Capitolo 1: L'Alba nel Cimitero di Nebbia

475 Words
La nebbia si stendeva come un manto grigio e vellutato sopra il vecchio Cimitero di Nebbia, avvolgendo ogni cosa in un silenzio ovattato e quasi irreale. Quei primi raggi di luce dell’alba faticavano a penetrare quel muro di vaporose ombre, conferendo al paesaggio un’atmosfera sospesa nel tempo, quasi magica e al contempo inquietante. Le lapidi, alcune consumate dagli anni e muschio, si perdeva tra cespugli selvatici e alberi nodosi, i cui rami sembravano tendere le dita verso il cielo plumbeo. I grandi angeli di pietra, un tempo splendenti e oggi scalfiti dalla pioggia e dal gelo, troneggiavano come sentinelle silenziose, con ali deformate e volti segnati da espressioni di eterna tristezza. Il vento leggero portava con sé lievi sussurri, come se raccontasse storie dimenticate da tempo. Era un luogo in cui anche il respiro sembrava trattenuto per non disturbare l’invisibile presenza degli antichi riposi. Al centro di quella scena irreale, si stagliava la figura di Filippo, il guardiano del cimitero. Uomo d’altri tempi, i suoi capelli brizzolati e la barba lunga mal rasata incorniciavano un volto segnato dalle rughe e da lunghi anni di veglia e solitudine. I suoi occhi, azzurri e profondi, brillavano di una calma quasi mistica, come se potessero scrutare oltre la cortina di nebbia e vedere ciò che altri non vedevano. Indossava un vecchio cappotto di lana pesante, rattoppato in più punti, e un cappello consumato che lo riparava dal freddo mattutino. Filippo si muoveva lentamente tra le tombe, tastando con cura la pietra di alcune lapidi, come a cercare in esse un segreto nascosto. La sua voce, bassa e roca, rompeva appena il silenzio quando mormorava le antiche preghiere e favole tramandate da generazioni di custodi. La sua relazione con il cimitero non era solo professionale: era un patto sacro, un legame quasi spirituale col luogo che proteggeva. Lui credeva fermamente che la nebbia stessa fosse una barriera, un velo che separava il mondo dei vivi da quello dei morti. Ogni mattina, al sorgere del sole, Filippo compiva il suo rituale: camminava lungo i vialetti incerti segnati da radici contorte, osservava le tracce di animali nascosti e verificava che nessun segno di disturbo fosse stato lasciato nella notte. Era testimone di un equilibrio fragile, sorvegliato con dedizione e timore. Quella mattina in particolare, però, una sensazione insolita gli strette il petto: un fremito nella nebbia, come un respiro trattenuto, un’oscura promessa di cambiamento. Filippo si fermò davanti a una tomba antica e solitaria, la più vecchia tra tutte, ricoperta di rami secchi e licheni. Le parole scolpite sulla lastra erano quasi illeggibili, ma per il guardiano avevano un peso immenso: un avvertimento e una memoria. Mentre il sole si alzava lentamente, colorando la nebbia di rosa e arancione, il cimitero sembrava respirare di vita propria, come se quel luogo dimenticato si preparasse a dare voce a segreti ancora nascosti.
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