Prologo

431 Words
Prologo Jagger Il metallo sfrega forte sulla mia pelle, tanto da segnarmi i polsi in profondità, mentre delle mani forti mi premono sulla schiena, spingendomi ad andare avanti. Trascino i piedi sulle piastrelle del pavimento imbrattato di sangue e i miei occhi vagano sul casino che mi sto lasciando alle spalle. Cosa ho fatto? Uscendo, vengo accolto dal flash della sirena lampeggiante rossa e blu e dagli sguardi indiscreti di tutti quelli che conosco. Che mi fissano. Si interrogano. Giudicano. Tengo la testa bassa; desidero svegliarmi da questo terribile incubo. Prego che le mie scelte irresponsabili non mi tengano lontano dalla mia famiglia. A ogni passo, il suono dello sparo che rimbomba sulle pareti riecheggia nella mia mente e si mescola con il ricordo delle urla agghiaccianti di Sasha. So che sarò perseguitato per sempre da quel momento. «Signora, deve spostarsi di qui.» La voce severa del poliziotto mi fa sollevare lo sguardo. Mi chiedevo se l’avrei rivista, prima che mi portassero via. È di fronte a me, appoggiata alla macchina della polizia. Le lacrime scorrono incontrollabili, e le tremano le spalle per il dolore. Se un cuore spezzato avesse un volto, sarebbe il suo. Mi avvicino, e lascio che tutto il rimorso, la confusione, e il tradimento più grande indugino tra di noi. «Mi dispiace,» dico con voce rauca e rotta. Nel momento in cui mi escono queste parole dalla bocca, il corpo di Sasha si irrigidisce. So che sono inappropriate. Lei raddrizza la schiena e si asciuga le lacrime dal volto, sbarazzandosi di ogni traccia di vulnerabilità. «Ti dispiace?» mi domanda. «Spero che brucerai all’inferno!» Abbasso la testa, sconfitto, sapendo che le porte del carcere sono spalancate e mi stanno aspettando. «Sasha, l’ambulanza sta andando all’ospedale. Dakota ha bisogno di te.» Percepisco la delusione di mio fratello ancora prima di scorgerlo. Hendrix mi fissa come se mi stesse vedendo per la prima volta, chiedendosi cosa si sia perso e come siamo arrivati a questo punto. Scrolla la testa, mi lascia indietro e va verso il suo futuro. «Drix,» lo chiamo. Lui alza e abbassa le spalle al suono della mia voce. «So quanto lei è importante per te. Prenditi cura di loro. Lo farai meglio di quanto io possa mai fare.» La mia richiesta graffia la superficie di molti pensieri inespressi. Il senso di colpa mi scorre nelle vene e il rimorso mi stringe il cuore. Intorno a me, non c’è persona che io non abbia toccato e segnato. E il dolore sui loro volti ne è la prova tangibile. Questa è l’unica cosa per la quale sarò ricordato.
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