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1951 Words
«Ma non le tagli la testa, è questo che stai dicendo?». E, in realtà, Grant era rimasto colpito dalla tranquillità con cui quella tizia aveva smontato l’ipotesi di Thompson. «Boh, su questo non mi esprimo. Ma non c’è stato nessun morto prima, no? È un pezzo che da queste parti vanno tutti d’amore e d’accordo. I latini stanno al Blocco C, i nordafricani al Blocco A e in mezzo è tutto spartito. Quelli dell’Est si fanno i fatti loro, i caraibici li hanno quasi sbattuti fuori dal Grime. E poi quella tizia non era di qua, così dice Allison». Grant sospirò. Si grattò la zucca. «Ora io e te andiamo a farci una chiacchierata» decise. «Anzi, crepi l’avarizia. Ti offro da bere». +++ Per prima cosa dovette spiegare allo sbirro che non poteva “offrirle da bere”, al Grime. Poteva comprarle una birra al 7-Eleven di Nabil, giù al parchetto degli skate, tutto lì. Dato che non sapeva dove fosse, Delyse ce lo accompagnò. L’idea di andarsene in giro con un poliziotto non la faceva impazzire di gioia, ma la curiosità era troppa per resistere. Inoltre, dato che il tizio era un pubblico ufficiale e tutto, se proprio avesse voluto parlarle avrebbe potuto provare a convincerla in modo anche meno gentile. Apprezzava che avesse scelto le buone. Per il momento sembrava tranquillo. “Tranquillo” era il modo in cui dalle sue parti si definiva uno che non sembrava intenzionato a dare problemi nell’immediato, ma che non era esattamente a posto. Per essere “a posto” dovevi dimostrare di essere quasi okay. Per essere “okay”, infine, non dovevi essere uno sbirro, era un requisito essenziale. La giornata era tiepida, il sole era pallido, ma nel complesso gradevole. Guidò lo sbirro lungo una delle strade costeggiate dalle villette a schiera tutte uguali e lui si guardò attorno senza fare commenti. Non disse una delle cose stupide che dicevano sempre quelli che non erano del quartiere – qualcosa tipo “ma come fate a orientarvi in queste vie tutte uguali?” – ma era chiaro che lo stava pensando. «Uno impara a guardare il nome all’inizio della strada» spiegò, quindi. «Mh?» fece lo sbirro. «Dico: tutti perdono l’orientamento, compreso chi ci vive. Quindi guardi sempre il nome all’inizio della strada». «E se vieni dall’altro lato?». Delyse ridacchiò. «Ti fotti». Strano ma vero, sorrise anche lui. Sì, nel complesso sembrava un tizio tranquillo. Era un bianco, aveva un’aria molto britannica, con gli occhietti azzurri e i capelli di quel colore a metà strada tra il biondo e il castano. Più castano, magari, ma non color topo. Era abbastanza alto, con una struttura fisica normale, con un vestito in giacca senza la cravatta. Non era una bellezza, ma nel complesso era scopabile. Forse un po’ troppo vecchiotto, ripensandoci. Delyse fece quest’analisi senza malizia, in modo quasi scientifico, incasellandolo con precisione in una categoria neanche fosse un’entomologa. Era un’osservatrice, lei. «Possiamo prenderci una birra lì» spiegò, quando arrivarono da Nabil. Entrarono e lo sbirro la invitò a prendere la marca che preferiva. Lui optò per una Beck’s, una birra leggera e quasi insapore, buona più che altro per non sbronzarsi. Delyse prese una Tennent’s. Fu lui ad andare a pagare. Ancora una volta non fece commenti, anche se la cassa era dietro uno schermo antiproiettile tutto rigato. Delyse salutò Nabil, che le rispose con un cenno cupo. Era uno degli individui più depressi che lei avesse mai visto. Uscirono dal minimarket e attraversarono la strada. Il parchetto degli skate era l’unica infrastruttura del Grime, anche se definirlo infrastruttura era eccessivo. Ma c’erano due altalene, dei muretti di cemento, delle aiuole spelacchiate e sporche... persino un minuscolo halfpipe per lo skate. Nemmeno uno gnomo sarebbe riuscito a usarlo per un’acrobazia degna di questo nome, ma in qualche modo si poteva sfruttare. Su una delle tre panchine c’era steso Hasad, il loro barbone di quartiere, sulle altre due c’erano i soliti ragazzini del Blocco C, quindi si sedettero su un muretto. Lo sbirro toccò la bottiglia ghiacciata con la sua e la stappò. Bevve un sorso. «Quindi... iniziamo dall’inizio. Io sono il Detective Inspector Grant Porter. Posso farti vedere il tesserino, se vuoi». «Magari non qua» declinò lei. Porter restò impassibile. «Però mi potresti dire chi sei. Giusto per non pensare a te come “l’anonima sballata a cui hai comprato una birra”». Delyse lo guardò male. «Non sono una sballata. È c******s terapeutica». «Okay... allora potresti dirmi anche per quale disturbo la assumi, oltre al tuo nome». «Mi fa bene per l’ansia, è chiaro? Ci sono degli studi, sull’uso terapeutico della cannabis...» «Ma certo. Accettati dalla legge britannica? No. Ma sono a favore della scienza, sul serio, quindi prenderò per buona la faccenda dell’ansia. Ora dovresti proprio dirmi come ti chiami, però, altrimenti mi sarò fatto rubare le ruote della macchina per niente». «Eh?». Lui sospirò. «Dico. Pensi che la mia macchina avrà ancora le ruote, quando tornerò a prenderla?». Delyse ci pensò. «È possibile. Anzi, è probabile. Credo che non troverai più tutta la macchina». «Appunto» chiuse il discorso lui. L’idea non sembrava preoccuparlo. «Comunque... Delyse Gordon, okay? Non voglio nasconderti il mio nome o roba del genere. Non ho fatto niente di male». «Per il momento ti ho visto usare sostanze stupefacenti ed entrare in un’area sottoposta ad accertamenti di polizia, ma diciamo pure che non hai fatto nulla di male». «Oh, ma per piacere. Posso darti ragione sulla c******s, ma la scena del crimine? Se aveste voluto che non ci entrasse nessuno avreste dovuto lasciare una pattuglia sul posto». «È bello che ci sia arrivata persino una ragazzetta sballata, ma non Thompson» sospirò lui. Delyse ridacchiò, ma poi fece una faccia offesa. «Abbiamo già chiarito...» «Sì, sì». «Comunque Thompson è un coglione, nel caso non l’avessi ancora capito». «L’ho capito». «Tu non sei di qua, è vero?». «Nah, vengo direttamente dallo Yard. Adesso... cominciamo dall’inizio. Che cosa hai visto stamattina?». Delyse bevve un sorso di birra. «Sbirri nell’aiuola. C’era Thompson, un’altra detective e un po’ di gente in uniforme. Si affaccendavano attorno a questo grosso sacco della spazzatura. Di quelli condominiali, no? Il sacco era aperto, ma non ho visto quello che c’era dentro, anche se si capiva che era un cadavere dalla puzza». «Ma hai detto che la testa era mozzata». «Scusa, non lo sai?». Porter si limitò a guardarla. «Ah. In quel momento non ho visto il cadavere. Ma a un certo punto hanno dovuto caricarlo sulla barella dell’ambulanza, no? La testa l’hanno caricata separatamente. Non l’ho vista in faccia, comunque. Ero troppo lontana. Dopo di che... non so. Per un po’ sono rimasti lì. Hanno pestato un sacco di merda di cane». A Porter sfuggì un sorrisetto. «Comunque... alla fine me ne sono andata. Avevo già perso il primo autobus per Cranter. Ah, e ho visto Allison che usciva da una volante». «Ora ci arriviamo. Dove lavori?». Delyse sospirò. «Lavoravo. Mi hanno licenziata per essere arrivata in ritardo. Per l’ennesima volta, okay. Ma tanto era un lavoro di merda». «Quale lavoro di merda? Ce n’è di tutte le forme e dimensioni, di quelli». «Le pulizie nei Burger’s King. È una ditta che ha in appalto tutti i negozi della città». «Okay. Continua». «A quel punto sono tornata indietro. Mi sono fermata a fare la spesa e ormai saranno state... le undici, più o meno». Entrambi bevvero un sorso. «Quando sono tornata, sono andata a parlare con Allison. Ero curiosa di sapere che cosa ci faceva in una volante. Voglio dire... persino nel Grime, una tizia decapitata non è una cosa che si vede tutti i giorni». «No, infatti. Che cosa ci faceva Allison in una volante lo so già, passiamo a quello...» «Io no, però. Ancora non ho capito perché la sono andata a prendere a casa. È sospettata di qualcosa?». Porter sospirò. «Sì, di epatite». Delyse rise. «Quella è più di un sospetto. Dai, sul serio... non lo dirò a nessuno». Lui sbuffò. «Lo dirai a chiunque, ma non è un problema. Non è sospettata di nulla. È solo che ha chiamato la polizia senza lasciare il nome e poi è sparita, ma visto che ha chiamato dal suo cellulare...» Lei si limitò a ridere e a scuotere la testa. «Va be’. Comunque, già che c’ero mi sono fatta raccontare quello che aveva visto. È questo che ti interessa, no?». «Sì». «Ieri sera è uscita a cercare una dose. Non che sia difficile da trovare, ma era senza soldi. In qualche modo se l’è procurata, suppongo vendendo l’anello che è sicura di aver perso, perché nessun pusher si sognerebbe mai di accettare un pagamento in natura da Allison». Porter non commentò, ma si vide chiaramente che sull’argomento la pensava come i pusher. «È tornata verso casa, ma aveva un po’ di premura, così si è seduta sul bordo dell’aiuola e si è preparata una siringa». «A giudicare dal terreno, non credo sia stata la prima». «È vero, quello è un posto dove vanno a farsi. Anche se si fanno un po’ dappertutto, compreso qua, vicino alle altalene. Al Grime i tossici non mancano». Porter posò la birra vuota a terra accanto a sé. «A che ora si sarà fatta?». «Non lo sa» scosse la testa Delyse. «Era già buio da un po’, da quel che ho capito. Comunque... poi è rimasta lì, mezza stesa sull’erba. Deve essersi addormentata. Quando si è svegliata non era più nello stesso posto – così dice lei». Porter si limitò a grugnire. «Sì, non è il massimo dell’affidabilità, povera Allison. Ma secondo lei qualcuno l’aveva spostata e le aveva rubato i collant e l’anello». «I collant?». Delyse emise un risatina incredula. «Già. Le hanno tolto le scarpe, sfilato i collant e rimesso le scarpe. Così dice lei. Ma nessuno l’ha, come dire...» Lui alzò una mano. «Non importa». Lei si mise a ridere. «Ti fa proprio schifo, eh? Vedessi la tua faccia. Ma non si può mai sapere che razza di depravati ci sono al mondo. Capace che uno passa di lì, vede la nostra Allison incosciente sull’erba e decide di farci un giro. Non sarebbe così incredibile». «No, lo so» ammise lui, un po’ controvoglia. «Ma non le è successo niente. Si rialza. È tutta intirizzita, ha i vestiti bagnati perché durante la notte ha pure piovuto un po’... ma in quel momento è sicura di aver perso l’anello, quindi si mette a cercarlo sul prato. Non chiedermi la logica». «E sei sicura che l’abbia venduto sul serio?». Delyse si strinse nelle spalle. «Qua non ti danno le buste sulla parola. Se si è fatta vuol dire che in qualche modo ha pagato. Dato che il suo ultimo oggetto di valore era l’anello di sua nonna...» «Cristo» borbottò Porter. «Qualcuno dovrebbe prenderla e metterla in un centro. Morirà, se continua così». «Già» disse lui. «Farò una segnalazione, sperando che serva a qualcosa». Non sembrava molto ottimista in merito e Delyse era d’accordo con lui. Per il Sistema Sanitario i drogati non erano una priorità. Gli davano il metadone e si dimenticavano di loro. «E durante la notte ha piovuto, hai detto?». All’improvviso sembrava attento, interessato. «Sì. Una spruzzata, niente di grosso. Lo so perché stamattina ho trovato le piante già annaffiate». Lui si alzò e recuperò la birra vuota. «Sicuramente avranno già cancellato tutte le tracce, ma vale la pena di dare un’occhiata». Delyse inarcò le sopracciglia. «Tracce sull’aiuola? Non sarà rimasto niente, fidati. Stamattina la terra sarà stata ancora morbida e ci sono montati in otto». «L’ho capito. Ma può darsi che ci siano delle tracce che vengono dall’aiuola. Tracce dovute al terriccio fangoso, rimaste stampate come per magia sul cemento. Improbabilissimo, ma lo stipendio dovrò giustificarlo in qualche modo». Lei si grattò la testa. «Lo sai? È strano. Stamattina c’erano delle tracce come quelle di cui parli tu, ma andavano verso l’aiuola, non venivano». Porter le lanciò un’occhiata un po’ scettica, come se non fosse del tutto sicuro che non si stesse inventando quell’informazione per compiacerlo o per spillargli qualcosa. «Guarda! Ho fatto una foto!» fece lei, trionfante. La selezionò sul suo cellulare e ingrandì fino a... be’, fino a mostrargli un’immagine confusa e ben poco utile, probabilmente. Porter non fece una grinza. «Qua, eh? Non si vede quasi nulla, ma almeno so dove devo cercare. Puoi mandarmi questa foto via email?». «Sì» fece Delyse. Stava collaborando a un’indagine di omicidio. Non era una brutta sensazione. Lo fece, poi lo tallonò fedelmente di nuovo fino all’aiuola. Lui la lasciò fare. Là attorno non era rimasta mezza traccia. «Non disperiamo. È possibile che i tecnici ricavino qualcosa dalla tua immagine. O, volendo essere più realisti, è probabile che in ogni caso quelle orme non mi sarebbero state di nessun aiuto. Sei stata molto gentile, Delyse. Ti ringrazio davvero». Lei diede una scrollata di spalle. «È stato interessante. La tua macchina?». Lui fece vagare lo sguardo lungo il marciapiede oltre la strada. Fece un mezzo sorriso. «L’hanno rubata». «Non sembri molto preoccupato. O sei davvero ricco...» «...O quella macchina è un’auto civetta, con un segnalatore di posizione sopra. Ora chiamo per farla recuperare, o almeno perché facciano un tentativo. L’unica scocciatura è che ora dovrò tornare a casa in metro». «In autobus» corresse lei. «Non avete una fermata della metro?». Delyse sorrise. «La più vicina è a Cranter». Porter sospirò. «Perfetto».
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