Capitolo 1

3236 Words
Victor  È troppo facile dire direttamente chi sono, ognuno di noi è il risultato delle proprie azioni, posso essere chiunque per gli altri e lo stesso per me stesso.  A seconda di come mi sono comportato nei confronti di una persona questa definirà quello che crede che io sia.  Ho sempre più voglia di non essere che di essere.  Così non potrei essere pensato.  Quando mi chiedono: "chi sei ?" Rispondo dicendo: "chi vedi davanti a te?" Ho una mia considerazione della vita.  Ho una mia considerazione del mondo che è diversa rispetto a quella che hanno gli altri. Questo non mi rende né migliore né peggiore ma mi rende diverso, diverso non uguale ne simile.  Non ho bisogno di nessuno, solamente di me stesso.  La vita spesso è crudele senza un motivo, i miei pazienti ne sono una dimostrazione.  Anche la mia vita lo è stato, nonostante esternamente può sembrare tutto sia perfetto ma in realtà vivo in una gabbia d'oro che mi sono costruito piano piano con le mie stesse mani. Ho annientato la mia libertà. Il mio lavoro mi ha concesso lusso,lustro ma è anche una prigione fatta di galanteria, maschere, falso perbenismo e regole etiche.  La mia scappatoia quale poteva essere da tutto questo? Un locale di burlesque a nord di Seattle. Dove nessuno sa chi sono, dove tutti mi chiamano Knight e indosso una maschera perché nel mio locale c'è una sola regola ed è quella di indossare una maschera. Questa regola è a favore di molti uomini a che si nascondono non solo di giorno dietro i loro moralismi ma anche di notte dentro quel locale. Perché costringere anche la clientela ad indossare le maschere?  Per far calare il sipario e rendere l'uomo libero dalle inibizioni.  Con una maschera tutti si sentono più sicuri,  più liberi.  Ci si nasconde dietro qualcosa che si crede di non essere ma si è realmente.  Siamo tutti demoni bramosi di caos e di peccato.  I miei clienti come me cercano una scappatoia ma non vogliono rischiare troppo e con questa regola nessuno rischia e tutti ricavano solo del puro piacere.  Cosa c'è di più bello di un corpo definito e sensuale che si muove a ritmo di musica, indossando abiti succinti e sensuali. Le ragazze che lavorano per il Black roses sono accuratamente scelte da me, sono le uniche che mi hanno visto durante i colloqui senza maschera e hanno tutte l'obbligo di firmare un patto di segretezza sulla mia identità, vedono il mio volto ma nessuna di loro conosce il mio vero nome o sa cosa faccio. Passano tutte da me, oppure sono io a passare attraverso loro .  Ognuno interpreta come vuole ciò che dico, alla fine l'unico a sapere la verità sono e resterò per sempre IO.  Non c'è parola che possa esprimere meglio l'egocentrismo che domina l'animo umano. Io, due lettere così pure che scivolano con decisione sulla lingua.  Il nome Black roses rimanda alla perdizione, il significato della rosa nera è che l'oscurità regna sovrana.  Giocare con l'oscurità ci rende mostri che la abitano, ci rende cacciatori del proibito. Non c'è posto per la luce.  Non voglio che ci sia posto per la luce.  Il mio locale è il luogo dove tutto ciò che deriva dall'Es è lecito.  Ogni desiderio proibito diventa possibile. Resto fermo in silenzio picchietto con un dito sul mio bicchiere in cristallo che fino a qualche secondo fa era ricolmo di whisky, ora ce ne è solo il fondo. Mi sollevo dalla sedia in pelle e girovago con fare pensoso all'interno dell'ufficio in attesa che la mia segretaria mi porti le cartelle cliniche dei miei prossimi casi.  Meredith, la mia segretaria, porta le cartelle con aria stanca nella mia stanza. Indossa un tailleur dai colori tenui. I capelli argentei sono legati dietro alla sua nuca in uno chignon. Gli occhiali da vista sono leggermente scesi. Cammina in maniera decisa, sono anni che lavoriamo insieme, ormai si è abituata alla mia aria intimidatoria.  "Dottor. Horwell queste sono le cartelle che le passa il dottor. Hurt, sono tutti i pazienti che hanno deciso di passare da lei"asserisce con tono risoluto. Afferro le tre cartelle e mi poggio sulla scrivania.  "Grazie"ribatto con tono di cortesia. Sorride e si allontana leggermente dal punto in cui si trova. Mantiene sempre una certa distanza da me, come se avesse paura. Si porta le mani in grembo e abbassa lo sguardo. Per essere ancora qui, deve avere una richiesta. "Cosa le serve?"domando con cautela. Ci manca solo che scappi via urlando che sono un mostro. Forse poi non si è così tanto abituata ai miei modi e alla mia austerità.  "Volevo chiederle se potevo tornare a casa..."biascica con tono basso e remissivo.  "Certo, il suo turno è terminato"ribatto.  "Buona serata signor Horwell."Sorride cordialmente e abbandona il mio studio il più velocemente possibili.  Al contrario dei miei pazienti che non voglio mai andare via, lei scappa. È davvero esilarante.  Non mi ha mai trovato ubriaco, ne tantomeno ho avuto comportamento compromettenti di qualsiasi genere che possa determinare il suo comportamento, eppure lei fugge. Ammetto di essere molto austero e enigmatico ma è l'aspetto della maggior parte dei medici del mio reparto.  I migliori, sono sempre i peggiori dentro.  Non sono l'unico ad avere qualche problema. Siamo esseri umani e fra le costanti della nostra specie ci sono problemi e emozioni.  Molto spesso gli uni sono collegati alle altre. Molti problemi nascono dai nostri stati d'animo.  Le emozioni spesso possono diventare martellanti e persistenti nel tempo, questa condizione duratura ci porta ad avere dei problemi.  L'ansia, la paura o il dolore tre grandi maestri dell'arte dei problemi della psiche. I ricordi sono sempre intrisi da un emozione forte che ci porta ad avere un guasto nella nostra mente.  Ciò che causa il guasto in alcuni casi viene rimosso in altri no, ma in ogni caso è necessario una cura per rimuovere il parassita che ci rende instabili.  Lascio che la realtà sia tale e distrugga i sogni.  Sono pur sempre un medico, devo essere il profeta della parola della scienza, non posso credere in falsi miti e credenze come l'amore o i sogni.  Dispongo le altre cartelle nel cassetto della mia scrivania e subito dopo la chiudo a chiave. Nessuno tranne me deve mettere mani sui dati.  Sbruffo e mi massaggio la fronte. Deve trovare una nuova barista per il Dark roses. Quella precedente ha deciso di abbandonare la nave stanca del troppo marciume.  Il peccato come tutto stanca, non stanca i diavoli, non stanca me.  Questo fa di me un diavolo sulla terra? Forse. Non vivo di certezze ma di incertezze.  La mia vita è un incognita.  Non potrebbe essere altrimenti.  Ogni cosa e diversa rispetto a qualche secondo prima.  Cambio e muto continuamente.  Il mio temperamento non è mai lo stesso.  Ma c'è una costante il mio cinismo e razionalismo.  La ragione domina dove non c'è sentimento e io sono privi di sentimenti.  Vivo con la mia ragione di giorno, di notte vivo di istinti e piacere.  La vita è un'unica e io ho già sofferto abbastanza al primo giro.  Metodicamente ho compiuto le solite azioni. Chiuso lo studio e mi sono infilato nell'ascensore che lentamente scende percorrendo i piano.  Mi trovo esattamente all'ultimo piano dell'ospedale.  La mia posizione di supremazia mi fa sentire un Dio.  Come un Dio abito il cielo.  Sorrido dei miei stessi pensieri ed esco dall'edificio. Entro nella mia unica bambina, una Bugatti la voiture Noire, l'unico modello parcheggiato davanti all'ospedale è il mio.  Come risuona in maniera soave la parola noire differentemente da Black che un tono più aspro. Entro in macchina per poi, in poco tempo, sfrecciare sulla strada diretto verso casa.  Stasera non passerò dal locale, non è contemplata nella mia routine la mia presenza nel locale.  Alle 23 devo essere a casa e a mezzanotte dovrò gustare il mio quarto bicchiere di whisky.  La mia routine determina il mio equilibrio ma mi priva di ogni forma di libertà.  Mentalmente ricompongo ciò che devo fare, domani mattina ho un incontro e domani sera inizierò a fare i colloqui con le ragazze. Spero di trovare una sostituta al più presto. Devil non se la cava molto bene al bancone. È una meraviglia per gli occhi ma non ha le giuste abilità per servire al bancone, la sua voce stridula è una condanna a morte per le orecchie. Gli uomini vengono al Black roses per fare, non per ascoltare. Alla fine chi ascolta le promesse pronunciate da una donna ? Le loro parole hanno il mero scopo di incantare e manipolare e io non mi lascio incantare.  Non mi lascio manipolare, ne raggirare.  Le donne per me sono solo delle ninfe che accompagnano le miei notti con il suono soave dei loro corpi che sbattono contro il mio. Non c'è altro, nessun contatto, non voglio nessun tipo di legame. Preferisco essere solo, dare conto solo a me stesso e nessun altro.  Gli uomini come me non possono avere nessuno accanto.  Il motore della macchina romba nel silenzio della zona. Noto il mio cellulare illuminarsi compare il nome di Malcom. Io e Malcom abbiamo un rapporto simile all'amicizia. È a capo di un'impresa edile. Rispondo alla chiamata e collego la chiamata attraverso il Bluetooth all'audio della macchina.  "Dove sei? Ti sto aspettando nel locale!" domanda divertito.  Lui come tutti, non sa che il del Balck roses è di mia proprietà.  "Sto andando a casa, solo" preciso prima che mi chieda se sono o meno in compagnia. Svolto verso il viale che mi porterà a casa. Apro il cancello ed entro. Sfreccio dritto verso il garage e fermo la mia macchina dentro.  "Io no, se vuoi c'è abbastanza compagnia per entrambi"prosegue. Immagino già che con lui ci sia più di una ragazza.  "No, mi ritrovo costretto a declinare la tua offerta, sarà per un'altra volta"concludo.  "Se cambi idea sai come trovarmi."  Chiude la chiamata e scendo dalla macchina. Le luci nel garage si accendono accecandomi.  Sono talmente abituato al buio che la luce inizia ad infastidirmi.  Apro la pota di casa e salgo le scale in legno che mi portano al piano superiore. Una villa indipendente in stile antico, il sogno di mia madre. Lo penso spesso quando entro dentro casa.  Ci sono due stanze che prediligo, la camera da letto e la biblioteca. Penso che per stasera mi recherò nella prima.Non porto mai le donne a casa mia, ritengo che sia uno spazio personale e sacro che non deve essere corrotto. Mi slaccio la cravatta e la poggio sulla poltrona in camera. Mi reco nella mia cabina armadio e scalcio via le scarpe, subito dopo sfilo la camicia. Slaccio la cintura, la fibbia produce un leggero tintinnio la depongo nel cassetto. Resto in boxer e torno in stanza. Intravedo il mio riflesso nello specchio e mi soffermo qualche secondo a guardare il mio riflesso.  Ho i capelli spettinati, le occhiaie e la barba decisamente ispida.  Sul braccio sinistro si estende un teschio messicano. Rappresenta il potere, l'uso della ragione, l'esorcizzazione della morte ed è anche un modo per intimidire. Dalla bocca del teschio esce un serpente che si estende fino all'avambraccio e si attorciglia in diverse spirali attorno al mio polso.  Sono legato in maniera indissolubile al mio passato e al peccato.  Ci sono cose che non posso cancellare perché sono già avvenute, ci sono ricordi che faranno per sempre parte di me e non posso fare niente per cambiarli.  Ciò che sono ora, lo devo solo a me stesso. Lancio uno sguardo fugace verso alla cicatrice sul collo, distolgo immediatamente lo sguardo e tento di concentrarmi sul presente.  Mi guardo dritto negli occhi attraverso il mio riflesso.  Un mostro di bell'aspetto, non sono altro se non questo.  Non ho nulla da offrire al mondo e il mondo credo che mi abbia già offerto abbastanza! Cammino fino al soggiorno e dopo essermi versato un bicchiere di whisky, collasso sulla poltrona in velluto nero.  Ho una vita abbastanza difficile che mi stanca ogni giorno.  La mia gabbia è munita anche del dolce anestetico dei ricordi che mi assalgono ogni qualvolta decido di chiudere gli occhi.  Ragion per cui usufruisco di poche ore di sonno. Non c'è peggior nemico della memoria, conserva tutto e con estrema accuratezza, che tu lo voglia o no, gli eventi sono dentro di te, nella tua mente e cogitano quale sia il momento migliore per assalirti.  Diana  Sono sempre stata una persona etica e di sani principi, ma ora diventa sempre più difficile restare legati a quei valori positivi che ogni giorno vengono schiacciati da chiunque.  Quando non c'è più alcuna soluzione per mostrare quella parte di te di cui vai tanto fiera, non fai altro che nasconderla.  Nascondo la mia etica,  nascondo la mia bontà  e nascondo la mia morale.  Tutti questi valori per me sono punti di forza per il resto del mondo sono punti deboli.  Nonostante tutto, ho il coraggio di essere me stessa.  La vita e le esigenze spesso ti posso portare a prendere strade che non vorresti prendere ma l'importante, è non perdere mai se stessi ma lottare per esserlo.  Lottare per sopravvivere.  La parola chiave di questa società è duttile. Bisogna sapersi adattare ad ogni situazione e condizione.  Dopo una nottata in bianco preparo l'ennesimo caffè della mattina. Mio padre è già andato a lavoro e ha lasciato alla mamma e a me il solito bigliettino sul tavolo con la scritta: "buona giornata e vi voglio bene". Appena avrò una pausa lo chiamerò. Ogni mattina si alza prima di tutti per recarsi al cantiere dove lavora. Ha fatto sacrifici per permettere a me e mia sorella maggiore l'istruzione a cui ambivamo.  Per laurearmi in lettere ho dovuto lavorare, lavoravo come barista, segretaria, cameriera, finché non sono stata presa come correttrice di bozze nella casa editrice dove tuttora lavoro. Ho bisogno di allontanarmi dalla mia vita che negli ultimi tempi tenta di schiacciarmi. Anche se una parte di me vuole restare qui a continuare a prendersi cura della mia famiglia. Sono l'unica speranza per mia madre, non ho scappatoie.  Non posso abbandonarla anch'io come ha fatto mia sorella.  Non posso fuggire ed essere egoista come ha fatto lei.  La mamma ha bisogno di me ed io in un certo senso ho bisogno di lei.  Non ci sono margini di errore per chi non se lo può permettere e io non mi posso permettere di sbagliare. Soprattutto quando riguarda il lavoro.  Le emozioni hanno lati positivi, perché ti fanno apprezzare da chi ti apprezza, negativi perché sono un punto debole che può essere mirato da chi ti odia.  Sono me in tutta la mia essenza, solo quando accanto a me, c'è qualcuno di cui mi posso fidare. Credo che nemmeno i miei ex abbiano mai visto la mia parte sensibile.  Osservo la mia macchina ferma e ricolma di brina sul parabrezza, probabilmente accumulata la notte precedente, spero con tutta me stessa che parta. Sono già in ritardo rispetto alla tabella di marcia.  Esco fuori e apro lo sportello che produce un leggero cigolio. Devo portare l'auto in revisione ma non ho mai tempo, nessuno ha mai tempo in questa famiglia di fare qualcosa! Mi avvicino al parabrezza ed estraggo una carta sconti presa dal mio borsellino e inizio a togliere via la brina.  Ora mi attende una corsa degna della formula uno per arrivare in orario a lavoro. Ma io non partecipo con una Ferrari, ma con una vecchia ferraglia che perderà pezzi sulla strada. Ma va bene questi sono dettagli irrilevanti.  Fa freddo, molto freddo e prego in tutte le lingue che non nevichi in questo esatto momento. Anche se suppongo che il cielo giusto per farmi un dispetto deciderà di opporsi alle mie umili richieste!  Entro in macchina con le mani intorpidite,le dita sono diventate fredde e rigide come bastoni. Giro la chiave nel quadro e con mia grande gioia la macchina si accende dopo un paio di rumorosi singhiozzi. Andiamo a schiantarci!  Visto che la strada sarà piena di ghiaccio!  Ora mi tocca solo mettere la retromarcia e uscire dal vicolo di casa. Appena inizio a fare manovra l'anziana signora che vive accanto a noi, la signora Stuart, decide di suicidarsi e passarmi da dietro! Freno di botto, facendo finire in avanti i nostri corpi.  Appena l'anziana nonnina sparisce dalla mia vista, ripendo a fare manovra con un'accelerata esco dal vicolo e mi metto sulla strada.  Devo percorrere dieci chilometri in otto minuti, durante l'ora di punta! Non arriveremo mai!  Fisso la strada con attenzione per magari un gatto nero decide attraversare la strada questa mattina!  "Quindi non hai avuto modo di dirle altro?"domanda Cloe entrando nel mio ufficio con un caffè fumante.  Spesso mi domando come siamo finite io e Cloe a lavorare per lo studio di un troglodita, misogino, che odia noi più di ogni altra donna. Forse perché abbiamo rifiutato entrambe le sue avance!  "No, consoci mia sorella! Stavo discutendo con lei sulle condizioni di nostra madre e ha agganciato!" Mi porto una mano sulla fronte con fare esasperato e la massaggio.  Nel frattempo osservo i numerosi manoscritti sulla mia scrivania e il mal di testa aumenta. Pagine e pagine da analizzare e correggere.  "Stasera usciamo con il resto del gruppo per bere qualcosa. Vieni?"domanda inarcando un sopracciglio. "È venerdì, ed è tuo dovere venire con noi!"aggiunge per rafforzare il fatto che la sua sia più in imposizione che una domanda.  "Ci sarò. Dove andiamo?"domando incuriosita.  "Un locale che ha trovato Landom"ribatte facendo spallucce.  "Spero che non ci porti nell'ennesimo locale gay. Altrimenti questa volta chi diavolo se la sopporta Kendall, tutta la sera che si lamenta per la mancanza di uomini etero"proseguo girando gli occhi al cielo.  "Qualsiasi cosa per noi andrà bene. Kendall si dovrà adeguare, si è adeguato Ethan e lo farà anche lei"ribatte.  Se qualcuno ci dovesse osservare dall'esterno sembriamo uno di quei gruppi mal assortiti ma in realtà non è così, siamo uniti come fratelli, conosciamo tutti i nostri difetti, che sono quelli più difficili da accettare.  "Allora ci vediamo durante la pausa pranzo, devo mettermi a lavoro se proprio voglio finire."  Indico le numerose cartelle poggiate sulla scrivania.  "Non svanire mentre leggi qualche libro"mi schernisce.  "Se potessi lo farei"ribatto scuotendo la testa. Mi alzo in piedi e la accompagno alla porta, se non facessi così non uscirebbe da questa stanza e entrambe finiremmo per non combinare nulla oggi.  "Forza Cloe, è il momento di uscire." Le spingo gentilente la schiena e lei di rimando mi fa una linguaccia infantile. La butto fuori e chiudo la porta con uno scatto. Poggio la schiena contro il legno massiccio e fisso quei plichi in attesa di capire da dove iniziare. Penso che inizierò dal romanzo di quella scrittrice emergente di cui ho letto già qualche altro libro valido che abbiamo pubblicato.  Adoro immergermi nei libri,  mi sembra di sognare un po' mentre sono ancora nella realtà.  Vivo altre vite,   vedo con altri occhi,  penso con altre menti.  Posso essere altro da me,  posso essere chiunque io voglia,  posso vivere in qualsiasi epoca,  posso fare qualsiasi lavoro,  posso essere felice o triste.  Posso vivere mille vite senza allontanarmi dalla mia scrivania,  posso sognare che il mondo sia migliore di quello che è.  Posso credere che a volte ci possa essere un finale lieto per tutti.  Ognuno di noi si merita il suo lieto fine, io lo vivo attraverso i libri.

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