17 - Azrael

1205 Parole
Il gennaio del duemila sedici, Adriel arrivò a Parigi con una sola borsa di vestiti e un sorriso soddisfatto in viso. Andai a prenderlo e lo portai spedito nel mio bilocale a Piagalle, una strada di Montmatre. Per l’occasione ero pulito, Carole non c’era quindi niente cocaina da un po’, non mi facevo neanche le canne da un paio di giorni. Ero sicuro che così Adriel non si sarebbe arrabbiato. “Ti sto portando a casa mia, così potrai riposare e riprenderti dal jet leg.” Glj dissi raggiante per la sua presenza. “Hai un appartamento?” Mi chiese. “Ci viveva mia madre! Sono stato con lei fino a sedici anni.” Gli risposi omettendo di dirgli che era morta. Quando arrivammo non restai stupito dello sguardo disgustato di Adriel. La tappezzeria era vecchia, l’arredamento povero e le finestre sarebbero dovute essere restaurate. Purtroppo la manutenzione degli infissi e degli esterni toccava al padrone di casa e io non mi sentivo di gettare via le cose di maman, per stare comodo. Nel momento in cui sarei stato pronto quel passo, sicuramente avrei cambiato direttamente casa. "Tua sorella?" Mi chiese Adriel. "Lei non vive qui da anni." Lo informai, lei si era lasciata mamma alle spalle molto prima che morisse. "Vive con..." insistette. "Mia sorella vive in un convento. Vorrebbe prendere i voti, ha iniziato il noviziato per diventare suora." Lo informai, dopo aver studiato teologia aveva deciso di provare a vivere in convento per capire se la sua vocazione fosse pura e sincera. "Capisco. Ma cercherò lo stesso di non darti disturbo. Il tempo che mi inserisco e prendo un mio appartamento." Disse. Quindi era quello il problema. "Non dirlo neanche. Staremo qui insieme, poi se per te è piccola questa casa basta che me lo dici e ne cerchiamo un'altra." Gli dissi istintivamente "È di tua proprietà?" Mi chiese. Da quando era così curioso? "Papà Gonzales e lo zio Jaques pagano ancora l'affitto. Ma non ci appartiene." Risposi cercando di nascondere il mio viso e la mia espressione. "Cercheremo una casa più grande, così quando Michelle tornerà a casa avrà una stanza.” "Non sentirti costretto Ezra." Mi rassicurò. "Non sono costretto. Resto qui per inerzia, fino al tuo arrivo avevo il letto sparso di libri per via del poco spazio." Mi giustificai. "Quindi hai iniziato l'università.". "Sì! Mi hanno accettato alla Sorbonne e ho iniziato i primi esami." Risposi, era decisamente interessato a me. "Ti piace ciò che fai?" Chiese. Avevo bisogno di una canna! “Molto. È più soddisfacente di un servizio fotografico." Confessai. "Comunque rinfrescati e riposati. Questa sera andremo a trovare lo zio Jaques e conoscerai anche Michelle." "La novizia!" Disse sorpreso. "Non sorprenderti." Gli dissi. Michelle era ancora ai primi passi ed era una persona comune proprio come noi due, anzi non come Adriel João Keller Suarez, lui era un talento. Nel calcio come João Suarez, nella vita come Adriel João Keller, adesso ufficialmente medico. Fortunatamente Adriel accettò il mio invito a riposare. Colsi l’occasione per studiare un po’ e risospendere a delle telefonate di lavoro. Evitai di fumare canne, nel farlo mi distraevo con un bastoncino di liquirizia naturale. Tre ore dopo il suo arrivo, Adriel era già sveglio. Io avevo studiato parecchio, organizzato un mio servizio fotografico, sentito il Paris Saint Germain avvertendo dell’arrivo del mio amico e organizzato le sue prossime giornate e l’ insediamento in squadra. “Faccio una doccia e possiamo andare.” Mi disse al risveglio. Assentii e mentre si preparava posai i libri e mandai un messaggio allo zio dicendogli che stavo arrivando col mio amico campione. Montmartre come sempre era caotica, piene di giovani artisti e una popolazione multi etnica. Lo zio Jean, uno stilista di intimo, viveva sempre in questo quartiere, ma in una zona più in. Arrivammo nel palazzo a due piani, di proprietà dello zio, al piano terra c’era una porta molto grande in legno dove bussai. Attendemmo che ci aprissero e una volta dentro notai lo sguardo affascinato di Adriel. La casa di zio Jean e l’udienza era grande, con un arredamento moderno ed estroso . “Eccovi! Finalmente.” Ci aprì Lucien. Era, un uomo di colore sulla cinquantina molto affascinate. “Lui è Lucien, il compagno dello zio Jaques." Dissi . Entrammo in una grande stanza piena di divani, tele di quadri astratti, cavalletti e tempere. Due persone, lo zio Jean Jaques e Michelle, erano sedute su uno dei divani a chiacchierare. "Se non si trova il certificato sarà difficile per me iniziare il noviziato." Diceva mia sorella. "Intanto ti ho procurato il certificato di nascita. Lucian ha delle conoscenze, mal che vada se non sei stata battezzata, potrai sempre farlo." Rispose lo zio. A mia sorella serviva il certificato di battesimo? Ero scettico, probabilmente mamma era stata laica. "Mal che vada adesso saresti anche più consapevole." Intervenne Lucien annunciando la nostra presenza. "È arrivato Ezra." I due si voltarono verso di noi. Erano entrambi biondi, mia sorella aveva gli occhi azzurri più chiari dei miei, era bella e il viso a cuore era perfetto. Lo zio aveva invece il viso squadrato segnato dall'età. Occhi castani, naso all'insù e capelli biondi, mossi spruzzati di un po' di grigio. I due ci guardarono, anche se lo zio Jaques era concentrato su di Adriel. Stupito non lasciava il suo viso. "Dio Azrael. Siete due gocce d'acqua. Sembri più fratello a lui che a me." Affermò mia sorella. Ma cosa diceva? Stava prendendomi in giro? “Non dire sciocchezze Michelle. Lui è solo il mio amico João Suarez." Risposi afferrandolo per il collo. "È casuale la nostra somiglianza." Certe volte anche io ci avevo fatto caso, quando portava i capelli disordinati come in quel caso. Quando era João Suarez. "T-tu..." balbettò lo zio Jean Jaques. "Sei figlio di Thomas." Disse lasciandomi a bocca aperta. L’unico Thomas di cui conoscevo l’esistenza era mio padre, il famoso carismatico e sensuale Thomas . Cosa passava nella testa dello zio Jean? “Lui non è figlio di mio padre zio Jean Jaques. Suo padre si chiama Pedro Suarez.” Affermai. Avvertii Adriel lasciare la mia presa lentamente. Lo sguardo scioccato del mio amico non abbandonava lo zio. “Intendi Thomas Keller?” Chiese lasciandomi basito. “Chi è Thomas Keller?” Chiesi attirando la sua attenzione. “Non ho mai saputo il suo cognome.” Rispose intanto lo zio Jean. “Ma parlo del padre di Azrael.” “L’uomo che mi ha concepito si chiama Thomas. Thomas Keller ed è americano.” Disse in un sussurro. Ingoiai il groppo. No! No… non poteva essere vero. Cosa cazzo stava dicendo Adriel? "Non è divertente." Affermai scioccato. "Smettetela! Tutti e due." Dissi sbottando avevo bisogno di riprendermi, di una scossa. "Calmati Azrael." Disse lo zio Jean Jaques. "Non mi calmo." Urlai allontanandomi da entrambi. Fissai Adriel puntandogli contro il dito. "Sei il figlio di Pedro Suarez, vivi per tuo padre. Sei sempre in pena per lui, hai affrontato la tua paura degli ospedali per lui. Ti è cara la sua vita e vuoi realizzare tutti i suoi sogni. Una carriera calcistica da campione e una famiglia perfetta, nonostante non provi nulla per Guadalupe. Tu sei il figlio di Pedro Suarez!" Affermai.
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