» «Non hai pensato? Questo lo vedo.» Si passa una mano tra i capelli scuri e spettinati. «Piacere di conoscerti, a proposito. Sono Collin Keller. Il fratello di Greyson.» Collin Keller allunga una mano e io la fisso inebetita, ancora profondamente in imbarazzo. Lui la lascia lì ferma, sospesa tra noi, in attesa che gliela stringa. «Io… Ciao.» Il mio palmo scivola nel suo e ho un tremito. I nostri occhi si incrociano. Sono nocciola. I suoi occhi sono nocciola come quelli di Greyson. Esattamente. Come. Quelli. Di. Greyson. Mentre ci studiamo a vicenda, la linea severa della sua bocca si trasforma; gli angoli delle sue bellissime labbra, incorniciate dalla barba che ricopre la mascella squadrata e il mento definito, si sollevano in un sorriso timido. È così… maschio. «Non hai nessuna foto con lui su Facebook» mi lascio sfuggire, lasciando la mano di Collin e ripulendomi da ogni traccia sui pantaloncini bianchi. Lui mi sta ancora osservando. C’è un gioco intenso di sguardi prima che si volti verso la sorella con le sopracciglia sollevate in una muta domanda. «Non hai nessuna mia foto su f*******:? Com’è possibile?» Lei ride e gli dà uno schiaffetto sul braccio. «Mi hai detto che odi essere taggato nelle foto. E in più non vieni in città da almeno due anni. Quindi praticamente non ho nessuna tua foto recente. Escludendo quelle in cui tutta la nostra famiglia indossa pigiami di Natale coordinati.» A quel punto sta ridacchiando anche lui, in maniera profonda e mascolina. Dio, ha una voce così sexy. I suoi occhi nocciola brillano e mi si mozza il fiato per la seconda volta oggi. «Va bene.» Poi mi guarda con un sorriso sbieco. «Ha ragione, in effetti odio quando mi tagga nelle foto.» Scuoto la testa triste. «Mi dispiace, Grey. Non riesco a credere di aver pensato…» Lei annuisce comprensiva. «So cos’hai pensato, e non te ne faccio una colpa.» Mi sentirei meglio se mi desse della stronza. O mi dicesse che sono una stupida dalle reazioni esagerate. Me lo meriterei. «Sì, è solo che… quando ti ho visto toccarlo…» lascio la frase in sospeso, facendo oscillare lo sguardo da lei a lui con le sopracciglia sollevate per rendere l’idea. «Tu e lui insieme, diciamo che la mia immaginazione è andata fuori controllo.» Se solo sapesse fino a che punto. «Tu dici?» Collin è impassibile accanto a lei. Greyson lo ignora, scrollando la testa prima di attirarmi in un abbraccio. «Collin ha accettato un’offerta di lavoro» mormora contro i miei capelli. «Si è appena ritrasferito in città da Seattle. Lo sto aiutando a comprare qualcosa per il suo nuovo appartamento.» L’unico suono che riesco a produrre, è un debole «Oh» quando mi lascia andare. Poi, docile, aggiungo: «In mia difesa, fatta eccezione per gli occhi, posso dire che voi due non vi assomigliate affatto.» «Grazie a Dio» scherza Collin, e Greyson lo colpisce di nuovo per gioco. «Ehi!» «Mi dispiace, ma sei la meno attraente dei tre figli della mamma.» Greyson alza gli occhi al cielo. «Comunque, è terribile che tu abbia pensato che io e lui… cioè. Guardalo, non è assolutamente il mio tipo.» Oh, sì, lo sto guardando. Come se potessi non farlo. Giocherello imbarazzata con i miei acquisti, che ho ancora tra le braccia, e rispondo con cautela: «Grey, potremmo… potremmo non parlare a nessuno di quello che è successo?» Lei scuote il capo e lo abbassa mesta, accarezzandomi il braccio. «Non posso, Tabby. È una storia troppo bella per essere tenuta segreta.»
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