Ciò ricordava suo malgrado a Franz, il terrore che il conte aveva ispirato alla contessa G. e la convinzione in cui l'aveva lasciata che il conte, l'uomo che le aveva mostrato nel palco in faccia a lei, era un vampiro. Alla fine della colazione, Franz cavò l'orologio. «Ebbene» disse il conte, «che fate dunque?» «Ci scuserete signor conte» rispose Franz, «ma noi abbiamo ancora mille cose da fare.» «E quali?» «Non abbiamo abiti da maschera, ed oggi il mascherarsi è di rigore.» «Non vi occupate di questo. A quanto sembra abbiamo sulla piazza del Popolo una stanza privata; vi farò portare gli abiti che m'indicherete e ci maschereremo là.» «Dopo l'esecuzione?» Gridò Franz. «Dopo, nel tempo, o prima, come vorrete...» «In faccia al patibolo?» «Che discorso è questo? Noi saremo presenti

