PROLOGO

989 Words
PROLOGO Kirsten si preparò al freddo di Boston, sistemandosi la sciarpa attorno al collo e coprendosi per la camminata di quattro isolati che l’aspettava, nella notte buia. Superando i locali chiusi, si rese conto che era decisamente troppo tardi per le passeggiate e fu attraversata da un improvviso brivido di paura. Lanciò un’occhiata alla porta del condominio da cui era appena uscita e rifletté se non avesse fatto meglio cambiare i suoi piani. Forse sarebbe dovuta rimanere a casa della sua amica. Amy aveva insistito perché si fermasse da lei, che era troppo tardi e fuori faceva orribilmente freddo. Anche se in effetti era proprio così, Amy glielo aveva detto con il volto accoccolato contro il collo dell’uomo che aveva incontrato al bar. E allo stesso tempo la mano del tizio era accoccolata altrove. Onestamente, Kirsten non voleva dormire sul divano di Amy, ascoltando la sua migliore amica e un tizio a caso (ma carino) che se la spassavano tutta la notte in preda ai fumi dell’alcool. A essere sincera, non voleva essere lì neanche al mattino seguente, a inventarsi una scusa ragionevole insieme a Amy per liberarsi del tizio. Oltretutto erano solo quattro isolati. In confronto al freddo polare di un mese prima, quella sera sarebbe sembrata una rapida passeggiatina in una brezza primaverile. Erano quasi le tre del mattino. Lei e Amy erano uscite con l’intenzione di ubriacarsi, bere tutta la notte e fare qualsiasi cosa suggerissero i loro cervelli marinati nell’alcool. Dopotutto quell’anno, l’ultimo del college, i loro sogni si erano realizzati. Non sapevano come ma contro ogni aspettativa, tra tutta la loro classe di Giornalismo erano state scelte entrambe, due su otto candidati, per andare in trasferta in Spagna per tutta l’estate. Avrebbero lavorato per una rivista naturalistica emergente rivolta direttamente al mercato dell’istruzione… e per quel lavoro sarebbero state pagate di più di quanto avesse guadagnato la madre di Kirsten in tutto l’anno precedente. E questo le avrebbe finalmente tappato la bocca, pensò Kirsten. Voleva molto bene alla madre, ma si era davvero stufata di sentirla brontolare su che utopia fosse una carriera nel giornalismo, e che perdita di tempo. Arrivò alla fine del primo isolato, controllò l’incrocio e lo trovò vuoto, poi continuò ad avanzare. Iniziava a sentire freddo. Lo percepiva sul naso come una presenza, qualcosa che la pizzicasse. Si chiese vagamente se Amy e il suo nuovo amico si fossero già spogliati. Si domandò se il tizio sarebbe stato decente o se sarebbe stato rallentato dai copiosi quantitativi di alcool che avevano consumato. Beh, non che lei avesse bevuto così tanto. Aveva mangiato una cena leggera nello stesso bar in cui si erano rintanate per la serata. Non sapeva se erano stati i nachos che avevano condiviso al tavolo o se era colpa della pizza, ma il suo stomaco non era felice. Dopo quattro birre, aveva capito che la sua serata era finita, e che non avrebbe fatto altro che tenere compagnia ad Amy mentre l’amica si distruggeva, un bicchierino dopo l’altro. Immaginò che il giorno seguente avrebbe ottenuto tutti i dettagli scabrosi. E mentre pensava a quei dettagli scabrosi e a quanto si sarebbero divertite durante la loro estate in Spagna, Kirsten quasi non si accorse del suono che risuonò dietro di lei. Dei passi. Le si rizzarono i peli sul collo, ma non osò guardare indietro. Aumentò il passo. Due isolati alle sue spalle, due isolati ancora da superare. E ora sentiva davvero freddo. Tutto a un tratto i passi furono proprio dietro di lei e un uomo apparve incespicando al suo fianco. Sembrava ubriaco e quando Kirsten balzò all’indietro per lo spavento, sghignazzò tra sé e sé, chiaramente divertito. “Scusa,” disse l’uomo. “Non volevo farti paura. Sono solo… ecco, mi puoi aiutare? Stavo bevendo con degli amici e… avrei dovuto incontrarli da qualche parte dopo il bar ma non ricordo dove. Sono di New York… non sono mai stato a Boston. Non ho idea di dove mi trovo.” Kirsten non ebbe il coraggio di guardarlo mentre scuoteva la testa. Non era solo il disagio per la presenza di uno sconosciuto a quell’ora così tarda di notte. Era la consapevolezza di essere vicinissima a casa. Voleva solo che quella serata finisse. “No, mi dispiace,” rispose. “Sul serio!?” esclamò l’uomo. Improvvisamente non sembrò più tanto ubriaco. Era assurdo, ma a giudicare dalla sua voce era divertito che una ragazza potesse essere tanto sulla difensiva solo per la richiesta d’aiuto di un uomo sperduto in una città che non conosceva. Lei pensò che fosse strano e fece per girarsi, intenta ad affrettare il passo. Ma poi un leggero movimento catturò la sua attenzione e la fece esitare. L’uomo si stava tenendo lo stomaco, come se stesse per vomitare. Era possibile che non stesse bene, ma Kirsten per qualche motivo ne dubitava. Lui si infilò una mano nella giacca e fu a quel punto che la ragazza vide che stava stringendo qualcosa. Una pistola, quel pensiero attraversò la sua mente terrorizzata. E anche se sembrava una pistola, c’era qualcosa che non tornava. I suoi muscoli le ordinarono di scappare. Guardò in faccia lo sconosciuto per la prima volta e capì che era nei guai. Aveva finto fin dall’inizio. Non era affatto un uomo ubriaco e sperduto. Il suo sguardo era troppo sobrio, e mentre il panico cominciava a farsi strada in lei, notò che era anche totalmente folle. Sollevò rapidamente l’oggetto simile a una pistola. Voltandosi per scappare, Kirsten aprì la bocca per chiedere aiuto. Ma poi sentì qualcosa colpirla da dietro. Le arrivò sul lato della testa, appena sotto l’orecchio, rapido e violento. Lei barcollò e cadde. Percepì il sapore del sangue in bocca e le mani dell’uomo su di sé. Provò un’altra di quelle sensazioni brutali alla testa, concentrata ma che sembrò rimbombare al tempo stesso. Il dolore fu immenso, ma non riuscì a patirlo alla massima potenza prima che la notte iniziasse a scendere su di lei. La strada svanì, così come il volto dell’uomo, e tutto si fece buio. Il suo ultimo pensiero fu che la sua vita era stata piuttosto corta, e che non avrebbe mai fatto il viaggio che avrebbe dovuto cambiare tutto.
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