D U E-1

2005 Words
D U E Camminiamo a passo spedito sulla neve e sono sempre più in ansia man mano che il cielo si fa più scuro e sento il passare del tempo. Mi guardo le spalle e vedo le mie impronte sulla neve, e più in là, Ben e Rose sulla barca fluttuante che ci guardano con gli occhi spalancati. Rose si stringe a Penelope, che è altrettanto spaventata. Penelope abbaia. Mi sento male a lasciarli tutti e tre là, ma so che la nostra missione è necessaria. So che possiamo recuperare cibo e provviste che ci saranno d’aiuto, e credo che abbiamo un buon vantaggio sui mercanti di schiavi. Corro verso il capannone arrugginito, coperto di neve, apro con forza il portone piegato, sperando che il pickup che vi avevo nascosto anni fa sia ancora lì. Era un vecchio pickup arrugginito, ridotto malissimo, più rottami che auto, con solo mezzo quarto di tanica di benzina rimasto. Mi ci sono imbattuta un giorno, in un fossato sulla Route 23, e lo nascosi con cura qui lungo il fiume, nel caso ne avessi avuto bisogno. Ricordo di essere rimasta sorpresa quanto si mise in moto. La porta del capannone si apre con un cigolio, ed eccolo lì, nascosto per com’era il giorno che lo portai, ancora coperto di fieno. Di colpo mi sento sollevata. Faccio un passo indietro e scrollo via il fieno, e sento freddo alle mani come tocco il metallo ghiacciato. Vado nel retro del capannone e apro le porte del fienile, facendo entrare la luce. “Bella macchina” dice Logan mentre cammina dietro di me, osservandolo. “Sicura che vada?”. “No” rispondo. “Ma casa di mio papà e a venti chilometri buoni e non è che possiamo raggiungerla a piedi”. Dal tono della sua voce posso dire che non è contento di essere qui, che vorrebbe tornare alla barca e risalire il fiume. Salto al posto di guida e cerco la chiave per terra. La sento, è nascosta in fondo. Giro la chiave, faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi. Ti prego, Dio. Ti prego. All’inizio non succede niente. Mi si gela il sangue. Ma provo e riprovo, giro sempre più, e lentamente inizia a prendere. Dapprima è un suono lieve, come quello di un gatto che sta morendo. Ma insisto, giro e rigiro, sperando che magari prenda meglio. Dai, dai. Finalmente prende per bene, e s’accende. Rantola e borbotta, è chiaramente vicino alla sua fine. Ma quantomeno va. Non posso fare a meno di sorridere rinfrancata. Funziona. Funziona davvero. Possiamo arrivare a casa mia, seppellire il cane e prendere del cibo. Voglio pensare che che Sasha ci guarda dall’alto e ci aiuta. Forse anche papà. Si apre lo sportello passeggero e salta dentro un’euforica Bree, che si precipita sull’unico sedile in polivinile, proprio accanto a me, mentre Logan salta dietro di lei, chiudendo lo sportello e guarda davanti. “Cosa stai aspettando?” dice. “Il tempo passa”. “Non devi dirmelo due volte” rispondo in modo altrettanto brusco. Metto la marcia e do gas, uscendo a marcia indietro dal capannone, sulla neve, sotto il cielo pomeridiano. All’inizio le ruote girano un po’ a vuoto sulla neve, ma come accelero di più prendiamo un po’ trazione. Procediamo, sterzando con le gomme lisce attraverso un campo pieno di buche, sobbalzando di continuo. Ma proseguiamo dritto, ed è l’unica cosa di cui m’importa. Arriviamo velocemente a una piccola strada di campagna. Sono davvero contenta che la neve si sia sciolta per tutto il giorno — altrimenti non ce l’avremmo mai fatta. Iniziamo a guadagnare a velocità. Sono sorpresa dal pickup, che sembra andare meglio man mano che si riscalda. Tocchiamo quasi i 65 all’ora mentre avanziamo sulla Route 23 in direzione ovest. Continuo a dare gas, fino a quando non prendo un tombino, e me ne pento. Sbattiamo tutti la testa. Rallento. È quasi impossibile vedere i tombini nella neve, e mi ero scordata quanto fossero diventate brutte queste strade. È inquietante essere di nuovo su questa strada, diretta verso quella che una volta era casa. Mentre ripercorro la strada che avevo preso per inseguire i mercanti di schiavi cominciano a riaffiorare i ricordi. Ricordo la corsa in moto con la paura di morire, e cerco di non pensarci. Procedendo ci imbattiamo nel grosso albero caduto in strada, adesso coperto di neve. Riconosco che è l’albero che era caduto sulla strada bloccando il cammino dei mercanti di schiavi, merito di un sopravvissuto sconosciuto che ci stava osservando. Non posso fare a meno di chiedermi se in questo momento ci sono altre persone là fuori, magari che ci stanno guardando. Guardo da lato a lato, perlustrando gli alberi. Ma non vedo alcun segno. Stiamo procedendo in tempo e con mio sollievo niente sta andando storto. Non mi fido. È come se fosse tutto troppo facile. Do un’occhiata all’indicatore della benzina e mi accorgo che non ne abbiamo usata troppa. Ma non so quanto sia esattamente, e per un attimo non sono sicura se basterà a portarci avanti e indietro. Mi chiedo se non è stata un’idea stupida quella di provarci. Finalmente lasciamo la strada principale per la stretta e ventosa stradina di campagna che ci porterà su in montagna, a casa di papà. Sto ancora più allerta mentre ci mettiamo a girare per la montagna, con i ripidi strapiombi che si susseguono sulla mia destra. Guardo fuori e non posso fare a meno di notare l’incredibile vista che ricopre l’intera area delle Catskill. Ma il dirupo è ripido, la neve è più spessa quassù, e so che una curva sbagliata, una slittata di troppo e questo vecchio ammasso di ruggine finisce dritto fuori strada. Con mio stupore, il pickup resiste. È come un bulldog. Il peggio passa nel giro di poco, e dopo una curva scorgo di colpo la nostra vecchia casa. “Hey! Casa di papà!” urla Bree euforica. Anch’io mi sento sollevata nel vederla. Siamo arrivati, e nel tempo giusto. “Vedi” dico a Logan ”non era la fine del mondo”. Logan non sembra sollevato però; la sua faccia è tutta una smorfia, e lui sta in guardia a controllare gli alberi. “Siamo arrivati fin qua” brontola. “Non siamo ancora tornati indietro”. C’era da aspettarselo. Non ammette che aveva torto. Mi porto di fronte a casa nostra e vedo le vecchie tracce dei mercanti di schiavi. Mi riporta alla mente tutti i ricordi, tutto il terrore che ho provato quando hanno preso Bree. Allungo il braccio e glielo metto sulla spalla, stringendola stretta, e intanto penso che non la lascerò mai più andare via da me. Spengo il motore e saltiamo tutti giù dirigendoci rapidamente verso la casa. “Scusa il disordine” dico a Logan mentre gli passo davanti per arrivare alla porta d’ingresso. “Non aspettavo ospiti”. Suo malgrado, trattiene un sorriso. “Ha ha” dice acidamente. “Devo togliermi le scarpe?”. Senso dell’umorismo. Mi stupisce. Come apro la porta ed entro, svanisce di colpo qualsiasi senso di umorismo. E appena vedo ciò che mi sta davanti, sento il cuore in gola. C’è Sasha stesa per terra, col sangue secco e il corpo rigido e gelato. Pochi passi più in là c’è il corpo del mercante di schiavi che Sasha aveva ucciso, anch’esso congelato sul pavimento. Guardo la giacca che ho addosso — la sua giacca — i vestiti che ho addosso — i suoi vestiti — gli stivali — i suoi stivali — e provo una strana sensazione. Mi sembra di essere il suo doppione. Logan mi guarda e deve aver capito anche lui. “Non hai preso i suoi pantaloni?” domanda. Guardo in basso e mi ricordo di non averli presi. Era troppo. Scuoto la testa. “Stupida” dice. Ora che mi ci fa pensare, mi rendo contro che ha ragione. I miei vecchi jeans sono freddi e bagnati, appiccicati. E anche se io non li voglio, potrebbero servire a Ben. È un peccato sprecarli: dopo tutto, si possono benissimo usare. Sento un pianto soffocato e vedo Bree che guarda Sasha. Mi si spezza il cuore a vederle fare questa faccia, tutta corrucciata, mentre fissa il suo vecchio cane. Cammino verso di lei e le metto un braccio attorno. “È tutto okay, Bree” le dico. “Guarda da un’altra parte”. Le dò un bacio sulla fronte e provo a farla girare, ma mi spinge via con sorprendente forza. “No” dice. Fa un passo avanti, si mette in ginocchio e abbraccia Sasha sul pavimento. Le mette il braccio attorno al collo e si china per baciarla sulla testa. Logan e io ci scambiamo un’occhiata. Nessuno di noi sa cosa fare. “Non abbiamo tempo” dice Logan. “Seppelliscila e muoviamoci”. M’inginocchio accanto a lei, mi chino e accarezzo la testa di Sasha. “Andrà tutto bene, Bree. Sasha è in un posto migliore ora. È felice. Sentito?”. Le lacrime le cadono dagli occhi, alza le braccia, fa un respiro profondo, e se le asciuga con il dorso della mano. “Non possiamo lasciarla qui così” dice. “Dobbiamo seppellirla”. “Lo faremo” le dico. “Non possiamo” dice Logan. “Il terreno è del tutto ghiacciato”. Guardo Logan più infastidita che mai. Soprattutto perché mi rendo conto che ha ragione. Avrei dovuto pensarci. “Allora cosa suggerisci?” domando. “Non è un mio problema. Io starò di guardia fuori”. Logan si gira e se ne esce, sbattendosi la porta dietro. Mi volto verso Bree, cercando di ragionare velocemente. “Ha ragione” dico. “Non abbiamo tempo di seppellirla”. “NO!” urla Bree. “L’hai promesso. L’hai promesso!”. Ha ragione. L’ho promesso. Ma non ci avevo pensato bene. Il pensiero di lasciare Sasha qua così mi uccide. Ma non posso rischiare le nostre vite. Sasha non lo vorrebbe. Mi viene un’idea. “Che ne dici del fiume, Bree?”. Si volta e mi guarda. “Che ne dici di darle una sepoltura in acqua? Sai, come fanno per i soldati che muoiono con onore?”. “Quali soldati?” domanda. “Quando i soldati muoiono in mare, a volte li seppelliscono in mare stesso. È una sepoltura d’onore. Sasha amava il fiume. Sono sicura che sarebbe felice là. Possiamo portarla giù e seppellirla lì. Andrebbe bene?”. Ho il cuore che batte fortissimo mentre sto in attesa della risposta. Stiamo sforando il tempo previsto, e so quanto può essere cocciuta Bree se c’è qualcosa a cui tiene. Per fortuna, annuisce. “Okay” dice. “Ma la porto io”. “Credo pesi troppo per te”. “Non me ne vado senza averla portata” dice, con gli occhi che si riempiono di caparbietà mentre si alza e mi guarda in faccia, con le mani sui fianchi. Capisco dai suoi occhi che non lascerà fare in altro modo. “D’accordo” dico. “Portala tu”. Stacchiamo entrambe Sasha dal pavimento, dopodiché mi metto a perlustrare la casa alla ricerca di qualcosa da recuperare. Vado di corsa verso il corpo del mercante di schiavi, gli tolgo i pantaloni, e nel farlo sento qualcosa nella sua tasca di dietro. Rimango positivamente sorpresa nello scoprire dentro qualcosa di grosso e metallico. Tiro fuori un piccolo coltello a scatto. Sono elettrizzata e me l’infilo in tasca. Do una rapida occhiata al resto della casa, correndo di stanza in stanza, cercando qualsiasi cosa possa essere utile. Trovo qualche vecchio sacco di iuta vuoto e li prendo tutti. Ne apro uno e ci metto dentro il libro favorito di Bree, L’Albero, e una copia del Signore delle Mosche. Corro verso l’armadio, afferro le candele e i fiammiferi rimasti e li infilo dentro. Corro attraverso la cucina e poi fuori verso il garage, con le porte ancora spalancate da quanto hanno fatto irruzione i mercanti di schiavi. Spero con tutte le mie forze che non si sono messi a cercare nel retro, in fondo al garage, dove c’è la cassetta degli attrezzi. L’avevo nascosta bene, in una rientranza della parete. Corro verso lì e sono sollevata nel vedere che è ancora al suo posto. L’intera cassetta è troppo pesante per portarla tutta, così la frugo e prendo ciò che può servire. Prendo un piccolo martello, un cacciavite e una scatolina di chiodi. Trovo una torcia, con tanto di batteria. La provo, funziona. Afferro un piccolo set di pinze e una chiave, quindi lo chiudo preparandomi ad andare. Mentre sto per correre fuori, qualcosa in alto sul muro cattura la mia attenzione. È un largo cavo per teleferica, tutto arricciato, ben ripiegato e appeso a un gancio. Me ne ero dimenticata. Anni fa, papà lo comprò e lo tirò fra gli alberi pensando che sarebbe stato divertente. L’abbiamo usato una volta e basta, poi lo rimise nel garage. A guardarlo adesso mi sembra possa avere un qualche valore. Salgo sul piano di lavoro, allungo la mano e lo tiro giù, mettendomelo a tracolla su una spalla con il sacco di iuta sull’altra. Esco di corsa dal garage e torno in casa. Bree è ancora là, con le braccia e gli occhi fissi su Sasha. “Sono pronta” dice. Ci affrettiamo verso la porta di casa, Logan si gira e vede Sasha. Scuote la testa.
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