LEN
Il giaccone, rosso con cuciture e cerniera verdi, era troppo grande. Le dita si perdevano dentro le maniche, l’orlo penzolava all’altezza delle cosce.
Dal sedile anteriore, la donna che si era presentata come Lisa Brown si voltò a guardarlo. «Infilati i guanti, Len. Fa freddo.»
Aspettò che obbedisse, uscì dall’auto e gli aprì la portiera per aiutarlo a scendere.
Di fronte a loro, alla fine di un vialetto spalato di fresco, c’era una villetta su due piani. Il tetto era imbiancato, così come le due panche in giardino e il portico, dal quale pendeva una cascata di lucette intermittenti. L’attenzione di Len, però, fu tutta per il pupazzo di neve accanto alla cassetta delle lettere. Il cilindro calato sugli occhi di pigne gli dava un’espressione arcigna.
«Benvenuto nella tua nuova casa», esclamò la signora Brown.
Len strinse al petto il suo pupazzo di legno di Babbo Natale e Lisa Brown lo notò.
«Hai freddo?» gli chiese. «Sai, è normale. A Natale cade la neve. Avanti, andiamo dentro, al caldo. Magari ci sono anche delle sorprese per te.» Si chinò per calcargli meglio il cappello in testa. «Ti piacciono le sorprese, vero? E anche i regali, scommetto.»
Len abbassò lo sguardo sugli stivaletti di gomma che la signora Brown gli aveva messo ai piedi quella mattina. Sì, a lui piacevano i regali. Non riusciva a dirlo, però. Fu solo capace di staccarsi di dosso il pupazzo di legno e mostrarlo alla donna.
«Ti piace Babbo Natale?»
Annuì una volta, con lentezza solenne.
«Chissà, se sei stato buono magari è venuto a casa nostra in anticipo a portarti qualcosa.»
La donna gli prese la mano e Len si lasciò guidare fino all’ingresso.
Babbo Natale era stato davvero in quella casa con il tetto bianco? Si rese conto di avere la gola stretta, le gambe pesanti. Len era stato buono, buonissimo, e desiderava una cosa sola: la sua Famiglia di Legno. Babbo Natale l’aveva ritrovata? I suoi genitori lo aspettavano oltre quella porta?
Con uno strattone si liberò dalla mano della signora Brown e corse verso le scale lucide di ghiaccio.
Aggredì il primo scalino, ma lo strato gelato del secondo lo tradì. Mentre cadeva, Len si protesse il volto e nel farlo il pupazzo gli scivolò tra le dita, si infilò tra i ferri della ringhiera e affondò nella neve.
«Ti sei fatto male, piccolo?» La signora Brown lo rimise in piedi, gli sollevò il volto dal mento e lo studiò. «Tutto bene, tutto bene, sei ancora d’un pezzo. Vieni, ora, non ti staccare più da me.»
Len, però, la strattonò verso la ringhiera, si sporse e riprese il Babbo Natale.
Lisa Brown glielo tolse di mano e lo liberò dalla neve. «Avevo detto a Ryan di spalare», disse, restituendoglielo con un occhiolino. «È un bravo marito e un bravo papà, ma come uomo di casa è un vero fannullone.»
Len non capì e gli importava poco. Adesso che aveva di nuovo il suo pupazzo, voleva soltanto aprire la porta davanti a lui, per metà nascosta da una gigantesca ghirlanda di vischio. Non si sentiva così da un anno. Dalla notte in cui aveva perso la sua Famiglia di Legno.
Lisa Brown poggiò la mano sulla maniglia. «Pronto per la super sorpresa?»
Len annuì.
«Prima, però, devi chiudere gli occhi, altrimenti che sorpresa è?»
Len infilò il Babbo Natale sotto l’ascella e si tappò gli occhi con le mani. Il cuore prese a battere più forte quando, dopo il cigolio della porta, un’ondata di calore gli intorpidì le guance.
La signora Brown lo accompagnò fino a un ambiente che profumava di spezie e gli poggiò le mani sulle spalle. «Puoi aprire gli occhi.»
Len si trovò in un soggiorno, afoso per via di un grande camino acceso e brillante di luci natalizie e ghirlande. Accanto al grande albero di Natale c’era una tavola apparecchiata e, in piedi di fronte a essa, cinque sconosciuti.
«Tanti auguri!» esclamarono.
Len li osservò. Due erano bambini, un maschio con il doppio mento che rimbalzava al ritmo delle mani che battevano, e una femmina che, dal vestitino ai boccoli biondi, somigliava in tutto e per tutto alla signora Brown. C’era poi una coppia di anziani, lui con più barba che capelli e una cravatta a scacchi che a Len ricordava la tovaglia della mensa della Casa dei Bambini, e lei con un buffo maglione bordato di pelliccia rossiccia. Soltanto un uomo, in disparte, lo guardava in maniera strana. Il sorriso gli era morto sulle labbra, come se i baffi castani l’avessero soffocato, e gli occhi erano sgranati. Len non capiva il perché né dell’entusiasmo né dello sgomento. Non conosceva nessuno, erano tutte facce mai viste, voci mai sentite. Guardò di nuovo i presenti e si voltò.
Dietro di lui, la signora Brown sorrideva. «Tanti auguri, Len. Babbo Natale ti ha portato una festa a sorpresa anche se oggi non è il tuo compleanno. Bello, vero?» Indicò i due bambini. «Loro sono i miei figli, Jenny e Bobby. Mio marito è lì.» L’uomo con i baffi castani si scostò dal muro. «Caro, vieni a presentarti. E loro sono i nonni. Ti hanno portato un regalo, sai?»
Dov’era la sua Famiglia di Legno? Forse in cima alle scale? O magari dietro quella porta chiusa? Di sicuro non lì. Intorno all’albero di Natale c’erano soltanto lui, la donna che lo aveva preso dalla Casa dei Bambini, gli anziani, i ragazzini e l’uomo che si teneva in disparte.
Fine.
No, non era possibile. Era stato buono, non aveva pianto né fatto i capricci. Dovevano essere lì.
Len chiuse di nuovo gli occhi, strizzò le palpebre e di riflesso le labbra. Spalancò tutto di colpo e sperò, mentre la vista si riabituava alla luce della stanza.
Non era cambiato niente. C’erano ancora le sei persone, la tavola apparecchiata, l’albero di Natale. Len si aggrappò più forte al suo pupazzo di legno.
I due bambini si fecero avanti.
«Benvenuto a casa Brown, orfanello», gli disse Jenny. Anche nel sorriso somigliava alla madre.
«Jenny, ha un nome. Si chiama Len», la corresse quest’ultima. Si rivolse a Len. «Avanti, dammi il cappottino. No, prima devi toglierti la sciarpa. Ecco, ti aiuto. Levati i guanti, intanto.»
«Ma è anche un orfanello», insistette Jenny. «Che male c’è a chiamarlo così?»
Bobby lo guardò come alla mensa della Casa dei Bambini Len fissava i broccoli sul piatto. E a Len i broccoli non piacevano per niente.
«Sì, mamma, è un orfanello, l’hai detto tu.»
Cos’era un orfanello? Perché lo chiamavano così?
«Bobby, Jenny, non fatemi arrabbiare.» Lisa Brown gli tolse di mano i guanti. «Si chiama Len e da oggi lo chiamerete così.» Aggrottò le sopracciglia. «Ci siamo capiti?»
«Sì, mammina», risposero i due in coro.
Intanto il signor Brown, in disparte, lo fissava. Era pallido e si muoveva circospetto, come se Len potesse saltargli alla gola. Raggiunse la moglie, che stava sistemando i cappotti all’appendiabiti vicino alla porta. «Lisa, è il bambino indiano!»
«Lo so, caro.»
Il signore anziano, intanto, si era avvicinato. Dopo essersi chinato, gli mise in mano un pacco giallo con un nastro blu. «Avanti, aprilo. È per te, da parte mia e della nonna.»
Len si accucciò sulle ginocchia e, con difficoltà per non lasciare andare il Babbo Natale di legno, iniziò a tirare il filo.
«Rebecca, non ti sembra troppo scuro per essere di White Lake?» lo sentì chiedere.
La nonna inforcò gli occhiali spessi che le pendevano dal collo. «A me sembra nativo americano.»
Il discorso tra i Brown intanto continuava.
«Ti rendi conto di cosa diranno gli altri?» sussurrò lui, come se Len non fosse lì accanto a sentire. «Lo sai anche tu che gli è successo.»
«Sì, caro, lo so. Proprio per questo è qui. Dai, ne parliamo dopo, adesso c’è la festa.»
«Dovevi dirmelo.»
Len si voltò in tempo per vedere la signora Brown spingersi la mano del marito giù dalla spalla. Tornò a concentrarsi sul nastro, che non voleva saperne di slacciarsi.
«Ryan, che ti è preso? Cosa c’è che non va? Eri d’accordo con me.»
«Ero d’accordo di portare a casa un bambino.»
La donna rise. «Ma è un bambino.»
«Un bambino normale, Lisa.»
Len si trovò l’indice dell’uomo puntato contro. Era arrabbiato con lui?
«È indiano», insisteva il signor Brown. «E ha alle spalle quella brutta storia.»
«Che storia, papà?» chiese Bobby.
La signora Brown fece una carezza sulla guancia del figlio. «Nessuna storia, tesoro. Adesso andiamo a mangiare.» Bloccò le proteste del marito con un’occhiata «E festeggeremo il compleanno a sorpresa di Len. Va bene?»
Nessuno disse nulla in contrario.
«Avanti, andiamo a sedere.»
Bobby corse via e il signor Brown gli andò dietro a capo chino.
Come se fosse suonata la campanella della mensa, tutti si mossero verso la tavola. Solo Len, con il Babbo Natale di legno al braccio e il dono ancora non del tutto aperto, rimase accucciato a terra. Fece scorrere il dito sulla carta gialla, increspata lì dove aveva iniziato a tirarla. Era confuso. Confuso e pieno di delusione. Gli piacevano le sorprese e gli auguri, ma dov’era il suo regalo vero? Dov’era la sua Famiglia di Legno?
«Bobby, Jenny, accompagnate Len al suo posto. Voglio che si sieda lì, in mezzo a voi», disse la signora Brown con tono squillante.
«Sì, mammina», rispose Jenny per entrambi.
Len sentì i loro passi, vide la forma di Bobby sul pavimento, un’ombra rotonda che interrompeva il luccichio intermittente delle luci dell’albero.
Jenny si chinò, gli parlò all’orecchio. «Vieni, orfanello indiano.»
Lo prese per un braccio, lo tirò in piedi. Len si divincolò e corse dalla signora Brown, che si era appena seduta.
La donna gli portò indietro la frangetta. «Che c’è, Len? Non hai fame? Avanti, siediti e festeggiamo il tuo compleanno.»
Len scosse la testa e aprì la bocca. La richiuse, deglutì e provò di nuovo. Il pugno di terra era ancora lì, gli riempiva la gola, una zolla rigida che non andava né su né giù.
«L-la», sbuffò. «L-la mia…»
La signora Brown si chinò, il sorriso che si allargava sempre di più. «Sì? Avanti, sforzati, Len, che vuoi dirmi?»
Voleva la sua Famiglia di Legno, ecco cosa voleva dire. Ma, come palloncini trattenuti da spaghi sul fondo della sua gola, le parole non vennero fuori, rimasero lì a galleggiare. Len sbuffò, diede le spalle a Lisa Brown e sedette lì dove Jenny gli indicava. Abbassò il mento fino a toccare il petto e strinse il pupazzo. Se non poteva chiedere la sua Famiglia di Legno alla signora Brown, avrebbe domandato a Babbo Natale, quello vero, di restituirgliela.
Babbo Natale, sarò buono. Però tu fammi rivedere la mia Famiglia di Legno.