Una giornata qualunque

639 Words
Una giornata qualunque2009, Milano “Adoro Milano”, pensa la donna, mentre passeggia rilassata per le vie del centro. Chinando leggermente la testa, ammira le sue scarpe preferite, un paio di Mary Jane di Prada in camoscio color tortora: l’alto tacco curvo e i grossi bottoni che fermano i cinturini la affascinano. “Sembrano le scarpe di Dorothy del Mago di Oz. Sono molto eccentriche, ma anche tanto belle, è il tocco che serviva a rallegrare il mio immancabile tubino nero”, commenta tra sé e sé. In quella sua ammissione c’è un lato infantile, lo stesso che l’ha spinta ad acquistare anche la versione rossa delle scarpe da lei amate. La cosa la fa sorridere: “In fondo, è un bisogno di gratificazione personale al quale tutti in qualche modo cediamo, non si tratta di mera frivolezza. Gli uomini hanno le auto sportive, i fucili da caccia e le mazze da golf. Noi le scarpe, gli abiti e le borse”. Continuando a ragionare tra sé, prosegue la sua passeggiata solitaria tra le vie trafficate. Arrivata nei pressi di un attraversamento pedonale, ancora sovrappensiero, distrattamente scende dal marciapiede. Il suono potente e inaspettato di un clacson la fa sussultare, bloccandola. «Mi scusi, colpa mia, non l’ho vista», si affretta a dire al conducente dell’auto, accompagnando le parole con un gesto della mano. Nel frattempo raggiunge il lato opposto della via e si ferma davanti a un negozio di abbigliamento. “Certo che le sanno fare le vetrine”, pensa, ammirando il tripudio di colori e di luci che esperti vetrinisti hanno saputo combinare con professionalità. Un tripudio di blu, nel quale spiccano favolosi abiti argento, attira la sua attenzione. Appena ripreso il cammino, si trova faccia a faccia con una ragazza che la sta osservando, sorridendole. «Scusi se la importuno, ma sono stata colpita dalle sue bellissime scarpe», esordisce la ragazza appoggiandole una mano sull’avambraccio e proseguendo nel discorso a bassa voce. «Come hai detto scusa? Questo traffico è assordante!» «Parlavo delle sue scarpe, sono bellissime. Le stavo chiedendo di che marca sono. Non le spiace, vero?» Un po’ frastornata dal rumore di fondo, dice: «Ah, le scarpe! Sono di Prada, purtroppo è un modello dell’anno scorso. Le potrai trovare in qualche outlet, credo». «Proverò a cercarle. Grazie e mi scusi ancora», risponde la ragazza, allontanandosi e salutandola con la mano. La donna riprende la sua passeggiata e poco dopo si ferma davanti a un altro negozio per guardare la propria immagine riflessa. I lunghi capelli castani svolazzano al vento. Obbedendo a un impulso improvviso, si volta indietro: «Scusa. Ehi, scusami». La ragazza si volta sorridendo. «Questa volta tocca a me chiederti un’informazione. Conosci bene la zona?» «Direi abbastanza. Ci abito da un po’». «Devo aspettare che mi vengano a prendere e mi sono stancata di girare a vuoto. Mi sono appena resa conto di aver bisogno di una messa in piega. Sai dove posso trovare un buon parrucchiere?» La ragazza si guarda intorno riflettendo: «Ah certo, c’è il salone che si chiama Look & Life, sono molto bravi. Se vuole l’accompagno, è proprio qui dietro l’angolo». Mentre procedono verso il negozio, la ragazza chiede: «Lei non abita in città?» Esitando per qualche istante la donna risponde: «No, abito fuori Milano. Non sono molto pratica del centro». Arrivate all’incrocio, la ragazza le indica il salone: «Ecco, è laggiù, dove vede l’insegna bianca e nera». Il traffico e il rumore della sirena di un’ambulanza coprono in parte le sue parole. “Accidenti, non riesco proprio a capire quel che dice”. «Ho detto arrivederci, è stato un piacere conoscerla», ripete la ragazza, alzando la voce. E subito dopo: «Oh, ecco il mio autobus, devo scappare». Salita sul mezzo, la ragazza si volta verso di lei e la saluta un’ultima volta agitando la mano.
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