Capitolo 1

2800 Words
UNO Fili di luci colorate scintillavano su ogni superficie intorno alla sala da pranzo del Big Texas Steak Ranch, persino sulle corna delle teste di cervo imbalsamate e sulle orecchie di un coyote che sembrava in imbarazzo. Solo la testa di bufalo conservava la sua dignità. Insomma, lui e il Babbo Natale gigante in vetroresina alla porta di uscita. Volevo venire qui da quando il mio cowboy da rodeo di padre se ne andò prima della cena che mi aveva promesso per il mio diciassettesimo compleanno; tuttavia, alla luce delle notizie che avevo appena ricevuto, tutte quelle decorazioni di colpo erano un po’ troppo. Mi incastrai il telefono tra orecchio e spalla, stringendo con una mano il collo del poncho mentre con l’altra mi infilavo la cinghia della borsa sull’altra spalla. «Avanti,» sussurrai a Jack, il mio capo — un uomo che non riesco capire se sia un ranchero del New Mexico del sud o un avvocato di difesa penale del Texas occidentale. Aggiungi il fatto che è misterioso, ferito dentro, e mezzo Apache, e si riesce di sicuro capire perché la metà delle donne e quasi altrettanti uomini in entrambi i luoghi facessero di lui il protagonista della loro versione da mondo dei sogni di Cinquanta sfumature di grigio. Non io, però. Nei miei sogni, recitava con me in Le pagine della nostra vita. Un sopracciglio scattò verso l’attaccatura dei capelli, mentre rispondeva a un decibel normale. «Ma stiamo festeggiando, e non ci hanno ancora portato da mangiare.» I festeggiamenti riguardavano il mio attestato dei corsi per l’affidamento che avevo frequentato negli ultimi due mesi. «E ho davvero bisogno di parlarti di una cosa.» Al mio orecchio rispose l’investigatore dei servizi sociali Wallace Gray. «Ciao, Emily. Mi ero quasi arreso.» «Ho appena visto i tuoi messaggi.» Erano arrivati a raffica, così quando li avevo letti, avevo potuto scrollare l’intera storia. Due ragazzini che vivevano in una casa-famiglia dei servizi sociali, Greg e Farrah, erano scappati ed erano stati visti chiedere passaggi al Love’s Travel Stop, a neanche dieci minuti da dove mi trovavo io a fissare Jack. Il Love’s era una mecca per i camionisti che attraversavano il paese, e si trovava proprio sulla I-40 fuori Amarillo. I fuggiaschi rischiavano di trovare qualcos’altro oltre al passaggio che volevano dal tipo di persona che li avrebbe raccolti. «Ho pensato che avresti voluto saperlo,» disse. Di recente io e Wallace ci eravamo interessati in modo particolare alla coppia, quando per caso li avevamo messi in fuga da una casa abbandonata mentre cercavamo una bambina scomparsa. Allora erano scappati via anche da noi. «Certo. Grazie.» «Il loro assistente sociale passerà a prendermi tra dieci minuti.» «Chi è?» «Byron Philly. Non credo che tu lo conosca.» «Ah-ah.» «Ho bisogno d’aiuto. Non possiamo arrivare lì prima di mezz’ora. C’è qualche possibilità che tu possa arrivarci prima, e vedere se riesci a trovarli?» Non mi andava l’idea di Greg e Farrah lì fuori al freddo. «Possiamo essere lì tra dieci minuti.» «Possiamo?» «Sono con Jack.» «Spero che tu intenda con Jack, e non solo con lui, se capisci cosa voglio dire.» Capivo, anche se dopo un’incredibile e alticcia pomiciata che era sembrata portare a qualcosa, avevo rovinato tutto con Jack, che non sembrava forte con le seconde possibilità. Quanto a me, mio marito Rich ops-preferisco-gli-uomini-che-si-vestono-da-donna non era ancora ufficialmente un ex. Sarebbe successo da un giorno all’altro, comunque. Una cameriera si avvicinò disinvolta al nostro tavolo. Dalle piccole dimensioni, non doveva consumare molti pasti in quel posto, o comunque non la cena a base di bistecca da 2 chili. Posizionò il vassoio sul supporto con il fianco, in un modo stranamente provocante, poi lo bilancio con un carico di cibo. Jack finse di guardare il telefono invece del suo fondoschiena. Le mani ormai libere, si gettò una lunga treccia dietro la spalla e si voltò verso di noi con un sorriso elettrico, tra un lampeggiare di metallo. «Chi ha chiesto al sangue e chi ha chiesto...» si voltò per guardare di nuovo il vassoio e si accigliò, come ancora incredula — «Pomodoro cuore di bue alla griglia?» Essere vegetariana nella capitale dei bovini di tutto l’universo non è facile. Posai la mano davanti al microfono dell’iPhone. «Dobbiamo andare. Il conto, per favore.» Poi, al telefono: «A dopo.» Riattaccai. Gli occhi castani della cameriera formarono due O, ma prese un palmare per le ordinazioni e batté su un paio di tasti. «Il conto arriva tra un istante.» Sorrise di nuovo. «Tornate, mi raccomando, quando avrete più tempo per godervi la cena.» Jack fece un sospiro, lungo e vibrato, e tirò fuori il portafoglio. Il tragitto al buio sulla via di accesso al Love’s della I-40 richiese solo cinque minuti visto che avevo teso la mano per avere le chiavi di Jack quando eravamo saliti sulla sua Jeep Wrangler — una mostruosità dai pannelli rappezzati in colori né naturali né destinati a essere usati insieme nell’industria automobilistica — e Jack era stato costretto a darmele. Feci svoltare la Jeep nell’arcobaleno giallo, rosso e arancione del complesso del Love’s, e l’auto sobbalzò e sguazzò nella neve marrone e sciolta dell’inizio della giornata. Altri fiocchi stavano iniziando a cadere, però, e presto ci sarebbe stata una nuova coltre bianca. Condussi la Jeep attraverso il piazzale in cemento davanti alle pompe e i negozi non commerciali, e oltre, verso le pompe per i mezzi pesanti e gli ettari di parcheggio notturno per i camion. Proseguii verso una fermata. «Dove pensi che dovremmo guardare?» chiesi. «Non sapevo che ti interessasse ciò che penso. Sai, visto che mi hai quasi rapito dalla mia cena.» Gli lanciai un’occhiata di sbieco, ma sorrisi. «Potresti aiutarmi a trovare i ragazzini?» «Un prigioniero ci mette più di un quarto d’ora a sviluppare la sindrome di Stoccolma.» Con la coda dell’occhio, vidi la sua fossetta unica rientrare per un nanosecondo. Quell’uomo aveva un buon senso dell’umorismo, dovevo dargliene atto, anche se di rado rispondeva in maniera diretta a una domanda. «Grazie per la lezione di psicologia, Patty Hearst.» Rilasciai il freno e avanzammo, con il sale che scricchiolava sotto gli pneumatici della Jeep che giravano lenti. «Va bene, stanno cercando di farsi dare un passaggio fuori città, quindi staranno sorvegliando i camionisti, anche se non vorranno farsi vedere.» Esaminai i tre lati del negozio che riuscivo a vedere. Nada. Neanche le decorazioni natalizie. Forse il Love’s non celebrava quel periodo. «Un bel po’ di attività per un mercoledì sera.» Jack si riferiva al fatto che in pratica i mercoledì sera Amarillo chiudeva per le funzioni religiose infrasettimanali. «Dubito che i camionisti a lunga percorrenza sulla strada vadano in chiesa il mercoledì sera.» Grossi tir erano in fila alle pompe e ricoprivano tutto il parcheggio che riuscivo a vedere. I motori rombavano, e le emissioni grigio scuro del diesel fuoriuscivano dai tubi di scarico doppi cromati su entrambi i lati della cabina di un camion, come sbuffi tondi di fumo dall’estremità di una sigaretta. La loro pesantezza fuligginosa mi faceva sentire sporca. Per un istante la ricerca dei due adolescenti mi catapultò indietro alla mia infanzia. Quando ero piccola, mio padre aveva incoraggiato la mia passione ossessiva per tutto ciò che era nativo americano insegnandomi a esplorare come un indiana. «Un vero esploratore si avvicina alla terra,» avrebbe detto, mentre scendevamo dall’auto. «Analizza gli odori.» Annusavamo insieme. «Tocca la terra.» Insieme, ci chinavamo e facevano scorrere le dita sulla terra o sull’erba. «Tutto qui, mia piccola Sacagawea,» diceva, poi mi prendeva sulle spalle per farmi fare un giro. Più di vent’anni dopo, abbassai il finestrino, mentre la mano mi prudeva dalla voglia di aprire lo sportello per potermi avvicinarmi alla terra, annusarla, e toccarla, ma non lo feci. L’aria fredda mi morse la pelle scoperta. Mi strinsi il poncho più alto sul collo mentre uno scoppiettio fitto risuonava in provenienza da qualche parte nel parcheggio dei camion. Io e Jack ci guardammo negli occhi duranti un lungo silenzio, poi nell’aria si udirono altri tre scoppi in rapida successione. «Motore di un camion?» chiesi, anche se non pensavo che fosse quello. «Forse sì, ma probabilmente spari.» Greg e Farrah erano lì da qualche parte. «Faremmo meglio a dare un’occhiata.» Accelerai davanti alle pompe per i camion e nella relativa oscurità del parcheggio. Fiancheggiai il bordo esterno, e guardammo in basso verso le file. Uno dopo l’altro, i camion mostravano solo cabine con tende oscuranti e rimorchi massicci con parafanghi personalizzati — Dallas Cowboy, Yosemite Sam, l’onnipresente donna che posa nuda. Svoltai verso il lato del parcheggio più distante dalla I-40. Sagome indistinte sfrecciarono tra due file dall’altra parte del parcheggio e nel campo sull’altro lato. Una sembrava più alta dell’altra, e sembravano tenersi per mano. «Eccoli lì!» Spinsi sull’acceleratore a tavoletta e schizzammo per il parcheggio, prendendo in fretta velocità. Una ruota prese una buca scuotendoci così forte che temetti di aver spezzato l’asse; la Jeep però continuò ad avanzare. Quando raggiungemmo il punto in cui le due persone erano scomparse, girai di scatto a sinistra. L’asfalto illuminato lasciò il posto al campo buio, e sobbalzammo su ciuffi di erba delle prateria e Dio sa cos’altro. Jack si teneva con una mano al tettuccio e con l’altra al bracciolo dello sportello. In quel punto la neve non si era sciolta, anche se non era profonda, e la Jeep ne sfondò la crosta mezza ghiacciata. «Non riesco a vedere nulla. Puoi illuminare con i fanali?» chiese Jack. Rallentai e girai prima a sinistra per una ventina di metri, poi guidai facendo un cerchio enorme. Quando ritenni che avevamo fatto un giro intero ed eravamo tornati più o meno dove eravamo partiti, girai a destra e continuai ad attraverso il campo. Sbam — crunch! La Jeep finì contro qualcosa di immobile. Sbattei con la testa contro il volante, e mi morsi la lingua, forte. Un fluido caldo e ramato mi colò in bocca. «Nonna Papera!» urlai. «Stai bene?» Un enorme airbag sgonfiato ovattò la risposta di Jack. «Come?» L’airbag cadde. «Ho detto: “A parte che non riesco a respirare.”» «Oh.» Diedi un pugno al volante con una mano. «Li abbiamo persi, e ho distrutto la Jeep.» Mi voltai verso di lui. «Mi dispiace da morire.» Si spinse via l’airbag floscio dalle gambe. «Mi dispiace che il tuo airbag non si sia aperto.» Si voltò verso di me e nascose dietro un colpo di tosse quella che sembrava in modo sospetto una risata. «Sembri Count Chocula1.» Girai lo specchietto retrovisore verso di me e vidi due rivoli di sangue fuoriuscire da entrambi gli angoli della mia bocca. Mi misi quasi a ridere anche io. Jack allungò la mano per pulirmi il sangue vicino al labbro, e il calore del suo pollice mi bruciò la pelle. Annaspai, e lui balzò all’indietro. L’interno della Jeep sfrigolava e scoppiettava di elettricità mentre ci guardavamo. Poi lui interruppe il contatto visivo, rovistò nel vano portaoggetti in cerca di una torcia, e aprì lo sportello. Mi portai le dita alla gola, che testimoniarono il rallentare del mio cuore accelerato. «Vado a valutare i danni.» Jack balzò giù lasciando lo sportello socchiuso. Rabbrividii, per il freddo proveniente dalla sua improvvisa assenza. Ormai nevicava forte, e — sarebbe stato l’inverno più freddo e nevoso degli ultimi cento anni ad Amarillo — il vento ovviamente soffiava proprio di lato a una velocità che sembrava essere di un fantastilione di chilometri orari. Fiocchi di neve screziavano il sedile vuoto, sempre più vicini. Persone erano morte di ipotermia in condizioni più calde di quelle. Il riscaldamento era già al massimo. Mi chinai e chiusi lo sportello, o lo sbattei piuttosto, poi posai la guancia sul volante e guardai fuori nella notte dal finestrino laterale, tremando. Un viso bianco sotto un berretto di lana nero apparve come uno spettro dietro al finestrino. Strillai prima di riuscire a fermarmi. Era il ragazzino che stavamo inseguendo: Greg. Abbassai il vetro. «Ehi,» dissi. «Io ti conosco.» «Sì, mi conosci, Greg. Sono Emily. Ci siamo incontrati quando occupavate la casa abbandonata vicino al Llano Cemetery. Dov’è Farrah?» Un viso femminile con un occhio castano e un occhio verde incorniciato da corti capelli neri pixie si materializzò nell’oscurità dietro di lui, con il corpo che si fondeva con la notte. «Sei ferita?» La ragazzina indicò il mio viso insanguinato. Mi servii del dorso della mano per pulirmene un po’. Mi guardai la mano. Ora sopra c’erano strisce di sangue. «No, sto bene. Il mio amico sta controllando se anche la Jeep sta bene, però.» «Non sta bene,» disse lei. «La parte anteriore è, diciamo, devastata,» disse lui. Puah! E io che cercavo di racimolare abbastanza denaro per trovare un posto tutto mio — cioè, non con mia madre. «Voi due avete creato un po’ di scompiglio.» Greg emise un suono di disapprovazione. «Forse.» «Come lo descriveresti, allora’» «Non permetterò che a Farrah accada due volte la stessa cosa.» «Che vuoi dire?» Farrah posò la mano sull’avambraccio di Greg. «Va tutto bene.» Lui scosse la testa. «No invece. Nessuno crede a quello che ti ha fatto quel, quel…» — alzò le mani — «… Mostro.» Mi fissò. «Dovrebbe essere in prigione. Perché devono accettare la sua parola contro quella di Farrah?» Sapevo che Farrah aveva dichiarato di aver subito abusi sessuali, e che i servizi sociali stavano investigando sul padre — anche se non mi sembrava giusto pensare a lui in quel modo — della loro ultima famiglia affidataria, anche se non erano ancora giunti a una conclusione. «Mi dispiace...» Farrah si mise tra me e Greg. «C’è un ragazzo più grande nella casa-famiglia. Stava per accadere di nuovo. Non sono stupida. Allora Greg ha detto che dovevamo andare.» Udii uno sferragliare proveniente dalla parte anteriore dell’auto. «Posso capirlo.» Meglio di quanto potesse immaginare, grazie a uno zoticone ubriaco della squadra di rodeo della Tarleton. Mi aveva palpato le tette e si era beccato un ginocchio nelle palle. Forse ero quindici chili più pesante di lei, però, e venti centimetri più alta. All’improvviso, compresi davvero la sua fragilità per la prima volta da quando avevo ascoltato la sua storia raccontata in terza persona da Wallace. «Ma dove andrete?» Anche Greg si fece avanti. Erano entrambi così vicini che avrei potuto toccare le loro guance. «Staremo bene. Posso prendermi cura di lei.» Qualcosa di affilato mi squarciò il petto. «Lasciate che vi aiuti.» «Non puoi. Nessuno può.» «Posso provarci.» Farrah sorrise solo con la bocca. «Grazie. Davvero. È...» La sua voce si affievolì. Feci un cenno al sedile posteriore. «Saltate su, al calduccio.» Entrambi i ragazzini fecero un passo indietro, scuotendo le teste. «Volevamo vedere se stavi bene. Dobbiamo andarcene.» «Aspettato! Prendete almeno il mio bigliettino da visita. C’è il numero dell’ufficio e il numero del mio cellulare. Chiamatemi se avete bisogno di qualcosa, per favore.» Presi un bigliettino dal taschino laterale esterno della mia borsa, dove avevo imparati a riporli per accedervi facilmente. A quanto sembrava, le persone che avevano bisogno di un avvocato penalista avevano spesso fretta di andare da qualche altra parte. Il bigliettino riportava gli indirizzi di entrambi gli uffici dello studio di Jack, quello di Amarillo e quello del New Mexico. L’ho misi fuori dal finestrino. La neve cadeva e si scioglieva sulla mia mano nuda. Il vento faceva sventolare il bordo della sciarpa, e tenni stretto il sottile cartoncino tra il pollice e l’indice. Greg balzò in avanti e mi strappò il bigliettino, poi si ritrasse altrettanto in fretta. I due ragazzini fecero un altro passo indietro e la neve e la notte li inghiottirono per intero. Jack risalì in auto, portandosi dietro una folata di aria ghiacciata e una striscia di neve caduta. «Hai colpito una specie di montante in cemento.» «Mi dispiace tantissimo. Pagherò io le riparazioni.» «Non c’è n’è bisogno.» Le sue labbra si contrassero. «Non hai nemmeno ammaccato il paraurti.» Per una istante non capii cosa intendesse. Greg aveva detto che parte anteriore era “devastata” e avevo sentito un rumore metallico. Allora un bagliore caldo si diffuse dal mio petto verso l’esterno quando mi resi conto che Jack fingeva che non avessi causato alcun danno, e potei solo immaginare che in quel modo intendesse impedirmi di pagare le riparazioni. Un gesto davvero gentile, visto lo stato delle mie finanze, di cui era al corrente. Stetti al gioco. «Sul serio? Cavolo. Abbiamo colpito il cemento davvero forte.» Jack pestò gli stivali sul pavimento. «Colpo di fortuna.» Il bagliore si diffuse di più, facendosi più caldo. «Hai visto i ragazzini?» «No, spiacente.» «No, intendo, erano proprio qui, al mio finestrino. Non mi hai sentita urlare?» «Non ho sentito nulla a parte il vento.» Si allungò per guardare fuori dal mio lato. «Ora non vedo nessuno.» Per quanto scrutassi nell’oscurità e nella tormenta di neve che li avevano inghiottiti, anche io non vedevo nessuno.
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