16 - Azrael

1245 Parole
Sentii Daniel per parlargli di Guadalupe e chiedergli il contratto che poteva farmi fare anche se era laureato in diritto penale e lasciai un assegno per Guadalupe ad Adriel e partii per Parigi. In quel periodo feci il mio bel servizio fotografico, mi feci di qualche canna di cui sentivo la mancanza e ritrovai la mia famiglia. Mia sorella maggiore si era laureata in teologia e scoprii voleva entrare in convento, andai anche in Italia a trovare mia sorella Gaelle con la quale litigai. “Ancora ti droghi!” Mi ammonì gettando la canna che avevo tra le labbra. Era sempre la solita noiosa. “Andiamo Gae!” “Non dirmi andiamo Gae!” Mi disse in lacrime. “Mia madre è morta per questa dipendenza… tua madre si è ammalata per questo e tu continui.” Mi accusò senza freni. Non volevo che nominasse mia madre. Se a lei andava bene nominare la sua non avevo problemi. Ma non doveva nominare Monique. “Ma che cazzo ne sai di me. Tu non puoi giudicarmi dalla tua bella villa lussuosa e dal tuo posto pieno di agi.” Le dissi. “L’avessi saputo non sarei venuto. “ “Ti droghi Azrael e questo basta.” Mi urlò contro lei. “Non puoi rinnegare il nostro passato o disprezzare le nostre famiglie.” “Non mi drogo!” Le urlai. “È una canna! Solo una canna!” Affermai stringendo il gambo della cartuccia. “Cazzo Gabrielle. “ “NON - CHIAMARMI - GABRIELLE! NON CHIAMARMI GABRIELLE!” Mi urlò contro. “Puoi cambiare tutti i nomi di questo mondo ‘Gaelle’Sofia. Ciò non cambierà mai quello che siamo.” Le urlai contro. “Ed è solo una canna porca puttana.” Urlai ancora. “Anche una canna Ezra… anche una canna è un male. Ti prego…” mi disse piangendo. “Perché non fai come Michelle e ti fai i cazzi tuoi?” Le chiesi. Michelle era così mite e tranquilla, nonostante fosse più grande di me, per me era piccola. Un tesoro da proteggere e non mi criticava mai. “Perché ti voglio bene. Per questo non posso far finta di niente Azrael.” Mi disse lei. “Sciocchezze. Michelle mi vuole bene e non fa come te. E non chiamarmi Azrael se vuoi essere chiamata Gaelle o Sofia.” Lei fece un passo indietro. “Vattene. Tornatene in Francia… se vuoi presentarti qui, almeno abbi rispetto del mio pensiero e non venire fatto e strafatto.” “Non sono un tossico dipendente Gaelle.” Le dissi., sapevo fermarmi. In Brasile non mi ero mai drogato se non durante i set fotografici. Non avrei mai potuto sfogarmi in presenza di Adriel e la sua famiglia. “Bene! Allora la prossima volta tornerai pulito.” Mi disse. Sospirai rassegnato. Non poteva chiedermi questo, ma assentii. “Torno il mese prossimo oppure puoi venire tu da me. Sono stato preso alla Sorbonne.” La informai. “Se sarai pulito vengo con piacere Ezra. Verrò a trovare te, Michelle e lo zio Jean.” Mi disse. Perfetto! Avrei fatto del mio meglio per farmi trovare pulito. Tornai a Parigi e sentii Adriel. Dovevamo procedere con Guadalupe. C’erano state le convocazioni alla nazionale brasiliana e João Suarez era uno della rosa prescelta. “Ehi amico mio! Complimenti per la convocazione.” Dissi al telefono. “Grazie, merito tuo.” Mi disse atono. “Merito nostro.” Affermai. “Non ne sei contento? È il tuo sogno in fondo.” Gli dissi, il suo sogno e quello del padre. “Già! Lo è…” rispose. Perché parlava a monosillabi? “Cosa succede Adriel?” Gli chiesi ormai lucido. “È tornato Azrael!” Mi disse ed ebbi un brivido lungo la schiena. Quel tono non ammetteva repliche, riguardava lo zio Pedro. “Cosa dicono?” Chiesi. “Partirà per gli Stati Uniti per operarsi. Poi chemioterapia.” Mi disse. “Lui è galvanizzato, all’inizio era molto pessimista, poi gli ho detto che sarebbe diventato nonno e subito si è ripreso. Vuole vivere per il bambino.” “Oh cazzo!” Sussurrai. “Gli hai parlato di Guadalupe? E lei?” “Lei non sa niente. Aspettavo te… cazzo Azrael non voglio farmi incastrare da lei.” Disse. “Chiama Daniel. Gli ho chiesto un contratto di non divulgazione, al limite se per far felice lo zio Pedro vuoi sposarla, chiedigli anche un accordo matrimoniale con divisione dei beni ed eventuale ben uscita.” Gli spiegai. “Ok! Farò così.” Mi disse e prima di riattaccare mi ricordò di non dimenticarli. “Chiama mamma, sarà felice di sentirti. E chiama anche Gonzales.” Mi disse. “Lo farò. Ah Adriel… sto mettendo parola al Paris Saint Germaain e al Marsiglia per farti giocare in Europa.” Gli dissi e prima che attaccasse staccai la telefonata. Tanto ci sarebbe voluto del tempo affinché lo prendessero. Trascorse il tempo, diedi i primi esami con successo, come in Brasile anche a Parigi decisi di separare il mio stile di vita. Sarei stato irreprensibile in facoltà, a casa e in famiglia. Sbandato e cazzone quando lavoravo nel settore della moda. Avevo una nuova agenzia di modelli, la Soleil France e divenni amante dell’attempata, aveva vent’anni più di me, Carole Richard, un ex modella londinese che si divideva tra Londra, Milano e Parigi con la sua agenzia. Ha quarantacinque anni, Carole sapeva come farmi cadere tra le sue gambe! Una scopata per una striscia di coca, da sniffare a seconda della sua libido tra i suoi seni o tra le cosce. Era il mio punto debole e cazzo ogni volta che era a Parigi ci cascavo. A luglio Adriel mi avvertì della nascita di Pedro, mi disse che suo padre si era operato ai gesticoli e che stava facendo le chemio e sua madre mi assicurò che ci avrebbe pensato lei a tenere d’occhio Guadalupe. Intanto Adriel iniziò a giocare in nazionale per le qualificazioni facendosi notare anche in Europa. Tanto che fu il Paris Saint Germain a contattarmi questa volta. Tornai a fare ciò che mi piaceva di più. Contrattare e fare soldi. Adesso che Adriel si era laureato in medicina, potevo essere più pretenzioso. “Direi che è fattibile. Ma Suarez gioca nel Santos, c’è da fare una proposta alla società tenendo conto che anche la nostra agenzia deve guadagnare dall’accordo, come gli accordi con gli sponsor e infine lo stesso Suarez.” Conclusi. Non demorsero! A fine anno fu ufficiale. Adriel sarebbe entrato nella squadra francese. “Ci hai messo lo zampino!” Mi disse al telefono “Li ho sentiti l’ultima volta a ottobre. Se hanno concluso è perché ti volevano fratello. “ gli risposi. “Come facciamo adesso? Avrò un appartamento? Sarò libero di tornare in Brasile se voglio?” Mi chiese mentre nella mia testa traducevo: posso correre a casa da papà ogni volta che io voglio? “Ci inventeremo qualcosa!” Gli risposi. “Correrò con te in capo al mondo Adriel.” Gli dissi. Lo avrei fatto! Con lui mi sentivo di poterlo fare. “Non preoccuparti per la casa. Verrai a stare da me, prima facciamo partire questa nuova avventura. Poi ti sistemerai. Sai vero che guadagnerai il quadruplo di quanto prendevi al Santos?” Gli chiesi. “Potrò prendere anche un jet?” Mi chiese. “Sai cosa? Penso che potremo riuscirci in capo a sei mesi a prenderlo. È un buon investimento.”
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