I TRE REGALI DEL SIGNOR D'ARTAGNAN PADRE.-2

2011 Words
- Che! signore, gridò egli, signore! che vi nascondete dietro lo sportello? sì, voi, ditemi dunque un poco di che cosa ridete, e noi rideremo assieme! Il gentiluomo ricondusse lentamente gli occhi dal cavallo al cavaliere, come se fosse abbisognato qualche tempo per capire che così strane parole erano a lui indirizzate; quindi, allorchè non potè più averne alcun dubbio, i suoi sopraccigli si aggrottavano leggermente, dopo una sufficiente pausa, con un accento d'ironia e d'insolenza impossibili a descrivere, egli rispose a d'Artagnan. - Io non parlo con voi, signore. - Ma parlo ben io con voi, gridò il giovane esasperato da questo miscuglio d'insolenza e di buone maniere, di convenienza e di disprezzo. Lo sconosciuto lo guardò ancora un istante col suo leggero sorriso; e, ritirandosi dalla finestra, sortì lentamente dall'osteria per venirsi a piantare in faccia al cavallo, alla distanza di due passi da d'Artagnan. Il suo portamento tranquillo, e la sua fisonomia scherzosa avevano raddoppiato l'ilarità di coloro coi quali parlava, e che erano rimasti alla finestra. D'Artagnan, vedendolo arrivare cavò più di un piede della sua spada fuori del fodero. - Questo cavallo è decisamente, o piuttosto è stato nella sua gioventù pomellato in oro, riprese lo sconosciuto, continuando le investigazioni incominciate e indirizzandosi a' suoi uditori della finestra, senza sembrare di fare alcuna attenzione alla esasperazione di d'Artagnan, che pure frapponevasi fra lui ed essi. Questo è un colore conosciuto in botanica, ma fino adesso molto raro nei cavalli. - V'ha tale che ride del cavallo che non oserebbe ridere del padrone! gridò l'emulo furioso di de Tréville. - Io non rido spesso, signore, riprese lo sconosciuto, come voi potete persuadervene da voi stesso dall'aspetto del mio viso; ma io voglio conservare il privilegio di poter ridere quando mi piace. - Ed io gridò d'Artagnan, io non voglio che si rida quanto mi dispiace. - Davvero, signore? continuò lo sconosciuto più calmo che mai. Ebbene! è perfettamente giusto. E girando su' suoi calcagni si disponeva a rientrare nell'osteria per la gran porta, sotto la quale d'Artagnan nel giungere aveva rimarcato un cavallo già insellato. Ma d'Artagnan non era di tal carattere da lasciare in tal modo un uomo che aveva avuta l'insolenza di burlarsi di lui. Cavò interamente la sua spada dal fodero, e si mise a perseguirlo gridando: - Voltatevi, voltatevi dunque signor motteggiatore, che io non abbia a battervi per di dietro! - Batter me! disse l'altro girando sui talloni e guardando il giovane con tanta meraviglia quanto era il disprezzo. Andiamo dunque, mio caro, voi siete un pazzo! Quindi a mezza voce, e come se avesse parlato a se stesso. - È cosa dispiacente, continuò egli, bella recluta per Sua Maestà, che cerca da tutte le parti dei bravi per completare i suoi moschettieri! Terminava appena, che d'Artagnan gli stendeva un così furioso colpo di punta, che, s'egli non avesse fatto prestamente uno sbalzo in addietro, è probabile che avrebbe scherzato per l'ultima volta. Lo sconosciuto vide allora che la cosa oltrepassava lo scherzo, cavò la sua spada, salutò il suo avversario, e si mise gravemente in guardia. Ma nello stesso tempo i suoi due uditori, accompagnati dall'oste, piombarono sopra d'Artagnan con gran colpi di bastone, di paletta e di molle. Ciò fece una diversione così rapida e così completa all'attacco, che l'avversario di d'Artagnan, nel mentre che questi si voltava per far fronte a quella grandine di colpi, rimetteva nel fodero la sua spada colla massima precisione, e, da attore, ritornava spettatore del combattimento, parte di cui si disimpegnava colla consueta sua impassibilità, mentre ciò non ostante brontolava: - Venga la peste a questi Guasconi! rimettetelo sul suo cavallo color d'arancio, e ch'egli se ne vada. - Non prima di averti ucciso! gridò d'Artagnan, mentre faceva fronte il meglio che poteva, senza rinculare di un passo, ai suoi tre nemici, che lo maltrattavano di colpi. - Ancora un'altra Guasconata! mormorò il gentiluomo. Sull'onor mio, questi Guasconi sono incorreggibili. Continuate dunque la danza, poichè egli vuole assolutamente ballare. Quando sarà stanco, egli dirà che ne ha abbastanza. Ma lo sconosciuto non sapeva ancora con qual genere di testardo aveva a che fare: d'Artagnan non era l'uomo da domandare mai grazia. Il combattimento continuò dunque ancora qualche secondo: finalmente, d'Artagnan spossato lasciò sfuggirsi la spada, che un colpo di bastone aveva troncata in due pezzi. Un altro gli colpì la fronte, e lo rovesciò quasi nello stesso tempo tutto insanguinato, e quasi svenuto. Fu in questo momento che da tutte le parti si accorse al luogo della scena. L'oste, temendo uno scandalo, trasportò coll'ajuto del suo servitore il ferito in cucina, ove gli furono usate alcune cure. In quanto al gentiluomo, egli era ritornato a prendere il suo posto alla finestra, e guardava con una certa impazienza tutta quella folla, che sembrava destargli una contrarietà nel rimanere in quel luogo. - Ebbene come va quell'arrabbiato? riprese egli voltandosi al rumore che fece la porta nell'aprirsi, indirizzandosi all'oste che veniva ad informarsi della sua salute. - È sana e salva vostra Eccellenza? domandò l'oste. - Sì, perfettamente sano e salvo, mio caro oste, e sono io che vi domando come va quel giovane. - Va meglio, disse l'oste, egli è del tutto svenuto. - Davvero? fece il gentiluomo. - Ma prima di svenirsi, egli ha radunate tutte le sue forze per chiamarvi, e per sfidarvi chiamandovi. - Ma dunque è il diavolo in persona, questo malandrino! gridò lo sconosciuto. - Oh! no, Eccellenza; non è il diavolo, riprese l'oste con una smorfia di disprezzo, perchè durante il suo svenimento noi lo abbiamo perquisito, e nel suo fagottino non ha che una camicia, e nella sua borsa non ha che undici scudi, cosa però che non gli ha impedito dire mentre cadeva in svenimento, che se una simile cosa fosse accaduta a Parigi voi ve ne sareste pentito sull'atto, nel mentre che qui voi non ve ne pentirete che più tardi. - Allora, disse freddamente lo sconosciuto, è qualche principe del sangue travestito. - Io vi dico questo, mio gentiluomo, riprese l'oste, affinchè voi stiate sulle difese. - Nella sua collera, ha egli nominato nessuno? - Sì, egli batteva sulla saccoccia, e diceva noi vedremo ciò che il signore de Tréville penserà di questo insulto fatto al suo protetto. - Il signor de Tréville? disse lo sconosciuto divenendo attonito; batteva sulla sua tasca pronunciando il nome del signor de Tréville?... Vediamo, mio caro oste, mentre che il giovane era svenuto, voi non sarete stato, ne son ben certo, senza guardare in questa saccoccia. Che cosa v'era? - Una lettera indirizzata al signor de Tréville, capitano dei moschettieri. - Davvero? - La cosa è come ho l'onore di dirvela, eccellenza. L'oste che non era dotato di una grande perspicacia, non notò l'espressione che le sue parole avevano impresso nella fisonomia dello sconosciuto. Questi lasciò il parapetto della finestra sul quale era sempre rimasto appoggiato colla punta del gomito, e aggrottò il sopracciglio come un uomo inquieto. - Diavolo! mormorò egli fra' i denti; Tréville mi avrebbe egli inviato questo Guascone? questi è molto giovane! ma un colpo di spada è un colpo di spada, qualunque sia l'età di quello che lo dà, e si ha minor diffidenza in un ragazzo che in tutt'altro, basta molte volte un debole ostacolo per mandare a terra un gran disegno. E lo sconosciuto cadde in una riflessione che durò qualche minuto. - Vediamo, oste, diss'egli, non mi sbarazzerete voi da questo frenetico? in coscienza, ora non posso ucciderlo, e ciò non ostante aggiunse egli con una espressione freddamente minacciosa, ciò nonostante egli m'incomoda. Ov'è egli? - Nella camera di mia moglie al primo piano, ove è medicato. - I suoi arredi e il suo sacco sono con lui? ha egli seco il suo sajo? - Tutto ciò, al contrario, è disotto in cucina. Ma poichè v'incomoda questo giovane pazzo... - Senza dubbio. Egli cagiona nella vostra osteria uno scandalo al quale non saprebbero resistere le persone oneste. Salite nella vostra stanza, fatemi il conto e avvertite il lacchè. - Che il signore ci vuole lasciare di già? - Voi lo sapete bene, poichè vi aveva dato l'ordine di fare insellare il mio cavallo. Non sono io forse stato obbedito? - Certamente e, come vostra Eccellenza ha potuto vederlo, il suo cavallo è sotto la porta grande già apparecchiato per partire. - Sta bene, allora fate quanto vi ho detto. - Che! disse a se stesso l'oste avrebbe egli forse paura di quel ragazzo? Ma un colpo d'occhio imperativo dello sconosciuto venne a tagliar corto, egli salutò umilmente e sortì. - Non bisogna che Milady [1] si accorga di questo furbo, continuò lo straniero: ella non deve tardare a giungere; ella è già in ritardo. Decisamente val meglio che io monti a cavallo, e che vada ad incontrarla... Se potessi soltanto sapere ciò che contiene quella lettera indirizzata a Tréville! E lo sconosciuto, borbottando si diresse verso la cucina. In questo mentre l'oste, che non dubitava che fosse la presenza del giovane che scacciava lo sconosciuto dalla sua osteria, era risalito da sua moglie, e aveva ritrovato d'Artagnan padrone finalmente dei suoi sensi. Allora, facendogli comprendere che la polizia potrebbe fargli un cattivo partito per aver cercato contesa con un gran signore, poichè, secondo il parere dell'oste, lo sconosciuto non poteva essere che un gran signore, egli lo determinò, ad onta della sua debolezza, ad alzarsi e a continuare il suo viaggio. D'Artagnan mezzo sbalordito, senza sajo, e colla testa tutta ammaliata di fasce, si alzò adunque, e sollecitato dall'oste, cominciò a discendere; ma giungendo in cucina, la prima cosa di cui s'accorse fu del suo provocatore, che parlava tranquillamente appoggiato allo sportello di una pesante carrozza alla quale erano attaccati due grossi cavalli normanni. La sua interlocutrice, la di cui testa compariva incorniciata dalla portiera, era una donna dai venti ai ventidue anni. Noi abbiamo già detto con quale rapidità d'investigazione d'Artagnan abbracciava una intiera fisonomia; egli dunque vide a primo colpo d'occhio che la donna era giovane e bella. Ora questa bellezza lo colpì tanto più, inquantochè essa era perfettamente straniera ai paesi meridionali che fino allora erano stati abitati da d'Artagnan. Era una pallida e bionda signora, coi capelli arricciati cadenti sulle spalle, con grandi occhi blu languenti, colle labbra rosee e colle mani d'alabastro; ella parlava con molta vivacità allo sconosciuto. - Per tal modo, il ministro m'ordina... diceva la signora. - Di ritornare sull'istante in Inghilterra, e di prevenirlo direttamente se il duca lasciasse Londra. - E in quanto alle mie istruzioni? domandò la bella viaggiatrice. - Esse sono racchiuse in questo pacco, che voi non aprirete che giunta all'altra parte della Manica. - Benissimo; e voi cosa fate? - Io? io ritorno a Parigi. - Senza gastigare questo insolente ragazzo? domandò la dama. Lo sconosciuto stava per rispondere, ma al momento in cui apriva la bocca, d'Artagnan, che aveva tutto inteso, si slanciò sulla soglia della porta. - È questo insolente ragazzo che gastiga gli altri, gridò egli, e spero bene che questa volta quello che egli deve gastigare non gli scapperà, come la prima volta. - Non gli scapperà? riprese lo sconosciuto aggrottando il sopracciglio. - No, davanti una donna, voi non oserete fuggire, lo presumo. Pensate, gridò Milady vedendo il gentiluomo portare la mano alla sua spada, pensate che il più piccolo ritardo può perdere tutto. - Voi avete ragione, gridò il gentiluomo; partite dunque dalla vostra parte, io parto dalla mia. E salutando la dama con un segno di testa, si slanciò sul suo cavallo nel mentre che il cocchiere della carrozza frustava la sua pariglia. I due interlocutori partirono dunque al galoppo, allontanandosi ciascuno da una parte opposta della strada. - E le vostre spese? vociferò l'oste, in cui l'affezione per il suo viaggiatore si cambiava in uno sdegno profondo, vedendo ch'egli si allontanava senza saldare il suo conto. - Paga gaglioffo, gridò il viaggiatore, sempre galoppando, al suo lacchè, il quale gettò ai piedi dell'oste due o tre monete d'argento, e si mise a galoppare dietro al suo padrone. - Ah! vile, ah! miserabile, ah! falso gentiluomo gridò d'Artagnan slanciandosi dietro il lacchè. Ma il ferito era troppo debole ancora per sopportare una simile scossa. Appena egli ebbe fatto dieci o dodici passi, sentì un tintinnio alle orecchie, fu preso da un rivolgimento, una nube di sangue passò avanti i suoi occhi, e andò a cadere nel mezzo della strada gridando sempre: - Vile! vile! vile! - Egli di fatti è ben vile, mormorò l'oste avvicinandosi a d'Artagnan, cercando con questa adulazione di raccomodarsi col povero giovane, come l'airone della favola colla sua lumaca della sera. - Sì, ben vile, mormorò d'Artagnan, ma ella, ben bella! - Chi ella? domandò l'oste. - Milady, balbettò d'Artagnan. E si svenne una seconda volta. E lo stesso, disse l'oste: io ne perdo due, ma mi resta questo, che almeno son sicuro, di trattenere qualche giorno. Sono sempre undici scudi guadagnati.
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