Capitolo 1-2

1988 Words
«Il santuario di mio padre,» asserì lei, incrociando le braccia al petto. La scollatura del suo abito non era esagerata, ma quel movimento le spinse i seni verso l’alto e non potei non notarne i morbidi rigonfiamenti. Sbattei le palpebre, dopodiché distolsi lo sguardo. «Hai intenzione di appenderci pure lui?» le chiesi. Lei spalancò gli occhi a quell’insinuazione, poi rise. Piegò indietro la testa e non potei non osservare la lunga linea del suo collo. Era così fottutamente carina. «Ci ho pensato nel corso degli anni, ma adesso sarebbe il momento giusto, non è vero? Finirà sottoterra tra qualche ora.» La sua voce era profonda e roca. Sexy e sorprendente. «Ti basta dare l’ordine, principessa, e me ne occuperò io.» Lei piegò la testa di lato, scrutandomi. «Mi ricordo di te.» «Anch’io mi ricordo di te.» Il sorriso vacillò. «Il fratello maggiore di Jock.» «Esatto. Jed Barnett. Tu e Jock avete una storia alle spalle.» Era uscita con mio fratello. Probabilmente gli aveva pure donato la sua verginità. Per poi mollarlo, cosa che aveva fatto sì che il suo paparino mollasse un accordo per comprare i terreni dei miei genitori. Lei distolse lo sguardo, ma non sembrò contrita. Sembrò… fredda. «È stato tanto tempo fa. Ho sentito dire che adesso è sposato con due figli.» «Tre,» la corressi. Io potevo anche avere dieci anni più di Jock, ma era lui quello che si era trovato qualcuno e che aveva messo su famiglia. «Ha avuto una bambina ad aprile.» «Sono felice che abbia trovato la donna che doveva amare.» Io mi accigliai di fronte alla sua risposta. Mi ero aspettato qualcosa di un po’ più distaccato. Calcolatore. «Cos’è che vuoi?» mi chiese lei. «Cosa ti fa pensare che io voglia qualcosa?» «Hai mentito ad un prete e mi hai portata qui, Jed Barnett.» Sollevò la mano per indicare una stanza in cui ci trovavamo insieme da soli. «C’è tutta la città qui. La metà sono venuti per vedere gli interni di questa casa.» Mi guardai attorno nell’ufficio esagerato. «L’altra metà è qui per vedere tuo padre in una bara.» «Tu di quale gruppo fai parte?» mi chiese lei, piegando la testa di lato. «Nessuno dei due.» A giudicare da come spalancò gli occhi, quella risposta la colse di sorpresa. «Allora per cosa sei venuto?» «Per te.» La mia risposta fu semplice. Non dovetti dire altro. Era la verità dal momento che stavo obbedendo a Marshall. Avrei potuto raccontargli di quell’incontro privato. Tenerlo soddisfatto per un po’. Per quanto riguardava il scoparmela? Come avevo detto, io non scopavo a comando. Volevo soddisfare North, ma l’avrei fatto solo per me stesso. Di solito non mi eccitavo tanto per una donna. Certo, ero stato con alcune. Chi a quarant’anni non l’aveva mai fatto? Ma quello era diverso. Quella era North Wainright. Sarebbe stata una sfida. Oppure no? Non potei non notare come le si dilatarono le pupille. Oh già, le piacque quella risposta, ma non aveva intenzione di darlo a vedere. Non avrei voluto giocare a poker con lei. «Sul serio?» La scrutai. «Mortalmente serio.» «Hai avuto tredici anni per provarci con me,» ribatté. «Perché adesso? Perché alla veglia di mio padre?» Io mi appoggiai alla porta così che non potesse fuggire, a meno che non fosse uscita dall’enorme finestra col suo abito e i tacchi a spillo. «Mi avresti permesso di accedere alla proprietà?» Lei mi scrutò. «Non lo so. Sei pericoloso?» «Per le tue mutandine.» Una risata accompagnò i suoi occhi che si alzavano al cielo. «Funziona con le altre donne?» Io feci spallucce. Potevo anche essere sotto copertura e immerso in un sacco di fottute menzogne, ma avevo intenzione di essere onesto con lei. Era troppo intelligente per qualunque altra cosa. «Non mi interessano le mutandine delle altre donne. Mi interessano le tue. Nella mia tasca.» Lei si voltò e si guardò attorno nella stanza. «Vuoi darci dentro qui? Non è il posto più» --fece scorrere una mano lungo lo schienale di un divano in pelle trapuntato-- «comodo che ci sia.» «Ti piacerebbe se ti piegassi a novanta sul bracciolo di quel divano.» Lo indicai. «Quella scrivania è proprio all’altezza giusta per fartici sdraiare per divorartela. Io direi che potrei scoparti contro la parete, ma potrebbe essere un po’ troppo affollato con un cervo morto da un lato e un alce dall’altro.» Lei dischiuse la bocca e prese ad ansimare. «Dovrei sollevarmi l’abito e lasciare che ti approfittassi di me solo perché parli sporco?» Io feci spallucce, osservando quell’indumento che probabilmente costava più del mio pickup. «Sto solamente constatando i fatti.» «Di nuovo, perché adesso? Mi verrebbe da pensare che non volessi gli avanzi del tuo fratellino. Non è così che dicono gli uomini?» Io stinsi la mascella. L’idea di Jock, o di qualunque uomo, che le infilasse il cazzo dentro mi fece vedere rosso. Tutto ciò cui riuscivo a pensare era mia. «Tuo padre giace in una bara nell’atrio. Non ho visto gli altri tuoi fratelli, ma East non mi sembrava il tipo da offrirti consolazione. Ho immaginato che potesse servirti una spalla su cui piangere.» Lei rise di nuovo, sebbene non fosse poi tanto divertita. «Perché dovresti consolarmi quando non ho motivo per piangere per la morte di mio padre? E poi, divorarmela è ben diverso dall’offrirmi una spalla su cui piangere.» Era diretta. Mi piaceva. Avrei pensato più tardi al motivo per cui non fosse in lutto per suo padre. «Di qualunque cosa tu abbia bisogno, principessa,» le offrii. Lei assottigliò lo sguardo e mi scrutò. Io rimasi immobile mentre mi faceva scorrere lo sguardo addosso, dalla punta dei miei lucidi stivali da lavoro fino ai miei capelli scuri. «Qualcun altro ti ha chiesto di cosa avessi bisogno?» Ne dubitavo. Aveva quell’aria di rigido controllo. Intoccabile. Lei non rispose, ma visto come tirò indietro le spalle, seppi che la risposta era no. Interessante. Era una principessa, ma si trovava in un’alta torre tutta da sola. «Tipico. Un uomo pensa che una donna possa sentirsi meglio solamente con una scopata. Cosa vuoi fare… sciogliermi con un paio di orgasmi?» Esattamente quello. «L’unica donna che lo metterebbe in dubbio è una che non si fa tante scopate,» ribattei io. Lei arrossì lungo la scollatura del vestito fino alle guance. Si girò dall’altra parte. «Cos’è che vuoi veramente, Jed?» chiese mentre io ammiravo il suo culo perfetto. «Soldi? Un incontro con uno dei miei partner? Un lavoro?» Toccò a me irritarmi. Non ero sicuro se la mia copertura da disgraziato stesse dando i suoi frutti e lei pensasse che mi servisse qualcosa per pagarmi le bollette o se ci avessero semplicemente già provato con lei in passato per quel motivo. «Te l’ho detto.» Lei si girò di nuovo verso di me e mi chiesi come facesse a non inciampare su quei tacchi. Le donne nel Montana non indossavano spesso abiti da lavoro e tacchi a spillo. Quello stato era casual in tutto. Quel look a me andava bene, però. Avrei voluto metterle le mani addosso e offuscare un po’ quella facciata da imprenditrice. «Sei venuto alla veglia per porgere i tuoi omaggi. Mi hai vista, ti è venuto duro e vuoi fare qualcosa al riguardo. Nessun uomo ci prova così spudoratamente.» «Hai ragione. Ti ho vista. Il cazzo ce l’ho decisamente duro.» Il suo sguardo cadde sulla patta dei miei pantaloni prima che spalancasse gli occhi. Già, ce l’avevo grosso. Mi piaceva sapere che fosse rimasta colpita. «Ti voglio. Voglio guardarti venire mentre urli il mio nome.» Lei si accigliò, scrutandomi come se fossi venuto da un altro pianeta, uno in cui gli uomini non pensavano solamente a sé stessi. «Vuoi far venire me.» Toccò a me assottigliare lo sguardo. «Principessa, lo dici come se nessun uomo ti avesse mai messa al primo posto. Non sono sicuro se dovrei pestarli a sangue o ringraziarli.» «Ho avuto degli orgasmi.» Lo disse, poi si morse il labbro come se le fosse sfuggito. Sembrava che a North non piacesse concedere nulla, nemmeno il più piccolo sprazzo di verità sul proprio conto. «Con un uomo?» Lei scrollò una spalla esile. Tirò su col naso e mi guardò dall’alto verso il basso, sebbene io fossi più alto di lei di qualche centimetro. «Chi ne ha bisogno quando delle batterie e del silicone di qualità possono supplire?» Io scossi la testa, scostandomi dalla porta. «È un gran peccato. Una principessa come te dovrebbe cavalcare un cazzo ogni volta che si eccita.» Non rimase sconvolta dalle mie parole. Non mi diede uno schiaffo. Io l’avrei definita una vittoria… fino a quel momento, perlomeno. «E tu sei qui per essere quel cazzo?» «Sei colpita dal mio e l’hai visto solamente dentro ai miei jeans.» Lei esitò, chiuse gli occhi, poi scosse lentamente la testa. «È una follia. Ci sono probabilmente duecento email nella mia casella di posta che attendono una risposta. Il mio assistente è qui da qualche parte, in attesa come un avvoltoio di aggiornarmi su tutti i modi in cui le cose stanno precipitando in ufficio da quando ci ho malapena messo piede dopo aver ricevuto la notizia di Macon. Oltre a questo, ho una casa piena di gente e un cadavere nell’altra stanza.» Un cadavere, non un padre defunto. Io scossi la testa, come se le sue scuse fossero state insulse. Potevo solamente immaginare quanta roba facesse in un giorno. Coi tacchi alti. Mi avvicinai, accarezzandole una guancia. Guardai i suoi occhi azzurri scurirsi. La sua pelle era come seta sotto le mie nocche. Il mio pollice le accarezzò il labbro inferiore, avanti e indietro. Poi, quando lei non mi tirò una ginocchiata nelle palle, chinai la testa e la baciai. Guardai il suo volto fino all’ultimo secondo quando lei chiuse le palpebre. Per un attimo si irrigidì, poi si sciolse come cera al sole. Sapeva di luce e dolcezza, l’esatto opposto dell’immagine che offriva intenzionalmente al resto del mondo. Io non indugiai sebbene baciasse come un fottuto sogno. «Tu sei North Wainright,» mormorai. «Se vuoi il mio cazzo, se lo vuoi adesso, prenditelo. Ti ricordi di me e, a giudicare da come i tuoi capezzoli ti premano contro l’abito, ti è piaciuto ciò che hai visto all’epoca e ciò che vedi adesso. Non ti serve un’assistente che inserisca questa cosa nella tua agenda.» Lei sbatté le palpebre, come a riprendersi da una trance. Poi mi scrutò per un minuto, i suoi occhi azzurri avveduti che scorrevano di nuovo su ogni centimetro del mio corpo, sui i miei jeans e la camicia coi bottoni a scatto, lo Stetson in mano. Voltandosi, andò alla parete piena di fucili e ne afferrò uno dai ganci più bassi. Io indietreggiai, sollevando le mani. Merda, avevo usato l’approccio sbagliato, cazzo. Mi piaceva tenermi le palle attaccate al corpo e sembrava che lei avesse intenzione di rimuoverle con un calibro dodici. Però lei non mi guardò nemmeno. Aprì il fucile per vedere se ci fossero delle cartucce, poi lo richiuse, maneggiandolo come se avesse saputo il fatto suo. Superandomi, spalancò la porta e marciò fuori dalla stanza. Io la seguii a ruota, gli ospiti che le aprivano un varco. Lei andò alla bara di suo padre, sollevò un braccio e abbassò il coperchio con un forte tonfo che si diffuse oltre le porte d’ingresso aperte. In piedi sulla veranda, sollevò il fucile come una campionessa di tiro al piattello e sparò in aria. Il colpo fece tremare i cristalli del lampadario sopra la mia testa. Ci furono alcune urla, un sacco di sussulti e del panico. «La veglia è finita,» esclamò lei. «Tutti fuori.» La gente corse fuori dalla casa come dei ratti sotto un riflettore. Nessuno metteva in dubbio una donna con in mano un fucile alla camera ardente di suo padre. Diamine, nessuno metteva in dubbio North Wainright. Lei si voltò e mi guardò da sopra la spalla, il suo sguardo che incrociava il mio mentre gli ospiti la superavano a fiumi. «Tranne te.»
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