Non mi sarei vantato, non cucinavo per farmi elogiare. "Lei è molto brava. L'ho scelta appositamente nella mia brigata." Le spiegai paziente. "Io a suo confronto o solo tanta esperienza in più. Ho fatto i miei stage fuori dalla Gran Bretagna ."
Parigi, Amburgo, Copenaghen e L'Aia, erano esperienze che mi avevano forgiato.
"Si l'ho sentito. È vero che quest'anno andrai in Italia?"
Annuii. "Avrei preferito la Polonia. Ma il mio coordinatore dice che è importante fare esperienza in Italia per proseguire il mio percorso. Ma sicuramente lo consiglierebbero anche a te, Italia o Francia."
"L'anno scorso sono stata a Parigi, ho lavorato per chef Boivier." Mi disse chiudendo la pasta sfoglia appena fatta in una pellicola. "Vedi, mi riferisco a questo quando intendo comunicare." Mi prese in giro.
Scossi la testa. "Non parlo tanto facilmente di me." Le dissi, avvicinarmi a qualcuno era da escludersi. Dopo che Chamael era sparito ero diventato ancora più ritroso. Per non parlare di Giaele. Da quando avevo lasciato il Santa Maria, mi aveva contattato solo per dirmi di Chamael la prima volta, poi basta.
Mi erano rimasti solo Joel e Gellert con cui ero in contatto. Ma il mio legame con loro non era solido e fraterno. Non quando vedevo come Joel e Tom gestivano magistralmente i contatti con Gellert e Gabriel.
"Ehi... capo chef." Uno schiocco improvviso mi ridestò.
"Scusa, ero soprappensiero." Le dissi.
Lei inclinò la sua testa fulva. Il viso a rotondo era corrucciato. "Non fa niente. Scusami piuttosto, non ti chiederò più perché."
"Perché cosa?" Le chiesi.
Patricia mi fissò intensamente. "Perché non parli mai di te?" Mi chiese. "Tenersi tutto dentro non sempre è un bene."
"Ma io tiro fuori tutto ciò che ho dentro." Le dissi chiudendo il block notes dove avevo annotato la spesa da fare. "Lo esprimo con i miei piatti, in ognuno di essi c'è un po' di Raziel Isaak Keller." Ammisi.
Lei mi sorrise. "Capisco." Mi disse guardandosi intorno. Isabelle stava parlando con i cuochi dei primi e dei contorni, l'aiuto invece stava sciacquando le patate da mettere in forno. A breve il rettore con il coordinatore e i soci della scuola sarebbero arrivati per il pranzo. Eravamo quasi pronti.
"Ragazzi sentite." Li chiamò Patrizia. Quando ebbe l'attenzione di tutti e quattro il sorriso birichino che aveva in volto gli arrivò agli occhi. "Il nostro executive chef vuole farsi conoscere e riesce a farlo solo a modo suo. Dopo il servizio, cucinerà per noi così che possa comunicarci tutte le sue emozioni. Quindi rilassatevi e pensate a cosa cucinerete domani. Lo chef vuole conoscere tutti noi attraverso i nostri piatti."
Concluse.
Kim lo chef addetto ai secondi rise, mentre io sorpreso ero rimasto a bocca aperta. "Noi siamo in grado di cucinare farina. Ma tu? In fondo sei solo una pasticciera."
Per la prima volta percepiti la rabbia di Patricia e compresi che farla arrabbiare non era consigliabile. Si stampò un sorriso falso in viso e puntò il dito verso tutti quanti.
"Saprò stupirvi. Spero che lo facciate anche voi sfiorandomi con un dessert a cinque stelle."
Ero ancora confuso da quanto era appena accaduto, Patricia aveva fatto tutto da sola in un attimo, sfidando e coinvolgendo la cucina.
“Quindi cucinerai per noi chef?” Chiese Isabella avvicinandosi a Patricia.
Guardai le due donne di fronte a me. Stavano realmente sfidandomi. Julia l’addetta agli antipasti raggiunse le due con uno sguardo complice.
“Se è vero non voglio mancare, darò il meglio di me ai fornelli oggi. Prima si finisce, prima si mangia.” Affermò.
Patricia fissò le due e poi me curiosa.
“Devi sapere piccolo Simon….” Affermò Andreas raggiungendo l’aiuto. “Che si racconta i piatti del nostro chef siano speciali. Entrano fin dentro l’anima.”
Adesso mi sentivo in imbarazzo, decisamente.
“Basta così.” Dissi. “Andreas vai alla postazione delle carni. Julia alle entré, Kim ai pesci e alle carni, Isabella ti supporta se nel caso, Patricia vai al tuo posto in pasticceria, Simon…” dissi guardando l’aiuto cuoco.
“Chef!”’chiese lui imbarazzato.
“Cercami delle interiora di pecora e torna subito.”
Dissi battendo le mani. “Tutti ai fornelli, non battete la fiacca, tra dissi minuti inizia il servizio.
“Si chef!” Urlarono tutti andando alle postazioni. Era questo che ci volerà, rimettere tutti in regola
“Simon muoviti, ti voglio qui entro dieci minuti.” Urlai all’ aiuto.
“Prima o poi quel ragazzo scapperà.” Disse Kim dal suo posto, intanto che girava la sua zuppa di pesce.
“Smettila. Se non si fa le ossa non resisterà in nessuna cucina.” Gli disse Isabella. “Forza tutti al lavoro, lasciamo lo chef libero per il nostro pranzo adesso.”
Scossi la testa. Quindi mi toccava preparare loro da mangiare. Sfiorai il block notes con un dito. Sapevo già cosa avevo a disposizione e cosa no.
Non mi restava che da preparare loro qualcosa. Cominciai dal dolce, con ciò che avevo avrei potuto fare del marzapane, ricetta imparata ad Amburgo, ma poi personalizzata. Era un dolce molto semplice, che con le dovute proporzioni risultava gradevole, una cosa fattibile per me che non ero esperto in dolci. Dopodiché sempre con ciò che avevo misi a fuoco anche una zuppa, l’idea era di preparare una zuppa provenzale, mancavo di fagioli freschi, per cui anche in questo caso la personalizzai sostituendoli con dei piselli e delle fave.
Lavoravo spedito senza lasciarmi influenzare da chi mi circondava, ormai eravamo io, gli ingredienti e i fornelli.
Lasciai tutto a cuocere a fuoco lento, per poi raggiungere il mio team per l’uscita dei piatti in sala.
All’accademia erano stati formati sei brigate e i referenti ogni giorno si presentavano a tavola da noi, con alcuni professori e le loro famiglie e qualche volta degli chef o critici culinari aperti ed esterni. Non potevo distrarmi per preparare il pranzo a noi stessi. Dovevo eccellere per impressionare i professori.
Così sistemai i piatti prima di farli uscire in sala. L’entré di Julia merluzzo con pomodorini, spuma di pesce e salsa di ostriche era pronta. Avevo creato quel piatto seguendo la tradizione monacense e personalizzandola con delle chips di pelle e spuma ottenuta dal sugo del pesce. La lasciai uscire quando i dodici piatti che erano stati richiesti furono pronti.
Dopodiché mi dedicai al piatto di portata. Il baccalà con pancetta fritta adagiata su una purea di barbabietole e asparagi. L’aroma del pesce saliva dal piatto che era stato aromatizzato con la buonissima zuppa di pesce creata da Kim. Sapevo che se avessi assaggiato la purea ne avrei sentito anche il sapore che era ben mantecato con la barbabietola.
Avevo studiato quel piatto con Kim, Andreas ed Julia che aveva suggerito l’emulsione del brodo nella purea.
Diedi l’ok anche per l’uscita del piatto di portare e infine mi dedicai a Patricia. Lei ed Isabella stavano portando a termine il dolce. Pasta sfoglia con zuppa inglese e cialde caramellate.
I dolci non erano la mia specialità. In. Francia avevo avuto modo di lavorare con tipici dolci della pasticceria, ma erano talmente complicati che non mi sentivo di proporli alla mia brigata. O almeno non era stato così fin quando non era arrivata Patricia nel mio team. Sapevo che per due volte consecutive era stata in Francia a fare lo stage e quindi avevo richiesto al rettore di assegnarla alla mia squadra. Le avevo chiesto un dolce che legasse col nostro menù, ma anche un dolce che piacesse a tutti noi chef. Poi io avrei studiato un menù che potesse accompagnarlo. Credevo molto in lei e speravo che mi portasse risultati.
Con l’ultima portata io ed Isabella uscimmo nel ristorante per salutare e ringraziare il rettore per aver partecipato al pranzo. Ma soprattutto per sentire le critiche e gli insegnamenti che ne sarebbero derivati. Non ci succedeva spesso, ma gli errori in cucina erano sempre dietro l’angolo. Bastava una salatura sbagliata o un eccesso di spezie, brodo o altro a rovinare una portata. Io che ero l’executive del mio team dovevo accettare il buono e il cattivo. Nessuno era diventato executive al penultimo anno e dovevo quindi dare sempre il massimo e prendermi le mie responsabilità.
“Menù come sempre eccellente Keller.” Mi disse il professore.
Strano, avevo pensato che quel giorno qualcosa fosse andato storto.
“Eppure non avete spolverato i piatti professore.” Dissi in attesa che mi dicesse quale fosse l’errore.
Lui annuì. “I ragazzi di sala mi hanno detto che oggi è lei a cucinare per lo staff.”
Annuii sorpreso. “Si professore.”
Lui ci sorrise. “Senza offesa ragazzi! Ma vogliamo assaggiare anche noi il menù. È tanto tempo che non mangio qualcosa di tuo Raziel e sono curioso di vedere quanto e se sei migliorato in quest’ultimo anno. Mia moglie si è rifiutata di mangiare il menù curiosa quanto me e anche chef Garrett e il suo amico Lewis resteranno per il secondo servizio.” Mi disse.
Ne restai sorpreso. L’ultima volta che avevo presentato un piatto unicamente mio al professor James era stato al secondo anno. Dopo quella volta ero stato assegnato a una brigata dell’ultimo anno, poiché il referente aveva ritenuto giusto che imparassi a cucinare in squadra e non più da solo. Al terzo anno ero diventato Sous chef di una nuova brigata, sempre dell’ultimo anno.