Capitolo 3-3

1490 Words
L’urlo che mi sveglia è agghiacciante. Carico di disperazione e terrore, rimbalza sulle pareti e mi inonda le vene di adrenalina. Sto in piedi e sono già sceso dal letto, prima ancora di capire cosa stia succedendo. Man mano che il grido si placa, afferro la pistola nascosta nel mio comodino e premo l’interruttore della luce con il dorso della mano. La lampada sul comodino si accende, illuminando la stanza, e vedo Nora rannicchiata in mezzo al letto, che trema sotto la coperta. Non c’è nessun altro nella stanza, nessuna minaccia visibile. Il battito del mio cuore comincia a tornare alla normalità. Non siamo stati attaccati. Il grido dev’essere venuto da lei. È in preda a un altro incubo. Fanculo. La voglia di commettere violenza è quasi troppo forte per essere contenuta. Riempie ogni cellula del mio corpo fin quando tremo dalla rabbia, con la voglia di uccidere e distruggere ogni figlio di puttana responsabile di questo. A cominciare da me stesso. Allontanandomi, faccio dei respiri profondi, cercando di trattenere la furia che si sta scatenando dentro di me. Non c’è nessuno contro cui potermi scagliare qui, nessun nemico da poter schiacciare per calmarmi. C’è solo Nora, che ha bisogno che io sia calmo e razionale. Dopo aver fatto passare alcuni secondi ed essermi assicurato che non le farò del male, mi giro verso di lei e rimetto la pistola nel cassetto del comodino. Poi salgo di nuovo sul letto. Le costole e la spalla mi fanno male, e la testa mi palpita per quei movimenti improvvisi, ma quel dolore non è niente in confronto alla pesantezza nel mio petto. "Nora, tesoro . . ." Avvicinandomi a lei, tiro via la coperta dal suo corpo nudo e metto la mia mano destra sulla sua spalla per svegliarla. "Svegliati, gattina mia. È solo un sogno." La sua pelle è umida al tatto, e i gemiti che emette mi addolorano più di una qualsiasi delle torture di Majid. La rabbia mi divora, ma la reprimo, mantenendo la voce bassa. "Svegliati, tesoro. Stai sognando. Non è reale." Si rotola sulla schiena, ancora tremante, e vedo che ha gli occhi aperti. Aperti e ciechi, mentre cerca di riprendere fiato, con il petto ansante e le mani che stringono le lenzuola dalla disperazione. Non sta sognando—è in preda a un attacco di panico, probabilmente provocato da un incubo. Vorrei piegare la testa all’indietro e tirar fuori la mia rabbia, ma non lo faccio. Ha bisogno di me adesso, e non la deluderò. Mai più. Mettendomi in ginocchio, le prendo la mascella nella mia mano destra. "Nora, guardami." Lo dico come se fosse un ordine, con tono duro ed esigente. "Guardami, gattina mia. Adesso." Nonostante il panico, obbedisce, non potendo negarmi la sua forte accondiscendenza. Mi guarda, e vedo che ha le pupille dilatate e che le sue iridi sono quasi nere. È anche in iperventilazione, con la bocca aperta mentre cerca di prendere aria a sufficienza. Fanculo e fanculo un’altra volta. Il mio primo istinto è quello di stringerla a me, di essere dolce e calmarla, ma ricordo il suo attacco di panico durante il sesso dell’altra notte e ricordo che niente sembrava aiutarla allora. Niente tranne la violenza. Così, invece di sussurrarle inutili tenerezze, mi chino verso il basso, poggiandomi sul gomito destro, e le prendo la bocca in un duro bacio brutale, sfruttando la mia presa sulla sua mascella per tenerla ferma. Premo le mie labbra sulle sue, e affondo i denti nel suo labbro inferiore mentre le spingo la lingua dentro, invadendola, facendole male. Il sadico mostro dentro di me gioisce davanti al sapore metallico del suo sangue, mentre l’altro lato di me soffre per l’agonia della sua mente. Nora geme nella mia bocca, ma il suono è diverso ora, più sorpreso che disperato. Sento il suo petto che si espande mentre respira a pieni polmoni, e mi rendo conto che il mio metodo rude sta funzionando, che ora si sta concentrando sul dolore fisico piuttosto che su quello psicologico. I suoi pugni si aprono e le sue mani non stringono più le lenzuola, e si rilassa sotto di me, irrigidendosi per una paura diversa. Una paura che risveglia il lato più oscuro, più predatore di me—il lato che vuole sottometterla e divorarla. La rabbia che ancora mi ribolle dentro si aggiunge a questa fame, confondendosi con essa e alimentandola fino a farmi identificare in questo bisogno, in questo insensato e terribile desiderio. Il mio obiettivo si restringe, si rafforza, fin quando non penso ad altro che non siano la sensazione delle sue labbra morbide, aromatizzate dal sangue, e le curve del suo corpo nudo, esile e indifeso sotto al mio. Il mio cazzo si irrigidisce fino a farmi male, mentre Nora mi afferra l’avambraccio destro con le mani ed emette un suono agonizzante con la gola. Improvvisamente, il bacio non basta più. Devo averla tutta. Lasciandole andare la mascella, mi spingo su con un braccio, alzandomi sulle ginocchia. Lei mi fissa, con le labbra gonfie e tinte di rosso. Sta ancora ansimando, con il petto che si alza e si abbassa rapidamente, ma lo sguardo cieco nei suoi occhi è scomparso. È con me—è pienamente presente—e questo è tutto quello di cui il mio demone interiore ha bisogno in questo momento. Salgo sopra di lei con un movimento rapido, ignorando la fitta di dolore alle costole, e raggiungo un’altra volta il cassetto del comodino. Solo che questa volta, invece della pistola, tiro fuori un frustino in pelle. Nora sgrana gli occhi. "Julian?" È senza fiato e la sua voce conserva ancora i residui del panico di prima. "Girati." Quelle parole escono rozze, tradendo la violenta necessità che infuria dentro di me. "Ora." Esita un attimo, poi rotola sullo stomaco. "In ginocchio." Si mette carponi e gira la testa per guardarmi, in attesa di ulteriori istruzioni. Che gattina ben addestrata. La sua obbedienza accresce il mio desiderio, la mia disperata fame di possederla. La posizione mette in mostra il suo sedere e le espone la figa, facendomi gonfiare il cazzo ancora di più. Voglio ingoiarla tutta, pretendere ogni centimetro di lei. I miei muscoli si irrigidiscono e, quasi senza pensarci, agito il frustino, lasciando che i fili in pelle colpiscano la pelle liscia delle sue natiche. Lei grida, chiudendo gli occhi mentre il suo corpo si irrigidisce, e l’oscurità dentro di me prende il sopravvento, cancellando ogni residuo di pensiero razionale. Guardo, quasi come se fossi a una certa distanza, il frustino che le bacia la pelle più e più volte, lasciandole segni rosa e striature rosse su schiena, sedere e cosce. Indietreggia ai primi colpi, gridando dal dolore, ma non appena trovo il ritmo, il suo corpo comincia a rilassarsi, anticipando piuttosto che resistendo alle frustate. Le sue grida si addolciscono, e le pieghe della sua figa cominciano a brillare dall’umidità. Sta reagendo alla fustigazione, come se fosse una carezza sensuale. Mi si stringono le palle mentre lascio cadere il frustino e striscio da lei, mettendole l’avambraccio destro sotto ai fianchi per trascinarla verso di me. Il mio cazzo spinge sulla sua apertura, e gemo quando sento il suo calore sulla mia punta. Lei geme, inarcando la schiena, e io spingo dentro di lei, costringendola ad inghiottirmi, a portarmi dentro. La sua figa è incredibilmente stretta, e i suoi muscoli interni si induriscono come un pugno chiuso. A prescindere dal numero delle volte in cui la scopo, ogni volta è una novità, e le sensazioni sono più nitide e più ricche nella mia mente. Potrei rimanere per sempre dentro di lei, sentendo la sua morbidezza, il suo calore. Il bisogno primitivo di muovermi, di spingere dentro di lei, è troppo forte per essere negato. Il cuore mi batte forte e il mio corpo pulsa dalla selvaggia necessità. Mi trattengo finché posso, e poi comincio a muovermi, spingendo sempre più nel suo sedere rosa appena frustato. Lei geme ad ogni colpo, stringendosi intorno al mio cazzo che la invade, e le sensazioni crescono sempre di più, raggiungendo un livello insopportabile. Il mio orgasmo è imminente, e comincio a spingere con maggior velocità, maggior forza, finché sento cominciare le sue contrazioni, con la figa intorno a me mentre grida il mio nome. È l’ultima goccia. L’orgasmo che stavo trattenendo mi travolge con una forza esplosiva, ed esplodo dentro di lei con un gemito roco. È un godimento diverso dagli altri, un’estasi che va ben oltre la soddisfazione fisica. È qualcosa che provo solo con Nora. Che continuerò a provare solo con Nora. Respirando pesantemente, mi ritraggo da lei, lasciandola crollare sul letto. Poi mi abbasso e mi stringo a lei, sapendo che ha bisogno di tenerezza dopo la brutalità. E in un certo senso, ne ho bisogno anch’io. Ho bisogno di confortarla, di calmarla. Di legarla a me quando è più vulnerabile, in modo da assicurarmi il suo amore. Non lascio le cose importanti come quella al caso. Si gira verso di me e nasconde il viso nell’incavo del mio collo, tremando per i singhiozzi. "Stringimi a te, Julian" sussurra, e lo faccio. L’abbraccerò sempre, a prescindere da tutto. II La Guarigione
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