Capitolo I

1043 Words
Capitolo I Il ciclone Dorothy abitava in mezzo alle grandi praterie del Kansas, con zio Henry che era un contadino e zia Em, sua moglie. La loro casa era piccola perché il legno per costruirla era stato portato in vagone da molto lontano. C'erano quattro mura, un pavimento ed un soffitto, che costituivano una stanza e questa stanza conteneva una stufa da cucina dall'aspetto arrugginito, una credenza per i piatti, un tavolo, tre o quattro sedie ed i letti. Zio Henry e zia Em avevano un letto grande in un angolo e Dorothy un letto piccolo in un altro angolo. Non vi era soffitta e neppure cantina, fatta eccezione per un piccolo buco nel pavimento chiamato "cantina del ciclone", dove la famiglia poteva rifugiarsi nel caso arrivasse uno di quei grandi uragani, tanto forti da distruggere qualsiasi costruzione sul suo percorso. Esso era raggiungibile tramite una botola posta al centro del pavimento, da cui una scaletta portava giù nel piccolo buco scuro. Quando Dorothy in piedi sulla soglia di casa si guardava attorno, non poteva vedere altro che la grande prateria grigia che si stendeva da ogni lato. Non un albero e neppure una casa che interrompessero la monotonia di quel paesaggio piatto che raggiungeva il cielo in tutte le direzioni. Il sole aveva bruciato la terra arata rendendola una massa grigia, spaccata da innumerevoli, sottili fenditure. Persino l'erba non era verde, perché il sole aveva bruciato la cima dei lunghi steli fino a farli diventare del medesimo colore grigio che si vedeva ovunque. Un tempo la casa venne dipinta, ma il sole aveva staccato la vernice e la pioggia l'aveva lavata via ed ora la casa era triste e grigia come ogni altra cosa. Quando zia Em era venuta a vivere in quel posto, era giovane e graziosa, poi sole e vento avevano trasformato anche lei; avevano spento la vivacità dei suoi occhi dando loro una tonalità grigia ed avevano scolorito le sue guance e le sue labbra rosse, che erano ora anch'esse grige. Adesso era una donnina magra e smunta che non rideva mai. Quando Dorothy, diventata orfana, era venuta a vivere con lei, zia Em era così spaventata dalle sue risate che urlava e si premeva le mani sul cuore ogni volta che l'allegra voce della bimba raggiungeva le sue orecchie. E anche ora che era passato del tempo, non poteva fare a meno di guardare con stupore la nipotina, chiedendosi di che cosa mai potesse continuare a ridere. Neanche zio Henry rideva mai. Lavorava senza sosta da mattina a sera e non sapeva cosa fosse l’allegria. Anche lui era tutto grigio, dalla lunga barba alla punta degli stivali, aveva una aria solenne e severa e parlava raramente. Dorothy era riuscita a non diventare spenta e grigia specialmente per merito di Toto, un cagnolino nero, dal pelo lungo e lucente come seta, occhi neri e vivacissimi, un naso buffo e tanta voglia di giocare. Lei ci giocava tutto il giorno e gli voleva un bene dell’anima. Quel giorno, però, i due non giocavano. Zio Henry, seduto sulla soglia, scrutava preoccupato il cielo più grigio del solito. Dorothy, accanto a lui, con Toto in braccio, guardava il cielo lei pure. Zia Em stava lavando i piatti. Poi da nord giunse improvviso il cupo ululato del vento e zio e nipote videro l’erba della prateria ondeggiare e incurvarsi. Subito dopo un altro ululato si alzò da sud e l’erba si curvò e ondeggiò in quella direzione. Zio Henry balzò in piedi. «Em, sta per scatenarsi un ciclone!» gridò alla moglie. ­«Vado a vedere le bestie.» E corse verso il recinto delle mucche e dei cavalli. Zia Em lasciò perdere i piatti, si affacciò alla porta. Le bastò solo un occhiata per rendersi conto del pericolo incombente. ­ «Presto, Dorothy!» ordinò. «Scendi in cantina.» Sotto la botola che si apriva sul pavimento c’era una scala a pioli per facilitare la discesa e mettersi rapidamente in salvo. Ma Toto scelse proprio quel momento per saltar giù dalle braccia di Dorothy e rifugiarsi sotto il letto, lei gli corse dietro per riprenderlo e intanto zia Em, spaventatissima, già aveva aperto la botola e scendeva lungo la scala a pioli nell’angusta buca buia. Finalmente Dorothy riuscì ad afferrare Toto e stava per calarsi lei pure nel rifugio quando una folata di vento fortissima investì la casetta. Dorothy perse l’equilibrio e cadde a sedere sul pavimento. Poi accadde qualcosa di straordinario. La casa roteò due o tre volte su se stessa e si sollevò nell’aria come se si fosse trasformata in un pallone. Il vento del nord e quello del sud, scontrandosi proprio in quel punto ne avevano fatto il centro del ciclone. Di solito al centro del ciclone l’aria è ferma, ma la violenta pressione del vento da ogni lato stava sollevando la casa sempre più in alto, la trascinò fino al vertice dove rimase e poi la trasportò per miglia e miglia lontano, come se fosse una piuma. C’era un gran buio, lassù e il vento ululava, ma a Dorothy quel viaggio sembrò ugualmente divertente. Dopo qualche scossone di assestamento e dopo essersi inclinata pericolosamente, la casa si placò dandole la sensazione di venir cullata dolcemente come un bambino nel suo lettino. Toto, invece, la pensava diversamente. Correva qua e là per la stanza, abbaiava senza sosta e lanciava occhiate preoccupate alla padroncina seduta sul pavimento ad aspettare il seguito di quell’avventura. Nel suo andirivieni Toto si avvicinò troppo alla botola aperta e ci cadde dentro. Dorothy temette di averlo perduto per sempre, invece dopo qualche istante vide un orecchio peloso spuntare dal buco: la pressione esterna dell’aria sosteneva il cagnolino, impedendogli di cadere. Allora lo afferrò per l’orecchio e lo mise in salvo sul pavimento; poi, per evitare altri incidenti, chiuse ben bene la botola. Passarono le ore e lentamente Dorothy si tranquillizzò ma si sentiva molto sola; il vento continuava ad ululare così forte che quasi l’assordava. In principio aveva temuto di venire fatta a pezzi quando la casa fosse ripiombata a terra, poi, visto che il tempo trascorreva senza che accadesse niente, decise che non era il caso di preoccuparsi ma di aspettare con calma e vedere cosa avrebbe portato il futuro. Strisciò sul pavimento oscillante fino al suo letto, e ci si sdraiò sopra, Toto la seguì e si distese a fianco. A dispetto dell'oscillazione della casa e lamento del vento, Dorothy ben presto chiuse gli occhi e si addormentò immediatamente.
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