Il carcere Durante i primi cinque, forse sei mesi, non presi coscienza del luogo in cui ero stato rinchiuso: ero distrutto moralmente, non parlavo con nessuno, mangiavo veramente poco e qualsiasi pena inflitta mi sembrava troppo clemente per me. Volevo morire, dimenticare, essere ucciso. Desiderai anche la tortura, ma qualsiasi dolore fisico non avrebbe potuto essere più grande del rimorso. Poi, piano piano, aprii gli occhi e cominciai a osservare la mia prigione: si trattava di un grosso stabile, a forma di “U”, lontano dal paese, una specie di caserma militare riadattata a carcere. Era diviso in ale , cioè zone ben delimitate in base alle caratteristiche dei detenuti ospitati: al piano terreno c’erano l’ala “A” e la “B”, dove erano portati rispettivamente i delinquenti comuni e t

