35.Era una di quelle notti a Genova in cui il cielo si fa basso e sembra avvolgere la città in un ampio mantello grigio metallico. Come un gatto arrabbiato la pioggia graffiava le vetrine degli ultimi bar aperti e cercava di insinuarsi nei locali ogni volta che qualcuno apriva la porta. L’aria sapeva di birra stantia, di abiti bagnati e di un profumo da quattro soldi sufficiente a farti vomitare. Avevo seguito il mezzo uomo fin da casa sua. Avevo preso tutte le precauzioni possibili per non farmi scoprire. Lo dovevo ammettere, questa volta ero dovuto ricorrere a un travestimento. Quelli che tanto detestavo. Non fraintendete… Non ho nulla contro ogni genere di espressione, anzi, ma non era il mio genere. Stavolta mi ero dovuto camuffare per bene per non farmi riconoscere e non destare

