Eppure gli anni passarono e questo non accadeva. Ormai le mie estati le trascorrevo in vacanza con Theodora in Italia, mi ero rifiutata di frequentare altri campi estivi a dieci anni affrontai mia madre e glielo dissi. Non mi piaceva scalare una montagna o fare escursioni per accontentare loro e fare attività che rafforzassero il mio corpo. Non volevo imbruttire o rimischiare alla mia femminilità che stava emergendo, per cosa poi? Zora al contrario di me era appassionata, andava in kayak, giocava a calcio, faceva le escursioni. Io non volevo. A contatto con Theodora ed Eleonora ero venuta a patti che una donna non era solo cervello, ma anche classe ed eleganza. Non potevo e non volevo eguagliare le mie amiche, educate fin da piccole ad una rigida disciplina . Ma non volevo neanche rinunciare alla mia libertà di espressione e movimento.
Iniziai dei corsi di ballo di coppia, quelli mi piacevano molto, richiedevano disciplina ma non c’erano costrizioni fisiche.
Mi piaceva mangiare e non volevo rinunciare a questo piacere per essere un fuscello. Non lo ero, avevo comunque un’ossatura grossa ed ero alta sopra la media. Mangiavo bene e con moderazione, ballavo, andavo a correre e nuovare e mi ero appassionata alla ippica. Partecipavo ai tornei di polo con la mia scuola ed ero brava con la matematica e i numeri. Una delle migliori nella classe di economia e finanza.
A dodici anni ebbi anche la mia prima cotta in Gabriel Keller. Mi stimolava intellettualmente, la sua giovane mente vivace mi affascinò, tanto quanto quella di Thomas. Anche con lui c’era una forte affinità intellettuale, ma lavorando insieme eravamo diventati anche ottimi colleghi. Gabriel era invece così distaccato da riuscire ad avere più attenzioni da parte mia. Infine la notizia che ci diede al corso speciale, fu la goccia che fece traboccare il vaso e mi fece capire i miei sentimenti.
“Questo è il mio ultimo anno al Santa Maria. Da settembre con le scuole superiori studierò nella mia patria a Boston.” Ci disse.
Ebbi un tuffo al cuore. Compresi in quel momento che non lo avrei rivisto più e dovevo trovare il coraggio di dichiararmi.
Nonostante il rapporto con mia madre non andasse granché, era sempre più distante da me e Zora, era l’unica persona con cui potessi parlare.
Così quando a Pasqua tornammo a casa ne approfittai mentre la servitù rassettava la sala da pranzo. Era l’unico momento in cui non si parlava di affari, il nonno si fumava il suo sigaro e Alfons andava a riposare con Franz che poverino ne aveva bisogno. Potevo quindi ritenermi rilassata.
“C’è un ragazzo che mi piace a scuola. Ha quindici anni e tra un po’ lascerà il collegio.” Le dissi tutto d’un fiato.
Mamma mi guardò sorpresa con i suoi occhi castani. “Cioè… hai una cotta?” Mi chiese.
Annuii. “Mi stimola molto intellettualmente e non so come comportarmi.”
“Ti stimola intellettualmente.” Intervenne lo zio Johan. “Sono paroloni bambina.”
“Se conosceste Gabriel non direste così. Lui è molto… tanto…” dissi non riuscendo a trovare le parole per descriverlo.
Zora che stava mettendo in mezzo la dama per giocare con nostro cugino Darius scoppiò a ridere. “Tutti i Keller sono tanta roba sorellina.” Mi prese in giro.
Scattai offesa per riprendere mia sorella. Ma sentire mamma che gridava lasciando cadere le tazze del caffè sul pavimento, mi fece desistere. “Gabriel Keller… ti sei presa una cotta per Gabriel Keller?” Farneticava.
La guardia sorpresa. Che lo conoscesse. “Si! Siamo sempre insieme.” Le dissi omettendo che si trattava dell’aula di economia e non era proprio così intimo il nostro rapporto.
“Ma… ma non c’è niente tra di voi, hai detto che non sai… Oh Dio! Dimmi che non ci sono stati contatti tra di voi.” Chiese mamma sempre più scioccata.
“Ti avevo detto che non era il caso di mandarla in quella scuola.” Intervenne il nonno.
“Thomas fa studiare lì tutti i suoi figli. Ritengo ancora giusta la scelta di Agnes, di inserire le gemelle.” Disse lo zio.
Chi era Thomas e cosa centrava col nostro percorso didattico? Mi chiese.
“Seriel… stammi a sentire.” Disse la mamma mentre La domestica puliva il suo disastro. “A te sembra di provare qualcosa. Ma non è amore… qualsisia cosa ci sia stata con quel ragazzo… devi chiudere. Con lui e con qualsiasi Keller della scuola.” Mi disse seria.
“Ma io e Gabriel giochiamo a calcio con i suoi fratelli e i cugini.” Si lamentò Zora.
“Puoi continuare a giocare a calcio Barbiel.” Le disse lo zio.
“Statemi a sentire ragazze.” Disse mamma tirando un respiro profondo. “Dovete sapere che vostro papà è lo stesso di Gabriel Keller, quindi tesoro non sarebbe normale….”
“Stai dicendo che io e Gabriel siamo fratelli?” Sussurrai adesso anche io scossa.
“Stai dicendo che Gellert il saccente è mio cugino?” Esplose Zora.
Scossi la testa ripensando a Gabriel e tutte le volte che avevo visto suo padre al collegio. Un uomo alto e di bell’aspetto dai capelli scuri. Ebbi un tuffo al cuore! Nostro padre esisteva ed era anche molto presente nella vita dei suoi figli. Se avessi dovuto fare una statistica del tempo che Gabriel passava con suo padre, era decisamente più alta del mio tempo con la mamma.
La guardai . “Siamo le figlie di Thomas Keller?” Le chiesi.
Lei annuì. “Lui non lo sa, e sarebbe il caso che non lo sapesse.” Disse mamma.
Perché? Perché non poteva saperlo? Se lo avesse saputo ci avrebbe di sicuro dato delle attenzioni e un po’ d’amore.
“Perché?” Chiese per me Zora. “Il signor Keller è un figo. Al corso di economia e finanza, Gabriel dice che il suo papà è molto più bravo di chiunque insegni al nostro corso.” Disse orgogliosa.
“Appunto! È un genio.” Intervenne il nonno guardando entrambe. “Purtroppo il genio ha sbagliato la mira e invece che concepire un figlio maschio, ha concepito due femmine.” Affermò con disgusto. “È questo il problema, non valete che meno di zero.”
Mi sentii sprofondare. Femmine! Era quello il problema, per questo nostro padre non poteva sapere di noi. Ripensandoci, Gabriel, Thomas, Raziel e Chamael erano tutti maschi. Era quello il problema, eravamo nate femmine e non andavamo bene.
“Gellert ha una sorella!” Urlò Zora. “Lei va benissimo, il suo papà e la sua mamma la adorano.” Precisò.
“Per quanto sia talentuoso, Gellert non è Thomas, si è fossilizzato sulla sua famiglia. Al contrario di Thomas, non ha la sua spiccata bravura, l’ambizione e il carisma che lo hanno portato a diventare uno degli affaristi più importanti del pianeta. Thomas Keller è diventato il migliore dedicando dieci anni al servizio della sua società, senza pensare alle frivole smancerie e alla famiglia.” Raccontò orgoglioso il nonno.
“Infatti aveva una donna per ogni porto.” Intervenne lo zio Johanne. “Thomas avrebbe dato la metà del suo impero per il suo primo amore, come avrebbe dato tutto il suo impero in cambio della vita della defunta moglie.” Raccontò lo zio rispondendo al nonno e lasciando intendere che conosceva benissimo mio padre. .
Mi si strinse il cuore, il nostro papà sembrava aver sofferto tanto per amore, quell’amore che non vedevo nella nostra famiglia.
“Non è il caso di parlarne e sono cose che non ci interessano.” Disse il nonno guardandoci come sempre dall’alto in basso. “Non fate vergognare Gabriel con la vostra inadeguatezza.”
Di nuovo quell’affronto. Noi eravamo adeguate proprio come Gabriel e Thomas.
“Ti prego…” Disse mia madre. Sperai che finalmente mi difendesse, stava fingendomi le braccia, doveva sostenermi. “Non pensare a Gabriel in quel modo. Siete fratelli!” Mi ricordò.
Fratelli! Giusto…. Mi ero invaghita di mio fratello.
Sconvolta diedi le spalle a tutti andando nella mia stanza. Una volta lì senza immaginare che potesse accadere piansi. Per la prima volta piansi. Quell’amore che provavo non era romantico, era fraterno.
“Non possiamo dire a Gabriel che è nostro fratello.” Venne a sostenermi Zora. “Anche a me dispiace. Ma prima che venissi via mamma ancora me lo ha chiesto. Lui non sa che siamo fratelli.”
“Sorelle! Siamo sorelle.” Precisai tirandomi su. “So che è difficile immaginarlo, ci sono Gabriel e Uriel, Raziel e Chamael, è un peccato che siamo uscite donna.” Le dissi risentirla col nonno asciugandomi il viso. Però era anche vero che avevamo tutti fratelli maschi. “Ma siamo talentuose anche noi Zora.”
“Ovvio che lo siamo. Gabriel me lo ricorda sempre, noi siamo una squadra e tra di noi non c’è un migliore. Insieme diventiamo i migliori.” Mi raccontò .
Sospirai tirando su col naso. “Se ne andrà presto.”
“E dispiace tanto anche a me.” Rispose lei. “Adesso che rientriamo al collegio, gli chiederò di restare.” Affermò.