Prologo

1110 Words
Prologo ABIGAIL «La uccido subito-» Paul Grimsby caricò la pistola, facendomi trasalire con quel rumore. «-oppure puoi salvarla. Decidi tu.» Aveva l’espressione di un uomo con cui era meglio non scherzare. Alto e snello, sembrava essere stato allungato su uno strumento di tortura medievale. I suoi capelli ricci erano ben impomatati e il taglio del suo abito era all’ultima moda. Tuttavia, era tutto meno che un gentiluomo. Specialmente dal momento che stava puntando una pistola alla testa della mia amica. Lanciai un’occhiata da sopra la mia spalla all’uomo che stava bloccando l’unica uscita da quella stanza, uno dei leccapiedi rozzi e mastodontici del signor Grimsby. «Cosa... cos’è che volete da me, esattamente?» Avevo la voce acuta per via del nervosismo. Il sudore mi colava tra i seni. Mi torturai le mani, mentre le ginocchia praticamente mi si scontravano tremando. Non ero stata invitata a casa del signor Grimsby, ero stata accompagnata dall’uomo alla porta e da un altro che era sparito da qualche parte nella grande abitazione. Il viaggio attraverso Butte dalla mia scuola di élite era stato solamente di una decina di isolati, ma mi era sembrato interminabile. Avevo trascorso quel tempo a pensare ad un modo in cui fuggire. Stavo camminando lungo una via affollata; urlare che fossi stata rapita era in cima alla lista di opzioni. Tuttavia, i due sgherri che mi stavano ai lati mi avevano avvertita che se anche solo avessi salutato con la mano qualcuno per strada, la mia compagna di scuola Tennessee Bennett sarebbe stata uccisa. Mi ricordavo della prima volta in cui l’avevo conosciuta, commentando il suo nome insolito. Lei aveva detto che i suoi genitori avevano dato a lei e alle sue due sorelle i nomi di alcuni stati. Georgia e Virginia erano dei bei nomi, ma a lei era toccato Tennessee, piuttosto lungo da pronunciare. «Soldi, ovviamente,» rispose lui in tono piatto. Un orologio sul caminetto segnò l’ora. Quella stanza era così civile, tuttavia la conversazione non lo era affatto. Sembrava che il signor Grimsby avesse tutte leintenzioni di farlo. Di uccidere Tennessee, cioè. Inaspettatamente, aveva già ucciso suo padre, che era venuto in città per la cerimonia di diploma della scuola e per riaccompagnarla nel Nord Dakota. Il signor Grimsby non conoceva rimorso, non aveva coscienza. Lanciai un’occhiata a Tennessee, seduta rigidamente su una sedia dallo schienale alto, il suo viso solitamente luminoso che adesso era bianco come un lenzuolo. Mi guardava con occhi imploranti, le lacrime che le scendevano lungo le guance. Si era infilata da sola in quella situazione e, senza volerlo, mi aveva trascinata con sé. Impaziente di trovare un pretendente, si era mostrata sfrontata nelle sue attenzioni verso il signor Grimsby, uno degli uomini d’affari più ricchi e di successo della città. Non solo era pieno di soldi, ma anche attraente – lei lo considerava tale, mentre io lo trovavo piuttosto sgradevole – e, cosa più importante, scapolo. Avida di denaro più che di amore, aveva desiderato trovarsi un marito ricco, ma aveva mentito al signor Grimsby riguardo la situazione finanziaria e sociale della sua famiglia fin dall’inizio. Lei non era un’ereditiera ferroviaria come aveva detto, era semplicemente la secondogenita di un banchiere di Fargo. Quella maschera era abbastanza innocente e veniva indossata da diverse donne nel tempo per migliorare la propria situazione, ma il signor Grimsby sembrava non desiderare l’inesistente eredità di Tennessee più della donna stessa. Pareva che nemmeno lui fosse tanto ricco quanto sembrava. Se non fosse stato un pazzo, sarebbero stati una bella coppia. Tuttavia, quando la verità circa la perfidia di Tennessee era saltata fuori, lui si era infuriato; il cadavere del padre di lei lasciato per strada e l’occhio nero sul volto di Tennessee ne erano una prova. Nonché la pistola che aveva puntata alla testa. «Non ho soldi,» risposi, leccandomi le labbra. «Non hai chissà che aspetto, ma i soldi ce li hai.» Lo sguardo del signor Grimsby si assottigliò fissandosi sulla mia guancia con un’espressione simile alla repulsione e tremò di rabbia. Io ero abituata ad essere tormentata dalla mia cicatrice, ma ero felice che lui non avesse provato alcun genere di attrazione nei miei confronti come aveva fatto con Tennessee. Lei era bellissima, posata e gentile. «Conosco il tuo background, tuo fratello. Puoi anche non avere i contanti a portata di mano, ma lui possiede uno dei più grandi ranch in questa zona del Territorio.» Ero sorpresa che non stesse constringendo me a sposarlo invece della mia amica. Se avesse voluto così tanto i soldi, avrebbe chiuso un occhio sulla cicatrice. Eppure no. Era troppo vanitoso per una come me e voleva una sposa bella. Tennessee. Non me. Per una volta, ero contenta di essere stata sfigurata. «Terreni e bestiame. È tutto ciò che possiede,» replicai io. «Non posso portarvi una mucca.» Mi morsi un labbro, consapevole che non fosse la cosa giusta da dire, dal momento che, per quanto avesse abbassato la pistola dalla testa di Tennessee, azzerò la distanza tra di noi e mi afferrò per un braccio. Urlai per via della sua stretta crudele. Feci una smorfia. «Non voglio una fottuta mucca,» sibilò, sputacchiando. «Voglio dei soldi o qualcosa da vendere per soldi.» «D’accordo,» risposi. Che altro avrei potuto dire? Aveva ucciso il padre di Tennessee per punirla delle sue menzogne. Cosa lo stava trattenendo dal puntarmi la pistola alla testa e premere il grilletto? «Io... vi porterò qualcosa da vendere.» Lui mi lasciò andare, ripulendosi la bocca col dorso della mano che teneva la pistola. «Hai una settimana.» Si voltò e indicò Tennessee, che adesso piangeva disperatamente. «Una settimana dopodichè la uccido.» Annuii senza quasi rendermente conto, il cuore che batteva all’impazzata. Avevo avuto intenzione di tornare a casa in ogni caso ora che mi ero diplomata. Non ero certa di come sarei stata in grado di tornarvi, ma me ne sarei preoccupata più tardi. «Se non tornerai, i miei uomini ti troveranno.» Mi agitò la pistola davanti alla faccia e i miei occhi seguirono quell’arma letale. Indietreggiai di un passo. Lui non fece nulla, per cui io ne feci un altro ancora, esitante, poi un altro, col timore di voltargli le spalle. Tennessee stava ancora piangendo. «Non lasciarmi qui!» gridò, allungando una mano verso di me affinchè potessi prendergliela. Mi faceva male lasciarla lì, ma se volevo salvarla, dovevo andare. Sentii la porta aprirsi e fu solo allora che mi voltai. Lo sgherro mi tenne la porta aperta e mi scortò in strada, i singhiozzi della mia amica che ci seguivano. Dovevo aiutarla. Dovevo tornare a casa e trovare qualcosa da poter riportare così da soddisfare il signor Grimsby. Qualcosa che a James non sarebbe mancato. Altrimenti, lei sarebbe morta. E se non l’avessi fatto nel giro di una settimana, lui avrebbe mandato qualcuno a caccia di mio fratello. Da bambina l’avevo salvato. Non potevo lasciarlo morire adesso.
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