IL SALVAVITA
(Roma, dicembre 1979 – Clinica Immacolata Concezione – Via Pompeo Magno, 18 – stanza 316)
«Ricapitoliamo, signora Liverani: lei era sola in casa e stava facendo il bagno…»
«Sì. Ogni venerdì faccio il bagno completo. È un’abitudine che ho preso quando ero in collegio: una volta a settimana il lavaggio dei piedi e ogni due settimane il bagno intero, diceva il regolamento… Ma era tanti anni fa! Io l’ho riadattato.»
«Quindi era nella vasca?»
«Certo. Detesto la doccia. I capelli me li lava il parrucchiere.»
«D’accordo. E… cosa è successo?»
«Commissario, mi scusi, debbo pregarla di non affaticare la signora. Ha una fibra molto forte, ma alla sua età l’intervento di riduzione della frattura dell’omero è comunque una cosa seria.»
«Va bene, dottore. Cercherò di essere breve. Allora, signora, lei era nella vasca e…»
«A un certo punto è entrato un uomo con il volto coperto da un passamontagna e da un paio di occhiali scuri… Ho creduto mi prendesse un infarto! Ho sentito il cuore balzarmi in gola! Mi mancava il respiro! Oddiomio! Dio mio!»
«Si calmi, signora, ormai è tutto superato. Commissario, la prego…»
«Ho quasi finito, dottore.»
«Scusatemi, ma quando ripenso a quel figuro orribile!»
«Era un uomo, perciò?»
«Beh, sì. Indossava il passamontagna, gli occhiali e una tuta… ma sono certa fosse un uomo!»
«Ovviamente non l’ha riconosciuto per qualcuno di sua conoscenza…»
«No. Bardato com’era, poteva essere chiunque!»
«La voce?»
«Non ha detto una parola. È entrato all’improvviso con un asciugacapelli in mano, lo ha attaccato alla presa, lo ha acceso e lo ha gettato nella vasca. Allora è saltata la corrente e non l’ho visto più. Di certo è fuggito.»
«Lei cosa ha fatto?»
«Tremavo come una foglia! Ci ho messo un po’ a capire che non ero morta! Ho sempre avuto paura dell’elettricità e così recentemente ho fatto installare un apparecchio chiamato salvavita! Ha funzionato, ringraziando Iddio!»
«Quanto tempo fa lo ha fatto installare?»
«Oh, neanche due settimane. Devo avere ancora la ricevuta dell’elettricista a casa. Sono stata fortunata… graziata, direi! È stato terribile! Terribile!»
«Commissario…»
«Ancora un minuto e vado via, dottore. Perciò, signora, quello s’è allontanato appena sono saltate le valvole.»
«Penso di sì. Era tutto buio. Sono rimasta un po’ pietrificata nella vasca, poi mi sono tirata su e… sono scivolata, rompendomi il braccio.»
«Poi, però, ha chiamato la polizia.»
«Mi sono fatta forza. Dovevo fare qualcosa… Anche con la paura che quello mi aspettasse al varco, dovevo fare qualcosa. Ho raggiunto il telefono e ho chiamato. Per fortuna 113 si compone facilmente anche alla cieca!»
«Adesso, commissario, direi possa bastare…»
«La prego, dottore, è importante. Signora, lei… ha gridato?»
«Altroché! Credo di aver chiesto aiuto. Strillavo come una pazza! La voce usciva da sola. Neanche saprei riferirle cosa ho detto…»
«Vabbè, non è importante. Adesso, invece, cerchi di ricordare: l’uomo è entrato con il phon in mano, ha infilato la spina nella presa e lo ha buttato nella vasca…»
«Gliel’ho detto, è andata così.»
«E non ha proprio notato altro? Per esempio: non le è sembrato che conoscesse l’ambiente? Si è diretto subito alla presa o, come dire, ha dovuto cercarla?»
«Ah, proprio non saprei dirglielo. Ero terrorizzata. È avvenuto tutto nel giro di secondi…»
«La signora deve riposare, commissario.»
«Certo. Però… insomma, tra il momento che è entrato e quello in cui ha fatto cadere il phon nella vasca, lei proprio non ha notato niente di quell’uomo? Che ne so, un particolare delle mani…»
«Aveva i guanti! Questo lo ricordo: aveva i guanti!»
«Bene. Nient’altro? Il modo di camminare, o la mano che ha usato per infilare la spina… Lo ha fatto con la destra o con la sinistra? Cercare un mancino potrebbe restringere parecchio il campo…»
«Non ci ho fatto caso. Però… ecco, forse… sì: teneva l’asciugacapelli con la sinistra e la spina nella destra; lo rammento perché una frazione di secondo prima di attaccare la spina e buttare il phon nella vasca, si è dato due o tre colpetti sul petto, qui all’altezza del cuore, con la mano con cui teneva la spina, quindi con la destra.»
«Colpetti sul petto! E poi ha attaccato la spina?»
«Sì. E se ne è andata la luce. Ma che importanza può avere?»
«Cara signora, ancora non so di preciso. Devo radunare ogni indizio. È chiaro che volesse ucciderla e far passare la cosa per un incidente. Il motivo dobbiamo scoprirlo, ma certo non è stato il furto: in casa sua non manca nulla. E poi c’è un’altra cosa su cui, come si dice, non ci piove: conosceva le sue abitudini, sapeva che lei fa il bagno tutti i venerdì e sulla base di questo ha architettato il piano. Uno sconosciuto non si introduce in casa altrui per rubare o uccidere su commissione armato di phon! Poteva portarsi un coltello, una pistola, un bastone, qualsiasi altra cosa sia o possa fungere da arma. Ma un apparecchio elettrico può trasformarsi in arma solo a determinate condizioni. In questo caso, la condizione era il fatto che lei stesse immersa nell’acqua.»
«Ha ragione!»
«Sia gentile, commissario, la lasci riposare.»
«E c’è un’altra cosa: abbiamo appurato che l’uomo è entrato usando probabilmente la copia delle sue chiavi sottratte al portinaio. Quel vecchio ubriacone non se le ritrova e non ricorda chi possa avergliele soffiate. Chi sa che il portinaio aveva copia delle chiavi?»
«Uuh, che ne so! Di sicuro i miei parenti, i vicini e, siamo obbiettivi, praticamente tutti quelli a cui il portiere potrebbe averlo detto!»
«Però non tutti questi possono sapere che lei fa il bagno al venerdì.»
«È vero!»
«Perciò se mettiamo insieme le due variabili, chiavi e bagno settimanale, chi potrebbe essere a conoscenza di entrambe le cose?»
«Le mie cognate, i nipoti… qualche vecchia amica, per quanto non ne restino tante! Sa com’è, alla mia età le bombe cascano sempre più vicine!»
«Adesso mi perdoni una domanda brutale: lei è ricca?»
«Sto più che bene. Il mio povero marito era un costruttore affermato.»
«E, scusi ancora, ha già pensato a fare testamento?»
«Sì. È depositato presso il notaio Borromeo. Ho diviso le sostanze fra i parenti e ho pensato pure alla parrocchia e alla signora Rosina, la domestica che mi pulisce casa tre volte a settimana. La cara Rosina non sa niente: i soldi le arriveranno come una grazia dal cielo e con lei sono sicura di poter contare su qualche sincera prece per la mia anima!»
«Invece i suoi parenti sarebbero i nipoti e…»
«Due nipoti, due cognate, vedove pure loro, e mio fratello Erminio che vive a Firenze.»
«Quanto ha previsto di lasciare pressappoco a ciascuno di loro?»
«Commissario, non penserà che i miei cari possano…»
«Non lo penso, signora, ma devo poterlo escludere, perciò mi sarebbe utile sapere quanto spetta a ciascuno secondo le sue disposizioni.»
«A mio fratello andranno trenta milioni. Cinquanta a ciascuno dei miei nipoti, che erediteranno pure due appartamenti di valore pressoché identico. Alle cognate andranno venticinque milioni a testa. Dieci milioni li ho lasciati alla parrocchia e altrettanti alla signora Rosina.»
«Complimenti, signora, lei ha una memoria prodigiosa!»
«Ero io che tenevo la contabilità per il mio defunto marito.»
«Va bene, adesso riposi, sennò il dottore qui mi fa portare via con la camicia di forza!»
«È solo per il bene della signora.»
«Commissario, aspetti…»
«Signora?»
«Insomma… è chiaro che sono, come dire, in pericolo e lo confesso: ho paura!»
«Non si preoccupi. Lascio un agente a sorvegliare la sua stanza. Pensi a guarire. Forse domani verrò a chiederle qualche altra cosa. Col permesso del dottore, naturalmente.»
«Naturalmente.»
(Questura di Roma. Squadra Mobile – Sezione Omicidi)
«Commissario Soccodato, c’è il signor Calarco, l’elettricista.»
«Buongiorno, commissario.»
«Si accomodi, signor Calarco. L’ho convocata perché risulta che lei abbia installato un apparecchio chiamato salvavita in casa della signora Giulia Liverani a Via Catania.»
«È così. A proposito, come sta la signora?»
«Bene, tutto sommato. Spaventata, dolorante, ma poteva andarle molto peggio!»
«Ah, sì. È stata davvero fortunata quella vecchietta! Primo, perché ha voluto mettere il salvavita, poi perché quello che la voleva morta ha voluto strafare e s’è fregato con le mani sue!»
«Cosa intende?»
«Le spiego. Il salvavita, che tecnicamente si chiama interruttore differenziale magnetotermico, è un dispositivo fatto per staccare immediatamente la corrente in caso di cortocircuiti, sovraccarichi o contatti con elementi in tensione che potrebbero portare a folgorazioni anche mortali.»
«Sì, pressappoco lo sapevo.»
«È uno strumento che riduce significativamente i rischi, ma in verità tutto dipende dalle modalità dell’incidente.»
«Cioè?»
«Intendo dire che un corpo immerso in acqua si trova nella situazione più pericolosa! Il salvavita, nel caso della signora, avrebbe interrotto la corrente nell’istante in cui il phon entrava in contatto con l’acqua, ma quasi certamente una pur brevissima scossa poteva arrivare alla persona che, tra l’altro, è anziana e quindi più a rischio!»
«Però la signora s’è salvata…»
«Appunto perché, come dicevo, il mascalzone ha voluto strafare. Il suo collega, poco fa, mi ha fatto vedere il phon incriminato. Il delinquente aveva scoperto i fili togliendo una piccola porzione del rivestimento del cavo di alimentazione. Pensava di rendere più micidiale l’arma, invece ha ottenuto l’effetto contrario: il phon è andato in corto appena lo ha acceso e ha fatto scattare il salvavita, così quando ha toccato l’acqua la corrente era già interrotta! Ovviamente tutto è avvenuto in decimi di secondo e né lui né la vittima se ne sono resi conto.»
«Davvero una bella fortuna per la signora!»
«Quella l’ha protetta Santa Rita!»
«La ringrazio molto, signor Calarco.»
«Dovere. Ad ogni modo, quanto le ho detto glielo può confermare qualsiasi tecnico.»
«Mi basta lei. Grazie ancora.»
* * *
«Cipriani!»
«Comandi, capo!»
«Le dispiace se facciamo il punto insieme sul caso Liverani?»
«Ah, sì, la vecchietta fortunata. Ho fatto esaminare il phon all’elettricista che…»
«Ci ho parlato adesso. Fortunata al quadrato, la vecchia!»
«Già.»
«Ho parlato con la signora e ho saputo che è ricca, che ha già fatto testamento e se morisse un bel gruzzolo in denaro e beni immobili andrebbe ai nipoti, alle cognate, a un fratello che vive a Firenze; e c’è pure qualcosa per la parrocchia e per la domestica che le spiccia casa.»
«Insomma, avvoltoi non mancano!»
«Io sono arciconvinto che chi ha provato ad ammazzarla sia uno dei parenti. Sanno che la vegliarda c’ha i soldi e probabilmente sono a conoscenza del testamento; sanno che fa il bagno tutti i venerdì pomeriggio e che il duplicato delle sue chiavi ce l’ha il portiere. Un burinozzo mezzo brillo a cui non deve essere stato difficile sottrarle.»
«Concordo con lei.»
«Se diamo per buono quello che racconta la signora, poi, il mascalzone era un uomo. Ciò esclude le cognate. Restano i nipoti e il fratello, anche se quest’ultimo è stato rintracciato poche ore dopo i fatti a Firenze dove risiede e da dove assicura di non essersi allontanato.»
«Allora rimangono i nipoti.»
«Esatto. Bussa li ha interrogati entrambi e naturalmente hanno un alibi. Uno, dirigente alla Philips, dice che venerdì è stato in ufficio fino alle 20; l’altro, giornalista, ha detto che è stato al cinema a vedere Alien, lo ha raccontato per filo e per segno e ha pure mostrato il biglietto del cinema che gli era rimasto in tasca.»
«Vabbè, è relativo: un biglietto al cinema si può comprare, entrare in sala pochi minuti e riuscire o non entrare proprio. Magari il film l’aveva già visto…»
«Questo è vero, com’è pure vero che un dirigente può entrare e uscire da un’azienda senza timbrare cartellini. Uno dei due mente.»
«Uno… o tutti e due. Sono fratelli, magari si coprono.»
«Bisogna indagare sulla loro vita: scoprire debolezze, magagne, amanti, vizi…»
«Me ne occupo io.»
«E poi… devo venire a capo di una cosa che mi tormenta!»
«Cosa?»
«Mi segua: il bastardo decide di ammazzare la vecchia simulando l’incidente del phon che cade nella vasca. Esegue il piano a puntino ma fa i conti senza l’oste: la vecchietta ha paura dell’elettricità e ha fatto installare un salvavita. Lui getta il phon nella vasca ma il dispositivo è scattato e perciò niente scossa per la signora Giulia! La luce se ne va e la donna, me lo ha detto lei, si mette a strillare… Ecco il punto: lui, adesso, dovrebbe capire che non è morta folgorata. Perché scappa e non tenta di farla fuori in un altro modo? Anche al buio, poteva affogarla nella vasca, sbatterla contro il lavabo… pure così sarebbe sembrato un incidente!»
«È vero. È stato un comportamento illogico. Ha lasciato viva una persona che avrebbe pure potuto riconoscerlo. Magari si è lasciato prendere dal panico…»
(Abitazione del Dr. Enrico Liverani – Viale Gorizia, 24/b)
«Allora, commissario, come si suol dire, eccoci qui riuniti! C’è mio fratello Maurizio, le presento nostra madre, Livia Fascella vedova Liverani e nostra zia Angela Cerchi, pure lei vedova Liverani, lo zio Erminio venuto da Firenze… Non mi dilungo sulle attività di ciascuno perché mi consta che abbiate scrupolosamente indagato.»
«È nostro dovere.»
«E vi fa onore. A maggior ragione, perciò, avrà avuto modo di appurare che tutti noi godiamo di ottime posizioni professionali e di situazioni economiche assolutamente solide.»
«È così.»
«Allora, facendomi portavoce dei miei parenti qui convenuti, gradirei ci spiegasse perché insiste, non lo neghi, a cercare tra noi colui che ha attentato alla vita di nostra zia?»
«Beh… non posso negarlo perché, evidentemente, anche lei ha fatto indagini sulle nostre indagini, perdoni il gioco di parole! Vi spiegherò le ragioni della mia insistenza…»
«Vivaddio!»
«Da subito un particolare mi ha indotto a puntare la lente sulla famiglia della signora Giulia, un dettaglio fornito dalla signora medesima: il fatto che lei puntualmente prende il suo bagno settimanale il venerdì pomeriggio. La signora, ne converrete, è persona di ottima estrazione sociale, è stata educata in un collegio religioso, è stata moglie di un noto imprenditore edile… insomma, non è tipo che vada in giro a raccontare quando fa il bagno! Si tratta di un aspetto intimo che una persona del suo stampo non rivelerebbe ad altri se non ai propri congiunti…»
«Sarà anche così, ma è un indizio un po’ deboluccio, non trova? Una confidenza sia pur sconveniente può sfuggire… Gli stessi vicini di casa, senza voler accusare nessuno, potrebbero aver notato che la zia riempie la vasca tutti i venerdì pressappoco alla stessa ora!»
«Questo è vero, però i vicini o ammettiamo pure qualcun altro a cui la signora possa aver rivelato i suoi usi, che ne ricaverebbero dalla sua morte? Sono stato a casa di vostra zia. È arredata con gusto, ci sono tutti i comfort, ma in uno stile alquanto sobrio: niente quadri d’autore, niente suppellettili pregiate e, soprattutto, niente valori. La signora Giulia tiene in banca denaro, gioielli… in casa c’è solo il necessario. In un cassetto ho trovato 400.000 lire, un portagioie con un orologio di medio valore, due anelli e una collana di perle coltivate. In totale, a occhio e croce, non arriviamo al milione! No, scusate la franchezza, ma chi la voleva morta puntava all’eredità…»
«Quindi ha pensato a noi. Ma lei sa che la zia aveva previsto un sostanzioso lascito per la donna delle pulizie?»
«Io lo so. Ma la signora Rosina no. Me lo ha detto vostra zia: i soldi che un giorno riceverà la domestica le arriveranno come un’inattesa sorpresa. Un modo per assicurarsi “qualche preghiera sincera per la propria anima”, ha aggiunto.»
«Senta, commissario, le indagini che lei ci sta illustrando e anche alcuni tratti un po’ stravaganti del carattere di mia cognata sono senz’altro interessanti, però mi sembrano basi un po’ traballanti per un’accusa! E poi chi intende accusare? Uno di noi o magari tutti, in combutta come gli omicidi di Assassinio sull’Orient-Express?»
«Ma come te n’esci, Angela! Sappiamo bene che l’omicida era solo!»
«Mia cognata ha ragione, dottore, quello era solo. Mia sorella l’ha detto subito!»
«Certo, l’attentatore era solo. Però… l’idea della signora Cerchi potrebbe pure avere un fondamento! Magari non è andata proprio come nel giallo di Agatha Christie, lì ciascuno ha sferrato la sua coltellata alla vittima…»
«E allora, commissario, finiamola una buona volta di giocare! A buttare quel maledetto phon nella vasca è stato uno solo, vorrebbe forse insinuare che abbia fatto il lavoro per conto di tutti? Ma non le sembra di esagerare?! Oltre che di abusare della nostra pazienza?!»
«Forse avete ragione, ci stiamo di dilungando. Non so se l’idea dell’omicidio sia stata di uno, di due o di tutti. So per certo, però, che in un modo o nell’altro nessuno di voi disdegnerebbe un’iniezione di conquibus! Il dottor Liverani, comincio dal padrone di casa, ricopre un alto incarico alla Philips, ma parecchie delle sue trasferte non sono dirette alle filiali dell’azienda bensì a noti casinò: Venezia, Montecarlo, Parigi… Anche il fratello Maurizio non avrebbe problemi economici, se non guardasse con troppo interesse alle giovani donzelle attratte dal fascino hollywoodiano del cronista! Purtroppo tante femminucce hanno il vizio di uscirsene, magari nel bel mezzo di una romantica cenetta, con l’inopportuna frase “o io o tua moglie” e per distrarle ci vogliono un sacco di soldi. La signora Livia, invece, ha la mania dei preziosi e…»
«Basta così! Ha svelato i nostri altarini! Bravo, un bell’applauso! Ma il gioco, le donne, i gioielli e tutto il resto non significano niente! Per accusare qualcuno di tentato omicidio ci vogliono o le prove o una confessione. Mi sembra che lei non abbia né le une né l’altra!»
«Ha ragione, signor Liverani…»
«Dottor Liverani, prego!»
«Oh, certo, mi scusi! Ha ragione, dicevo. Prove non ne ho, ma la confessione… può darsi che in questo momento i miei colleghi in questura la stiano verbalizzando.»
«Ah, ma lei è un fenomeno! Ci riunisce, ci accusa, poi dice che qualcuno starebbe confessando in questura! Allora ammette che non c’entriamo!»
«Materialmente, infatti, non c’entrate. Nessuno di voi s’è introdotto nel bagno della signora Giulia e ha tentato di ammazzarla…»
«Ooh, grazie a Dio! Almeno questo…»
«Nessuno di voi ha avuto il coraggio di agire in prima persona ma ha pensato bene di servirsi di un estraneo, un poveraccio devastato dall’alcool che per questo vizio sta anche per perdere il posto…»
«Chi sarebbe? Un altro personaggio del giallo che sta inventando?!»
«Nessuna invenzione. Parlo del signor Giuseppe Rolli, il portinaio di Via Catania. I miei uomini sono andati ad arrestarlo mentre io venivo qui.»
«Allora il colpevole è lui! Ha finto la sparizione delle chiavi…»
«È colpevole, ma ha agito per conto terzi! Contrariamente alle raccomandazioni che gli devono esser state fatte, infatti, il sempliciotto non se l’è sentita di tenersi a casa i dieci milioni ricevuti per sbrigare la faccenda con i poliziotti che andavano e venivano nel palazzo. L’altro ieri ha preso i soldi e li ha portati in banca. La banca più vicina a casa, per altro!»
«E che vuol dire? Aveva dieci milioni e li ha depositati. Mica c’è scritto sopra chi glieli ha dati!»
«Ovvio. Però è quantomeno strano che dal conto a disposizione del consiglio di amministrazione della Philips, di cui il dottor Liverani è membro, dieci giorni or sono siano stati prelevati da lui proprio dieci milioni. Ma comunque, statene certi, il signor Rolli dirà tutto. Il magistrato gli proporrà una forte riduzione della pena se indicherà i mandanti. Nelle sue condizioni, poi, potrebbe pure ottenere una perizia neuropsichiatrica favorevole…»
«Lei come è arrivato a sospettare del portiere?»
«È stata sempre la cara signora Giulia a indirizzarmi, sapete? S’è ricordata che l’uomo mascherato prima di buttare il phon nella vasca si era dato dei colpetti sul petto con la mano…»
«Colpetti sul petto?»
«Esatto. Sarò scontato, ma a questo punto ci sta tutto il proverbio che dice il diavolo fa le pentole ma non i coperchi! Il signor Rolli è completamente sordo e usa un apparecchio acustico transistorizzato tascabile, l’avevo notato quando l’ho conosciuto ma solo dopo ho collegato la faccenda. Si porta nel taschino della giacca o della camicia e ci si attacca un auricolare che va all’orecchio. È un modello obsoleto, ma è quello che può permettersi… Evidentemente, quando si è recato a casa della signora per eseguire il delitto commissionatogli, le pile si sono scaricate e lui, istintivamente, ha dato dei colpetti sull’apparecchio sperando tornasse a funzionare. Ma non è ripartito. Così ha fatto ciò che doveva fare: ha inserito la spina nella presa e ha gettato il phon nella vasca. Aveva scoperto i fili del cavo di alimentazione con l’idea di aumentare l’efficacia dell’arma impropria ma invece così l’ha mandata subito in cortocircuito e il salvavita, di cui nessuno sapeva perché fatto installare da poco, ha interrotto la corrente frazioni di secondo prima che il phon toccasse l’acqua. La vecchietta non è morta e s’è messa a strillare ma… Rolli non poteva sentirla! La scintilla e il buio secondo lui erano la prova che il piano fosse andato a segno e così è scappato. Tra l’altro, la mattina seguente è andato al Centro Acustico di Via XX Settembre, l’unico che venda ancora le batterie per il suo apparecchio. Un commesso lo ha confermato.»
«Quante parole!»
«Ha ragione, signora. Tagliamo. Dottor Liverani, posso telefonare in questura? Così potrò togliere il disturbo e soprattutto sapere se potremo andare con un’auto sola o ce ne vorranno due.»
«Chiami pure.»
«Commissario, per la macchina non si preoccupi, basterà quella con cui è venuto. Mi dia solo il tempo di mettermi il cappotto.»
«Mamma!»
«Enrico, ti avevo chiesto quei dieci milioni per l’acquisto di due rari diamanti indiani… adesso sai per cosa realmente mi servivano.»