Capitolo 5-2

2355 Words
«Partiamo?» Domandò la dolce voce di Mercedes. «Suonano le due e siamo attesi alle due e un quarto.» «Sì, sì, partiamo» disse vivamente Dantès. «Partiamo» ripeterono in coro tutti i convitati. Nel medesimo istante Danglars che non perdeva di vista Fernand seduto al parapetto della finestra, lo vide aprire due occhi spaventati, alzarsi come per un sussulto e ricadere sul suo posto. In quello stesso momento un sordo rumore rintronò sulle scale, un fragore di passi ed un mormorio di voci, confuso all'urtarsi di armi, superò le esclamazioni dei convitati per quanto fossero chiassose e attirò l'attenzione generale, che si manifestò in un istante con un inquieto silenzio. Il rumore si avvicina, tre colpi percuotono la porta, ciascuno guarda il suo vicino con sorpresa. «In nome della legge!» Gridò una voce, a cui nessuno rispose. La porta si aprì, e un commissario, cinto della sua sciarpa, entrò nella sala seguito da quattro soldati armati, condotti da un caporale. L'inquietudine diede posto al terrore. «Che c'è?» Domandò l'armatore, facendosi avanti, al commissario che conosceva. «Certamente, signore, qui c'è uno sbaglio.» «Se c'è uno sbaglio, signor Morrel» rispose il commissario, «state sicuro che lo sbaglio sarà riparato. Frattanto sono portatore di un mandato di arresto, e, quantunque esegua l'ordine con dispiacere, sono obbligato ad eseguirlo. Chi di voi si chiama Edmond Dantès?» Tutti gli sguardi si voltarono verso il giovane, che, molto commosso, ma conservando la sua dignità, fece un passo avanti e disse: «Sono io, signore. Che volete da me?» «Edmond Dantès,» riprese il commissario, «in nome della legge voi siete in arresto.» «Voi mi arrestate!» Disse Edmond con un leggero pallore. «Ma perché vengo arrestato?» «Io, signore, non lo so, ma voi lo saprete certamente nel vostro primo interrogatorio.» Morrel capì bene che non c'era nulla da fare contro la inflessibilità della situazione, un commissario cinto di sciarpa non è più un uomo, è l'esecutore della legge. Il vecchio invece si precipitò verso l'ufficiale, vi sono cose che il cuore di un padre o di una madre non capiscono mai. Egli pregò e supplicò, ma lacrime e preghiere non ebbero alcun potere; e la sua disperazione era così grande che il commissario ne fu persino commosso. «Signore» disse, «state calmo, forse vostro figlio avrà trascurato qualche formalità di dogana o di sanità, e secondo tutte le probabilità, allorché si saranno ricevuti da lui tutti i chiarimenti che si desiderano, sarà messo in libertà.» «Che significa tutto questo?» Domandò Caderousse, aggrottando le sopracciglia, a Danglars che fingeva di esser sorpreso. «Lo so io forse?» Disse Danglars. «Io son come te, guardo ciò che accade, mi confondo e non ci capisco niente.» Caderousse cercò con gli occhi Fernand; era sparito. Tutta la scena del giorno avanti si presentò allora a Caderousse con una spaventevole chiarezza. Si sarebbe detto che la catastrofe veniva ad alzare il velo che l'ubriachezza del giorno innanzi aveva posto fra lui e la sua memoria. «Oh, oh!» Diss'egli con voce rauca. «Sarebbe questa la conseguenza dello scherzo di cui parlavate ieri, Danglars? In questo caso guai a colui che l'avesse fatto, perché è ben triste!» «Niente affatto» rispose Danglars, «tu sai bene che al contrario ho stracciato il foglio.» «Tu non l'hai stracciato» gridò Caderousse, «tu l'hai spiegazzato e gettato in un angolo, ecco tutto.» «Taci, tu non hai veduto nulla; tu eri ubriaco.» «Dov'è Fernand?» Domandò Caderousse. «E che so io!» Rispose Danglars. «Sarà andato per i fatti suoi probabilmente. Ma invece di occuparci di ciò, andiamo piuttosto a portare qualche consolazione a questi poveri afflitti.» Infatti, durante questa conversazione, Dantès aveva stretta la mano sorridendo ai suoi amici, e si era costituito prigioniero, dicendo: «State tranquilli, ben presto si spiegherà l'errore, e probabilmente non andrò neppure fino alla prigione.» «Oh, sì certamente, io ne risponderei» disse Danglars, che in questo momento si avvicinava, come fu detto, al gruppo principale. Dantès discese la scala preceduto dal commissario di polizia, e circondato dai soldati. Una carrozza con lo sportello aperto aspettava alla porta; vi montò, due soldati ed il commissario di polizia montarono dopo di lui. Lo sportello si chiuse, e la carrozza riprese la strada di Marsiglia. «Addio Dantès, addio Edmond!» Gridava Mercedes sporgendosi fuori dalla terrazza. Il prigioniero intese quest'ultimo grido uscito come un singhiozzo dal cuore lacerato della fidanzata; si sporse dalla portiera, gridò: «Arrivederci, Mercedes!» E scomparve dietro uno degli angoli del forte San Nicola. «Aspettatemi qui» disse l'armatore, «prendo la prima carrozza che incontro, corro a Marsiglia, e vi porterò sue notizie.» «Andate» gridarono tutte le voci, «andate e ritornate presto.» Dopo questa duplice partenza ci fu un momento di stupore terribile che invase tutti coloro che erano rimasti: il vecchio e Mercedes rimasero qualche tempo isolati, ciascuno nel proprio dolore. Ma infine i loro occhi s'incontrarono, si riconobbero due vittime colpite dalla stessa sorte e subito si gettarono nelle braccia l'una dell'altro. In quel momento Fernand rientrò, versò un bicchiere d'acqua, lo bevve e andò a sedersi su una sedia. Il caso volle che Mercedes, svincolandosi dalle braccia del vecchio, venisse a sedere in una sedia vicina. Fernand rabbrividì e con un movimento affatto istintivo tirò indietro la propria sedia. «È lui» disse Caderousse a Danglars che non aveva perduto di vista un momento il catalano. «Non lo credo» rispose Danglars, «è troppo malvagio. In ogni caso il colpo ricada sulla testa di chi lo vibrò!» «Tu non parli di colui che lo ha consigliato» disse Caderousse. «In fede mia» disse Danglars, «se si dovesse esser responsabili di tutto quello che si dice all'aria...» «Sì, allorché ciò che si dice all'aria, ricade sulla testa di un innocente.» Durante questo tempo gli altri convitati, riunitisi in gruppi, commentavano l'arresto, ciascuno secondo la sua opinione. «E voi, Danglars» disse una voce, «che pensate di quanto accaduto?» «Io» disse Danglars, «io credo che abbia portato qualche pacco di merce proibita.» «In questo caso voi lo avreste dovuto sapere, che siete lo scrivano.» «Sì, è vero ma lo scrivano non conosce che i colli che gli vengono dichiarati. So che abbiamo un carico di cotone, ed ecco tutto; che abbiamo preso il carico in Alessandria dal signor Pastret e a Smirne dal signor Pascal; e non me ne domandate di più.» «Oh me ne ricordo bene» mormorò il povero padre, «mi ha detto ieri che aveva per me una cassa di caffè ed una di tabacco.» «Vedete dunque» disse Danglars, «è questo. Nella nostra assenza la dogana avrà fatto una visita a bordo del Pharaon, e avrà scoperto la merce di contrabbando.» Mercedes non credeva niente di tutto ciò. Compresso il dolore fino a quel momento, scoppiò ad un tratto in singulti. «Coraggio, coraggio, speriamo!» Disse il padre di Dantès. «Speriamo!» Ripeté Danglars. «Speriamo» tentò di mormorare Fernand, ma questa parola lo soffocava, le sue labbra si agitarono, e non ne uscì alcun suono. «Amici!» Gridò uno dei convitati che era rimasto di vedetta sulla terrazza. «Amici, una carrozza... Ah! È il signor Morrel! Coraggio! Senza dubbio ci porta una buona notizia.» Mercedes ed il vecchio padre corsero verso l'armatore, che incontrarono sulla porta; il signor Morrel era pallidissimo. «Ebbene?...» gridarono ad una voce. «Ebbene, amici miei» rispose l'armatore, scuotendo la testa, «l'affare è più grave di quello che noi possiamo pensare.» «Oh signore» gridò Mercedes, «egli è innocente!» «Lo credo» rispose Morrel, «ma è accusato...» «Di che dunque?» Domandò il vecchio Dantès. «Di essere un agente bonapartista!» Quelli dei lettori che hanno vissuto nell'epoca di cui tratta questa storia, si ricorderanno quale terribile accusa era allora quella riferita da Morrel. Mercedes gettò un grido e il vecchio si lasciò cadere sulla sedia. «Ah» mormorò Caderousse, «voi mi avete ingannato, Danglars, quello che voi chiamate scherzo, fu fatto. Ma io non voglio lasciar morire di dolore questo vecchio e questa ragazza, vado a spiegar loro ogni cosa.» «Taci, disgraziato!» Esclamò Danglars, afferrando la mano di Caderousse, «O io non rispondo della tua vita. Chi ti dice che Dantès non sia veramente colpevole? La nave si è fermata all'isola d'Elba, egli è disceso; è rimasto un giorno intero a Portoferraio. Se si è trovata qualche lettera compromettente, potrebbero essere definiti suoi complici coloro che volevano sostenerlo.» Caderousse aveva l'istinto rapido dell'egoismo, e capì tutta la solidità di questo ragionamento; guardò Danglars con occhi ebeti dal timore e dal dolore, e per un passo che aveva fatto in avanti, ne fece due indietro. «Aspettiamo allora» mormorò. «Aspettiamo» disse Danglars, «se è innocente sarà messo in libertà; se è reo, è inutile compromettersi per un cospiratore.» «Allora partiamo, io non posso restare qui più a lungo.» «Sì, vieni» disse Danglars, contento di trovare un compagno nella ritirata, «vieni, e lasciamoli uscire d'impaccio come potranno.» Essi partirono. Fernand, ridivenuto il sostegno della ragazza, prese Mercedes per la mano, e la ricondusse ai catalani. Gli amici di Dantès ricondussero il vecchio quasi svenuto ai viali di Meillan. Ben presto la notizia che Dantès era stato arrestato come agente bonapartista, si sparse per tutta la città. «L'avreste creduto, caro Danglars?» Disse Morrel raggiungendo il suo computista e Caderousse, volendo rientrare in fretta in città, per avere qualche notizia diretta di Edmond dal sostituto del Procuratore del Re, signor Villefort, che egli conosceva un poco. «Lo avreste mai creduto?» «Diamine signore» rispose Danglars, «io vi avevo detto che Dantès non si sarebbe fermato senza un motivo all'isola d'Elba, e questa fermata, voi lo sapete, mi era sembrata sospetta.» «Ma avete detto a qualcuno, oltre che a me, di questo vostro sospetto?» «Me ne sarei ben guardato» soggiunse a bassa voce Danglars, «voi sapete bene che a cagione di vostro zio, Policarpo Morrel, che ha servito sotto l'altro e che non nasconde il suo pensiero, voi siete sospettati di amare Napoleone, e avrei avuto paura di far torto ad Edmond, non meno che a voi. Vi sono cose, che è dovere del subordinato dire al suo armatore, e tenere severamente celate agli altri.» «Bene, Danglars, bene!» Disse Morrel. «Voi siete un brav'uomo! Così avevo pensato a voi nel caso in cui questo povero Dantès fosse divenuto capitano del Pharaon.» «Come, signore?» «Sì, avevo già domandato a Dantès cosa pensava di voi, e se avesse avuto obiezioni a conservarvi il posto; non so perché mi era sembrato scorgere qualche screzio fra voi due.» «E che vi ha risposto?» «Che credeva effettivamente di avere avuto, in una circostanza che non ha voluto precisare, qualche dubbio verso di voi; ma che chiunque avesse avuto la fiducia dell'armatore, avrebbe anche avuto la sua!...» «Povero ragazzo» disse Caderousse, «è un fatto ch'egli era un eccellente giovane.» «Sì, ma frattanto» disse Morrel, «ecco il Pharaon senza capitano.» «Oh, bisogna sperare, poiché non possiamo ripartire che fra tre mesi, che di qui a quell'epoca Dantès sia messo in libertà.» «Senza dubbio. Ma fino a quell'epoca?» «Ebbene, sino a quell'epoca, eccomi qua signor Morrel» disse Danglars. «Voi sapete che conosco il modo di tenere un bastimento, quanto un capitano venuto da un lungo viaggio. Ciò vi offre nello stesso tempo il vantaggio di servirvi di me, e, allorché Edmond uscirà di prigione, non dovrete licenziare nessuno; egli riprenderà il suo posto ed io il mio.» «Grazie, Danglars» disse l'armatore, «ecco difatti il modo di conciliare tutto. Prendete dunque il comando, io ve lo autorizzo, e sorvegliate lo sbarco; non bisogna mai, per la disgrazia di un individuo, che gli affari ne soffrano.» «State tranquillo, signore... Si potrà almeno vederlo il buon Edmond?» «Vi risponderò tra breve. Vado a cercare di parlare col signor Villefort ed intercedere il suo favore per il prigioniero. Io so bene che è di parte regia; ma, che diavolo, quantunque regio e procuratore del Re, è tuttavia un uomo e non lo credo cattivo.» «No» disse Danglars, «ma ho inteso dire che è ambizioso, e l'ambizione è molto vicina al cinismo.» «Infine» disse Morrel con un sospiro, «staremo a vedere, andate a bordo che vi raggiungerò in breve.» Ed abbandonò i due amici per prendere la strada del Palazzo di Giustizia. «Tu vedi» disse Danglars a Caderousse, «il giro che prende l'affare: hai ancora l'intenzione di andare a difendere Dantès?» «No certamente. Ciò nonostante è una cosa assai terribile che uno scherzo abbia conseguenze così tristi.» «Diamine! E chi lo ha fatto? Non siamo stati né tu né io, non è vero? Fu Fernand. Tu sai che in quanto a me ho gettato il foglio, anzi credevo di averlo lacerato.» «No, no» disse Caderousse, «in quanto a ciò ne sono sicuro: lo vedo ancora nell'angolo del pergolato tutto spiegazzato, tutto accartocciato, e vorrei anzi che fosse ancora là dove mi sembra di vederlo.» «E che vuoi farci? Fernand lo avrà raccolto, Fernand lo avrà copiato o fatto copiare, o forse non si sarà preso neppure questa pena. Ora che ci penso, mio Dio! Egli avrà forse mandato la mia lettera. Fortunatamente però avevo cambiato il carattere.» «Ma tu sapevi dunque che Dantès cospirava?» «Io non lo sapevo affatto. Come ti dissi, ho creduto di fare uno scherzo e niente altro. Sembra che scherzando, come fa Arlecchino, io abbia detto la verità.» «Tant'è» soggiunse Caderousse, «io pagherei qualsiasi cosa purché la burla non fosse accaduta, o almeno per non essermene immischiato. Vedrai che quest'affare non può che causarci qualche disgrazia.» «Se deve portare disgrazia a qualcuno, sarà al vero colpevole e il vero colpevole è Fernand, non noi. Quale disgrazia vuoi che ci accada? Noi non dobbiamo che starcene tranquilli, e non dire una parola su quanto è avvenuto; il temporale passerà senza che cada il fulmine.» «Amen!» Disse Caderousse, facendo un saluto di addio a Danglars e dirigendosi verso i viali di Meillan, scuotendo la testa e brontolando con sé stesso, come fanno di solito le persone molto preoccupate. «Bene» disse Danglars, «le cose prendono quell'avvio che avevo previsto. Eccomi capitano provvisorio, e se questo imbecille di Caderousse sa tacere, ben presto capitano effettivo. Vi sarebbe dunque solo il caso che la giustizia rilasciasse Dantès. Oh, ma» soggiunse con un sorriso, «la giustizia è giustizia ed io mi rimetto ad essa.» Ciò dicendo saltò in una barca dando ordine al battelliere di portarlo a bordo del Pharaon, dove l'armatore gli aveva dato appuntamento.
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