Prologo

635 Words
Prologo Cinque Anni Prima Signor Presidente, la stanno tutti aspettando." Il Presidente degli Stati Uniti d’America alzò lo sguardo, con fare stanco, e chiuse la cartellina sulla scrivania. Aveva dormito male nell’ultima settimana, con la mente occupata dalla situazione sempre peggiore del Medio Oriente e dalla continua debolezza dell’economia. Sebbene nessun presidente avesse mai avuto vita facile, sembrava che il suo mandato fosse stato segnato da un compito impossibile dopo l’altro, e lo stress quotidiano cominciava a incidere sulla sua salute. Annotò mentalmente di farsi visitare dal medico entro la settimana. Il Paese non aveva bisogno di un presidente malato e sfinito, tra tutti gli altri problemi. Alzandosi, l’uomo uscì dallo Studio Ovale e si diresse verso la Sala Operativa. Era stato informato poco prima del fatto che la NASA aveva individuato qualcosa di insolito. Aveva sperato che non fosse altro che un satellite vagante, ma non sembrava quello il caso, vista l’urgenza con cui il Consigliere della Sicurezza Nazionale aveva chiesto la sua presenza. Entrando nella sala, salutò i consiglieri e si sedette, in attesa di saperne di più sulla necessità dell’incontro. Il Segretario della Difesa parlò per primo. "Signor Presidente, abbiamo scoperto qualcosa di strano nell’orbita della Terra. Non sappiamo di cosa si tratti, ma crediamo che possa essere una minaccia." Fece un cenno verso le immagini visualizzate su uno dei sei schermi piatti sulle pareti della sala. "Come può vedere, l’oggetto in questione è grande, più grande di uno qualsiasi dei nostri satelliti, ma sembra essere venuto fuori dal nulla. Non abbiamo visto nulla che venisse lanciato da un punto qualsiasi del globo e non abbiamo rilevato nulla che si avvicinasse alla Terra. È come se l’oggetto fosse apparso semplicemente qui qualche ora fa." Lo schermo mostrò diverse immagini di un turbine scuro su uno sfondo buio e stellato. "Che cosa potrebbe essere secondo la NASA?" chiese il Presidente con calma, cercando di riflettere sulle possibilità. Se i cinesi avessero inventato una nuova tecnologia satellitare, loro l’avrebbero già saputo, e il programma spaziale russo non era più quello di un tempo. La presenza dell’oggetto non aveva alcun senso. "Non lo sanno" rispose il Consigliere della Sicurezza Nazionale. "Non hanno mai visto una cosa simile." "La NASA non si è nemmeno sbilanciata con qualche ipotesi?" "Sanno che non è un corpo celeste." Quindi, doveva essere stato creato dall’uomo. Perplesso, il Presidente fissò le immagini, rifiutando persino di contemplare l’idea che gli era appena venuta in mente. Voltandosi verso il Consigliere, chiese: "Abbiamo contattato i cinesi? Non sanno niente al riguardo?" Il Consigliere aprì la bocca, pronto a rispondere, quando apparve un improvviso lampo di luce. Momentaneamente abbagliato, il Presidente sbatté le palpebre per schiarirsi la vista—e rimase paralizzato dallo shock. Davanti allo schermo che il Presidente stava guardando, c’era un uomo. Alto e muscoloso, aveva i capelli neri e gli occhi scuri, con la carnagione olivastra in contrasto con il colore bianco del suo completo. Sembrava calmo, rilassato, come se non avesse appena invaso il luogo sacro del governo degli Stati Uniti. Gli Agenti del Servizio Segreto furono i primi a reagire, gridando e sparando all’intruso in preda al panico. Prima che il Presidente potesse riflettere, si ritrovò contro il muro, con due agenti che formarono uno scudo umano davanti a lui. "Non ce n’è bisogno" disse l’intruso, con voce profonda e roca. "Non ho intenzione di fare del male al vostro Presidente—e se lo volessi, non potreste farci niente." Parlava un perfetto inglese americano, senza nemmeno un lieve accento. Nonostante i colpi di arma da fuoco che l’avevano raggiunto, sembrava assolutamente illeso, e il Presidente vide i proiettili sul pavimento davanti all’uomo. Solo gli anni di esperienza di una grande crisi dopo l’altra permisero al Presidente di fare quello che fece dopo. "Chi sei?" chiese con voce ferma, ignorando il terrore e l’adrenalina che gli scorrevano nelle vene. L’intruso sorrise. "Mi chiamo Arus. Abbiamo deciso che è giunto il momento che la nostra specie conosca la vostra."
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