UNA BRAVA PERSONA

2101 Words
Quando ricevette la chiamata del figlio, l'ex moglie del professor Rossi, Maria, stava ancora giocando a carte. Le mancava solo una carta per chiudere la partita. "Maria, ti sta squillando il telefono." Maria guardò lo schermo e vide che era suo figlio. Che problema poteva avere? Rispose con noncuranza: "Non importa, gioca pure, tocca a te." "Re di cuori." Maria esultò: "Ho vinto, ho vinto!" Prese le carte con un grande sorriso: "Guardate che fortuna che ho!" Il telefono squillò di nuovo. Era ancora suo figlio. In quel momento Maria capì che qualcosa non andava. Suo figlio, che viveva con il padre, di solito la evitava. Non sopportava il suo carattere difficile e raramente la chiamava. Ora la stava chiamando due volte di fila? Solo allora decise di rispondere. "Che c'è? La mamma era occupata prima e non ha sentito il telefono." "Mamma, papà non è ancora tornato." "Se non torna, non importa. Non è mica un bambino, avrà sicuramente qualcosa da fare. Non è sempre impegnato a scuola?" "Ma sono già le undici. Sono andato a scuola a cercarlo, non c'era nessuno. Mamma, puoi venire a casa?" "Arrivo subito." Nonostante ciò, Maria esitava. Era davvero fortunata e non aveva molta voglia di andarsene. Dall'altra parte, suo figlio continuava con voce preoccupata: "Per favore, vieni presto. Ho paura che sia successo qualcosa..." Maria sospirò: "Va bene, ma devi dare alla mamma il tempo di prendere l'autobus." Maria chiuse la chiamata, decidendo che avrebbe finito la partita prima di andare a vedere cosa stesse succedendo. Aveva sempre avuto una buona opinione del suo ex marito. Prima di stare insieme, quell'uomo era incredibilmente gentile: non si arrabbiava mai, e affrontava tutto con calma e pazienza. A quel tempo, suo padre, che la picchiava e insultava costantemente, l'aveva portata a giurare che non avrebbe mai sposato un uomo violento come lui. Così aveva scelto suo marito. Dopo il matrimonio, le cose sembravano andare bene. Entrambi avevano un lavoro, e quando lei si arrabbiava, lui rimaneva in silenzio, aspettando pazientemente che si sfogasse. I vicini dicevano tutti che era stata fortunata a trovare un uomo così buono. Ma col passare del tempo, le cose cominciarono a cambiare. Il fatto che lui non si arrabbiasse mai iniziò a irritarla, e lei diventava sempre più frustrata. Le giornate continuavano a scorrere così, fino alla nascita del loro figlio. Il loro figlio... come si direbbe oggi online, era un bambino con "grandi esigenze". Non riusciva a dormire da solo, doveva essere cullato e tenuto in braccio, altrimenti piangeva senza sosta. Non potevano contare su nessun parente per aiutarli con il bambino. I suoi genitori preferivano i figli maschi e non erano interessati ad aiutarla, mentre i genitori di lui erano morti da tempo. Erano poveri e non potevano permettersi una tata. In quel periodo, suo marito lavorava, e lei era sola con il bambino, riuscendo a dormire a malapena un'ora di fila. Si sentiva sull'orlo della follia. Essendo cresciuta in una famiglia dove i maschi erano privilegiati, quel periodo fu il più faticoso e doloroso della sua vita, peggio di qualsiasi cosa avesse affrontato fino a quel momento. Provò a parlarne con suo marito: "Con un bambino, le cose sono cambiate. Potresti tornare a casa un po' prima? Anche se hai delle lezioni serali, potresti chiedere a qualcuno di coprirti. Non ti chiedo di aiutarmi di giorno, ma almeno la sera, torna a casa e aiutami con il bambino, così posso dormire un po'." Ma lui, con il solito atteggiamento calmo, non rispose né sì né no. Prese semplicemente il bambino e iniziò a cullarlo per farlo addormentare. Il figlio smise subito di piangere. Nonostante fosse lei a passare più tempo con il bambino, lui piangeva sempre di più quando era con lei, mentre nelle braccia del padre si calmava immediatamente. Quella scena la ferì profondamente. Fu in quel momento che Maria, in preda alla stanchezza e alla frustrazione, si pentì persino di aver dato alla luce quel "piccolo debito"! Avrebbe voluto strangolarlo lì, sul posto. Il giorno dopo, anche se Rossi non aveva lezione né al pomeriggio né alla sera, le disse che il gruppo di ricerca stava organizzando una cena a cui non poteva mancare. Nonostante non avesse voglia di andarci, fu costretto a farlo, lasciando la moglie sola a casa. Quando lei si alzò per cucinarsi un semplice uovo, scivolò su una pozza d'acqua nel soggiorno, cadendo a terra. Il dolore era così intenso che non riusciva a muoversi. Rimase lì, immobilizzata, con una rabbia così forte da poter distruggere il mondo intero. Proprio in quel momento, dal fondo della casa, il loro figlio, che si era appena addormentato, iniziò a piangere di nuovo. Quel pianto stridulo, incessante, le fece venire voglia di prendere un coltello e uccidersi per aver messo al mondo una creatura tanto esasperante. Quel giorno, accecata dalla rabbia, prese in braccio il bambino, che continuava a piangere senza sosta, e andò direttamente a scuola per sgridare tutti i colleghi di suo marito. Secondo gli altri, fu una scena che la fece sprofondare nel ridicolo, facendole perdere completamente la faccia. Da allora, si sparse la voce che il professor Rossi avesse una moglie dal temperamento imprevedibile e bizzarro. Dietro le quinte, tutti si chiedevano come un uomo così calmo e gentile come Rossi avesse potuto sposare una "tigre". Con il passare del tempo, la situazione in casa divenne insostenibile. Ogni piccolo contrasto sfociava in litigi furiosi, ma Rossi non rispondeva mai, lasciandola sfogare senza dire una parola. Più si comportava così, più lei si sentiva intrappolata in un vortice di rabbia e frustrazione. Quando il loro figlio compì quattro anni, accadde qualcosa che pose fine a quella vita caotica. Un giorno, ricevettero la notizia che il figlio aveva ferito un compagno d'asilo con un coltello. "Perché l'hai fatto?" chiese lei, incredula. "Perché non mi ascoltava" rispose il bambino con freddezza. Fu in quel momento che capì quanto la sua instabilità emotiva avesse influenzato il figlio. Sebbene non l'avesse mai picchiato, lui aveva assorbito il suo comportamento violento e caotico. Se avesse continuato a crescere così, sarebbe diventato una persona pericolosa. Ancora una volta, suo marito rimase calmo, si scusò con i genitori del bambino ferito, pagò le spese mediche e spiegò pazientemente la situazione al figlio, cercando di insegnargli che la violenza non era la risposta. Guardando suo marito e suo figlio, Maria giunse a una conclusione amara: il problema era dentro di lei. Non era adatta al matrimonio, né alla maternità. Piuttosto che continuare a vivere in quel tormento, capì che era meglio liberare suo marito e il figlio dalla sua presenza, così da permettere loro di vivere in pace. Divorziarono poco tempo dopo. Quel giorno, il figlio appariva visibilmente sollevato, felice persino. I bambini non sanno nascondere le emozioni, e lui sapeva soltanto che la "tigre" di casa stava finalmente andando via. Ripensando a quegli anni, Maria si rese conto di essere stata lei la causa dei problemi. Durante il divorzio, non lottò per ottenere la custodia del figlio, sapendo che non era stata una madre adeguata. Anche dopo il divorzio, Maria sapeva che la colpa era sua. Doveva ammetterlo. Il suo ex-marito era una brava persona, e non aveva mai parlato male di lei agli altri. Anzi, spesso faceva in modo che il figlio andasse a trovarla. Riflettendo a lungo su tutto questo, Maria decise di smettere di giocare a carte e di andare a trovare suo figlio. "Maria, non puoi andartene proprio ora che stai vincendo!" "Il mio ex-marito potrebbe avere dei problemi. È meglio che vada a controllare, voi continuate a giocare." "Ma è il tuo ex-marito! Se gli fosse successo qualcosa, non dovresti festeggiare?" "Il mio ex-marito è una brava persona, una persona davvero per bene. Se gli fosse successo qualcosa, non solo non sarei felice, ma piangerei pure." Quando arrivò a casa di Rossi, trovò il figlio fuori dall'ingresso, intento a parlare con due poliziotti che prendevano appunti. "Mamma!" esclamò il ragazzo, correndo subito da lei. Anche i poliziotti si avvicinarono e iniziarono a farle delle domande. Poi le spiegarono: "Non sono ancora passate 48 ore dalla scomparsa, quindi non possiamo aprire ufficialmente un caso. Tuttavia, manderemo degli agenti a cercarlo." Maria annuì, dimostrando di capire. Suo figlio intervenne subito, mostrando ai poliziotti il suo cellulare: "E questo? Non potete farci nulla?" Sul telefono c'era un identikit. Maria lo osservò attentamente: era chiaramente il volto del suo ex-marito. "Guardate questo," disse il ragazzo. "Qualcuno ha diffuso voci online, dicendo che mio padre è il colpevole di una serie di omicidi. Ora mio padre è sparito improvvisamente. Deve essere successo qualcosa." Uno dei poliziotti prese il telefono e, dopo aver guardato attentamente l'immagine, disse: "Siamo a conoscenza del caso. Contatteremo la polizia informatica per cercare di rintracciare chi ha postato queste informazioni. Vi terremo aggiornati se ci saranno sviluppi." Il figlio continuava: "Sicuramente qualcuno ha fatto uno scherzo di pessimo gusto, usando la foto di papà per fare quel disegno stilizzato, e adesso c'è gente che crede che lui sia il colpevole. Dev'essere stato quel gruppo a rapirlo." Maria lo ascoltava, osservando il disegno, e più ci pensava, più la situazione le sembrava ridicola. Il suo ex marito, per quanto fosse silenzioso e tranquillo, non avrebbe mai potuto essere un assassino seriale. Anzi, a volte sembrava che fosse lei la più incline alla rabbia, non certo lui. Alla fine, chiese: "Ma davvero c'è gente che crede a queste sciocchezze?" I poliziotti si scambiarono un'occhiata imbarazzata, senza sapere cosa rispondere. Uno di loro disse: "Torniamo alla centrale a controllare le telecamere di sorveglianza. Se vediamo che è tornato a casa, vi contatteremo subito." Dopo che la polizia se ne andò, in casa rimasero solo Maria e suo figlio. Sentendosi un po' a disagio, Maria disse: "Vado a prepararti la pasta." Ma il figlio scosse la testa: "Non riesco a mangiare, mamma. Papà, con il suo carattere, non avrebbe mai potuto far arrabbiare qualcuno. Dev'essere tutto per colpa di quel disegno." Maria annuì, cercando di rassicurarlo: "Non preoccuparti, la polizia sta controllando le telecamere. Oggi ci sono telecamere ovunque, scopriranno presto chi è stato. Tuo padre non avrà problemi." Un uomo così buono, non poteva succedergli nulla, pensava. Era la verità: ogni anno, alla fine delle lezioni, il suo ex marito riceveva regali da una folla di studenti, molti dei quali piangevano quando dovevano dirgli addio. "Vai a riposarti un po', io resterò qui ad aspettare che tuo padre torni." "Non riesco a dormire." Il figlio si sedette accanto a lei, la testa china, immerso nell'ansia. Maria gli accarezzò la testa, per la prima volta sentendo quanto suo figlio avesse bisogno di lei. Durante l'infanzia del ragazzo, a causa della depressione post-partum, non era mai stata particolarmente affettuosa con lui, e di conseguenza il figlio non era mai stato affettuoso con lei. In quel momento, mentre il figlio si appoggiava a lei, Maria sentì una strana sensazione, come se fossero tornati ai tempi in cui era incinta, condividendo emozioni e sangue. Era una sensazione nuova e, per qualche motivo, tenera. Gli accarezzò di nuovo la testa, con il cuore colmo di dolcezza. Chiamò i suoi clienti abituali e riprogrammò gli appuntamenti, decidendo di prendersi un giorno di ferie. Voleva stare con suo figlio. Ma nel suo intimo, era certa che non fosse successo nulla di grave. Il suo ex marito era una brava persona. Nessuno avrebbe mai potuto fargli del male. Altrove, nella stessa città, in uno scantinato buio, l'aria era impregnata di un odore acre di foglie marce e rifiuti. Di solito, quando si passa molto tempo in un ambiente, ci si abitua all'odore, ma quella puzza era talmente penetrante che torturava chiunque fosse lì. Gli occhi dell'uomo erano tenuti aperti con del nastro adesivo, le mani e i piedi legati, la bocca tappata da un panno puzzolente. Nel buio, l'uomo cercava disperatamente di liberarsi, ma era inutile. Il suo corpo era completamente intorpidito. I suoi occhi, iniettati di sangue, cercavano sollievo, ma non poteva chiuderli. Più provava a forzare le palpebre, più il dolore aumentava. Quel nastro sembrava fatto apposta per immobilizzargli gli occhi in una tortura continua. Passi risuonarono nel buio, seguiti da una luce accecante che gli trafisse gli occhi, facendogli scorrere lacrime incontrollabili. Dietro quella torcia, non si vedeva chi fosse. L'uomo, però, sentiva che la persona stava trascinando una spranga di ferro sul pavimento, emettendo un suono stridulo e agghiacciante. I passi si facevano sempre più vicini, finché la figura non fu proprio di fronte a lui. Poi, dall'alto, una voce squillante ruppe il silenzio. "Mamma! Sono tornata! Cosa c'è per cena?"
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