Capitolo 2 - Seriel Nora

1162 Parole
Gli Shuber Keller lasciarono il collegio, però promisi a Theodora, lasciandole il numero di casa, che poteva telefonarmi tutte le volte che voleva. Gli ultimi giorni al collegio trascorsero in modo desolato. Eravamo rimasti in pochi, tanto che raggiunsi mia sorella Zora che giocava con i suoi amici, Marcus e i più grandi, Razihel, Ralph e Didier, con i miei amici. “È triste perdere i genitori. Non trovi Nora?” Mi chiese Tancredi che ormai era diventato la mia ombra. “Non saprei dirti, mamma non è molto dolce con noi.” Risposi “Io ho perso già la mamma, non voglio pensare di perdere il papà.” Disse terrorizzata Eleonora. La comprendevo, ma per me era diverso. “Io non so chi sia mio papà. Siamo cresciute senza.” Affermai. I miei due amici mi guardarono sconvolti. “È morto?” Chiesero. Zora fece spallucce tirando un calcio al pallone per passarlo ai ragazzi. “Non lo sappiamo. Non sappiamo niente di lui.” Fu la prima e l’ultima volta che sconvolgemmo i nostri amici. Per la nostra freddezza nei confronti di quell’argomento o forse per l’indifferenza all’idea di non avere un padre. “Mi dispiace Nora… io non sono mai col papà. Ma non potrei immaginare la mia vita senza di lui.” Mi disse Eleonora. “La musica, me l’ha trasmessa lui.” Affermò. Giusto! Raoul Ashler! E a noi? Cosa ci aveva trasmesso nostro padre? Forse gli occhi? Zora li aveva castani come la mamma, a me invece erano particolarmente tendenti al muschio per la tonalità di grigio che avevano. “A settembre saremo tutti più vicino a. Theodora, da sola non può farcela.” Dissi cambiando argomento. Guardai i miei due amici mettendo una mano a centro per intrecciarla alle loro. “Promettiamo?” Mia sorella sbuffò. “Non mi interessa.” Disse raggiungendo i ragazzi. Tancredi mi fissò sorpreso. “Ha sempre quella ragazzina rossa alle calcagna. Secondo me ha chi le sta vicino.” “Ha cinque anni quella ragazzina.” Precisai. “Lei ha bisogno di amici veri e Mario è troppo sensibile per esserle vicino.” Precisai. “Ma puoi benissimo non essere dei nostri e andare a giocare a calcio con Zora e tutti i Keller che al momento non ci sono.” Lui sbuffò mettendo la mano sulla mia. “E va bene. Le saremo vicini, sperando di non essere assediati dalla piccola Keller Meyer.” Risi. “Tanto lei la tiene a bada il fratello. Cogli l’attimo ti fai qualche amico maschio.” Affermai. Fu così che il mio gruppo di amici divenne più solido e non era condizionato da quello dei Keller. I Keller erano parenti di Pamela, la ragazzina che stava sempre dietro a Theodora. C’erano Heinrich, Gellert, Gabriel e il suo gemello Thomas, Joel, Samuel e Chamael, Raziel e Giaele. Erano tanti e si poteva venire sopraffatti da loro. Mia sorella rischiava poiché per giocare a calcio si immischiava sempre nella calca sgomitando per farsi sentire. Spesso si sfidava con Gellert per farsi sentire, prima si portava dalla sua parte Didier Dupont, facilmente manipolabile. Poi attaccava. Era un continuo beccarsi, poi arrivava Gabriel e placava tutti, dicendo a Zora di giocare in squadra con lui. Ammettevo che Gabriel e Thomas erano molto carismatici. Con la loro calma e presenza riuscivano a calmare tutti e trovare sempre una soluzione anche se mi erano indifferenti. Tutti mi erano indifferenti! Stava diventando cinica nonostante avessi solo sette anni. Vivere in un collegio e poi seguire un campo estivo, senza avere mai la presenza della mamma, mi rese arida. Al nuovo anno come mi ero prefissata fui vicina a Theodora. Ero sconvolta da come la ballerina sembrasse più grande nonostante fossero trascorsi solo due mesi. Ma anche suo fratello, sembrava più grande, freddo e distaccato. Era questo l’effetto che faceva perdere la mamma e il papà? No, non poteva essere questo. Perché quell’anno, io e Zora, fummo inserire nella classe unica di economia e finanza. Tra i partecipanti c’erano anche Gabriel e Thomas e anche loro erano così freddi e distaccati. Gabriel non aveva vivacità negli occhi, segno che era cresciuto anche lui. Io e mia sorella fummo contente del traguardo raggiunto. Economia e finanza era una classe di élite con studenti di tutte le età, noi avevamo sette anni, ma c’erano anche ragazzi di diciassette anni. Era una classe mista che aveva un solo obiettivo. Avvicinarci al mondo della finanza. Mi piacque. Non c’erano discriminazioni di età o di sesso in quella classe, era un confrontarsi e imparare gli uni dagli altri. Per questo studiavo e apprendevo dai miei compagni e rimasi affascinata ancora una volta da Gabriel e Thomas che spiccavano nonostante come noi erano tra i più piccoli. “Puoi essere il figlio del primo ministro belga, ma se non ce l’hai nel sangue, gli affari non sono per te.” Disse una volta Thomas indicando il giovane Von Trappen che ci spiegava un tabulato senza capo né coda. Gabriel al suo fianco sospirò. “Lascialo sbagliare. Poi smonterò io tutto il suo lavoro.” Disse prendendo appunti e lanciando una tantum uno sguardo allo schema di Von Trappen. “Zora andiamo insieme?” Zora? Cosa c’entrava lei? “Perché me lo chiedi?” Rispose secca mia sorella. Il maggiore dei Keller sorrise. “Perché stai rielaborando il grafico. Anche io ho preso appunti e ho messo in evidenza i punti di forza.” Affermò. “Facciamo vedere a quel Von Trappen che deve studiare ancora per altri diciotto anni.” Sorrisi. Diciotto erano gli anni di Van Trappen, ma anche quelli di Gabriel e Zora messi insieme. Lo schiacciarono e io fui orgogliosa di mia sorella. “Ehi Nora!” Mi disse Thomas mentre il professore si complimentava con Gabriel e Zora. “Cosa c’è?” Chiesi. “Vediamo di non restare indietro. Facciamo squadra anche noi se ti va. Anche tu vali molto più di tutti questi figli di papà che sono qui.” Mi disse. “Anche tu sei un figlio di papà.” Dissi. Lui sospirò. “Sarebbe bello! Ma non posso dirlo. Mio padre mi è sconosciuto e sto crescendo con un mostro che picchia la mia mamma.” Disse serio. Sgranai gli occhi cercando il suo sguardo. Ecco cosa era! Loro sembravano più grandi perché avevano delle brutte esperienze alle spalle. “Per me possiamo fare squadra Tom.” Dissi guardando mia sorella che gongolava abbracciata a Gabriel. “Anche lui cresce con un uomo violento?” Gli chiesi pensando che era meglio non avere un padre che avere un mostro. “Lui ha visto morire la sua mamma adottiva e ne è rimasto traumatizzato. Forse l’hai conosciuta di vista, veniva a prendere Gabriel fino alla scorsa Pasqua.” Mi si strinse il cuore. Perché succedevano queste cose? Eleonora, Theodora ed Heinrich, Gabriel, Thomas… io e Zora avremmo dovuto trascorrere più tempo con mamma, non potevamo sprecare così il nostro tempo.
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