Capitolo 11-3

1693 Parole
Due giorni dopo, Julian ritorna. Lo scopro quando mi sveglia dal pisolino sulla spiaggia. In un primo momento, mi sembra di sognare. Nel mio sogno, sono al caldo e al sicuro nel mio letto. Mani delicate iniziano ad accarezzarmi il corpo, rilassandomi, coccolandomi. Mi inarco verso di loro, adorando quel tocco sulla mia pelle, godendo del piacere che mi danno. E poi sento delle labbra calde sul viso, il collo, la spalla. Gemo dolcemente e le mani si fanno più esigenti, spostando le spalline della parte superiore del mio bikini, tirando via la parte inferiore del bikini dalle mie gambe . . . La consapevolezza di ciò che sta accadendo attraversa il mio cervello semicosciente e mi sveglio con un improvviso sussulto, mentre l’adrenalina mi scorre nelle vene. Julian è accovacciato su di me, mi guarda con quel suo tipico sorriso angelico e minaccioso. Sono già nuda, sdraiata sul grande telo da mare che Beth mi ha dato questa mattina. Anche lui è nudo—e completamente eccitato. Lo fisso, mentre il cuore mi batte all’impazzata con un misto di eccitazione e terrore. "Sei tornato" dico, affermando l'ovvio. "Già" mormora, chinandosi e baciandomi di nuovo il collo. Prima di riuscire a raccogliere i miei confusi pensieri, è già sdraiato su di me, a separarmi le cosce con il ginocchio mentre la sua erezione stimola la mia morbida apertura. Stringo gli occhi mentre comincia a spingere dentro di me. Sono bagnata, ma mi sento ancora sgradevolmente rigida mentre scivola fino in fondo. Si ferma per un secondo, facendomi sistemare, e poi comincia a muoversi, prima lentamente e poi con ritmo crescente. I suoi colpi mi schiacciano sul telo e sento la sabbia spostarsi sotto la mia schiena. Mi aggrappo alle sue solide spalle, sentendo l’esigenza di aggrapparmi a qualcosa mentre la familiare tensione inizia a radunarsi nella parte inferiore della mia pancia. La punta del suo cazzo sfiora quel punto sensibile da qualche parte dentro di me e io ansimo, inarcandomi per prenderlo più in profondità, sentendo ancora di più il bisogno di quella sensazione intensa, desiderando che mi spinga oltre il limite. "Ti sono mancato?" mi sussurra nell’orecchio, rallentando quanto basta per impedirmi di raggiungere l’apice. Sono abbastanza coerente da scuotere la testa. "Bugiarda" sussurra, e le sue spinte si fanno più forti, più punitive. Mi guida spietatamente sempre più in alto, finché urlo, con le mie unghie che affondano nella sua schiena dalla frustrazione, mentre l’orgasmo sfuggente aleggia incontrollabile. E poi finalmente lo raggiungo, il mio corpo si libra mentre un potente orgasmo mi attraversa, lasciandomi debole ed esausta nella sua scia. Con una rapidità che mi spaventa, lo tira fuori e mi capovolge sullo stomaco. Grido, spaventata, ma lui semplicemente spinge di nuovo dentro di me e riprende a scoparmi da dietro, con il corpo grande e pesante sopra di me. Mi circonda; il mio viso è schiacciato sul telo e faccio fatica a respirare. Tutto quello che sento è lui: il movimento avanti e indietro del suo grosso cazzo dentro il mio corpo, il calore che si sprigiona dalla sua pelle. In questa posizione, va in profondità, ancora più in profondità del solito, e non riesco a fermare i rantoli di dolore che mi sfuggono dalla gola mentre la punta del suo cazzo mi colpisce la cervice a ogni spinta dei suoi fianchi. Ma il disagio non sembra impedire che la pressione cresca di nuovo dentro di me e raggiungo di nuovo il culmine, con i muscoli interni che si stringono impotenti intorno alla sua asta. Geme duramente e poi sento venire anche lui, mentre il suo cazzo pulsa, spinge dentro di me e i suoi fianchi sfregano le mie natiche. Questo potenzia il mio orgasmo, tira fuori il mio piacere. È come se fossimo legati l’uno all’altra, perché le mie contrazioni non si fermano fino a quando le sue non cessano del tutto. Poi, si rotola sulla schiena, lasciandomi andare, e io mi lascio sfuggire un respiro tremante. Con le membra deboli e pesanti, mi alzo a quattro zampe e trovo il mio bikini, poi lo infilo, mentre mi guarda, con un sorriso pigro sulle sue belle labbra. Non sembra avere fretta di vestirsi, ma io non sopporto di stare nuda davanti a lui. Mi fa sentire troppo vulnerabile. L’ironia di questo non mi sfugge. Certo che sono vulnerabile. Sono vulnerabile come può esserlo una donna in completa balia di un pazzo spietato. Un paio di piccole pezze di cotone non riusciranno a proteggermi da lui. Nulla ci riuscirà, se vorrà davvero farmi del male. Decido di non pensarci. Così, chiedo: "Dove sei stato?" Il sorriso di Julian si allarga. "Ti sono mancato dopo tutto." Gli rivolgo uno sguardo ironico, cercando di ignorare il fatto che è nudo e sdraiato a solo un paio di palmi da me. "Sì, mi sei mancato." Ride, nemmeno un po’ spiazzato dal mio atteggiamento sarcastico. "Sapevo che ti sarei mancato" dice. Poi si alza e si infila un paio di calzoncini da bagno, che stavano sulla sabbia accanto a noi. Girandosi verso di me, mi porge la mano. "Una nuotata?" Lo fisso. Dice sul serio? Si aspetta che vada a fare il bagno con lui come se fossimo amici o qualcosa del genere? "No, grazie" dico, facendo un passo indietro. Aggrotta un po’ le sopracciglia. "Perché no, Nora? Non sai nuotare?" "Certo che so nuotare" dico indignata. "Solo che non voglio fare il bagno con te." Alza le sopracciglia. "Perché no?" "Uhm . . . forse perché ti odio?" Non so perché io sia così coraggiosa oggi, ma a quanto pare il tempo passato lontana da lui mi ha reso meno paurosa. O forse è perché sembra essere d’umore allegro e scherzoso, e forse per questo mi fa un po’ meno paura. Sorride di nuovo. "Tu non hai idea di cosa sia l’odio, gattina mia. Magari non ti piaceranno le mie azioni, ma non mi odi. È impossibile. Non è nella tua natura." "Che ne sai della mia natura?" Chissà perché, trovo le sue parole offensive. Come osa dire che non posso odiare il mio rapitore? Chi si crede di essere, dicendomi cosa posso e non posso provare? Mi guarda, con le labbra ancora ricurve in quel sorriso. "So che hai ricevuto quella che chiamano un’educazione normale, Nora" dice a bassa voce. "So che sei cresciuta in una famiglia amorevole, che hai avuto buoni amici, fidanzati decenti. Come puoi sapere cosa sia il vero odio?" Lo fisso. "E tu lo sai? Sai cos’è il vero odio?" La sua espressione si indurisce. "Purtroppo sì" dice, e sento la verità nella sua voce. Una sensazione di nausea mi inonda lo stomaco. "Sono la persona che odi?" sussurro. "È questo il motivo per cui mi stai facendo questo?" Con mio grande sollievo, sembra sorpreso. "Odiarti? No, certo che non ti odio, gattina mia." "Allora perché?" chiedo un’altra volta, decisa ad ottenere delle risposte. "Perché mi hai rapita e portata qui?" Mi guarda, con gli occhi incredibilmente azzurri sulla sua pelle abbronzata. "Perché ti volevo, Nora. Te l’ho già detto. E perché non sono una brava persona. Ma l’avevi già capito, non è vero?" Ingoio e guardo giù verso la sabbia. Non prova neanche un minimo di vergogna per le sue azioni. Julian sa che quello che sta facendo è sbagliato e semplicemente non gli importa. "Sei uno psicopatico?" Non so cosa mi spinga a chiedere questo. Non voglio farlo arrabbiare, ma voglio capire. Trattenendo il fiato, alzo lo sguardo verso di lui. Per fortuna, non sembra offeso dalla domanda. Anzi, sembra pensieroso quando si siede sul telo accanto a me. "Forse" dice dopo qualche secondo. "Un medico ha detto che potrei essere un sociopatico borderline. Non tutto corrisponde, quindi non c’è una diagnosi definitiva." "Sei andato da un medico?" Non so perché sono così scioccata. Forse perché non mi sembra il tipo che chieda aiuto a uno strizzacervelli. Mi sorride. "Sì, per un po’." "Perché?" Alza le spalle. "Perché ho pensato che potesse aiutarmi." "Aiutarti a essere meno psicopatico?" "No, Nora." Mi rivolge uno sguardo ironico. "Se fossi un vero psicopatico, non potrei farci niente." "Allora cosa?" So che mi sto intromettendo in alcune questioni molto personali, ma sento che mi deve delle risposte. Inoltre, se non si può essere intimi con un uomo che ti ha appena scopata sulla spiaggia, allora quando puoi esserlo? "Sei una gattina curiosa, non è vero?" dice a bassa voce, mettendomi la mano sulla coscia. "Sei sicura di volerlo sapere veramente, gattina mia?" Annuisco, cercando di ignorare il fatto che le sue dita sono a soli pochi centimetri di distanza dalla linea del mio bikini. Il suo tocco eccitante e inquietante crea scompiglio nel mio equilibrio. "Sono andato da un terapeuta dopo aver ucciso gli uomini che avevano assassinato la mia famiglia" dice piano, guardandomi. "Ho pensato che potesse aiutarmi ad accettarlo." Lo fisso senza capire. "Accettare il fatto che li avevi uccisi?" "No" risponde. "Il fatto che volevo uccidere ancora." Mi si rivolta lo stomaco e mi si accappona la pelle nel punto in cui Julian mi sta toccando. Ha appena ammesso qualcosa di così orribile che non so nemmeno come reagire. Come un richiamo lontano, sento la mia voce che chiede: "Allora, ti ha aiutato ad accettarlo?" sembro calma, come se stessimo discutendo semplicemente del tempo. Ride. "No, gattina mia, no. I medici sono inutili." "Hai ucciso altre persone?" Il torpore che mi avvolge inizia a dissolversi e sento che sto cominciando a tremare. "Sì" dice, con un sorriso cupo sulle labbra. "Non sei felice di avermelo chiesto?" Il mio sangue si trasforma in ghiaccio. So che dovrei smettere di parlare ora, ma non ci riesco. "Mi ucciderai?" "No, Nora." Sembra esasperato per un attimo. "Te l'ho già detto." Mi lecco le labbra secche. "Già. Mi farai solo del male ogni volta che ne avrai voglia." Non lo nega. Anzi, si alza di nuovo e mi guarda. "Vado a fare una nuotata. Puoi unirti a me se vuoi." "No, grazie" dico debolmente. "Non mi va di nuotare in questo momento." "Come vuoi" dice, e poi se ne va, camminando a grandi passi verso l’acqua. Ancora in stato di shock, guardo la sua figura alta con le spalle larghe, man mano che si fa strada nell’oceano, con i suoi capelli scuri che brillano al sole. Il diavolo effettivamente indossa una bella maschera.
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