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988 Words
2 Sabrina Nate tossì nel palmo della mano, i muscoli del suo torso nudo che si flettevano mentre mi osservava. Era ancora più affascinante di quanto ricordassi. Capelli scuri, occhi luminosi e un fisico asciutto e definito. Sentii il cuore gonfiarsi e riuscii a malapena a trattenere la gioia che sentivo. Il mio piano aveva funzionato alla perfezione. Rimasi in piedi sotto al suo balcone, mentre lui continuava a distogliere lo sguardo, nel tentativo di fissarlo su qualunque cosa tranne me. Tutto inutile – i suoi occhi tornavano sempre sul mio viso e più in basso. L’oscurità incombente l’aveva avvolto nell’ombra, ma potevo sentire il suo sguardo vagare su di me. «Ehm… allora sei tornata dal collegio», disse, stringendo la ringhiera del balcone. «Sì. Andrò a Temple in autunno, ricordi?». Probabilmente non se lo ricordava affatto. Gli avevo inviato un’email per informarlo lo scorso inverno, quando avevano accettato la mia domanda d’iscrizione, e lui mi aveva risposto con uno sbrigativo «congratulazioni». Non ci vedevamo da cinque anni. Mi aveva lasciata in collegio e durante le estati e le festività mi aveva mandata a trascorrere le vacanze da qualche parte, invece di venirmi a trovare. Ero stata lontana da Philadelphia e avevo rispettato il suo volere. Ma ora non più. Avevo diciotto anni ed ero pronta a tornare a casa. Ero anche pronta per Nate Franco, anche se sapevo che lui non lo sarebbe stato per me. «Già. Temple». Si passò una mano sulla mascella, mentre l’altra stringeva la ringhiera così forte che le nocche stavano diventando bianche. «In città. Così posso stare qui… se per te va bene?». Strinsi le mani dietro la schiena, perché sapevo che ciò avrebbe spinto il mio petto ancora più in fuori. Il mio seno non era grosso, ma riempiva completamente il pezzo sopra del bikini. «So che per la mia età non sei più il mio tutore legale, ma speravo di poter restare nei paraggi, anche se non siamo davvero parenti o simili». «Restare nei paraggi?». La sua voce aveva un timbro ruvido, roco. Avevo dimenticato quel piccolo particolare, ma tutto riaffiorò alla mente in un vortice di ricordi. “Ora sei al sicuro. Te lo giuro”. Le prime parole in assoluto che mi aveva rivolto riecheggiarono nella mia mente; la sua voce era bella come allora. Il momento in cui mi ero innamorata di lui era impresso nella mia mente, anche se all’epoca non me ne ero resa conto. Ero troppo giovane, troppo traumatizzata. «Sì. Qui a casa». Sorrisi. «Con te». «Questo…», si schiarì la voce, ma non sembrava propenso a proseguire. «Hai fame?». Lasciai libere le mani e presi a giocherellare con il laccio del bikini che mi circondava il collo. Nate piegò la testa da un lato, seguendo ogni mio movimento. Dopo un lungo momento di pesante silenzio, disse a denti stretti: «Sì». «Scendi a mangiare qualcosa?». Tirai il laccio del bikini, giusto un pochino. Lui sbatté la mano sulla ringhiera. «Io… no». Tossì di nuovo e scosse la testa, come per sgombrare la mente da un turbine di pensieri confusi. «Ho del lavoro da sbrigare». Mi ero forse spinta troppo oltre? «Oh». Facendo il broncio, lasciai cadere le braccia lungo i fianchi. «Speravo potessimo parlare dell’università». «Magari domani. A colazione». Indietreggiò, ma potevo comunque sentire il suo sguardo su di me. «Come ho detto, ho molto lavoro. Quindi ci vedremo allora. A colazione». «Okay». Con un’alzata di spalle, girai intorno alla piscina, diretta verso la scaletta del trampolino, facendo ondeggiare i fianchi mentre camminavo. Giunta in cima, alzai le braccia verso l’alto, tendendo il mio corpo, poi mi tuffai in acqua e attraversai la vasca da parte a parte. Quando riemersi, la portafinestra del suo balcone era chiusa, nascondendolo alla mia vista, ma la sensazione di formicolio che avvertii alla base del collo mi disse che lui mi stava ancora osservando. Finsi di armeggiare con l’asciugamano, mentre lo sistemavo su uno dei lettini della piscina, e poi mi sdraiai, lasciando che la brezza tiepida della notte mi asciugasse la pelle. Alzai le braccia e tirai lentamente il laccio del costume intorno al collo, slacciandolo e abbassandolo fino alla stoffa leggera dei triangoli che mi copriva il seno. Guardai verso la sua finestra. Avrei voluto abbassare il reggiseno del tutto, per mostrargli ciò che gli apparteneva. Ma non lo feci. Lasciai che i lacci mi ricadessero sull’addome e mi sistemai comodamente sul lettino, con la stoffa che copriva ancora i miei capezzoli turgidi. Chiusi gli occhi e immaginai Nate che scendeva per raggiungermi in piscina. Lo vidi torreggiare su di me e poi spostare del tutto il pezzo di sopra del bikini, così da poter vedere quanto i miei capezzoli fossero duri per lui. I suoi occhi verdi mi avrebbero scrutata, saggiandomi tutta con lo sguardo, poi avrebbe fatto scorrere le dita sul mio corpo bagnato, fino a trovare il piacere umido tra le mie gambe. Gettai le braccia sopra la testa e strinsi le cosce per placare il calore che quelle fantasie avevano provocato in me. Avrei dovuto immaginarlo. Fantasticare su Nate era diventato il mio passatempo preferito, in collegio. Passavo il tempo da sola a pensare a lui, immaginando come sarebbe stata la nostra prima volta insieme, sognando il suo corpo sopra al mio. Le altre ragazze della scuola perdevano la loro verginità e facevano collezione di ragazzi, mentre io avevo una relazione bollente immaginaria con il mio tutore legale. Non vedendo da parte mia alcun segno di interesse verso i ragazzi, dicevano che ero una santarellina. Ma si sbagliavano. La questione era semplice: io non volevo un ragazzo. Volevo un uomo. Un uomo in particolare. La mia mente si spinse ancora più in là, immaginando ciò che Nate mi avrebbe fatto una volta che fossimo stati entrambi nudi. Avrei aperto le gambe per lui, mostrandogli qualcosa che non avevo mai offerto a nessun altro. Che cosa avrebbe detto? Allungai una mano per toccarmi, ma se un piccolo spostamento del mio bikini lo aveva spaventato, forse masturbarmi apertamente sotto il suo balcone non era l’approccio migliore. Sospirai, mi avvolsi nell’asciugamano e mi misi a sedere. Mentre giravo intorno alla piscina, lanciai un’ultima occhiata al balcone di Nate e decisi che avrei continuato con le mie fantasie da sola, in camera mia.
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