Il tempo sembrava sospeso tra la fine della notte e le prime timide avvisaglie del mattino. Attorno al palcoscenico ancora immerso nel buio, il silenzio si era fatto dolcissimo, riempito soltanto dai respiri lenti di Simone e Tommaso, abbracciati al centro del palco come custodi di un segreto antico quanto il teatro stesso. Le loro dita si intrecciavano ancora, lasciando scorrere tra di loro una tenerezza nuova, calma, carica di promesse appena nate.
Simone sentiva sul petto il peso lieve di una rinascita: ogni fibra del corpo era viva, vibrante, come se la notte trascorsa avesse riscritto secoli di paura, disciplina, vergogna. Aveva imparato che la perfezione della danza non era abbandono di sé, né mera tecnica, ma un lasciarsi attraversare dalla passione, dall’amore e perfino dal dolore. Il ricordo di Tommaso, così solido e languidamente malinconico fra le sue braccia, era destinato a trasformarsi in radice profonda della sua arte.
Fu Tommaso a rompere per primo il silenzio. “Da questo momento, tu non sei più solo carne che si muove. Sei fuoco che arde, memoria che brucia, sei tutto ciò che il teatro ha atteso.” La sua voce era un soffio, eppure più reale e incisiva di ogni altro insegnamento.
Simone gli sfiorò il viso, ad occhi lucidi. Sapeva che presto sarebbe arrivata l’alba, che questa notte in bilico sarebbe diventata solo ricordo, eppure ogni movimento, ogni sguardo, sembrava imprimersi a fuoco nello spazio e nel tempo. Dal corridoio arrivava già il primo barlume di luce, e con esso il lento risveglio del mondo esterno: voci lontane, rumori ovattati, il teatro che riprendeva a pulsare nel ritmo della città.
Un istante ancora tra quelle braccia, poi Tommaso sorrise, lieve. “Tutto questo rimarrà con te, ogni volta che calcherai queste assi. Quando ballerai davvero, abbandonando il resto del mondo, io sarò qui, a proteggerti, a ricordarti chi sei,” sussurrò. Un altro bacio, dolce e struggente, siglò la promessa.
Simone si alzò, nudo e vulnerabile come solo chi ha conosciuto la vera passione può essere. Si rivestì lentamente, raccogliendo ognuno dei suoi gesti come se fossero reliquie preziose. Uscì dal teatro con addosso una nuova leggerezza, il passo deciso di chi ha finalmente trovato la propria voce, il proprio corpo, il proprio destino.
La luce dell’alba filtrava attraverso le alte finestre del foyer mentre Simone percorreva per l’ultima volta il corridoio, lasciando dietro di sé un’eco lieve di velluto e profumo di magia. Sapeva che, da quel momento in poi, nulla sarebbe stato più come prima. Aveva danzato con l’amore, aveva sorriso alla morte, e ne era uscito trasfigurato.
Sul Teatro San Carlo brillava adesso una luce diversa: quella di un nuovo inizio, intrecciato per sempre alle ombre gentili dei suoi spiriti e al respiro immortale dell’arte.
Adesso era davvero pronto a incontrare il mondo.