Capitolo III

2991 Words
Capitolo III Il piccolo gruppo avanzava in silenzio; il cavaliere e la dama pensavano ancora al pericolo corso, mentre nella testa del giovane arciere sorgeva un mondo sino ad allora inesplorato d’idee; per la prima volta si trovava infatti ad ammirare la bellezza di una donna. Fiero per istinto non meno che per carattere, non voleva apparire inferiore a coloro che gli dovevano la vita e ostentava nel guidarli dei modi orgogliosi e ruvidi: capiva che quei personaggi vestiti modestamente e che viaggiavano senza seguito appartenevano alla nobiltà; ma nella foresta di Sherwood si riteneva eguale a loro, e persino superiore a essi contro le imboscate dei banditi. La più grande ambizione di Robin era di essere considerato un abile arciere e un boscaiolo coraggioso; se il primo titolo se l’era meritato sul campo, il secondo era lungi dall’essere acquisito, smentito com’era dall’aspetto giovanile. A queste doti si aggiungeva inoltre il fascino di una voce melodiosa. Sapendo di avere questo dono, Robin pensò di dare a quei viaggiatori un’idea del suo talento e intonò una gaia ballata; ma fin dalle prime parole una straordinaria emozione gli paralizzò la voce e le labbra si chiusero tremanti; ritentò ancora e dovette di nuovo interrompersi, sospirò, ritentò. Stesso sospiro, stessa emozione. Il giovane, ingenuo, sperimentava le timidezze dell’amore; incantato senza saperlo dall’immagine della bella sconosciuta che cavalcava dietro a lui, dimenticava le sue canzoni sognando gli occhi della giovane dama. Finì tuttavia per capire la causa del suo turbamento e pensò, ritrovando il suo sangue freddo: «Pazienza! La vedrò presto senza cappuccio». Il cavaliere interrogò cordialmente Robin sui suoi gusti e le sue abitudini; ma il giovane gli rispose freddamente e non cambiò tono se non quando fu tirato in ballo il suo amor proprio. – E non hai temuto, – chiese lo straniero, – che quel miserabile bandito potesse volersi vendicare su di te, dopo che aveva sbagliato il colpo? – No, messere, era impossibile. – Impossibile! – Certo. I tiri più complicati mi riescono come fossero uno scherzo. C’era troppa buona fede e troppo orgoglio nelle risposte di Robin perché lo straniero si prendesse gioco di lui. – Sei abbastanza bravo da riuscire a colpire a cinquanta passi ciò che normalmente si colpisce a quindici? – Eccome. Ma mi auguro, messere, – aggiunse Robin in tono ironico, – che non considererete come una prova di abilità la lezione che ho dato a quel brigante. – Perché? – Perché è stata un’inezia che non dimostra nulla. – E quale prova migliore potrai darmi? – Se si presenterà l’occasione vedrete. Procedettero per qualche minuto in silenzio, finché giunsero sul limitare di una radura tagliata dal sentiero diagonalmente. Nello stesso momento un grosso uccello si alzò in volo e un giovane cerbiatto, spaventato dal rumore dei cavalli, sbucò dalla boscaglia e attraversò lo spazio scoperto. – Attenzione! – gridò Robin tenendo una freccia tra i denti e sistemandone un’altra sull’arco, – cosa preferite, la selvaggina di penna o di pelo? Scegliete. Ma prima che il cavaliere avesse avuto il tempo di rispondere, il cerbiatto cadeva ferito a morte e l’uccello precipitava nella radura. – Visto che non avete scelto mentre erano vivi, sceglierete stasera quando saranno arrostiti. – Magnifico! – gridò il cavaliere. – Meraviglioso! – mormorò la fanciulla. – Non dovete, – continuò Robin, – che proseguire sempre dritto: dopo quegli alberi scorgerete la casa di mio padre. Io vado avanti per annunziarvi a mia madre e per mandare il nostro vecchio domestico a raccogliere la selvaggina. Ciò detto, Robin scomparve correndo. – Un bravo ragazzo, non è vero, Marian? – disse il cavaliere alla sua compagna. – È anche un bel ragazzo, il più grazioso arciere inglese che abbia mai visto. – È ancora molto giovane, – rispose la dama. – Forse anche più di quel che dimostra. Ma la vita all’aria aperta, mia cara Marian, sviluppa il corpo e mantiene la salute; non è così nell’atmosfera soffocante della città, – aggiunse il cavaliere con un sospiro. – Credo, messer Allan Clare, – osservò la giovane sorridendo, – che i vostri sospiri siano rivolti, più che ai verdi alberi della foresta di Sherwood, alla loro bella feudataria, la nobile figlia del barone di Nottingham. – Avete ragione, mia cara sorella. Lo confesso. Se dipendesse da me, preferirei trascorrere i miei giorni a vagare per la foresta, vivendo in una capanna con Christabel, anziché sopra un trono da solo. – Fratello, l’idea è bella, ma un po’ romanzesca. Siete sicuro che Christabel accetterebbe di cambiare un’esistenza principesca con quella di cui parlate? Caro Allan, non nutritevi di folli speranze; temo che il barone non vi concederà mai la mano di sua figlia. Il giovane si rabbuiò, ma ben presto scacciò questa nube di tristezza e disse alla sorella con tono calmo: – Mi sembrava di avervi sentito parlare con entusiasmo dei piaceri della vita di campagna. – È vero, Allan, lo confesso, ho talvolta dei gusti strani. Ma dubito che Christabel sia dello stesso avviso. – Se mi ama davvero, starà bene con me dovunque. Voi prevedete un rifiuto del barone? Ma se lo volessi, basterebbe una parola e il fiero, l’irascibile Fitz Alwine, lo sceriffo di Nottingham, accoglierebbe la mia domanda, sotto pena d’essere proscritto e di veder il suo castello ridotto in polvere. – Zitto, ecco la casa, – disse Marian interrompendo il fratello. – La madre del giovane ci attende sull’uscio. Il suo aspetto è davvero simpatico. – Non diversamente da quello del ragazzo, – rispose Allan sorridendo. – Oh, non è più un ragazzo, – mormorò Marian, e un rossore improvviso le colorò il volto. Quando la giovane dama fu scesa da cavallo, quando il cappuccio, gettato indietro, ebbe scoperto il suo volto, il rossore aveva lasciato il posto a un colorito rosa pallido. Robin, che era accanto alla madre, fu sopraffatto dalla bellezza della prima donna che faceva battere il suo cuore, e l’emozione che lo invase fu così viva e genuina che senza neanche accorgersene gridò: – Ah! Ero sicuro che occhi così belli non potevano che illuminare un viso altrettanto armonioso. Margaret, stupita dall’ardire di suo figlio, si voltò verso di lui e lo rimproverò. Allan si mise a ridere e la bella Marian si fece rossa quanto Robin, il quale, a sua volta, per nascondere vergogna e imbarazzo, si rifugiò tra le braccia della madre, non prima però di aver notato che il viso della fanciulla non mostrava segni di collera; ma al contrario un sorriso benevolo che persuase Robin ad alzare timidamente lo sguardo su di lei. Un’ora dopo, Gilbert Head tornò a casa portando in sella al cavallo un uomo ferito che aveva raccolto sulla strada; lo fece scendere con molta cautela e lo condusse dentro chiamando Margaret che, per quanto fosse occupata a far accomodare gli ospiti nelle camere al primo piano, accorse subito. – Questo poveretto ha bisogno delle tue cure. Qualcuno gli ha fatto l’atroce scherzo di inchiodargli la mano sull’arco con una freccia, mentre mirava a un cervo. Affrettati: è molto debole e ha perso molto sangue. Come ti senti? – aggiunse rivolgendosi al ferito. – Coraggio; non lasciarti abbattere. Guarirai. Nessuno è mai morto per una freccia infilata nella mano. Il ferito teneva la testa china, quasi volesse nascondere la faccia ai suoi ospiti. In quel momento Robin rientrò in casa e accorse anche lui per aiutare il padre a sostenere il ferito; ma appena l’ebbe guardato, si allontanò e fece un cenno a Gilbert. – Padre, – disse sottovoce, – abbiate l’accortezza di nascondere ai nostri ospiti la presenza di quel ferito. Più tardi saprete perché. Siate prudente. – Ma quale sentimento tranne quello della pietà potrebbe destare in loro la presenza di uno straniero sanguinante? – Lo saprete stasera; per adesso seguite il mio consiglio. – Lo saprò stasera? – ripeté Gilbert contrariato. – Diavolo, voglio saperlo subito. Trovo assai sospetto che proprio tu mi dia lezioni di prudenza. Parla: che rapporto c’è tra lo straniero e i signori? – Aspettate, ve ne scongiuro. Ve lo dirò quando saremo soli. Il vecchio lasciò Robin e tornò dal ferito. Un attimo dopo quest’ultimo gettò un grido di dolore. – Ah, Robin, un’altra delle tue, – disse Gilbert correndo verso suo figlio e trattenendolo sulla porta. – Ti avevo proibito di esercitare la tua abilità a spese dei tuoi simili... e malgrado ciò mi hai disubbidito! – Cosa... – cercò di ribattere Robin con rispettosa indignazione. – Credete forse... – Lo credo eccome. Solo tu nella foresta saresti capace di un colpo simile. E poi guarda, il ferro della freccia ti ha tradito: porta la nostra cifra. Non oserai negare? – gridò Gilbert mostrando il ferro che aveva estratto dalla ferita dell’uomo. – Ebbene, sì, sono stato io, – rispose freddamente Robin. Gilbert si irrigidì. – Ma è orribile e criminoso. E non ti vergogni di aver pericolosamente ferito un uomo che non ti faceva alcun male solo per vantartene? – Non provo né vergogna né rimpianto per il mio gesto, – rispose Robin con fermezza. – Vergogna e rimpianto dovrebbe provarli invece chi nascosto nell’ombra ha attaccato dei viaggiatori inoffensivi e indifesi. – Chi è che si è reso colpevole di una simile scelleratezza? – Lo stesso uomo che avete raccolto così generosamente nella foresta. E Robin narrò al padre tutti i particolari di quanto avvenuto. – Quel miserabile ti ha visto? – domandò Gilbert inquieto. – No, è fuggito come un pazzo furioso. – Perdonami per averti giudicato male, – disse il vecchio stringendo affettuosamente le mani del ragazzo. – Ammiro la tua destrezza. Ora bisognerà sorvegliare attentamente le vicinanze della casa. La ferita di quel furfante sarà presto guarita, e per ringraziarmi dell’ospitalità, costui è capace di tornare coi suoi compagni e mettere tutto a ferro e fuoco. Però, – aggiunse pensieroso, – la sua fisionomia non mi è nuova... Purtroppo non riesco proprio a ricordarmi il suo nome. Deve aver cambiato qualcosa nel suo volto. Quando l’ho conosciuto non portava i segni avvilenti del crimine e del vizio. Il colloquio fu interrotto dall’avvicinarsi di Allan e Marian, ai quali il padrone di casa diede un cordiale benvenuto. Quella sera la casa del guardaboschi era piuttosto animata: Gilbert, Margaret, Lincoln e Robin, soprattutto Robin, risentivano del cambiamento che l’arrivo degli ospiti aveva imposto alla loro tranquilla esistenza. Il padrone di casa sorvegliava il ferito, la moglie preparava la cena; Lincoln, il vecchio servo, si occupava dei cavalli e faceva buona guardia all’esterno; soltanto Robin se ne stava in apparenza senza far niente, ma il suo cuore in realtà lavorava, eccome. La vista della bella Marian aveva risvegliato in lui sensazioni fino ad allora sconosciute che lo costringevano, immobile, a una muta ammirazione. Arrossiva, impallidiva, rabbrividiva a ogni passo, parola o semplice sguardo della giovane donna. Mai a nessuna delle feste del bosco di Mansfield aveva visto una tale bellezza; Robin aveva danzato, riso, chiacchierato con le ragazze di Mansfield. Gli era anche già capitato di sussurrare alle orecchie di una di loro delle banali parole d’amore, ma gli bastava, il giorno dopo, riprendere a cacciare che già le aveva dimenticate. Quel giorno sarebbe morto di paura piuttosto che osare proferire una sola parola alla nobile amazzone che gli doveva la vita e sentiva che non l’avrebbe mai dimenticata. Non sarebbe più stato un bambino. Mentre Robin se ne stava silenzioso e adorante in un angolo della sala, Allan si complimentò con Gilbert per il coraggio e la destrezza dimostrata dal figlio; ma il vecchio, che sperava sempre di trovare qualcuno in grado di dargli informazioni sulla vera famiglia di Robin, non esitò un solo istante a confessare che il ragazzo non era suo figlio e raccontò per filo e per segno le circostanze che lo avevano condotto sino a lui. Allan seppe così che Robin non era figlio di Gilbert e, avendo costui aggiunto che l’ignoto protettore dell’orfano veniva probabilmente da Huntingdon, perché lo sceriffo di quel luogo pagava ogni anno la pensione alla famiglia Head, il giovane uomo rispose: – Noi siamo di Huntingdon. L’abbiamo invero lasciata solo da qualche giorno. La storia di Robin, caro guardaboschi, per quanto abbia tutta l’aria di essere sincera, mi pare inverosimile. Non mi risulta che alcun gentiluomo di Huntingdon sia morto in Normandia all’epoca in cui Robin è nato e non ho mai davvero sentito di un membro di una nobile famiglia del contado che si sia sposato con una francese di umili origini e povera. Inoltre, per quale motivo avrebbero dovuto trasportare il bambino così lontano da Huntingdon? Voi dite che è stato nell’interesse del bambino, e che Ritson aveva pensato a voi e si era fatto garante della vostra benevolenza. Ma non sarà piuttosto stato perché si voleva nascondere a tutti i costi la nascita del piccolo, abbandonandolo e non avendo il coraggio di liberarsene? A conferma dei miei sospetti ci sarebbe il fatto che da allora non avete mai più incontrato vostro cognato. Al nostro ritorno in città, a ogni modo, ci informeremo con la massima cura e cercheremo di scoprire la famiglia di Robin; mia sorella e io gli dobbiamo la vita. Voglia il cielo che possiamo così dimostrargli la nostra riconoscenza! A poco a poco le gentilezze di Allan e le amichevoli parole di Marian restituirono a Robin il suo sangue freddo e la sua abituale allegria e in breve la gioia più genuina e cordiale regnò nella casa del guardaboschi. – Ci siamo smarriti mentre attraversavamo la foresta in direzione di Nottingham, – disse Allan Clare, – e conto di rimettermi in cammino domattina. Volete farmi da guida, caro Robin? Mia sorella resterà qui con vostra madre e la sera saremo di ritorno. È lunga la strada da qui a Nottingham? – Circa dodici miglia, – rispose Gilbert. – Un buon cavallo la percorre in meno di due ore. Devo recarmi dallo sceriffo, che non vedo da un anno almeno, e vi accompagnerò, messer Allan. – Tanto meglio, saremo in tre, – gridò Robin. – No, no, – interruppe Margaret. E aggiunse all’orecchio del marito: – Ma ti pare? Lasciar due donne sole con quel bandito! – Sole? – disse Gilbert ridendo. – E non consideri Lincoln, e il nostro cane fedele, il bravo Lance, che sbranerebbe chiunque osasse anche solo minacciarvi? Margaret lanciò uno sguardo supplichevole alla giovane forestiera e Marian dichiarò fermamente che avrebbe seguito il fratello se Gilbert non avesse rinunciato al viaggio. Alla fine Gilbert dovette cedere: fu dunque stabilito che all’alba Allan e Robin si sarebbero messi in cammino. Quando calò la notte, e furono chiusi gli usci, tutti si misero a tavola, facendo onore al talento culinario di Margaret. Il piatto principale consisteva in un quarto di cerbiatto arrosto. Robin era raggiante, per il fatto di averlo ucciso e perché Marian trovava la carne deliziosa! Seduti l’una vicino all’altro, queste due affascinanti creature chiacchieravano come si fa tra vecchi amici; Allan ascoltava con interesse i racconti della foresta e Maggie controllava che nulla mancasse in tavola. La casa del guardaboschi sarebbe stata un ottimo modello per uno di quei quadri d’interni della scuola olandese, dove l’artista celebra il realismo poetico del focolare. A un tratto un fischio prolungato, partito dalla camera occupata dal ferito, attirò gli sguardi dei commensali che si girarono verso la scala che portava al piano superiore. Subito dopo, un fischio eguale fece eco dalla foresta. I cinque trasalirono: uno dei cani da guardia abbaiò inquieto, e quindi regnò di nuovo il silenzio più assoluto. – Qui sta succedendo qualcosa di strano, – disse Gilbert, – e non mi stupirei se ci fossero nella foresta certi personaggi che non si fanno scrupolo di frugare nelle tasche altrui. – Avete realmente da temere la visita dei ladri? – domandò Allan. – Qualche volta. – Credevo avessero il buon senso di non prendersela con un guardaboschi ma di aggredire più che altro i ricchi. – I ricchi sono rari, e i banditi sono talvolta costretti ad accontentarsi del pane quando non trovano la carne. Vi posso assicurare che non si vergognano di derubare un pover’uomo. Però di regola rispettano la mia casa e i miei famigliari, perché ho più di una volta dato loro da mangiare e da riscaldarsi. – I banditi non sanno cosa sia la riconoscenza. – Al punto che molte volte hanno cercato di entrare qui con la forza. A queste parole Marian ebbe un fremito di terrore e si avvicinò involontariamente a Robin. Il quale avrebbe voluto rassicurarla ma l’emozione gli tolse la parola. Fu Gilbert accortosi dei timori della giovane, a dire: – State tranquilla, milady, avete al vostro servizio gente leale e abile e se solo oseranno avvicinarsi, finiranno per darsela a gambe, come è già successo tante volte, con una freccia piantata nel fondoschiena. – Grazie, – disse Marian. Poi, volgendo uno sguardo al fratello, esclamò: – La vita della foresta è tutt’altro che priva di inconvenienti e pericoli! Robin non capì che la fanciulla alludeva al desiderio espresso poco prima dal fratello per la vita rustica e, attribuendo a sé la frase, gridò con entusiasmo: – Io non ci trovo che piacere e onore, e dopo aver passato una giornata nei villaggi vicini, torno alla mia foresta con una gioia infinita. Preferirei la morte al supplizio d’essere rinchiuso tra le mura di una città. Stava per continuare sullo stesso tono, quando risuonò un colpo alla porta d’ingresso. I muri tremarono e i cani si slanciarono abbaiando; Gilbert, Allan e Robin corsero verso l’uscio, mentre Marian si rifugiava tra le braccia di Margaret. – Olà, – gridò il vecchio, – chi è che batte così violentemente alla mia porta? Rispose un altro colpo ancora più forte del primo; Gilbert ripeté la domanda, ma l’abbaiare furioso dei cani rendeva impossibile ogni dialogo, e solo dopo qualche momento si udì da fuori una voce sonora che sovrastò il rumore. – Aprite, per amor di Dio! – Chi siete? – Due monaci dell’ordine di san Benedetto. – Donde venite e dove andate? – Veniamo dalla nostra abbazia di Laiton e andiamo a Mansfield. – Che cosa volete? – Un rifugio per la notte e qualcosa da mangiare. Ci siamo smarriti nella foresta e moriamo di fame. – Eppure la vostra voce non sembra quella di un morente. Come posso essere sicuro che dite la verità? – Per mille diavoli! Aprendo la porta e guardandoci, – rispose la stessa voce con un tono che l’impazienza rendeva già meno umile. – Andiamo, cocciuto di un guardaboschi, abbiamo le gambe che tremano e lo stomaco che geme. Gilbert si consultò con gli altri esitante, quando si udì un’altra voce, una voce di vecchio timida e supplichevole: – Per amor di Dio, aprite! Vi giuro per le reliquie di Benedetto nostro santo patrono che il mio fratello dice la verità. – Dopo tutto, – disse Gilbert in modo da essere udito di fuori, – siamo quattro uomini e con l’aiuto dei cani avremo certo la meglio su questa gente, quali che siano le loro intenzioni. Io apro. Robin e Lincoln, trattenete un momento i cani: li lascerete andare se si tratta di malfattori.
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