Capitolo terzo-2

2038 Words
Vennero spediti gli inviti che fissavano per il lunedì successivo la data del grande evento, e quasi tutte le ragazze accettarono. Hannah era di cattivo umore perché il calendario dei lavori settimanali sarebbe stato sconvolto, con gravi conseguenze. - Il bucato e la stiratura devono essere fatti regolarmente, altrimenti tutto il resto va a rotoli! In effetti, l’andamento domestico avrebbe risentito di quell’interferenza e Amy lo sapeva bene. Ma il suo motto era “Nihil desperandum” e decisa com’era, volle attuare il suo piano a dispetto di tutto e di tutti. Tanto per cominciare, le pietanze preparate da Hannah non riuscirono gran che bene: il pollo era duro, la lingua troppo salata, il cioccolato troppo fluido. Come se non bastasse la torta e il gelato vennero a costare più del previsto e così il noleggio della carrozza. Varie altre spese che sulle prime erano sembrate di nessun conto finirono col portare il totale a una cifra assai elevata. Come se non bastasse Beth prese freddo e dovette mettersi a letto, Meg ebbe così tante visite che fu costretta a restare a casa e Jo era così su di giri che moltiplicò rotture, sbagli e incidenti vari. - Se non fosse stato per la mamma non ce l’avrei mai fatta, - avrebbe dichiarato in seguito Amy, ancora piena di riconoscenza, quando “il miglior party della stagione” era già stato dimenticato da tutti. Se il lunedì il tempo non fosse stato bello, l’incontro avrebbe avuto luogo il giorno seguente, un compromesso, questo, che esasperò sia Jo che Hannah. Il lunedì mattina il tempo era in quello stato di instabilità che è più irritante di un bell’acquazzone. Veniva giù qualche goccia, poi si schiariva, cominciava ad alzarsi un filo di vento, si rannuvolava di nuovo, e il bel tempo si decise a venir fuori quando ormai per le invitate era impossibile prendere una decisione. Amy si era alzata all’alba, tirando giù dal letto anche gli altri perché facessero colazione prima del solito, in modo da avere il tempo di riordinare a fondo la casa. Il salotto le sembrò misero e angusto, ma senza fermarsi a sospirare per ciò che non aveva, fece tutto il possibile per dargli un aspetto migliore, impiegando tutta la sua abilità nel disporre le sedie nei punti in cui il tappeto era più consumato, coprendo una macchia di umidità sul muro con un quadro incorniciato d’edera, riempiendo gli angoli vuoti con le sue sculture. La stanza assunse un aspetto artistico valorizzato anche dai bei vasi di fiori freschi disposti da Jo nei punti strategici. Le pietanze della colazione avevano un ottimo aspetto e Amy si augurò che anche il gusto fosse altrettanto e che i bicchieri, le porcellane e l’argenteria presi in prestito tornassero sani e salvi ai legittimi proprietari. Ormai le carrozze non potevano più tardare di molto, Meg e la mamma erano già pronte ad accogliere gli ospiti; Beth dietro le quinte si prodigava per aiutare Hannah negli ultimi preparativi e Jo si sforzava di essere allegra e gentile ma era più distratta del solito: mentre si vestiva, aveva un gran mal di testa e una voglia altrettanto grande di trovar da ridire su tutto e su tutti. Amy, invece, pensava a quanto sarebbe stato bello, una volta finita senza incidenti la colazione, accompagnare le amiche sul fiume per trascorrervi un pomeriggio di artistiche delizie. La gita in carrozza fino al fiume e la vista del vecchio, pittoresco ponte in rovina sarebbero state il clou della giornata. In casa ormai tutto era pronto e ci furono due ore di suspense mentre Amy faceva avanti e indietro tra il salotto e il portico mentre i pareri sulle condizioni atmosferiche cambiavano di minuto in minuto. Verso le undici ci fu un breve rovescio di pioggia che contribuì non poco a raffreddare il già blando entusiasmo delle invitate, attese per mezzogiorno. Alle due la famiglia, esausta, con un sole che splendeva in un cielo senza nubi, si sedette a consumare quelle pietanze che non era possibile conservare fino al giorno dopo. - Oggi il tempo è splendido, verranno certamente, perciò dobbiamo affrettarci e tenerci pronte, - disse Amy la mattina seguente svegliandosi assieme al sole. Parlava allegramente, ma nell’intimo desiderava non aver rinviato al martedì. Anche il suo entusiasmo, come la torta, si era un po’ afflosciato. - Non ho trovato l’aragosta, così dovrai fare a meno del piatto freddo, - annunciò il signor March rientrando una mezz’ora più tardi con aria blandamente sconsolata. - Usiamo il pollo, allora: anche se è un po’ duro, come piatto freddo farà ugualmente la sua bella figura, - suggerì sua moglie. - Impossibile, Hannah lo ha lasciato un attimo sul tavolo della cucina e se lo sono mangiato i gatti. Mi dispiace molto Amy, - disse Beth, sempre pronta a difendere le sue amate bestiole. - In questo caso non posso assolutamente rinunciare all’aragosta, la lingua soltanto non è sufficiente, - ribatté Amy con decisione. - Vuoi che faccia un salto in città a cercarla? - chiese Jo con la generosità di una martire disposta al sacrificio. - No! La porteresti a casa tenendola sottobraccio, senza neanche incartarla solamente per farmi un dispetto! Preferisco andare di persona, - rispose Amy, che cominciava a spazientirsi. Si avvolse una sciarpa intorno alla testa, prese una grossa borsa da viaggio e parti, pensando che una corsa rinfrescante in omnibus le avrebbe fatto bene, prima di affrontare le fatiche della giornata. Dopo una ricerca piuttosto laboriosa riuscì a trovare non solo l’aragosta, ma anche una bottiglia di salsa già pronta che avrebbe fatto risparmiare del tempo prezioso ad Hannah, e prese la via del ritorno, molto soddisfatta dei suoi acquisti. L’omnibus era vuoto, a parte una vecchia signora che dormicchiava in un angolo: Amy si tolse la sciarpa e, per ingannare la noia del viaggio, cercò di fare un po’ di conti per controllare dove fosse finito tutto il denaro speso negli ultimi giorni. Era così assorta sul foglio pieno di somme che non volevano saperne di tornare da non accorgersi che un nuovo passeggero era salito a bordo senza che la vettura fosse ancora ferma. Si riscosse solo quando una voce virile la salutò. - Buongiorno, signorina March. Amy alzò la testa e riconobbe uno dei più affascinanti compagni di università di Laurie. Un attimo di imbarazzo, poi, con grande presenza di spirito finse di ignorare la borsa che aveva ai suoi piedi e rispose con la consueta grazia, pensando alla fortuna di aver messo l’abito nuovo proprio quella mattina. La conversazione filava a meraviglia e Amy si sentiva tranquilla perché il ragazzo le aveva detto che sarebbe sceso prima di lei. Stava parlando del più e del meno con l’abituale disinvoltura quando la vecchia signora si alzò, avviandosi verso l’uscita, inciampò nella borsa... e, orrore... la borsa si rovesciò e l’aragosta, bella grossa, di un bel color arancione, fu sotto il nobile naso di un Tudor. - Per Giove, - esclamò, - quella vecchietta ha dimenticato il suo pranzo! Con la punta del bastone respinse il mostro arancione nella borsa e afferrò quest’ultima per il manico, con l’intenzione di restituirla a quella che credeva la legittima proprietaria e che stava per scendere dall’omnibus. - No, guardi che è mia, - mormorò Amy, arrossendo così tanto da far concorrenza al crostaceo. - Oh, davvero? E’ una splendida aragosta non c’è che dire. Chiedo scusa per l’errore, - rispose il giovanotto con una presenza di spirito che faceva onore al suo tatto e alla sua educazione. Amy si era ripresa in un batter d’occhio. Posò la borsa accanto a sé, sul sedile e disse, ridendo: - Le piacerebbe assaggiare un po’ di questa aragosta e conoscere le graziose signorine che verranno a mangiarla a casa mia? Una mossa magistrale, la sua, perché faceva appello a due grandi debolezze maschili, una mossa che testimoniava un acume eccezionale per una ragazza della sua età. Grazie a quella felice uscita l’aragosta si circondò subito di piacevoli immagini e la curiosità di sapere qualcosa sulle graziose signorine deviò l’attenzione del giovane da quello che era il lato comico dell’incidente. “Naturalmente andrà a soffiare tutto a Laurie e si faranno un sacco di risate, ma io non li vedrò e tanto mi basta”, pensò Amy quando il giovane si alzò per salutarla e scendere. A casa però non parlò dell’incidente anche se non tardò ad accorgersi che, purtroppo, aveva lasciato delle tracce: quando la borsa si era rovesciata, infatti la bottiglia aveva perso il tappo e un rivoletto di salsa si era riversato sul vestito nuovo. Pazienza, ora c’era ben altro da fare che smacchiarlo, con gli ultimi preparativi da portare a termine, i più delicati. A mezzogiorno tutto era pronto. Amy pensava che ai vicini non fosse sfuggito il fiasco del giorno prima e volle riscattarsi salendo in carrozza proprio davanti al cancello, con la stessa cerimoniosità con cui andò incontro alle ospiti. - Sento dei rumori, arrivano! Scendo nel portico a riceverle, - disse una ventina di minuti più tardi la signora March che stava in ascolto. - E’ una gentilezza nei loro riguardi e Amy, poverina, dopo tante fatiche, merita questo e altro. Uscì nel portico, ma, dopo aver dato una rapida occhiata, rientrò precipitosamente con una strana espressione sul viso: sperdute nella grande carrozza, c’erano solo Amy e una ragazza sconosciuta! - Corri Beth, aiuta Hannah a sparecchiare! Sarebbe assurdo far trovare dodici coperti quando c’è un’invitata soltanto! - gridò Jo, precipitandosi giù per le scale, troppo agitata anche solo per farsi una risata. Amy entrò, calmissima, e fu straordinariamente cordiale, con l’unica ospite che aveva mantenuto la promessa; gli altri componenti della famiglia recitarono la loro parte da attori consumati. La signorina Elliot giudicò tutti molto simpatici e pieni di spirito e non notò gli sforzi che tutti facevano per trattenere le risa. Ridimensionata l’importanza del pranzo, visitati lo studio e il giardino, discusso con entusiasmo di arte, Amy ordinò un carrozzino e con quello portò l’amica in giro per i dintorni fino al tramonto quando l’allegra compagnia si sciolse. Tornata a casa a piedi, stanca ma come sempre composta, disinvolta e inappuntabile, Amy notò che ogni traccia del disgraziato banchetto era scomparsa, a parte un sospettoso tic ai lati della bocca di Jo. - Un gran bel pomeriggio, per una passeggiata in carrozza, - commentò la mamma, serena come se tutte e dodici le invitate fossero state presenti alla festa. - La signorina Elliot è una ragazza molto simpatica e mi pare che si sia abbastanza divertita, - aggiunse Beth con insolita vivacità. - Potrei portare via un po’ di torta? Mi tornerebbe utile: domani aspetto visite e io non valgo gran che, come pasticcera, - disse Meg tutta seria. - Te la puoi prendere pure tutta, - rispose Amy, pensando con un sospiro a tutto quel lavoro fatto per niente. - Qui i dolci non piacciono a nessuno e da sola non riuscirei mai a finirla. Andrebbe a male. E sospirò pensando agli sforzi che aveva fatto per ottenere un simile risultato. - E’ un peccato che non ci sia qui Laurie a darci una mano! - esclamò Jo quando, per la quarta volta in due giorni tornarono in tavola l’insalata d’aragosta e il gelato. Un’occhiata di sua madre la zitti e tutti mangiarono in eroico silenzio fino a quando il signor March osservò, con la solita mitezza: - L’insalata di aragosta era un piatto già celebre nell’antichità, tanto che Evelyn’... E qui una fragorosa risata generale troncò quell’excursus storico sulle insalate, con gran sorpresa del colto gentiluomo. - Mettiamo gli avanzi in un cesto e mandiamoli agli Hummel, - propose Amy asciugandosi gli occhi dal troppo ridere. - Ai tedeschi piace questo tipo di cose e io non ne posso proprio più di vedermele nel piatto. Non mi pare giusto che tutti ci si debba rovinare lo stomaco solo perché sono stata una stupida. - Sono quasi morta dal ridere quando ho visto voi due sbatacchiate dentro quella specie di coso come due pisellini in un baccello... e mamma che aspettava nel portico come se dovesse ricevere chissà quante persone! - sospirò Jo riprendendo fiato dopo aver riso come una pazza. - Mi dispiace che tu sia rimasta delusa, bambina mia, ma noi abbiamo fatto il possibile per accontentarti, - disse la signora March in tono di materna comprensione. La voce di Amy tremava un po’ quando rispose: - Ma sono io a dover essere contenta mamma! Ho fatto quello che volevo e non è colpa mia se non è andata bene. Vi sono molto grata dell’aiuto che mi avete dato e lo sarò ancora di più se, per un mese almeno, nessuno parlerà di questa storia. Nessuno ne parlò infatti, e non per un mese soltanto. Ma la parola “party” suscitava sempre sorrisini generali e, per il compleanno Laurie regalò ad Amy un grazioso ciondolino di corallo a forma d’aragosta da portare appeso alla catenella dell’orologio.
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