«Bene, tocca a noi» annunciò in tono grave Joe, dopo essersi lisciato i baffoni banchi da tricheco. «Posate le armi nel bagagliaio» aggiunse apprestandosi a uscire dall’auto.
«Vuoi andare disarmato? Potrebbe essere pericoloso...» protestò Nick, sorpreso dalla sua decisione.
«Ma quale pericoloso! Quel povero diavolo è atterrito, non l’hai visto come ci guardava dalla finestra?»
«E’ proprio per questo, che potrebbe commettere qualche sciocchezza» obiettò Fabien.
«La vista delle armi è sempre stata un ottimo deterrente» provò ad insistere Nick.
«Adesso basta, vi ho detto di posare le armi!» ordinò loro Joe guardandoli storto, odiava essere contraddetto.
Chiuse il bagagliaio e si avviò con passo risoluto verso la casa, Fabien ammirò il suo saper smettere di essere uomo per trasformarsi in poliziotto nel volgere di un solo attimo. Le Guardie Semplici che stavano sorvegliando la villetta rivolsero loro il saluto formale, dopodiché passarono le consegne e andarono a rafforzare il cordone destinato a tenere a distanza di sicurezza la folla. Joe fece cenno a Fabien di fermarsi lì, a metà strada, poi diresse verso l’ingresso, seguito da Nick.
«C’è qualcuno?» esordì bussando alla porta mentre gli altri due sorridevano nuovamente.
La porta ruotò di un poco sui cardini e uno spiraglio di luce si insinuò nell’oscurità, accompagnato da un cigolio. L’uomo oltre la porta scrutò Joe senza battere ciglio, aveva la fronte imperlata di sudore e le vene del collo gonfie, a causa della tensione.
«Voglio parlare con un giornalista» annunciò con voce stridula.
«Avanti amico,» tagliò corto Joe, «falla finita! Abbiamo tutti quanti i nostri problemi, ma questo non ci dà il diritto di creare il panico tra i cittadini. Stasera si gioca la partita dell’anno e noi non vogliamo perdercela. E poi, arrenderti ora o fra tre ore che differenza ti fa? Tanto lo sai che cederai comunque.»
«Ho detto che voglio parlare con un giornalista!» si ostinò l’altro.
Joe stava già cominciando a perdere la pazienza, ma l’idea di usare la forza contro quell’uomo gli dispiaceva. Si disse che probabilmente si trattava soltanto di un povero diavolo, che si stava comportando in quel modo perché aveva perduto tutto ciò che aveva. Fece per replicare in tono più
deciso, ma quando i loro sguardi si incontrarono nuovamente trasalì. Negli occhi piccoli e sfuggenti dell’altro non aveva letto paura o disperazione, soltanto una lucida e fredda determinazione. Subito dopo, il secco scatto metallico di una sicura lo informò che quell’uomo gli stava puntando contro un’arma da dietro la porta. Joe sentì il sangue gelarsi nelle vene, si chiese come poteva essersela procurato, dal momento che i cittadini non avevano accesso agli strumenti tecnologici di offesa.
«Non fare sciocchezze, come vedi io e il mio collega siamo venuti disarmati. Possiamo parlarne, se vuoi» si affrettò a dire in tono benevolo per guadagnare tempo e razionalizzare la nuova situazione, intanto, con un cenno della mano, aveva ordinato a Fabien di andare a recuperare la dotazione da combattimento. Dopo aver udito lo scatto della sicura, l’orecchio esperto di Joe aveva riconosciuto il tipico ronzio d’innesco della microturbina. Aveva capito che a tenerlo sotto tiro era una pistola laser tra le più potenti, capace di trapassare ogni tipo di materiale senza alcuno sforzo né pericolose rifrazioni. Si domandò di nuovo come quell’uomo potesse essersela procurata, colto da un’intuizione abbassò gli occhi e vide la macchia di sangue, che si stava rapidamente allargando sulla soglia in marmo.
«Si è tolto il chip!» esclamò tra sé realizzando che oltre la porta c’era un uomo pronto a tutto. Con un balzo felino, incredibilmente agile per una persona della sua età e della sua mole, Joe si buttò addosso a Nick. Il corrimano che accompagnava il pergolato si spezzò e loro caddero giù da una specie di balconcino. Durante la caduta, Joe aveva già stabilito quale sarebbe stata la mossa successiva. La porta si era richiusa, lui era sicuro che l’uomo asserragliato in casa stava cercando di inventarsi una strategia. Non avendo dimestichezza con situazioni simili avrebbe però impiegato qualche secondo di troppo per prendere una qualsiasi decisione, quei pochi attimi divennero improvvisamente i più preziosi di tutta l’esistenza di Joe. Li avrebbe sfruttati per risalire velocemente i tre scalini e abbattere la porta con una possente spallata, l’altro sarebbe caduto all’indietro perdendo l’arma e loro ne avrebbero approfittato per arrestarlo. Sarebbe davvero una gran bella mossa, l’ultima eroica impresa prima di andare in pensione con tutti gli onori. Forse mi daranno addirittura una medaglia d’oro, per aver evitato una strage, si disse. Aveva già vissuto la scena decine di volte con la mente, ma quando capì che le sue gambe rifiutavano di obbedirgli si rese conto di trovarsi ancora disteso al suolo. No, non ancora. Di nuovo! E stavolta aveva gli occhi sbarrati in un’espressione ebete. I baffi sporchi di sangue incorniciavano la bocca spalancata, ormai incapace di sfogare il grido che gli rimbalzava da una parte all’altra del cervello cercando invano una via d’uscita. Era sorpreso di come non provasse dolore, soltanto una sensazione di disagio a causa della tuta umida che sentiva appiccicata addosso a causa dei suoi stessi umori. E un senso di fastidio nel capire che stava morendo, nell’unico modo in cui aveva sempre pensato che non gli sarebbe mai accaduto. Morire così miseramente, a sei giorni dalla pensione dopo una vita tutto sommato tranquilla. Per di più proprio nel giorno dell’anniversario di matrimonio... che idiota!
Avrebbe voluto resistere, lottare con tutte le sue forze per non soccombere, ma sapeva che sarebbe stato inutile e patetico. Improvvisamente gli tornò a mente il distintivo, guardò verso il proprio petto ma si accorse che i suoi occhi non vedevano più. Allora corse a cercare il dischetto d’oro con la mano, ma questa cadde dentro una voragine che gli parve immensa, gli sembrò che affondasse nei propri stessi polmoni avidi d’aria, a togliergli il respiro già troppo faticoso. “Il mio distintivo” pensò un’ultima volta. Dopo qualche istante, gli spettatori più temerari cominciarono a rialzarsi da terra, con gli occhi sbarrati per la paura e il viso sporco di fango.
In redazione era un giovedì come tanti altri, i giornalisti erano intenti a dare gli ultimi ritocchi alle loro bozze. La serata stava trascorrendo tranquilla come sempre, tra il rumore di fondo delle stampanti e le risa provocate da qualche scherzo o dalla lettura di qualche notizia particolarmente strana.
«Datevi una mossa, entro mezz’ora tutto il materiale deve passare in rotativa!» annunciò il caporedattore.
«Ehy, ma in che anno vivi? Lo sai da quanti decenni non esistono più, le rotative?» lo schernì Daniel, il free lance che si occupava di Sport.
«Che ci posso fare se sono un nostalgico? A me il gergo giornalistico è sempre piaciuto! Anche se viviamo immersi nella tecnologia, quello non ce lo potrà mai togliere nessuno» replicò il caporedattore stringendosi nelle spalle.
« Io non ci scommetterei più di tanto, visti i tempi che corrono... » commentò Daniel.
In quel momento, l’atmosfera all’interno dello stanzone cominciò a farsi caotica. I telefoni presero a squillare ininterrottamente, i fax collegati alle agenzie d’informazione sputavano fuori fogli su fogli, per aggiornarli su un quanto grave fatto di cronaca che si stava svolgendo proprio in quei minuti. Dopo aver scorso velocemente il contenuto del primo foglio, Roxanne gridò con tutta la voce che aveva per riportare il silenzio nella sala.
«Un cittadino del Quarto Quadrante ha rifiutato di sottoporsi all’Ibernazione Transitoria e si è barricato in casa!» annunciò trafelata.
Nello stanzone si levò un vocio leggero dovuto all’intreccio di commenti indifferenti e superficiali.
«Non vedo il motivo di tanta agitazione, non è mica la prima vota che succede! Nessuno accetterebbe di buon grado di starsene rinchiuso in un cilindro di vetro per qualche decennio, ad aspettare un evento che renda possibile il suo reintegro nella comunità. In ogni caso, ogni volta finisce sempre allo stesso modo... alla fine il disubbidiente si arrende sempre» considerò l’esperto di questioni economiche.
«Fate silenzio! Qui c’è scritto che quell’uomo è riuscito a estrarsi il chip e lo ha usato per aprire la cassetta della Dotazione Personale!»
«...vuoi dire che...» fece per chiedere qualcuno, incredulo, ma lei non gliene lasciò il tempo.
«Ha aperto la propria cassetta e ha preso le armi che servirebbero per la difesa dall’eventuale attacco extraterrestre... le ha usate contro i Signori dell’Ordine.»
«Mio Dio!» esclamò il caporedattore.
«Ha ucciso il capopattuglia della Squadra Sette... ha ammazzato come un cane il vecchio Joe...» concluse Roxanne con voce tremante.
Il brusìo cessò di colpo e una sensazione di gelo riempì la redazione, il vecchio Joe era conosciuto da tutti. Adesso i giornalisti fissavano preoccupati la ragazza, in città non si era verificato un caso di omicidio da oltre mezzo secolo e tutti avevano ormai capito che la notizia non era finita lì.
«Vuole essere intervistato da uno di noi» proseguì infatti lei dopo una pausa interminabile. Frederick ebbe un sussulto, la sua espressione si fece cupa e pensierosa al tempo stesso, quasi come se quella notizia lo avesse turbato più del dovuto.
«Vado io» disse scattando in piedi, era un impulsivo e aveva deciso in un lampo. Giuda lo guardò quasi deluso perché il suo amico Fred lo aveva anticipato, le occasioni per scrivere un articolo vero non erano molte e un pensierino ce l’aveva fatto. Be’, sarò più veloce la prossima volta, se mai ce ne sarà una, considerò rassegnato tra sé.
«Mi spiace, ma questo non è possibile» replicò Roxanne guardando Freddy negli occhi, lui la incenerì con lo sguardo. Essere comandato a fare o non fare qualcosa lo mandava letteralmente in bestia, quello era soltanto uno degli aspetti del suo carattere che rendeva difficile stargli vicino. In attimo si era fatto paonazzo per la rabbia, la ragazza se ne accorse e arretrò istintivamente di qualche passo.
«Non è colpa mia» balbettò poi con un filo di voce mettendo bene in vista il foglio, «qui c’è scritto che vuole Giuda!»
Fred la guardò disorientato, poi squadrò il suo amico da capo a piedi e infine tornò a scrutare torvo la ragazza, come se fosse stata la responsabile della situazione. Emise un profondo grugnito d’insoddisfazione e sospirò, poi cominciò a scagliare a terra con forza ogni oggetto che aveva a portata di mano, imprecando tra sé con convinzione. Il led rosso, quella delle chiamate importanti, si accese sul suo telefono appena un attimo prima che questo si sbriciolasse contro il pavimento. Fred si fece passare la chiamata su un altro apparecchio.
«Hey, tu! Non è ancora detta l’ultima parola!» avvisò Giuda puntandogli un dito contro, mentre questi si apprestava a uscire di soppiatto. Incuriosito, Giuda si fermò sulla soglia con l’impermeabile in mano. Come se avesse avuto davanti il proprio interlocutore, Fred si ricompose e raddrizzò le spalle, poi si riavviò i capelli mossi che sembrava volessero scappargli dalla testa in ogni direzione.
«Sono io Eccellenza, ... non è possibile mandare lui, questo servizio è classificabile come “ad alta percentuale di rischio” e Giuda non ha l’esperienza necessaria... e poi le responsabilità... lo so che ha chiesto espressamente di lui, ma posso andare io fingendomi lui... come può riconoscermi, quell’uomo avrà letto il suo nome in fondo a qualche articolo... se la mettete in questo modo non posso fare altro che obbedire...» disse abbassando il capo in segno di sconfitta. «No Eccellenza, vi prometto che non farò di testa mia... certo, le farò avere quei rapporti... Sempre Sia Lodato... Carogna!» aggiunse poi a denti stretti dopo aver riattaccato.
«Non finisce qui» ringhiò infine stizzito verso il suo amico, lanciandogli un’occhiataccia. Lui abbozzò un sorriso di circostanza e si avviò lungo il corridoio, dove alcuni colleghi si mostrarono prodighi di parole d’incoraggiamento e pacche sulle spalle.
Guidando verso il Quarto Quadrante, Giuda si scoprì eccitato e preoccupato al tempo stesso. Si chiese perché quel tale avesse chiesto proprio di lui e se si sentisse pronto ad affrontare la situazione, in fondo quel pazzo aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo. Era vero che quell’intervista rappresentava in assoluto la più grossa soddisfazione professionale che avrebbe mai potuto ottenere in tutta la sua vita, ma lui non era affatto sicuro che valesse la pena rischiare così tanto. Il telefono sul cruscotto trillò d’improvviso, strappandolo bruscamente ai propri pensieri.