Capitolo 1-2

2046 Parole
Ace si piegò in due, ridendo per l’espressione traumatizzata di Mason. Come se stesse avendo dei flashback della prima volta che aveva incontrato King. Non era andata bene. Il fatto era che Ward Kingston perdeva la testa solo con quelli che considerava parte della propria famiglia, perché le sue emozioni prendevano il sopravvento. Ma con tutti gli altri? Non doveva nemmeno parlare. Era impressionante. King emanava una strana sensazione di familiarità, come se di colpo si trasformasse nella persona per la quale i suoi interlocutori avevano un debole. Diventava il loro fratello maggiore, il loro figlio adorato, il loro cugino preferito, un amore perduto, e poi quelli si facevano comandare a bacchetta ed erano disposti a fare di tutto per non deluderlo. Era qualcosa in quei profondi occhi azzurri e nel modo in cui sorrideva. «Mi fa piacere che trovi divertente la mia angoscia,» brontolò Mason. Gettò uno sguardo al di sopra della sua spalla prima di riportare l’attenzione su Ace. «Allora, che fai questo weekend?» «Posto che King non mi uccida? Per tua informazione, se non riesci a trovare il corpo, contrai quei muscoli virili davanti a Lucky. Canterà come un canarino.» Mason fece un verso derisorio. «Senza offesa, ma tuo cugino è un puttaniere.» «Perché dovrei offendermi? Lui ne è orgoglioso.» «Inoltre, sai che Lucky non mi interessa.» I suoi occhi blu si addolcirono, e Ace deglutì con difficoltà mentre distoglieva lo sguardo. «Coop…» Mason sospirò. Annuì prima di chinare la testa in avanti. «Lo so. Non fa male provarci, però, giusto?» «È qui che ti sbagli, Coop,» obiettò Ace, picchiettandolo delicatamente con le dita sopra al cuore. «Fa male. Ci abbiamo provato, ricordi?» Mason Cooper era un uomo fantastico. Il problema era che, dopo esserci uscito per quasi un anno, Ace non sapeva di lui nulla in più rispetto a quando si erano incontrati la prima volta. Mason aveva dei segreti. Tanti. Aveva anche seri problemi a fidarsi. Il fatto che non riuscisse a costringersi a confidarsi con lui – che si guadagnava da vivere operando nella massima discrezione – dopo quasi un anno, aveva chiarito che non avevano futuro insieme. Ace avrebbe potuto scavare nel passato di Mason o fare un controllo accurato, ma lo rispettava; investigare su di lui senza il suo permesso sarebbe stato un tradimento imperdonabile di ciò che c’era stato tra di loro. Avere accesso alle informazioni non gli dava il diritto di usarle. Il sesso era stato strepitoso e i momenti intimi anche meglio, ma Ace aveva bisogno di più. Il problema era che voleva bene a Mason, cosa che li aveva portati a vedersi ancora parecchie volte dopo che avevano rotto. Tuttavia, il fatto che lo chiudesse fuori ogni volta che cercava di avvicinarsi era diventato troppo doloroso, così si era comportato come con ogni tizio che gli faceva sentire il desiderio di volere di più: li lasciava prima che potessero farlo loro. Potevano essere amici. Nulla di più. «Immagino tu abbia ragione,» commentò Mason, piano. «È stato bello, no?» Non fidandosi di se stesso per parlare, Ace annuì e gli diede una pacca sulla spalla. «Ti seguo alla stazione.» Si scostò, camminando all’indietro verso la sua auto, e strizzò l’occhio a Mason. «Devo fare rapporto. Mi assicurerò di dire a Lucky che hai chiesto di lui.» La risata che fece il poliziotto mostrandogli il medio gli fece spuntare un sorriso sulle labbra. Qualsiasi demone stesse combattendo Mason, Ace sperava che trovasse un po’ di pace. Meritava di essere felice. Aiutò due agenti a trasportare la cassa del suo cliente sul retro dell’auto di pattuglia di Mason, prima di mettersi al volante della sua Camaro. «Grazie, agenti!» esclamò, e fece un gesto con la mano mentre aspettava che Mason salisse a bordo della propria macchina. Guardarlo mentre gli passava davanti era sempre un godimento. Non appena il poliziotto si mosse, lo fece anche lui. Visto che i beni del suo cliente erano ora sotto la custodia delle forze dell’ordine, Ace non li avrebbe persi di vista finché l’uomo non fosse arrivato al distretto. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che, in quanto prove, potessero tornare a disposizione, ma poi lui li avrebbe trasportati come da accordi. Non appena finito, se ne sarebbe andato alla sua casa lontano da casa. Certo, ciò significava che avrebbe avuto a che fare con il suo compagno d’armi, che al momento era tutto fuorché contento. Se non avesse avuto altre alternative, avrebbe ripiegato su ciò che faceva da anni quando si trattava di fare incazzare King. Nascondersi. Ace sbirciò attraverso le tendine aperte dell’ufficio del cugino. Lucky era alla propria scrivania e la stanza sembrava priva di un grosso King sputafuoco. Così, scivolò all’interno e si chiuse la porta silenziosamente alle spalle, poi scrutò fuori dalla finestra per controllare ancora una volta il corridoio all’esterno prima di tirare le tendine. Le labbra di Lucky ebbero un guizzo, ma i suoi occhi non si spostarono dallo schermo del portatile. «Dato che non mi è passata la vita davanti agli occhi, devo supporre che sia impegnato.» commentò Ace dirigendosi verso Lucky prima che un rumore fuori nel corridoio lo portasse a gettarsi dietro la scrivania del cugino. Solo perché non vedeva King, non significava che non fosse vicino. Tutti e quattro avevano passato anni ad allenare e affinare le loro abilità nell’arte dell’invisibilità, tra le altre cose, e tutte si erano dimostrate estremamente utili per le loro carriere attuali. Purtroppo, visto che il suo capo era stato nelle Forze Speciali come lui, le possibilità di passarla liscia con qualcosa andavano dallo scarso al nulla. «Sei arrivato nel mio ufficio tutto intero, no? Quindi direi che è molto probabile.» Ace imprecò sottovoce, poi controllò l’ora. «Ha pranzato? Sai quanto diventa irritabile se non pranza.» Lucky si poggiò all’indietro sulla sedia. «Stava per farlo, ma poi ha scoperto che tu eri entrato in modalità Vin Diesel.» Ace ridacchiò, sarcastico. «Non essere ridicolo.» Sorrise con perfidia. «Era più Mad Max.» «Ti consiglierei di non dirglielo. Inoltre, era il sandwich con pancetta, insalata e pomodoro di Bibi.» Ace lasciò cadere la testa contro il bordo della scrivania con un gemito. «Sono fottuto.» «Sí. Muy. Sai quanto gli piaccia quel panino, e quanto odi quando i pomodori rendono il pane tutto molliccio e sgradevole. E ha ragione, è davvero disgustoso.» «Un momento.» Ace alzò lo sguardo su di lui. «Cos’altro ha portato Bibi?» «Il preferito di Red, tacos di manzo e avocado. Carnitas per me e un Cubano per te.» Lo stomaco di Ace brontolò, tanto che per poco non si sbavò addosso. Dannazione, i sandwich di Bibi erano da orgasmo. «E, ehm, dov’è il mio?» Come se già non lo sapesse. Lucky fece un sorriso malvagio. «Nell’ufficio di King.» «Tiene in ostaggio il mio pranzo?» Lucky annuì. «È un po’ terrificante, vero?» All’improvviso Ace si rianimò e fece un gran sorriso, speranzoso. «Dov’è Red?» Lucky gemette e scosse la testa. «Andiamo, fratello. Non mandare Red a fare il tuo lavoro sporco. È… sai, sbagliato.» «Ma lui è l’unico al sicuro dall’ira di King. Nessuno riesce a resistere a quel suo gran sorriso sdolcinato. È come un grosso cucciolo. Chi si arrabbia con un cucciolo?» «King saprà che lo hai mandato tu, e poi si incazzerà ancora di più. Potrebbe anche dirlo a tía.» Ace sussultò. «Pensi davvero che lo direbbe a mia madre?» Chi voleva prendere in giro? Avrebbe fatto la spia senza dubbio, e anche sua madre sarebbe stata dalla parte di King. Lucia Olga Sharpe aveva rivendicato come suoi i Kings, Joker e Jack, e dopo aver scoperto che King aveva perso i genitori mentre era oltreoceano, si era messa a fare la mamma cubana con lui in tutto e per tutto, coccolandolo come se fosse suo figlio. Visto che Ace era davvero suo figlio, godeva nel vederla soffocare l’amico con il proprio amore materno. King la adorava, non c’erano dubbi al riguardo, ma lei lo faceva anche impazzire: che Dio lo aiutasse se non la chiamava almeno una volta a settimana per tenerla aggiornata sulla sua salute, la sua vita amorosa, gli ultimi pettegolezzi e un resoconto completo dei pasti della giornata. Essere nei paraggi durante quelle telefonate e sbellicarsi dalle risate aveva come contropartita King che gli passava il telefono quando aveva finito in modo che Ace stesso potesse essere interrogato. La porta si aprì e Ace si irrigidì. «Abbiamo un incontro con un potenziale cliente tra venti minuti,» ringhiò King. «So che sei lì, Ace.» Lui sbucò da dietro la scrivania. «Posso avere il mio sandwich?» «L’ho mangiato.» «Hai mangiato il mio sandwich? Ma che diavolo? Non è affatto bello!» «Non lo è neanche il tuo progetto di farmi impazzire. Dimmi una cosa: lo metti sulla tua agenda? Quando vieni in ufficio, ti siedi alla tua scrivania, controlli il calendario e te ne esci con qualcosa tipo: “Oh, guarda. Oggi è la giornata del Facciamo Impazzire King.” È questo ciò che fai?» «Come sei melodrammatico. Mi è piaciuta soprattutto la parte in cui ti sei guardato la mano come se stessi controllando un calendario. Dovresti prendere in considerazione una carriera nell’improvvisazione.» King assottigliò lo sguardo. «Nel mio ufficio. Adesso.» «Va bene, ma solo perché sono preoccupato per la tua salute.» «Grazie, lo apprezzo,» brontolò l’altro mentre Ace lo seguiva lungo il corridoio verso il suo ufficio. «Sono proprio io, Mr. Premuroso.» «Sono colpito che tu sia riuscito a dirlo con una faccia impassibile.» Ace gli rivolse un sorriso smagliante. «Ho fatto pratica.» «Sei l’essere umano più sfibrante in cui mi sia mai imbattuto.» Entrarono nell’ufficio e Ace si lasciò cadere sulla sedia accanto a Red, il pugno alzato per colpire quello dell’amico, il sorriso rivolto al capo. Red ridacchiò e contraccambiò il saluto. «Ti voglio bene,» disse Ace a King. «Anch’io ti voglio bene, ma ora stai zitto.» Lucky aveva un sorriso ridicolo mentre prendeva posto accanto al cugino. «Voi due siete così adorabili.» Ace e King grugnirono entrambi. «Okay, fate tutti silenzio. Tra quindici minuti ci incontreremo con il signor Paxton Connolly II, attuale presidente e CEO della Connolly Maritime Enterprises e Worldwide Shipping Solutions. È un’azienda di proprietà familiare che esiste fin dai primi anni del secolo scorso. Dà lavoro a oltre cinquemila persone in tutto il mondo, con un fatturato di oltre due miliardi di dollari. La loro compagnia offre tutto, dal trasporto marittimo alla logistica del trasporto merci, via mare e via terra, e gestione del progetto. A causa di problemi di salute e su raccomandazione sia da parte del dottore di famiglia che della ex-moglie, il signor Connolly andrà in pensione e suo figlio, Colton Connolly, lo sostituirà. Colton lavora al suo fianco fin dai tempi del college, preparandosi per dirigere l’azienda di famiglia. È lui il motivo per cui suo padre si vedrà con noi.» «Qualcuno è contrario al fatto che Colton prenda il comando?» chiese Red. King scosse la testa, sorprendendoli. Di solito, quando venivano avvicinati da una compagnia come la Connolly Maritime riguardo a un passaggio di tale rilevanza, significava malcontento aziendale. «Secondo il signor Connolly, tutti vogliono bene a suo figlio. La compagnia ha uno dei migliori pacchetti di benefit per i dipendenti di tutto lo Stato, assieme al più basso indice di rotazione degli impiegati, e questo proprio grazie a Colton. Lo hanno visto crescere nella compagnia. Non c’è nessuno migliore di lui per dirigerla. Il motivo per cui il signor Connolly vuole vederci è perché suo figlio ha ricevuto delle minacce di morte.» Ace era confuso. «Pensavo avessi detto che tutti vogliono bene a Colton.» «Le minacce non riguardano la compagnia o il cambio di vertice, ma il fatto che è gay. Il mio primo pensiero è stato un dipendente scontento, ma quando ne ho parlato con Paxton Connolly, lui ha immediatamente scartato l’idea. Sostiene sia assurdo che qualcuno abbia un problema con il figlio adesso, visto che Colton è dichiarato e orgoglioso di essere chi è fin dal liceo. Paxton lo sostiene molto, e la sessualità di Colton non è mai stata nascosta alla compagnia, né è mai stata un problema. Ho letto le minacce, ed è chiaro che si tratta di qualcuno che ha un interesse personale per Colton, anche perché le intimidazioni si sono inasprite rapidamente e in modo costante.»
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