Capitolo 6 - Seriel Nora

1424 Parole
Il percorso universitario mi stupì, non perché la facoltà mi risultava dura, assolutamente. Anzi, mi approcciai così bene che dopo il primo anno il docente mi propose in contemporanea uno stage nella banca nazionale di Olanda. Intanto mia sorella a Parigi conobbe Sabrina Hammer, anche lei frequentava la Sorbonne, si erano incontrate tra un corso e l’altro iniziando a frequentarsi. “Potrei stupirti.” Mi disse mia sorella quando durante un week end andai a trovarla. “Ma sono fidanzata.” Era raggiante ed ero contenta per lei. Io al contrario ero una vecchia zitella, mi ero concessa ad un paio di relazioni, ma nulla di così eclatante da farmi battere il cuore. “Chi è lei?” Le chiesi. Zora mi guardò. “Volevo stupirti. Ma credo che non sono riuscita.” “Piuttosto sono felice che finalmente hai deciso di non nasconderti più.” Le dissi. “Non potrei mai con te Seriel.” Mi disse la mia gemella. “Sei la mia anima e mi farebbe piacere farti conoscere Sabrina e anche che ti piaccia tanto quanto a me.” Mi disse. “Voglio conoscerla Barbiel e sono sicura che mi piacerà. Prima di adesso non ti sei mai innamorata, quindi non può che essere una persona speciale.” Le dissi. “Bene, perché questa sera ceniamo insieme.” Disse mia sorella gongolante. Ero felice per lei, molto. La sera conobbi Sabrina Hammer, era piccolina e dall’aria molto dolce. Le forme armoniose era leggermente sovrappeso, ma sembrava non darci peso. Aveva i capelli biondi, gli occhi castani ed uno sguardo vivace. Era venuta con la sua amica d’infanzia, Michelle Blanchard, di un anno più grande di no, esile, occhi azzurri e capelli biondi. Scoprii che anche loro avevano studiato in un collegio privato dalle elementari alle superiori. Sabrina era di madre spagnola e padre tedesco, e farla sfidare in Francia era stato per i genitori un buon punto di incontro tra i due stati per andare a trovarla. I genitori, entrambi medici, lavoravano nei paesi sottosviluppati dove avevano aperto varie cliniche con un gruppo di colleghi e dove trascorrevano la maggiore parte della sua vita. La stessa Sabrina studiava medicina, anche se era più incline all’infermierisfica, al contrario suo fratello maggiore si era laureato in medicina e adesso era specializzando in Svizzera nel campo della ricerca medica. Michelle, la sua amica invece, studiava teologia e sembrava fosse intenzionata a prendere i voti più avanti. “Lo zio Jean dice che devo ponderare bene le mie scelte e non correre. Ma sento che prendere i voti sia la mia strada.” Ci disse. Non obbiettai, anche se pensavo potesse già prendere i voti se sapeva cosa volesse fare. Tornai a casa comunque contenta per Nora, con Sabrina e Michelle, si era creata un gruppo di amici e stava bene a Parigi. Io al contrario non avevo vita sociale. Ero così concentrata sullo studio che passava in secondo piano. Infatti riuscii a prendere la triennale con un anno di anticipo. Quando Nora lo seppe mi riprese. “Non lasciarmi indietro.” Mi disse. Al che le rivelai che avevo fatto anche uno stage in banca e che ero stata inserita in una consulting in contemporanea all’inizio della scuola di management. “Tu non ti diverti proprio.” Mi disse Nora. “Hai un ragazzo… o una ragazza?” Mi chiese. Risi. “Ho delle avventure. Mentre ho pochi amici, sono tutti così noiosi.” Rivelai. “Però quando non ho esami parto per Londra e vado a trovare le mie amiche.” “Come stanno quelle due bellezze?” Mi chiese la mia gemella. “Il papà di Eleonora è venuto a mancare, spero che riesca a ripartire ora che rientra a Londra.” Dissi. “Theodora invece è lanciata. Ballerà all’Operà di Parigi questo inverno, dovreste andare a vederla.” Raccontai. “Ho capito. Devo darci dentro anche io.” Mi disse Nora sbuffando. Ormai il triennio è andaro, ma prenderò il master in finanza in un’anno anziché due.” Mi disse mia sorella. “Tu aspettami e vai a divertirti.” Non riuscii! Il mio unico svago restavano i natali nel Kleinsten doveva ammiravo i bellissimi cugini di Eleonora, tutti ogni volta accompagnati da splendide donne, che fossero modelle o no io donne, e dalle vacanze in Grecia. Per cui, dopo aver preso il master, per non insospettire e demoralizzare Barbiel, partii per Bruxelles. Il mio rettore mi aveva raccomandata in una consulting molto famosa e fruttuosa e pensò che almeno sei mesi lì mi sarebbero stati utili . “Entrerai come assistente. Non farai consulenza, ma sai meglio di me che la gavetta è importante in questo ambiente.” Concordai con lui. Volevo arrivare alla Germany preparata e cancellare dalla faccia del nonno tutte le sue convinzioni maschiliste. Volevo sentirmi dire che ero brava e che sapevo fare il mio lavoro, meglio di Darius e perché no, anche di lui e lo zio Johanne. Arrivata a Bruxelles, la prima cosa che feci, fu cecare un bel and breakfast dove pernottare. Poi andai alla consulting dove avrei lavorato. Quando raggiunsi il piccolo palazzo nel polo finanziario di Bruxelles, rimasi sorpresa nello scoprire che ero in una T-consulting del gruppo Keller consulting group, ero in una KGG. Ciò mi portò a pensare che avrei dovuto dare il mille per duemila da subito. Se il mio nome entrare nei registri sarebbe arrivato a mio nonno e la mia famiglia, non volevo fosse in negativo. Dovevo avere successo sin da subito. Fui assegnata ad un consulente anziano, Sebastian Cesaire il quale fu da subito molto disponibile. Alle volte anche troppo, dovetti infatti più volte togliere la sua mano fin troppo lunga dalle mie natiche o dalle cosce. La terza volta, non capendo l’antifona lo sfidai. “La denuncio. Si fidi, sarò talmente brava ad incastrarla che la sua decennale esperienza alla consulting non le sarà di aiuto.” Lo minacciai dal momento che a nulla era servito imbruttirmi con finti occhiali da vista e abiti più castigati. Capì e me la fece pagare. Mi dava i peggiori lavori e spesso mi lasciava anche con gli straordinari da fare che includevano fare il suo di lavoro. Dovevo ricopiare i tabulati e le proposte da presentare, fare ricerche di mercato per lui, contattare i clienti, fare i sondaggi telefonici. Era stressante, perché quando si andava in riunione non venivo neanche menzionata. Per quanto lavorassi sodo, decisi allora di non mostrare mai a Cesaire le proposte da lui preparate, riviste e corrette con ciò che sapevo in una mia proposta alternativa. In fondo ero solo un’apprendista, non ero lì per fare il lavoro dei consulenti. Cesaire mi trattava come una segretaria, assistente, cucina toppe per i suoi errori. Che sbagliasse da solo! Io non ci volevo rientrare con lui. Poi un giorno ecco che rimasi sorpresa nel trovarmi a pochi passi da mio padre. Ero sconvolta. Non mi sarei mai aspettata di vederlo lì e anche conoscerlo. Istintivamente mi nascosi dietro gli occhiali a lente spessa e i capelli sciolti sul viso. Sapevo di essere assurda anche perché lui non mi conosceva e non sapeva niente di me. Inoltre ero un’apprendista, difficilmente ci saremo incontrati. “Müller il capo è qui. Mi serve la pratica wind en vooruitgang e la pratica Wellem, Guill mi aspetta con urgenza.” “Ho già tutto pronto.” Dissi prendendo le pratiche che avevo rivisto e corretto solo pochi giorni prima. Anche a quelle avevo messo mano personalmente portando delle migliorie che non avevo detto a Cesaire, al contrario ne avevo parlato con Guill, il responsabile di sede, chiedendogli se sarebbe stato disponile unire due pratiche per migliorare una prestazione. Lasciai tutto a Cesaire e tornai ad occuparmi dell’infame compito che mi era stato assegnato nel frattempo. “Ciao Nora.” Mi sentii salutare. Mi voltai sorpresa che qualcuno mi chiamasse così. Ancor di più di trovarmi di fronte un fusto biondo dall’aria familiare. “Ci conosciamo?” Chiesi tirandomi su dalla sedia per essere ad un’altezza decente da lui. Viso ovale, biondo, occhi azzurri confortevoli. Dove lo avevo visto? “Non ti ricordi di me? Sono Joel Davis.” Mi disse e collegai. Ecco dove lo avevo visto. “Che sorpresa. Cosa ci fai qui?” Gli chiesi rilassandomi. “Ho iniziato a lavorare alle risorse umane e il signor Keller mi ha chiesto di venire con lui per un caso sollevato mesi fa da Mark Guill.” Mi disse. “E da tanti mesi venite adesso?” Gli chiesi.
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