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1 Cronaca di Milano, 25 aprile 1988: Triplice omicidio alle porte di Milano: sgomento nel mondo universitario. L’altro ieri sera, presso Villa Eden, alla periferia di Milano, in prossimità del Naviglio Pavese, si è consumata una tragedia in cui hanno perso la vita tre persone, i coniugi Moschino e la loro giovane figlia, in circostanze che gli inquirenti ritengono ancora da chiarire. Michele Moschino e sua moglie Mara, di 58 e 54 anni, erano due stimati professori universitari, titolari, rispettivamente, delle cattedre di Tecnica bancaria e di Finanza aziendale presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Bocconi di Milano. La terza vittima, Carola Moschino di anni 25, aveva intrapreso da pochi mesi la carriera di modella. I tre corpi, orrendamente mutilati, sono stati scoperti ieri mattina intorno alle 6,00 dalla domestica che, come ogni giorno, si recava al lavoro. La stima sull’ora del decesso fa risalire la morte a circa sette ore prima del ritrovamento dei corpi, ovvero intorno alle 23,00. Il figlio maggiore Claudio Moschino, di anni 27, è miracolosamente scampato alla tragedia. Dalle prime indagini, la polizia crede che il ragazzo debba la sua vita a qualcosa che abbia distolto l’attenzione dell’omicida. Claudio Moschino ha riportato gravi ferite multiple al petto e alla testa e profondi tagli alle mani che fanno pensare ad un disperato tentativo di difesa. Il ragazzo è stato trasportato d’urgenza all’ospedale, dove si trova ora in prognosi riservata. La polizia è impegnata da questa mattina in una vera e propria caccia al killer e spera, con la deposizione del ragazzo, di riuscire a fare luce sulla dinamica degli omicidi. Le indagini sono state affidate al vice commissario Lorenzo Narducci della questura di Milano. Il medico legale Ildo Stefanino ha effettuato ieri mattina le autopsie sui tre corpi e il risultato sarà reso noto nei prossimi giorni. Fabio Lorenzi Cronaca di Milano, 25 aprile 1988: Gravissimo incidente d’auto: muore un ragazzo, in coma una giovane donna. Alle 2 della scorsa notte, un incidente ha stroncato la vita di un Aurelio Del Monte di anni 25. Il ragazzo viaggiava da solo nella sua autovettura, una Polo Wolskwagen nera, quando, forse, per un colpo di sonno o l’alta velocità, perdeva il controllo del mezzo, precipitando dall’imbocco del Ponte della Becca, in territorio pavese. L’auto ha preso fuoco dopo un volo di circa 15 metri. Ieri mattina intorno alle 7,00, i genitori della vittima, non avendo il figlio fatto ritorno a casa, hanno avvisato immediatamente la polizia che è riuscita a dare un nome al corpo carbonizzato rinvenuto all’interno dell’auto. L’identificazione è stata resa possibile grazie al confronto della protesi totale rinvenuta sul luogo dell’incidente con le lastre dentarie fornite dai familiari agli investigatori. Nonché grazie alla compatibilità del calco messo a disposizione dal dentista di famiglia con la protesi stessa. Aurelio Del Monte studiava presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Bocconi ed era iscritto all’ultimo anno di corso. Avrebbe conseguito il diploma di laurea nel mese di luglio. I coniugi Del Monte, sconvolti per la tragica morte del figlio, al momento non hanno rilasciato dichiarazioni. Sembrerebbe coinvolta nell’incidente un’altra autovettura, una Volvo grigia rinvenuta a poche decine di metri dal Ponte della Becca e proveniente dalla direzione opposta. L’auto è andata a schiantarsi contro un albero situato ai bordi della strada. Al volante c’era una giovane donna di anni 25, Gloria Conti, moglie del vice commissario Lorenzo Narducci, al quale, proprio ieri, sono state affidate le indagini del triplice omicidio alle porte di Milano. La donna, che ha dato da poco alla luce due gemelle, tornava da una cena con alcune sue ex compagne di scuola. Fabio Lorenzi Cronaca di Milano, 6 maggio 1988: Conferenza stampa presso la questura di Milano: risolto il caso Moschino. Alle 9,30 di ieri mattina, si è tenuta presso la questura di Milano la conferenza stampa a conclusione delle indagini relative al caso Moschino. Si riportano qui di seguito gli interventi più significativi: “Commissario Narducci, è vero che avete già risolto il caso?”. “Sì. Ci troviamo di fronte a un pluriomicida che risponde al nome di Aurelio Del Monte. Il ragazzo ha perso la vita in un incidente stradale il 24 aprile scorso, circa tre ore dopo aver portato a termine gli omicidi. Siamo risaliti alla sua colpevolezza grazie al ritrovamento, all’interno della sua auto, di una motosega per potatura che dal rapporto congiunto del medico legale Ildo Stefanino e del capo della sezione scientifica Leonardo Battaglia risulta la stessa utilizzata per lo smembramento dei corpi delle tre vittime”. “Vorrei chiedere al dottor Stefanino quali sono i risultati dell’autopsia”. “I risultati del riscontro autoptico comparati con le analisi condotte dalla polizia scientifica hanno consentito di risalire a due elementi determinanti per la soluzione del caso. Primo tra essi, la tipologia delle lesioni caratterizzate da un aspetto sfrangiato e irregolare, sia dei tessuti molli, sia dei tessuti ossei attinti dal mezzo con il quale sono state prodotte. Dette lesioni sono sovrapponibili a quelle che potrebbero essere prodotte dalle maglie poste in successione lungo la lama della motosega. Inoltre, la misurazione della profondità di taglio della motosega coincide con quella da me osservata su talune lesioni presenti sui corpi delle tre vittime”. “Mi rivolgo al capo della scientifica. È vero che dalle macchie di sangue siete risaliti a delle conclusioni importanti per la risoluzione del caso?”. “No. Però, ci hanno consentito di comprendere meglio come si sono svolti i fatti. In generale, la tipologia delle macchie di sangue presenti sulle pareti e sul pavimento permette di ipotizzare se esse siano giunte sulla superficie per un effetto di gocciolamento, come potrebbe essere il caso di sangue sul pavimento accanto alla vittima, ovvero per schizzi sulle pareti, dove il sangue può essere giunto perché proiettato per effetto delle pulsazioni arteriose o per effetto, come nel caso che ci interessa, della spinta attiva della catena rotante della motosega, con esito del tutto irregolare, detto a spruzzo, dell’insieme dell’imbrattamento delle superfici investite dal getto del sangue. Nel particolare, la forma delle singole gocce di sangue, circolari o a clava, presenti nel luogo del triplice omicidio, ci potrebbe indicare che esse siano giunte sulla superficie, rispettivamente, per caduta gravitazionale, gocciolamento, ovvero per spinta, schizzi. Meno probabile l’ipotesi che da esse si possa risalire alla vitalità della vittima al momento in cui la lesione è stata inferta”. “Quindi, le vittime erano morte al momento dello smembramento?”. “Direi di sì. Ci sono altri elementi che confermerebbero questo. In generale, quando le lesioni sono inferte sul vivente, per effetto della circolazione sanguigna i bordi della ferita risultano infiltrati. Nel nostro caso, è stata riscontrata l’assenza di infiltrazioni ematiche a conferma di lesione post-mortale. Anche l’assenza di lesioni attorno ai polsi e alle caviglie, indicative, qualora presenti, di legature, lascia ipotizzare che le vittime durante lo smembramento fossero già prive di vita”. “Dottor Battaglia, quali altri indizi avete scoperto sul luogo dove Del Monte ha commesso i delitti?”. “Per quanto riguarda le impronte, possiamo affermare con certezza che non ne sono state trovate che possano farci risalire al nostro omicida o alla presenza di un eventuale complice. Inoltre, i cadaveri erano privi dei vestiti della parte superiore del corpo e ciò farebbe pensare che l’omicida volesse essere sicuro di affondare la lama in un punto preciso del torace. Ma qui vorrei che intervenisse il medico legale per spiegare a quali conclusioni è giunto grazie all’analisi delle lesioni”. “Sembrerebbe che il colpo sia stato vibrato con molta violenza, poiché in sede di autopsia è risultata visibile sulla superficie cutanea perilesionale di ciascuna delle tre lesioni, un’impronta cosiddetta a stampo riconducibile all’azione contusiva della parte terminale del manico del coltello. Essa si presenta esattamente come quella prodotta da un timbro e suggerisce che l’omicida possa avere adoperato un coltello a serramanico. Inoltre, le tre ferite mortali sono riconducibili allo stesso mezzo lesivo e allo stesso omicida, poiché risultano pressoché identiche: la lama ha perforato il polmone sinistro e ha raggiunto il cuore esattamente a 2 centimetri al di sopra della valvola mitralica, penetrando nell’atrio della cavità cardiaca superiore e provocando una morte presumibilmente istantanea in tutti e tre i casi. Una precisione che definirei patologica dell’uso dell’arma”. “Commissario Narducci, l’arma?”. “Non è stata ancora trovata”. “Commissario Narducci, cosa ha spinto Del Monte a commettere gli omicidi?”. “Oggi possiamo escludere il movente per furto e quello di natura sessuale. Dal momento che il nostro uomo ha infierito con estrema ferocia, pensiamo che conoscesse le sue vittime, poiché un simile accanimento è, in genere, da collegarsi a un rapporto preesistente. Come, infatti, risulta dalle indagini svolte dai miei collaboratori, l’agente di polizia Silvia Portèri e il vice ispettore Enrico Massimi, il movente può ricondursi alle forti tensioni che erano sorte nell’ambito del rapporto tra Del Monte-studente e Moschino-professore. Secondo la ricostruzione dei fatti, l’omicida aveva sostenuto quattro volte l’esame con il professor Moschino di cui l’ultima, sempre con esito negativo, il pomeriggio della tragedia. Del Monte soffriva da tempo di crisi depressive che l’avevano portato, solo due mesi prima, a tentare il suicidio. A conferma del movente della vendetta, alcuni testimoni tra cui lo stesso Claudio Moschino, affermano di aver assistito proprio la sera della tragedia, a un violento sfogo durante il quale Del Monte insultava pesantemente il professor Moschino e lo minacciava di morte”. “Questore Moggian, siete riusciti a interrogare Claudio Moschino?”. “Non appena è stato possibile farlo, e siamo risaliti a una serie ulteriore di fatti: Claudio Moschino non doveva essere in casa quella sera perché, stando a quanto riferisce lo stesso, sarebbe dovuto uscire. Ma un brutto stiramento alla gamba l’aveva costretto a letto. Si trovava in camera sua quando intorno alle ore 22,30 dice di avere udito suonare il campanello di casa e successivamente alcune voci giungere dal piano terra. Pensiamo che l’omicida sia riuscito a farsi aprire la porta adducendo la motivazione di volersi scusare per il violento comportamento di poche ore prima. A quel punto, il testimone racconta di essersi riaddormentato quasi immediatamente, a motivo di un blando ipnoinducente. Riferisce inoltre di non avere sentito gridare i suoi familiari: l’omicida infatti deve aver imbavagliato le sue vittime”. “Ad avvalorare la tesi dei tamponi ci sono i risultati della mia autopsia da cui è emerso che all’interno della bocca e tra i denti di ciascuna vittima vi fossero tracce di fibre di cotone, e residui di colla intorno alla bocca”. “Le vittime, quindi, non avevano più i tamponi in bocca quando sono state scoperte?”. “No”. “Commissario Narducci, perché secondo lei?”. “Il motivo per cui li abbia rimossi non ci è ancora chiaro. E ci domandiamo anche perché li abbia portati via e non li abbia abbandonati accanto ai cadaveri. Pensiamo che si trovassero all’interno dell’auto e che siano andati distrutti durante l’incendio”. “Questore, vuole spiegarci qual è stata la dinamica degli omicidi?”. “La ricostruzione della dinamica è stata effettuata sempre grazie alla testimonianza di Claudio Moschino. Il ragazzo dice di aver sentito un rumore sordo cui hanno fatto seguito, in un tempo che ha stimato non superare i 5-10 secondi, due tonfi simili al primo, in rapida successione anch’essi l’uno dall’altro. Riteniamo essere stata questa la dinamica temporale dei tre omicidi. Allarmato dai rumori, il ragazzo si è avviato al piano inferiore e quando ha visto l’assassino l’ha riconosciuto subito: era Aurelio Del Monte, ma aveva stentato a riconoscerlo, poiché indossava una parrucca bionda. Ciò spiega la presenza di due capelli chiari e privi di bulbo pilifero rinvenuti accanto ai cadaveri. Sono, però, tuttora sconosciute le cause che hanno indotto Del Monte a indossare la parrucca. Sempre il testimone dice di averlo visto impugnare il coltello e di essere stato aggredito. Durante la colluttazione, Claudio Moschino ha battuto il capo contro un gradino della scala, come risulta sia dal referto medico che parla di ferita lacero-contusa del cuoio capelluto, sia dalle corrispondenti tracce di sangue rinvenute sullo spigolo del gradino di cui, peraltro, la ferita presenta la medesima angolatura. Da quel momento in poi, il ragazzo dice di non ricordare più nulla. Ora vorrei che il vice commissario Narducci spiegasse quali potrebbero essere state le cause che hanno indotto l’omicida a non uccidere il figlio maschio della coppia, Claudio”. “È probabile che dopo quella caduta, l’omicida lo ritenesse morto e, perciò, non lo considerasse più né un pericolo, né un impedimento al suo progetto di smembrare i corpi. Non dimentichiamoci, però, che Claudio Moschino era un suo compagno di università, sappiamo che i due si frequentavano da tempo e a detta di chi li conosceva i rapporti non erano affatto tesi. Forse, è per questo che Del Monte aveva scelto un momento in cui era sicuro di non trovarlo in casa. Il fatto che non si sia accanito con la motosega anche sul ragazzo può essere dipeso da una serie di fattori: innanzitutto, Claudio Moschino rappresentava uno stravolgimento dei suoi piani, dovrebbe, pertanto, aver giocato in suo favore il fattore sorpresa. Pensiamo che possa avere avuto un ruolo importante anche il fattore fretta: nei tempi calcolati dall’omicida non era contemplato un quarto uomo, da qui, probabilmente, l’errore di non controllare se il ragazzo fosse effettivamente morto. Ancora, pensiamo che non ritenesse più degno del suo odio e della sua vendetta colui che aveva scardinato un aspetto importante del suo progetto di morte e cioè la lama in quel preciso punto del cuore. Al contrario, l’omicida potrebbe aver pensato che fosse giunto il momento di infierire anche sul ragazzo, ma deve essere successo qualcosa che al momento ci sfugge e che l’ha indotto a fuggire”. “Commissario Narducci, siete riusciti a risalire alle cause degli incidenti avvenuti dopo gli omicidi?”. “In base alle ricostruzioni, Aurelio Del Monte deve essersi distratto mentre cercava di gettare la motosega dal finestrino dell’auto ancora in corsa nelle acque del Po in prossimità del ponte e, quindi, potrebbe aver perso il controllo dell’auto provocando... gli incidenti di quella tragica notte del 24 aprile scorso”. “Commissario Narducci... come sta sua moglie?”. “Non bene”. La conferenza stampa ha avuto termine alle ore 12. Fabio Lorenzi Cronaca di Milano, 31 luglio 1988: Esce dal coma giovane donna. Ieri pomeriggio è uscita dal coma Gloria Conti. La ricordiamo vittima di un incidente d’auto avvenuto il 24 aprile scorso in cui ha perso la vita il pluriomicida Aurelio Del Monte. Al risveglio dal coma, la donna ha pronunciato alcune brevi frasi il cui contenuto è stato reso noto alla stampa dal marito, il vice commissario Lorenzo Narducci: “La signora Gloria Conti sta bene. Ha ricordato di aver visto un uomo con i capelli biondi alla guida dell’autovettura che le è piombata addosso la notte dell’incidente. Ciò confermerebbe l’ipotesi assunta dagli investigatori, secondo cui Del Monte indossasse ancora la parrucca e che questa sia andata distrutta quando la macchina ha preso fuoco”. Fabio Lorenzi
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