CAPITOLO UNO

1192 Words
CAPITOLO UNO Avery Black era in fondo all’affollata sala conferenze, appoggiata a una parete, assorta nei suoi pensieri mentre osservava ciò che avveniva intorno a lei. Nella piccola sala del Dipartimento della Polizia di Boston su New Sudbury Street c’erano più di trenta poliziotti. Due pareti erano dipinte di giallo, due erano di vetro e davano sul secondo piano del dipartimento. Il capitano Mike O’Malley, un uomo sulla cinquantina, originario di Boston, basso ma dal fisico robusto e con capelli e occhi scuri, continuava a muoversi dietro il podio. Ad Avery sembrava sempre irrequieto, a disagio nella sua stessa pelle. “E per ultimo, ma non meno importante,” disse nel suo pesante accento, “vorrei dare il benvenuto ad Avery Black nella Squadra Omicidi.” Qualche frettoloso applauso si alzò nella sala, che per il resto rimase penosamente in silenzio. “Su, su,” sbottò il capitano. “Non è così che si tratta un nuovo detective. L’anno scorso Black ha fatto più arresti di chiunque tra di voi, e ha smantellato praticamente da sola i West Side Killers. Portatele rispetto,” disse, e annuì verso il fondo della sala con un sorriso diplomatico. A testa bassa, Avery sapeva che i suoi capelli biondo platino le nascondevano i lineamenti. Vestita più come un avvocato che un poliziotto, nel suo severo tailleur pantalone e camicia neri, il suo abbigliamento, retaggio dei suoi giorni da avvocato difensore, era un ulteriore motivo per cui la maggior parte del dipartimento di polizia sceglieva di evitarla o maledirla alle sue spalle. “Avery!” Il capitano alzò le braccia. “Sto cercando di riconoscere i tuoi meriti qui. Sveglia!” Frastornata Avery alzò lo sguardo su un mare di sguardi ostili. Stava iniziando a chiedersi se entrare nella Squadra Omicidi fosse stata davvero una buona idea. “Va bene, iniziamo la giornata,” aggiunse il capitano al resto della sala. “Avery, tu nel mio ufficio. Subito.” Si rivolse a un altro poliziotto. “E voglio vedere anche te, e te, Hennessey, vieni qui. E Charlie, perché vai via così di fretta?” Avery aspettò che la calca dei poliziotti diminuisse, ma mentre si dirigeva verso l’ufficio un agente si fermò davanti a lei, qualcuno che aveva già visto nel dipartimento ma che non aveva mai salutato ufficialmente. Ramirez era poco più alto di lei, snello e dall’aspetto sofisticato, dall’abbronzata tinta ispanica. Aveva capelli corti e neri, le guance rasate, e anche se indossava un elegante abito grigio, nei suoi modi e nella sua figura c’era un qualcosa di spigliato. Un sorso di caffè e continuò a fissarla impassibile. “Posso aiutarti?” chiese lei. “Al contrario,” rispose lui, “sarò io ad aiutare te.” Le offrì la mano e lei non la strinse. «Sto solo cercando di afferrare la famigerata Avery Black. Si fanno un mucchio di chiacchiere. Volevo capire cosa è vero. Per ora ci sono la tua distrazione e il fatto che ti comporti come se fossi troppo in gamba per la polizia. Giusto e giusto. Due su due. Niente male per essere lunedì.” Le offese all’interno della polizia non erano niente di nuovo per Avery. Erano cominciate tre anni prima quando aveva iniziato come recluta, e da allora non si erano più fermate. Nel dipartimento pochi potevano essere considerati amici, e ancora meno colleghi fidati. Avery lo superò. “Buona fortuna con il capo,” gridò con tono sarcastico Ramirez. “Ho sentito che sa essere davvero stronzo.” Come tutta risposta gli fece un fiacco cenno all’indietro. Nel corso degli anni, Avery aveva imparato che era meglio salutare i suoi partner ostili invece che evitarli del tutto, giusto per far sapere loro che era lì e non se ne sarebbe andata via. Il secondo piano del dipartimento di polizia A1 del centro di Boston era un ampio e turbolento motore d’attività. Cubicoli riempivano il centro del largo spazio di lavoro, e uffici in vetro più piccoli circondavano le finestre laterali. Gli agenti guardarono in cagnesco Avery mentre li superava. “Assassina,” borbottò qualcuno sotto voce. “La Omicidi sarà perfetta per te,” disse un altro. Avery oltrepassò una donna poliziotto irlandese che aveva salvato nel covo di una gang; lei le lanciò una rapida occhiata e sussurrò: “Buona fortuna, Avery. Te la meriti.” Avery sorrise. “Grazie.” La prima parola gentile della giornata le diede un’iniezione di fiducia che portò con sé nell’ufficio del capitano. Con sua sorpresa, a pochi passi di distanza dal divisorio di vetro c’era Ramirez. Sollevò il caffè e ghignò. “Entra,” disse il capitano. “E chiuditi la porta alle spalle.” Avery si accomodò. O'Malley era persino più formidabile da vicino. I suoi capelli erano visibilmente tinti, così come erano ovvie le molte rughe attorno agli occhi e alla bocca. Si strofinò le tempie e si appoggiò all'indietro. “Ti piace qui?” le chiese. “Che cosa vuole dire?” “Intendo qui, l'A1. Il cuore di Boston. Sei al centro dell'azione, qui. Una delle città più grandi. Tu vieni da un piccolo paese, giusto? Nell’Oklahoma?” “Ohio.” “Giusto, giusto,” borbottò lui. “Che cosa c'è nell'A1 che ti interessa tanto? A Boston ci sono molti altri dipartimenti. Avresti potuto iniziare a Southside, nel B2, o magari nel D14 e avere un assaggio della periferia. Lì ci sono molte bande. Ma hai fatto richiesta solo qui.” “Mi piacciono le grandi città.” “Qui abbiamo i veri maniaci. Sei sicura di voler intraprendere di nuovo questa strada? Questa è la Omicidi, niente a che vedere con le ronde di polizia.” “Ho visto il capo dei West Side Killers scuoiare viva una persona mentre il resto della sua banda cantava e se la godeva. Di che genere di maniaci stiamo parlando?” O'Malley studiava ogni sua mossa. “Da quello che ho sentito,” continuò lui, “sei stata fregata, e clamorosamente, da quello psicopatico di Harvard. Ti ha fatto fare la figura dell'idiota. Ha distrutto la tua vita. Da avvocato di successo a fallimento, poi più niente. E infine il passaggio a recluta della polizia. Non deve essere stato piacevole.” Avery si agitò sulla sedia. Perché doveva rivangare il suo passato? Perché in quel momento? Quel giorno doveva festeggiare la sua promozione alla Omicidi, non voleva rovinarlo, e di sicuro non voleva stare a ripensare al passato. Quel che era fatto, era fatto. Poteva solo guardare avanti. “Ma hai ribaltato la situazione,” e annuì in segno di rispetto, “ti sei fatta una nuova vita, qui. Stavolta dalla parte giusta. Devo concedertelo. Ma,” aggiunse, studiandola da capo a piedi, “devo assicurarmi che tu sia pronta. Sei pronta?” Lei lo fissò a sua volta, chiedendosi il perché di quel discorso. “Se non fossi pronta,” rispose, “non sarei qui.” Lui annuì, apparentemente soddisfatto. “Ci hanno appena chiamati,” disse. “Una ragazza morta. Messa in posa. Non sembra niente di buono. I ragazzi sulla scena non sanno che pesci pigliare.” Il cuore di Avery iniziò a battere più in fretta. “Sono pronta,” ripeté. “Lo sei davvero?” chiese lui. “Sei brava, ma se questa cosa si rivela troppo grossa, voglio essere sicuro che non crolli.” “Non succederà,” confermò lei. “È quello che volevo sentire,” disse lui e spinse dei documenti sopra la scrivania. “Dylan Connelly sovrintende alla Omicidi. Ora è lì a lavorare con la scientifica. Hai anche un nuovo partner, cerca di non farlo ammazzare.” “Non è stata colpa mia,” si lamentò Avery, furiosa dentro di sé per la recente indagine degli Affari Interni, tutto perché il suo ex partner, un bigotto esaltato, era stato precipitoso e aveva cercato di infiltrarsi da solo in una banda per prendersi il merito del suo lavoro. Il capo indicò fuori dalla porta. “Il tuo partner sta aspettando. Ti ho nominata detective capo. Non farmene pentire.” Lei si voltò e trovò Ramirez in attesa. Emise un lamento. “Ramirez? Perché lui?” “Sinceramente?” Il capitano scrollò le spalle. “È l'unico che ha voluto lavorare con te. Tutti gli altri sembrano odiarti.” Lei sentì stringersi lo stomaco. “Procedi con attenzione, giovane detective,” aggiunse lui mentre si alzava, segnalandole che il loro incontro era finito. “Avrai bisogno di più amici possibile.”
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