Chapter 3

1084 Words
Si raddrizzò e, mentre la prostituta prendeva i suoi vestiti con aria assorta, andò verso la brocca dell’acqua. Si sciacquò la faccia, prima di tornare a voltarsi verso Eno. Le indicò il letto, da cui l’altra si era appena alzata. «Forza, allora. Se è quello che vuoi». Eno rise. «Non è quello che voglio, razza di jinn impudente!». Tyr incrociò le braccia, i lunghi capelli bianchi che gli spiovevano sulle spalle dello stesso colore. «No? Vedo dentro alla tua testa, fiorellino». Eno fece un passo indietro. «Ah. Ma hai paura. Certo» continuò lui, tranquillo. Prese il suo djellabah e se lo avvolse attorno al corpo nudo. «Vieni. Andiamo nella stanza dello studio». Scalzo, la precedette lungo le stanze in penombra. Eno lo seguì con la candela in mano. Non sembrava arrabbiato, ma Tyr non lo sembrava mai. Non era sembrato arrabbiato la sera in cui aveva ucciso i tre ladri che avevano cercato di derubarli. Non era sembrato arrabbiato il giorno in cui aveva massacrato gli uomini dell’emiro di Cordova, che gli avevano fatto una domanda di troppo. «Non sono arrabbiato, no» le disse, sedendosi a terra, sui cuscini. Eno si sedette davanti a lui. «Mi sono nutrito molte volte. Lo farò ancora. Non mi importa se mi hai interrotto. Tu sei arrabbiata». Eno annuì. «Sei arrabbiata perché tutti credono che faccia con te quello che faccio con loro. Nessuno si avvicina a te. Nessuno ti fa i complimenti che brami. Qualcuno prova pietà nei tuoi confronti, ma per lo più non fanno caso alla schiava che mi scalda il letto. Sei invidiosa di quelle donne, perché mi nutrono. Sei gelosa di me». «Sì» disse Eno, semplicemente. «Credi di sapere com’è stare con un uomo, ma pensi che con me sarebbe diverso perché... perché mi hai guardato». «Sì» ripeté Eno. «E sarebbe diverso, perché io sono diverso. Ma può essere diverso anche con un altro. lo sai. Solo che hai paura. Non hai lasciato avvicinare nessuno, non il contrario. Non si avvicinano a te perché tu li tieni a distanza». Eno ci pensò per qualche secondo. «Sì» finì per dire. «E pensi al giorno in cui ti ho guarita e credi di rivolere quello. Sono passati quasi tre anni, Eno». Lei chinò appena la testa. «Lo so. Ma non potrà esserci nessun altro». «So che non potrà esserci nessun altro» rispose lui, tranquillamente. «Ti ho presa perché fossi mia e mi hai seguito di tua volontà. Non è previsto che ci sia qualcun altro». «Ma non ho nemmeno te» mormorò lei. «Mi avrai. Sto aspettando». Eno sbatté lentamente le palpebre. «Che cosa stai aspettando?». «Che tu non sia più così giovane». Lei rise amaramente. «Non sono più così giovane. Quanti anni vuoi che abbia?». Tyr le sfiorò una guancia, in uno dei suoi rari momenti di tenerezza. «Anni? No, io ho più di duemila anni, piccola Eno. Per me voi siete tutti ugualmente giovani. A un certo punto vi considero adulti. Vi considero adulti quando siete in grado di decidere da soli. Alcuni non ne sono mai in grado». «Sono in grado di decidere da sola» disse lei, aggrottando la fronte. «Molto bene. Allora puoi avermi quando decidi di prendermi, non ti pare?». Eno esitò. Aveva sempre pensato che sarebbe stato lui a prendere lei, non vice versa. «Ma ti ho già presa. Ti ho raccolta dal ciglio della strada. Ti ho curata. Ti ho nutrita e vestita. Ti ho portata con me. Ti ho insegnato. Non posso spingermi oltre, senza diventare un altro al-Badr Shan». Nell’udire quel nome, Eno sobbalzò. Non l’aveva mai pronunciato. Non sapeva neanche che lo conoscesse. «Naturalmente lo conosco. So ogni cosa. L’ho vista nella tua mente. L’ho vista nel tuo corpo. Hai dei segni, sulla schiena». Eno chinò la testa, sconfortata. Così lui sapeva tutto di lei, ogni più piccola cosa... «Hai ragione, ho paura» sussurrò. «Posso avere di nuovo il tuo sangue?». Non poteva avere altro, di lui. Tyr le accarezzò di nuovo la guancia. «Se ti darò il mio sangue, poi vorrai anche tutto il resto. Vorrai essere deflorata per la seconda volta, quella definitiva, e non me lo perdonerai». «Puoi non farlo» obbiettò lei. «Posso non farlo» confermò lui. «E poi mi odierai». Eno annuì di nuovo, mentre una luce accecante le invadeva la mente. «Sì, ti odierò» disse. Lo spinse all’indietro, sui cuscini. Lui glielo lasciò fare, dato che Eno sapeva benissimo quanto potesse essere inamovibile, se solo decideva di esserlo. Cadde sulla schiena e lei si stese sopra di lui. «Dammi il tuo sangue» ordinò. Tyr le lanciò una lunga occhiata. Un’occhiata triste, le parve. «Anche questa è una decisione» ammise. Aprì leggermente la bocca e denudò le sue piccole zanne. Si morse delicatamente un dito, per poi portarlo alle sue labbra. Eno leccò via ogni goccia. «Ancora» sussurrò, mentre il formicolio del piacere iniziava a invaderla come un’onda lenta. Tyr si morse di nuovo e di nuovo lei leccò via in suo sangue. Calore. Calore in ogni parte del corpo. Eno sentì i propri capezzoli farsi duri e sensibili, la propria schiena inarcarsi, il proprio sesso dischiudersi. «Ancora» sussurrò, vicino all’orecchio di lui. Di nuovo, Tyr la fece bere. Il piacere crebbe fino a rasentare il dolore. Eno sentì che i propri umori le inondavano le cosce, mentre i suoi fianchi si tendevano e il suo respiro accelerava. Sentì il corpo di Tyr sotto il proprio. Sentì il suo membro, eretto, premerle tra le cosce. Si strofinò contro di lui, gemendo sotto voce. «Ancora» gli disse. Tyr si morse per la quarta volta. Eno gli leccò le dita della mano ben oltre il necessario, assaporandole, succhiandole. Il piacere la riempiva completamente, infiammandola. Strofinò il ventre contro il sesso eretto di lui, ansimando. «Riempimi» mormorò. Tyr le accarezzò i capelli. «No, piccola Eno. Vuoi essere sola. Vuoi odiarmi e abbandonarmi». Eno gli posò una mano tra le cosce. Poi gli scostò il djellabah per sentire la sua pelle. Accarezzò il suo membro, levigato e duro. «Ti voglio» mormorò. «No, non è vero» disse lui, tranquillamente. «Dammi altro sangue». Tyr si morse e le avvicinò le dita alla bocca. Eno succhiò forte, digrignando i denti. Si mosse sopra di lui, scossa dal piacere. Si strofinò, sentendo il suo corpo sotto al proprio. Strinse le gambe attorno ai suoi fianchi, premette il proprio sesso sul suo. Il piacere la attraversò come un brivido, facendole emettere un suono disarticolato. Serrò una mano sulla sua spalla, raggiungendo l’apice. «Oh, Tyr» mormorò, vicino al suo orecchio. «Piccola Eno...» sorrise lui. Un sorriso triste e distante. Lei scivolò al suo fianco. Così lui non l’aveva presa, proprio come aveva detto. Così l’aveva lasciata a contorcersi sopra di lui. Senza morderla. Senza penetrarla. «Già. Chissà che sapore hai» considerò lui. «Non potrai mai saperlo» disse lei, con un certo rancore. Si scostò da lui. Tyr si strinse nelle spalle, come a dire che non importava. «Addio, Eno. Me l’avevi detto». Si alzò e si aggiustò il djellabah attorno al corpo snello e candido. «Che cosa ti avevo detto?» gridò lei, mentre lui si allontanava. Tyr si voltò appena e la guardò da sopra la propria spalla. «Di preferire la morte a me».
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