Capitolo 1 - Sapphire
SAPPHIRE
Ero la figlia di un famoso golfista, Edward Cooper campione più volte nella sua giovane età, conosciuto a livello mondiale. E della viscontessa Martha Ashley Cooper di Shaftsbury. I miei genitori erano una tipica coppia conformista, ligia al dovere e che seguivano tutte le regole della nobile società che circondava mia madre. Il mio stesso padre era stato educato a seguire una certa disciplina in tutto ciò che faceva, era figlio di golfisti, la sua famiglia possedeva una scuola di golf e la stessa organizzava tornei per esordienti annuali.
Erano una bella coppia impegnata e quando nacqui io mi accolsero con molta gioia. Tuttavia i miei genitori non pensarono mai di darmi un fratello, mia nonna Lucrezia, viscontessa dei Shaftsbury aveva spesso esortato la mamma a darmi almeno una compagnia. Ma non arrivò nulla. Arrivai alla scuola preparatoria che i miei genitori ancora non mi avevano dato un fratello o una sorella. Neanche i miei zii ci stavano pensando, il fratello di papà da quando ero nata aveva già cambiato due fidanzate. Il fratello di mamma era sposato, ma sembrava non riuscisse ad avere figli. Ero l'unica erede degli Shaftsbury, più che altro ero l'unica gioia di mia nonna Lucrezia, ero la sua ragione di vita e con lei non pensavo le mie giornate fossero vuote.
Fu la nonna che chiese ai miei genitori di iscrivermi al Rosey. Per quanto mia madre fosse presente, seguiva sempre mio padre in tutti i campionati e per la nonna non era giusto che passassi tutto il tempo a casa. Senza i miei genitori ed un fratello almeno a farmi compagnia, era preferibile una scuola che mi desse costanza e presenza, soprattutto perché anche mamma e lo zio Geoffry, avevano frequentato Le Rosey.
"Ma io avevo Geoffry al Le Rosey, Sapphire è piccola e sola." Contestò la mamma.
"Partiremo con lei." Intervenne per la prima volta il nonno prendendo posizione. "Prenderemo un appartamento a Ginevra. Così semmai lo vorrà potremo raggiungerla subito."
Mia madre li fissò basita. Lei non si era mai vista così coccolata dai genitori.
Però alla fine accettarono, Le Rosey era un'ottima scuola e mia madre si era trovata bene. Per cui, anche se avevo appena cinque anni, vi andai anche io.
Al Rosey entrai al La Gardenie, uno dei collegi che consentivano l'ingresso ai bambini della mia età. Non eravamo in tanti della nostra annata, ma essere circondata da altre bambini mi piacque. Ciò che mi accolse fu la stessa disciplina che c'era a casa mia, con in più una nota di indipendenza e responsabilità. Per i referenti era importante che noi studenti, anche se ancora piccoli avessimo la nostra individualità e ragionassimo con la nostra testa per scegliere il percorso che volevamo seguire. In contemporanea ci chiedevano anche di collaborare con gli altri, per imparare a fare squadra ed avere fiducia gli uni degli altri.
Avevo cinque anni e non sapevo cosa fare ancora.
Ci facevano fare di tutto, cantare, ballare, cucinare, andare a cavallo.... Io mi appassionai alla danza. Ballare mi piaceva veramente nonostante la danza classica fosse per primo disciplina.
Negli anni la danza, fu ciò in cui fui perseverante. Cambiavo amicizie, perché a otto anni passai alla Kleine Frau, un collegio femminile, cambiai anche maestri di danza, la passione però restava. All’epoca conobbi nel mio corso di danza Jade Genner, un ballerino come me, di cinque anni più grande. Con lui iniziai i miei primi pas a deux. Ero convinta che avrei concluso con lui il mio percorso alla Kleine Frau, ma riuscimmo a ballare insieme solo al primo anno. Dopo si susseguirono ballerini e ballerine, nessuno però mi dava mai la stessa libertà cui mi aveva abituata Jade. Trascorsero così gli anni e di nuovo dovetti scegliere il college di indirizzo. Valutai bene la mia decisione, ero inglese e non volevo riempirmi la testa con corsi eccessivi che non sapevo se mi sarebbero serviti o meno. Feci quindi domanda per la sede di Champetit, a differenza degli altri indirizzi le lingue straniere da studiare erano più poche, contando che avevo imparato tedesco e francese sin dai cinque anni, l'aggiunta dello spagnolo, dell'italiano, alle più complesse russo, cinese e latino sembravano irrisori. C'erano infatti istituti con più lingue e lo Champetit mi riservava due opportunità per il futuro, se avessi studiato latino infatti, sarei stata avvantaggiata con l'università. Ma l’opportunità più importante è che mi aveva convinta era stato il gemellaggio della scuola con alcune tra le più importanti scuole di ballo: Accademia di danza del Bolshoi , la Royal academy di Londra, la Juillard School di New York, la scuola di ballo dell'opera di Parigi e Accademia Internazionale del Balletto di Salisburgo.
Se volevo diventare una ballerina, quello era il percorso giusto. Perché da quell'anno avrei iniziato anche i corsi di perfezionamento.
Ero sicura quello fosse il mio percorso, i miei stessi genitori quando mi esibivo c'erano sempre a vedermi ed era per me fonte di gioia. La danza mi appassionava e non cambiavo mai la rotta, perché ballare mi piaceva veramente. I miei genitori approvarono le mie scelte, fin quando ottenevo sempre ottimi risultati a scuola e nella danza e fin quando tornavo a casa in estate e a Natale, anziché fare i campi estivi e invernali, a loro andava bene.
Così dopo aver trascorso l’ultima estate al Kleine Frau, dietro i campionati di papà con la mamma, tornai in Svizzera con i nonni spedita verso il college a Losanna dove avrei preso il diploma baccattalauereato internazionale.
Ero carica! Iniziai subito con la scelta dei corsi aggiuntivi richiesti dalla scuola. Oltre le materie di studio, chiesi di non seguire arte per potermi dedicare invece alla psicologia e sociologia, argomenti già lievemente trattati nell'obbligatoria filosofia. Le lingue in più mi preoccupavano, tuttavia volevo impegnarmi a studiarle anche in previsione di eventuali viaggi a Mosca per via del gemellaggio con l'accademia.
Mi misi di impegno a dare il massimo e anche a cercare di fare amicizia. Anche perché quell'anno ai corsi di danza incrociai una compagna di classe. Si chiamava Janine Lambert ed era la figlia del sindaco di San Gallo.