CAPITOLO UNO

784 Words
CAPITOLO UNO Thorgrin si trovava a prua della velocissima nave, aggrappato al parapetto, con i capelli spinti indietro dal vento, e guardava l’orizzonte con una crescente brutta sensazione. La nave rubata ai pirati stava navigando rapidamente spinta dal vento con Elden, O’Connor, Mati, Reece, Indra e Selese che lavoravano alle vele. Angel era al suo fianco e Thor, per quanto fosse soddisfatto, sapeva che non potevano procedere più velocemente di così. Però avrebbe voluto poterlo fare. Dopo tutto quel tempo finalmente si sentiva certo che Guwayne si trovasse là davanti, proprio oltre l’orizzonte, sull’Isola della Luce. E con uguale sicurezza sentiva che era in pericolo. Thor non capiva come potesse essere così. Dopotutto l’ultima volta che li aveva lasciati Guwayne si trovava in salvo sull’Isola della Luce, sotto la protezione di Ragon, uno stregone potente quanto suo fratello. Argon era lo stregone più potente che Thorgrin avesse mai conosciuto, aveva persino protetto l’intero Anello, e Thor non capiva quale danno potesse accorrere a Guwayne mentre si trovava sotto la protezione di Ragon. A meno che non ci fosse qualche potere là fuori di cui Thor non aveva mai sentito parlare, il potere di uno stregone oscuro alla pari di quello di Ragon. Poteva esistere qualche regno, qualche forza oscura, qualche stregone malvagio di cui lui non sapesse nulla? Ma perché avrebbe dovuto accanirsi su suo figlio? Thor ripensò al giorno in cui era fuggito dall’Isola della Luce così di fretta, sotto l’incantesimo del suo sogno, indotto così a lasciare quel posto allo spuntare dell’alba. Ripensandoci si rendeva conto di essere stato ingannato da qualche forza oscura che cercava di allontanarlo dal suo figlio. Era solo grazie a Licople, che ancora volava sopra la loro nave ruggendo, scomparendo all’orizzonte e poi tornando indietro, che aveva deciso di fare ritorno all’Isola, finalmente diretto dalla giusta parte. Thor si rendeva conto che i segni si erano trovati per tutto il tempo davanti ai suoi occhi. Come aveva fatto a ignorarli? Quale forza oscura lo stava fuorviando? Thor ripensò al prezzo che aveva dovuto pagare: i demoni dall’inferno, la maledizione del signore oscuro scagliata sulla testa di ciascuno di loro. Sapeva che molte altre maledizioni, molte altre prove si trovavano davanti a lui e aveva la certezza che questa fosse una di quelle. Quali altre prove avrebbe dovuto affrontare? Avrebbe mai riavuto indietro suo figlio? “Non preoccuparti,” gli disse una voce dolce. Thor si voltò e abbassando lo sguardo vide Angel che gli tirava la camicia. “Andrà tutto bene,” aggiunse con un sorriso. Thor le sorrise e le pose una mano sulla testa, rassicurato come sempre dalla sua presenza. Era arrivato ad amare Angel come se fosse una sua figlia, la figlia che non aveva mai avuto. Era rassicurato dalla sua presenza. “E se non sarà così,” aggiunse sorridendo, “mi prenderò io cura di loro!” Sollevò fieramente il piccolo arco che O’Connor aveva intagliato per lei e fece vedere a Thor come era capace di sistemare la freccia. Thor sorrise divertito mentre lei avvicinava l’arco al petto e vi metteva goffamente una piccola freccia di legno iniziando poi a tirare l’elastico. Lasciò andare e la piccola freccia volò fuoribordo verso l’oceano. “Ho ucciso un pesce?!” chiese eccitata correndo lungo il parapetto e guardando il mare con gioia. Thor rimase al suo posto scrutando le acque spumose del mare, incerto. Ma continuò a sorridere. “Ne sono certo,” le disse con tono rassicurante. “Forse addirittura uno squalo.” Thor udì un ruggito in lontananza e fu subito di nuovo all’erta. Tutto il corpo gli si irrigidì mentre stringeva l’elsa della spada e guardava verso l’acqua scrutando l’orizzonte. Le fitte nuvole grigie poco alla volta si diradarono e così facendo rivelarono una vista che gli fece fremere il cuore: in lontananza c’erano pennacchi di fumo nero che si levavano verso il cielo. Man mano che le nuvole si aprivano Thor poté vedere che il fumo saliva da un’isola. Ma non si trattava di un’isola qualsiasi: era un’isola dalle ripide scogliere, scogliere che si stagliavano contro il cielo e con un ampio altopiano al di sopra. Un’isola che non avrebbe mai potuto confondere con nessun’altra. L’Isola della Luce. Thor provò un dolore al petto vedendo il cielo oscurato da creature malvage: sembravano dei gargoyle che volavano in cerchio attorno a ciò che restava dell’isola, come avvoltoi che riempivano l’aria gracchiando. Ce n’era un esercito e sotto di loro l’isola intera era in fiamme. Non c’era un solo angolo rimasto indenne. “PIÙ VELOCE!” gridò Thor contro il vento, sapendo che era tutto inutile. Era la sensazione di maggiore inutilità che mai avesse provato in vita sua. Ma non c’era effettivamente niente di più che potesse fare. Guardò le fiamme, il fumo, i mostri che se ne andavano, udì Licople ringhiare sopra di lui e capì che era troppo tardi. Niente poteva essere sopravvissuto. Tutto ciò che si fosse trovato sull’isola –Ragon, Guwayne, qualsiasi cosa – era ora sicuramente morto. “NO!” gridò Thor maledicendo il cielo mentre l’oceano gli spruzzava il viso e lo portava, troppo tardi, verso quell’isola di morte.
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