CAPITOLO DUE-3

2006 Words
Intorno a lui si sentivano i gemiti e i sospiri degli atti sessuali che aveva ordinato. Su sua richiesta, i suoi seguaci avevano iniziato a procreare nell’inutile sforzo di aumentare la consapevolezza di quella terra: un’intelligenza più alta e una razza di super umani. Ma erano esseri mortali adesso e non era­no in grado di generare una nuova razza come aveva sperato. E lui… lui era il loro Dio. Perché allora la rivolta era andata così male? Tutte le creature che erano state create a quel punto erano in grado di viaggiare avanti e indietro tra i mondi, invisi­bili e immortali. E adesso erano tutte morte. Stanco, guardava le ombre danzanti e parlava in silenzio con la splendida creatura che era l’unica a non essere invecchiata negli ultimi anni. Parlava alla mente di lei. Astrea era una dei cento, una degli Autentici. Discendeva dalla stirpe più nobile e pura. Lo fissava in atte­sa di un suo comando, le labbra rosa e carnose. La seta le av­volgeva le spalle accompagnando la sua perfezione con morbi­de onde di beatitudine. Un’altra stranezza. Lui non provava al­cun impulso. Era sbagliato, ma non poteva negarlo. Sì, lei era perfetta, da lei discendevano le creature più nobili, ma come Principe lui non poteva avere legami sessuali. Be’, perché no? Aveva fatto diversamente ogni altra cosa, dunque non sarebbe stata una sorpresa. E perché lei non aveva iniziato a invecchia­re come gli altri? Era vero, la forza vitale gli era stata sottratta dai suoi nemici, ma lui non ne aveva bisogno per l’immortalità. Poteva lei trovarsi al suo stesso livello? Era stata creata proprio per lui… per l’accoppiamento supremo? Il Principe si fermò un momento a guardarla e percepì i fre­miti di desiderio che scuotevano il suo essere. Astrea gli era fe­dele completamente e lo sarebbe stata fino alla fine dei giorni. Ne era certo. Quando aveva ordinato agli altri di creare un eser­cito di seguaci mortali, non le aveva permesso di unirsi ai loro atti sessuali. Lei l’aveva considerata una punizione. Di colpo il desiderio di unirsi ad Astrea nel modo in cui gli altri si procuravano il piacere si fece strug­gente. Improvvisamente voleva conoscere il sapore di quelle labbra rosate. Che strano pensiero. «Vieni qui», sussurrò nella sua lingua antica. Per un orecchio umano le sue parole sarebbero state suoni privi di senso. Astrea annuì e si alzò, la lucente carne violacea avvolta nel drappo. Lei risplendeva ancora della sua forza vitale, adesso una rarità per tutti loro, eccetto per il Principe. La carne di lui ave­va un colore diverso, era più scura, come i lunghi capelli ricci che gli incorniciavano il volto. Gli occhi erano di un blu glacia­le e risaltavano nel viso, mentre lei aveva i capelli bianchi come la neve e gli occhi viola pallido. Le orecchie di Astrea avevano una forma leggermente appuntita, a indicare le stelle da cui era nata. «Mio signore?» sussurrò con voce esitante, sebbene lui riu­scisse a percepire il desiderio che le ribolliva nel sangue. «Come posso soddisfarti?» L’aria tra loro era carica di tensione. Cariche elettriche posi­tive e negative pulsavano avanti e indietro, e lei lo guardava ne­gli occhi, una mossa audace per chiunque, se rivolta al Supre­mo. Il Principe si mosse verso di lei, uno strano senso di pace accompagnava le sue intenzioni. Significava che era la cosa giusta. Per così tanto tempo era rimasto senza la direzione del Consiglio, che quasi stava per dimenticare quella sensazione di pace onnicomprensiva. Ma ricordava. Ed era quella l’energia universale che desiderava. Le posò una mano sulla guancia e la accarezzò delicatamente per un momento, guardandola con tutto l’amore che lo aveva reso l’essere eccezionale che era. Non era stato pianificato, ma in quell’unione non poteva esserci niente di impuro. Non era mai accaduto prima. In tutte le rivolte dall’inizio dei tempi, mai un principe si era unito con un’erede al trono. La creatura avrebbe assomigliato alla madre o al pa­dre? Le fece scivolare la mano dietro al collo e la tirò a sé. Quando le loro labbra si toccarono, la terra intorno a lui andò in frantumi. Lei aveva il sapore delle rive del Paradiso bagnate di cannella e miele, la sua essenza di creatura pura era semplice­mente divina. Si strinse bruscamente contro il suo corpo slan­ciato e un brivido di piacere, come non lo aveva mai provato prima, gli corse lungo la schiena. Rudemente le infilò la lingua tra le labbra e scese in profondità nel peccato della sua carne perfetta. Aveva un sapore così buono perché era una trasgres­sione? O perché lei era Sua? Le mani di Astrea viaggiavano sul suo petto nudo e le sue piccole unghie affilate lo graffiavano. La sua dolce e tranquilla Stella del Mattino improvvisamente divampava. La passione si manifestava nella profondità del bacio e nei graffi sul petto. Come aveva potuto stare vicino a una tale creatura, intocca­bile Regina dell’Universo, per così tanto tempo, senza conosce­re ogni centimetro del suo corpo? Le loro lingue si intrecciaro­no ancora e poi con i denti raggiunse il collo di lei. Le sue pul­sazioni lo facevano impazzire. Quel ritmo frenetico divenne il suo ritmo. La morse selvaggiamente mentre lei urlava il suo nome e gli afferrava i capelli. Strappò via la seta e raggiunse il seno. I capezzoli erano tremendamente sensibili. Strinse deli­ziosamente in bocca il piccolissimo bocciolo nel cerchio viola scuro. Ne succhiò uno, poi l’altro, mentre con le mani accarez­zava la curva del suo ventre. Il suo bisogno urgente premeva contro i pantaloni. La mano di lei trovò la sua erezione e all’unisono emisero un gemito. Troppi vestiti, Astrea, spogliami, mia Regina. Lei lo ascoltò e impiegò meno di un secondo a tagliare la corda dei pantaloni. Con le dita magre avvolse alla perfezione il suo membro turgido. «Mio Principe», balbettò, arrossendo, «io non so come…» Le si spezzò la voce. Lui fu invaso dal piacere, onde di pura felicità. Muoveva il sesso avanti e indietro nella sua mano, mentre la baciava sulla bocca e la accarezzava. Non immagina­va che potesse esistere un piacere del genere. «Impareremo insieme, Astrea. È una novità anche per me. È bellissimo, non è vero?» mormorò mentre la sollevava, perden­do per un attimo il contatto con la sua mano. Camminò fino al giaciglio di piume, la distese gentilmente e si fermò a guardar­la. I capelli di Astrea erano soffici come neve fresca; le cime e le valli del suo corpo imploravano di essere toccate e scintillavano della luce di mondi dimenticati. «Sì, mio Signore, è… stupendo», disse sorridendogli, palese­mente soddisfatta. Il Principe si lasciò andare sulle morbide piume, in ginocchio davanti a lei. La vide imbarazzarsi mentre con le dita le accarezzava la pianta del piede, poi il polpaccio, poi l’interno coscia. Quando si avvicinò laddove lo aspettavano i riccioli morbidi e bianchi come la neve, Astrea emise un ge­mito. Sapeva quanto quella zona fosse sensibile. Lo aveva imparato dalle urla di piacere udite nella notte. Le allargò le gam­be, con la punta del pollice strofinò le pieghe umide e con stu­pore la vide rispondere inarcando la schiena. «Ti piace, Astrea?» le chiese continuando a strofinare nel punto in cui iniziavano i riccioli. In risposta lei emise un gemi­to. Improvvisamente fu sopraffatto dal desiderio di assaporarla. Succhiando e mordendo le cosce si diresse verso quella desti­nazione sconosciuta; il profumo del sesso di lei lo raggiunse e il suo membro ebbe un sussulto. Oh com’è buona. E bellissima. Quando la raggiunse con la lingua, lei si dimenò con forza e gli afferrò i capelli. Un dolce nettare gli bagnò la lingua. Non sapeva se gli piaceva di più quello o la sua bocca. Con la lin­gua scivolò nel suo centro umido e la succhiò come se fosse l’unica cosa rimasta da bere sulla Terra. Si spinse in profondità dentro di lei e la esplorò in cerca dei punti più sensibili. Astrea era divina. Ogni volta che la lambiva con la lingua, la sua boc­ca veniva pervasa da un’esplosione di pura felicità. Gemette quando trovò il punto più erogeno, il piccolo bocciolo turgido che la faceva ansimare. Lei iniziò a tremare, aggrappandosi forte ai capelli di lui, i suoi gemiti erano suppliche di piacere. Non avendo esperienza, il Principe ascoltava il suo corpo e continuava nel modo che sembrava sollecitare maggiormente le sue reazioni. Non si stancava di assaporarla, la sua carne era un dono che andava ben oltre qualunque cosa avesse mai conosciuto. Mentre la succhiava con sempre maggiore fe­rocia, lei gridava e lo implorava di non smettere. Lui desidera­va ardentemente soddisfarla. Gemendo, aumentò la pressione, facendola vibrare fino alla resa. Urlando in totale abbandono, Astrea si sollevò dal giaciglio di piume e strofinò il sesso contro la sua bocca, riversando un dolce succo che lui assaporò con avidità. Trema­va violentemente mentre il liquido zampillava. Il Principe le af­ferrò le cosce con forza, costringendola a rimanergli addosso. Dunque era quella la ragione delle loro urla? L’essenza celeste che lei riversava era più preziosa di qualunque elisir. Neppure i molti livelli del Cielo offrivano qualcosa di tanto dolce. Totalmente impazzito di lussuria, leccava ogni goccia che lei gli offriva ed era riluttante a lasciare l’abisso delicato che si ce­lava tra le sue gambe, ma nemmeno poteva ignorare la carne eccitata tra le proprie. Trionfante si sollevò sopra di lei. Si lec­cava le labbra per continuare ad assaporarla. Si liberò dei pan­taloni e si abbassò su di lei, facendole assaggiare il suo stesso sapore. Carne contro carne, si muovevano all’unisono, anche se il corpo di lei ancora tremava e risplendeva del suo amore. Non poteva che essere quella la più alta forma di amore. Il Principe sentì il sesso eretto raggiungere la fessura umida e, scosso dal fulmine del desiderio, d’istinto seppe cosa fare. Iniziò a spingere laddove era già stato con la bocca. A ogni toc­co arricciava le labbra avide di piacere e lei gli graffiava la schiena. La calmò leccandole il seno e accarezzandola in ogni parte del corpo. «Shhhh, Melecai, ora allevierò il nostro dolore.» In risposta, Astrea non riuscì a far altro che gemere, solle­vando i fianchi per assecondare ogni spinta e implorandolo, ag­grappandosi alla sua carne muscolosa e tirandolo verso di sé. Assaporandola, penetrò poco alla volta. Lei lo strinse nella sua fessura impaziente, cercando di attrarlo più in profondità. Mentre lo accoglieva dentro di sé, lui quasi moriva di piacere. Il sudore gli colava sul viso mentre si concentrava per andare piano, meditando e regolando il ritmo della respirazio­ne. L’effetto era strabiliante. Astrea si protendeva verso di lui, e il Principe continuava a spingere nel suo centro caldo. Era così bagnata, e doveva trattenerle i fianchi per impedirle di co­stringerlo a spingere più in profondità. Era così stretta, e teme­va di farle male. Ma non c’era dolore sul volto della donna; solo piacere e desiderio. «Vuoi che penetri più a fondo, mio bellissimo Angelo?» Lei gemette e annuì, impaziente. «Sì, ti prego, mio signore. Ti desidero. È doloroso non averti completamente dentro di me. Riempimi. Ti prego.» E a quelle prime parole, lui perse il control­lo. La penetrò completamente e urlarono insieme quando si fer­mò dentro di lei e la sua carne lo avvolse come un guanto caldo e umido. Quando raggiunse il suo centro, Astrea rovesciò gli occhi all’indietro e lui precipitò nell’oblio dei sensi. Mai aveva immaginato che potesse esistere un simile piacere. «Provi dolore, Astrea?» «Sì, no, l’ho provato, ma per poco», rispose, «e non ti devi fermare. Ti prego, muoviti dentro di me. È la sensazione più meravigliosa che abbia mai provato.» Iniziò a muoversi e intanto le succhiava il labbro inferiore scosso da fremiti. Era come se un fulmine lo colpisse in ogni centimetro del corpo e dentro di lei ci fosse un fuoco in grado di raggiungerlo nel profondo dell’anima. Ogni spinta era come morire e rinascere. In maniera dolorosamente lenta, si immergeva e si crogiolava nelle sensazioni che ogni centimetro all’interno del suo corpo gli provocava. Il Principe gemeva e sussurrava parole che mai nella sua vita avrebbe pensato di dire a qualcuno. Quando lei gli afferrò le natiche e lo attrasse a sé con forza, lui non riuscì più a mantenere quel ritmo lento e ini­ziò a spingere con violenza. E ad Astrea piacque, come era evi­dente dalle suppliche incoerenti che le uscivano dalla bocca. La baciava con passione mentre la penetrava e il rumore che faceva era forte quanto i loro gemiti. La marea del primo impe­tuoso orgasmo si stava gonfiando e l’unica sua certezza era che non si sarebbe fermato. Cresceva dentro di lui come una fe­nice che sorge dalle fiamme, mentre mordeva la splendida pelle diafana, la baciava sulla bocca e la penetrava. Il primo orgasmo arrivò in fretta, violento e infinito. Di­vampò come un incendio e rilasciò il suo liquido testamento d’amore dentro la creatura magnifica che giaceva sotto di lui.
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